Magic: the Gathering Wiki
Advertisement

The Lost Caverns of Ixalan Pawns è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Valerie Valdes e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 20 ottobre 2023. Racconta parte della storia di Saheeli Rai e Huatli dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.

Racconto precedente: The Lost Caverns of Ixalan Episode 6

Storia[]

Saheeli era in piedi sulla sabbia bianca di una spiaggia solitaria della costa settentrionale di Ixalan. Si trattenne, limitandosi a pensare di camminare verso l’oceano. Quel blu brillante che si estendeva verso il terso orizzonte. In un’altra vita avrebbe potuto attraversare quella distanza con un pensiero. Aveva viaggiato un po’ ma, eccetto per i brevi momenti insieme a Huatli, le sue avventure per il Multiverso erano sempre dettate da una missione: salvare il piano. Salvare ogni piano. E ora, quanto lontano sarebbe potuta andare?

Saheeli dondolava sui talloni avanti e indietro, affondando leggermente nella sabbia con ogni delicato sciabordio delle onde sulla spiaggia. Era una giornata calda, e l’acqua attorno alle sue caviglie era fredda. Salvare i piani, pensò. Ce n’erano così tanti. Così tanto da vedere, così tanta meraviglia… tanto terrore, certo, ma anche meraviglia. Era tutto così tanto più grande di lei. E ora c’era solamente un piano, un oceano, una terra sconosciuta oltre l’orizzonte. Dall’infinito al miseramente finito; il portale vorticoso, lo strappo nel Multiverso… una Via dei Presagi… che seguì fin lì si era chiuso alle sue spalle. Sciocca a correre il rischio, forse. Un raro momento in cui agì prima di pensare.

Osservava delle piccole vongole dimenarsi nella sabbia intorno ai suoi piedi. Delle piccole creature cieche e reattive, scagliate e trasportate attraverso un grande oceano per finire lì con lei. Saheeli si allungò verso il basso, affondò le mani nella sabbia e ne raccolse una doppia manciata. Lavò via quasi tutta la sabbia, usando le dita come un setaccio finché quest’ultima non venne trasportata via dall’acqua, lasciando solo le vongole.

“Salve” disse Saheeli alle vongole. Osservò le loro bianche lingue sondare le pieghe dei suoi palmi, in cerca di una via d’uscita.

“Dove pensate di andare?” sussurrò Saheeli.

Le vongole la ignorarono e continuarono la loro ricerca. Infine, si fermarono, accettando il loro destino. Saheeli si inginocchiò, facendo bagnare dall’acqua fredda i suoi pantaloni arrotolati, e abbassò delicatamente le proprie mani nuovamente nell’acqua. L’onda successiva portò via le vongole, lanciandole ancora sulla sabbia, che scavarono per sparire, con tutte le loro tracce ripulite dall’acqua che si ritirava.

Aveva provato. Nulla. Immerse una mano nell’acqua e nella sabbia per evitare di cadere: un breve capogiro, conseguenza per aver provato ad afferrare senza trovare niente.

La risata di Huatli la riportò al presente. Si voltò per vedere Huatli e Pantlaza, il suo nuovo compagno quetzacama e uno dei più promettenti di una nuova cucciolata di raptor, correre sulla bassa spuma delle onde, schizzandosi e correndosi attorno. Huatli teneva in mano una spada di legno che usava per direzionare Pantlaza: di fatto era un addestramento che richiamava una simulazione di corpo a corpo per il combattimento, ma Saheeli non riusciva a distinguerlo da un semplice gioco. La gioia sul volto di Huatli, i saltelli e i trilli impazienti di Pantlaza, lo scatto delle sue mascelle che azzannavano l’aria con trasporto e l’infinita energia della giovinezza.

Saheeli sorrise. Si alzò in piedi, strofinandosi l’acqua dalle braccia e dalle gambe. Salutò Huatli con la mano, che arrivò correndo sulla spuma, con Pantlaza al seguito.

“Tu e lui sembrate andare molto d’accordo” disse Saheeli, preparandosi all’arrivo di Huatli, che la avvolse nelle sue braccia.

“È bellissimo.” La poetessa guerriera rise, senza fiato, con l’odore del sudore, della crema solare e dell’oceano. “E io sono cotta dal sole e sfinita. Devo rinfrescarmi… torniamo alla costa o andiamo in acqua?”

“Alla costa” disse Saheeli. Baciò Huatli, poi la spinse in avanti. La seguì sulla calda sabbia fino all’ombra della giungla lungo l’oceano, dove si stesero su un grande lenzuolo. Huatli frugò nel suo zaino e tirò fuori una fiaschetta d’acqua, dalla quale bevve, per poi offrirla a Saheeli.

“Bene” disse Huatli, osservando Saheeli bere. “Cosa non mi stai dicendo?”

Saheeli sorrise ancora leggermente. “È così bello qui.”

“E tu sembri triste al riguardo” disse Huatli. Lei strinse gli occhi e osservò l’oceano, dove le onde luccicavano e si infrangevano. “Hai provato ancora a viaggiare?”

“Sì” sussurrò Saheeli. “Non ho sentito nulla.”

“È peggio” disse Huatli. Fece scorrere un dito tra i capelli di Saheeli, attorcigliandoli lentamente. “Senti un foro. Una cavità. Dolore, come un arto mancante bruciato dal sole.”

Saheeli annuì.

“Con la mia scintilla, io mi sentivo completa” disse Huatli. “Una parte di me rivelata. Libertà. Ora che se n’è andata”, Huatli mise una mano a coppa davanti al petto, come se stesse tenendo il proprio cuore. Strinse quella mano fino a farla diventare un pugno, facendo scrocchiare le nocche, poi scosse la mano… disperdendo nuovamente ciò che era già disperso.

“Scusa H, non volevo trascinarti giù insieme a me” disse Saheeli. “Non mi piace essere triste in spiaggia. Oggi è una giornata troppo bella.”

Huatli alzò le spalle. “È una bella giornata tutti i giorni” disse.

Saheeli si fece scappare una risata. Diede un colpetto al braccio di Huatli. “Non fare la simpatica, sono veramente triste per questa cosa, in più mi sento sciocca per essere triste al riguardo. Per un po’ siamo state benedette dall’infinito; non credo di aver mai considerato l’eventualità che potessimo perdere quella benedizione.”

“Va bene essere tristi” disse Huatli. “È come hai detto tu: abbiamo perso un dono. Abbiamo perso il Multiverso. Tutte le sue storie e tutte le sue meraviglie.” Si raddrizzò stando seduta. “Cosa credi sia successo?”

Saheeli sorrise. Huatli la conosceva bene… ovviamente ci aveva già riflettuto.

“C’è una regola” disse Saheeli. “Una legge della realtà che afferma che i suoi elementi fondamentali… il mana, l’etere, quelle cose lì… non possono essere creati né distrutti. Solo cambiati.” Saheeli copiò il modo in cui Huatli aveva messo la sua mano a coppa con la propria, poi la spostò verso l’esterno, lontano dal suo petto. “Il movimento è cambiamento.”

“Quindi pensi che le nostre scintille siano ‘cambiate’?”

“Esatto. Le nostre scintille si sono mosse. Non sono state distrutte.” Saheeli fece cadere la mano nuovamente sulle sue gambe. “Non si possono distruggere gli elementi fondamentali della realtà. Vita e morte, esistenza e non esistenza. Tutto ha la stessa base, cambia solo l’espressione.”

“E il luogo in cui si trovano.”

“E il luogo in cui si trovano” concordò Saheeli.

“Dove?” Saheeli alzò le spalle. “Da qualche parte. Non lo so.”

“Se sono state prese, possiamo riprendercele.”

“Forse, o forse no.”

“Qualcuno ci riuscirà” offrì Huatli. Saheeli sorrise, distogliendo lo sguardo. “Nel frattempo” disse Huatli, “abbiamo Ixalan. E tutto questo.” Huatli indicò l’orizzonte. “Cosa pensi ci sia laggiù?”

“Non lo so” disse Saheeli. Tornò a guardare Huatli, che stava mostrando un sorrisetto. “Cosa c’è?”

“Non lo so nemmeno io” disse Huatli. “I pirati dell’Alleanza di Bronzo potrebbero saperlo, ma io no. Ufficialmente, l’Impero del Sole non ha mai salpato verso nord.” Si alzò, offrì la sua mano a Saheeli e la aiutò ad alzarsi a sua volta. “Possiamo andare insieme, col metodo classico, e scoprirlo. Esplorare questo mondo che è nuovo sia per te che per me.”

A Saheeeli sarebbe piaciuto, pensò lei. Il metodo classico, con Huatli. Si avvicinò. “Sono ancora triste” disse Saheeli, sussurrando, con le labbra che sfiorarono quelle di Huatli.

“Anch’io” rispose Huatli. “Ma siamo qui insieme. E possiamo andare là insieme.”

Saheeli sorrise. Le sarebbe piaciuto tantissimo.

Giorni più tardi, Huatli e Saheeli si trovavano tra il consiglio consultivo riunito nella sala del trono temporanea della cittadella di Orazca. L’imperatore-bambino, Apatzec Intli IV, aveva viaggiato fin lì con un grande seguito per la visita post-invasione e post-coronazione delle terre sotto il suo dominio. Il suo arrivo a Orazca fu motivo di grandi festeggiamenti: l’Imperatore dell’Impero del Sole, ancora una volta nella Città d’Oro, luogo di leggende e possibilità. Tutto il popolo cantò e festeggiò durante il suo arrivo; anche se l’opera di riparazione delle ferite subìte dalla città durante l’invasione continuava, procedeva con vigore. Quella non era la solenne ricostruzione di una città che era stata perduta: era la trionfale riconquista della normalità.

Intli IV stringeva a sé il pupazzo imbottito di un quetzacama ricamato e dai colori vivaci, succhiandosi il pollice, e faticava a rimanere sveglio. Vestiva con colori scuri e metalli attenuati, ancora in lutto dopo la morte di suo padre alla fine della guerra. Quel mondo, proprio come l’imperatore-bambino, era nuovo e ricco di possibilità… e appesantito dalle aspirazioni della vecchia guardia che era sopravvissuta. Il consiglio consultivo aveva appena terminato il pranzo, e si stava avvicinando il ritiro pomeridiano dell’imperatore. In mezzo al leggero sferragliare degli inservienti che ripulivano la tavola da pranzo del consiglio, ai sussurri delle conversazioni private e al lontano boato delle strade di Orazca ripopolate molto più in basso, il richiamo del sonno si faceva sentire.

Era un umido pomeriggio, alternato tra un sole dorato e la pioggia battente, man mano che le nuvole del giorno marciavano sopra la città. Saheeli sospirò e osservò il grandioso panorama della dorata Orazca e del verde Ixalan oltre di essa, che si estendeva fino al fosco orizzonte. Sorseggiò la sua dolce bevanda ghiacciata all’ibisco e tamburellò con le unghie sul pregiato bicchiere.

Casa. Per adesso, o fino alla fine? Saheeli assaporò il gusto delicato dell’ibisco, poi morse un cubetto di ghiaccio, frantumandolo. Guardò il consiglio e l’imperatore-bambino, sapendo che avrebbe dovuto prestare più attenzione, ma in lotta contro una profonda spossatezza. Diede un altro sorso alla sua bevanda, cercando di scrollarsi di dosso quella stanchezza, e si costrinse a ripassare ancora mentalmente ciò che sapeva.

Apatzec Intli IV avrebbe continuato il governo di suo padre, ma il precedente imperatore non aveva pianificato di morire per mano di un assassino Phyrexiano: il ragazzino salì al trono subito dopo l’invasione, ancora bambino, a malapena capace di scrivere il proprio nome, e ancora meno di comprendere e influenzare la politica della sua corte o del suo impero.

E che politica! Subito dopo l’arrivo di Saheeli e il suo conseguente naufragio su Ixalan, Huatli la istruì sul gioco che teneva stretta quell’alta corte. Da un lato c’era Atlacan Huocintli, lo zio dell’imperatore-bambino e figlio sulla carta dell’ultimo imperatore, legittimato dopo la sua morte. Per gli ingenui, la carica di Atlacan serviva per gestire la routine quotidiana di Pachatupa come incaricato dell’imperatore. A chiunque avesse un minimo di consapevolezza politica, il suo desiderio per il trono era evidente come l’alba.

Ad opporsi ad Atlacan c’era Caztaca Huicintli, la somma sacerdotessa del Triplice Sole e figlia maggiore dell’ultimo imperatore. Prima della sua distruzione durante la guerra Phyrexiana, Caztaca dominava su Otepec, una vasta città di templi costruita per adorare il Triplice Sole. Mentre l’impero lavorava per ricostruire il suo dominio, lei prese residenza presso Toxatli, la cittadella Imperiale sopra Pachatupa, guidando la via della fede e assistendo il giovane imperatore come sua tutrice principale.

Una situazione precaria. Un impero diviso tra zia e zio, entrambi che tentavano di influenzare il ragazzo e plasmare il futuro della nazione in base a ciò che desideravano. La storia fino a quel momento sarebbe stata sconvolta man mano che quei giganti lottavano per il comando, in una corsa contro il tempo per conquistare il cuore e la mente dell’imperatore-bambino prima di essere grande abbastanza da comprendere di essere solamente uno strumento dorato per la loro ambizione.

Quella era la pace. Una bevanda dolce, un pasto a base di carne speziata e cedro e la noia. Saheeli non stava ascoltando attentamente mentre i potenti dell’Impero del Sole discutevano l’andamento di ciò che sarebbe avvenuto… tutto tradotto in leggeri sussurri da Huatli, che era seduta al suo fianco. Era strano, quel momento noioso: Saheeli era certa che avrebbe dovuto percepire qualcosa di più della noia, essendo parte integrante della contesa di potere che si stava realizzando davanti ai propri occhi per la guida al timone dello stato più potente di Ixalan, ma dopo l’agghiacciante terrore della guerra Phyrexiana e la violenta perdita della propria scintilla, quella contesa in confronto sembrava minuscola.

“Cara” sussurrò Huatli, avvicinandosi per interrompere il momento di riflessione di Saheeli. “Vogliono sapere a che punto sono i tuoi automi. I tuoi meccanoquetzacama.”

“Meccano-” Saheeli lasciò uscire un po’ d’aria dalla bocca, trattenendo una risata. Huatli spalancò gli occhi, e Saheeli si ricordò che lì con loro si trovavano anche il resto del consiglio e l’imperatore. Trasformò la sua risata in un colpo di tosse per schiarirsi la gola, prendendo un po’ di tempo per ricomporsi. “I meccanoquetzacama, certo” disse lei, usando la parola dell’imperatore… in realtà, la parola di Atlacan… per indicare i propri quetzacama di filigrana. “La produzione è a rilento per ora, ma-”

Atlacan parlò, interrompendola.

“Sei pregata di alzarti quando ti rivolgi all’imperatore” tradusse Huatli, dedicando uno sguardo affilato ad Atlacan.

Saheeli capì che Huatli tenne per sé la parte peggiore di ciò che disse Atlacan… conosceva abbastanza l’Itzocan, sia l’Alto che il Basso imperiale… per trasmettere il concetto fondamentale. Lei comunque obbedì, alzandosi e spianando la parte davanti della propria tunica. Huatli si alzò con lei, dovendo fare da interprete. Saheeli unì le mani di fronte a lei e parlò, con parole lente e scandite, mentre Huatli traduceva ciò che lei non riusciva ad articolare con il vocabolario che possedeva.

“Produciamo circa una dozzina dei miei quetzacama di filigrana al giorno” disse Saheeli. “La mia prima schiera di ingegneri è ora abbastanza esperta da poter insegnare ai loro apprendisti, cosa che alcuni di loro hanno già iniziato a fare.”

“L’imperatore desidera sapere perché la produzione è a rilento” tradusse Huatli. “Vi abbiamo dato ogni lingotto di cui avevate bisogno. Perché non abbiamo un-” Huatli fu sconcertata dalle parole di Atlacan. “Perché non abbiamo il massimo numero dei nostri operai al lavoro?” Terminò, con la fronte ancora aggrottata verso Atlacan, che si era accucciato all’orecchio dell’imperatore, pronto a riferire la risposta di Saheeli al ragazzo.

“Abbiamo un collo di bottiglia sul talento” disse Saheeli. “È vero che non manchiamo di risorse, e per questo sono immensamente grata. La vostra grazia e generosità non conosce limiti terreni.” Saheeli fece un leggero inchino verso l’imperatore-bambino. “Ma l’onere di insegnare e costruire che grava su di me e i miei ingegneri è troppo grande da superare. Nonostante i nostri magazzini siano pieni, abbiamo solo una manciata di persone con abbastanza esperienza da poter assemblare le parti create dai nostri artigiani.”

“Quindi non riesci a consegnare ciò che è stato promesso?” chiese Atlacan.

“No, Nobile Attendente” disse Saheeli. “Possiamo consegnare ciò che l’imperatore ha chiesto, ma ci vorrà solo un po’ più di tempo per realizzarlo. Al nostro attuale tasso di produzione, prevedo un ritardo che va dai sei agli otto mesi.” Saheeli sorrise tra i mormorii sorpresi che seguirono la traduzione di Huatli. Lasciò passare la costernazione, poi continuò.

“Ho tutte le intenzioni di completare il progetto come pianificato” disse Saheeli, alzando la voce così da poter essere udita oltre il chiasso in aumento delle parole, dei borbottii e dei bisbigli degli ascoltatori. “Ho richiesto assistenza alle accademie di Strixhaven e al Consolato di Ghirapur. Entrambi i piani ospitano scienziati ed ingegneri brillanti che porteranno prestigio all’impero.” Li stava perdendo, pensò lei. Un appello al cuore, allora. “Come Huatli” disse Saheeli, “ho perso la mia capacità di viaggiare per i piani del Multiverso. Ixalan è la mia casa ora, e il popolo dell’Impero del Sole è il mio popolo ora.”

“E l’imperatore è il tuo signore” tradusse Huatli, con voce bassa nell’eco del grido di Atlacan. “La cui parola è la parola di Kinjalli, il comando di Tilonalli e la volontà di Ixalli. Completerai i meccanoquetzacama dell’imperatore nei tempi promessi inizialmente, o ci saranno conseguenze… conseguenze che un qualsiasi servitore dell’Impero del Sole si aspetterebbe al posto dell’indulgenza concessa ai nostri ospiti.” Huatli ascoltò il resto delle grida di Atlacan, con una mano che svicolò verso la parte bassa della schiena di Saheeli. “Non ha detto nient’altro che richiedesse una traduzione” sussurrò, scuotendo la testa.

Atlacan concluse, si ricompose, per poi muovere la mano con un movimento sdegnoso. Saheeli lo comprese bene. Annuì. Huatli parlò per loro, scusandosi per la loro partenza e chiedendo perdono, benedicendo il giovane imperatore e promettendo gloria all’impero e garanzia che il progetto sarebbe stato completato come promesso.

“Poetessa” disse ad alta voce Atlacan, interrompendole.

Huatli prese il braccio di Saheeli e lo strinse… una consolazione. Si bloccò.

“Abbiamo udito storie e voci di alcune antiche camere nelle profondità di questa città” disse Atlacan. “Segreti sepolti da molto tempo, svelati solo ora dai nostri soldati durante le loro pattuglie.”

“Quali camere?” chiese Huatli. “Sono stata dentro, sopra e sotto Orazca. Non esiste nessuna camera del genere.”

“Forse hai ragione” disse Atlacan. “Ma non hai scavato abbastanza a fondo per scoprire ciò che i soldati dell’imperatore hanno trovato.”

Huatli mantenne un’espressione composta in volto, ma Saheeli riusciva a vedere la vena che pulsava vicino alla sua tempia. “Chiederei un po’ di tempo per equipaggiare e preparare la mia compagnia.”

Atlacan si inclinò sull’imperatore-bambino, ignorando Huatli per sussurrare al bimbo. L’Imperatore Intli IV ascoltò, sorrise e annuì. “Un’avventura” disse lui, con voce alta e forte.

“L’imperatore benedice la tua campagna” disse Atlacan. “Siete congedate. Andate a radunare le vostre cose.”

“La mia compagnia-”

“La tua compagnia rimarrà a Pachatupa” disse Atlacan. “Ci impiegherebbero troppo se marciassero fin qui. Invece, accompagnerai Caparocti Figlio del Sole e i suoi lancieri in questo viaggio e sarai gli occhi dell’impero. È stato detto loro di aspettarti e attendere la tua presenza prima di partire.”

“Come desiderate” disse Huatli.

“Come ordina l’imperatore” la corresse Atlacan.

Huatli non disse nulla. Si inchinò, poi condusse Saheeli fuori dalla sala del trono.

“Cos’era quello?” chiese Saheeli.

“Ordini, nulla più” disse Huatli. Le mise un dito sulle labbra, zittendola. “Dobbiamo andare in un posto appartato. Seguimi.”

Le strade di Orazca erano affollate e chiassose, calde e cariche degli odori di carne cotta, spezie e di ciò che producevano gli artigiani. I venditori ambulanti e i commercianti gridavano i loro appelli, mentre i compratori contrattavano in gruppo. I bambini ridevano ed inseguivano i piccoli quetzacama, mentre le bestie più grosse sbuffavano e muggivano, guidate dai loro attendenti, e trasportavano in città carri pieni dei beni che provenivano dalle terre in via di guarigione fuori dalle mura. L’impero, ad un passo dalla morte durante l’invasione, ora era vivo, seppur ferito: i quetzacama trascinavano carichi di muratura distrutta e detriti contaminati fuori dalla città, verso i lontani terreni di smaltimento. Anche se l’olio era stato reso inerte, chi guidava le città non voleva rischiare un’esposizione ad esso. Il disarmo dell’olio fu improvviso quanto il suo arrivo, senza alcuna garanzia che sarebbe rimasto innocuo.

Huatli guidò Saheeli attraverso le strade affollate. Quel giorno erano tutti in festa: gli alianti volavano sulla città e i bambini sfrecciavano in mezzo ai gruppi ammassati di chi celebrava felice. Decine di migliaia di persone affollavano Orazca: cittadini dell’impero venuti lì dopo che la fine dell’invasione lasciò le loro dimore distrutte e inospitali. Saheeli e Huatli erano anonime in mezzo alla folla, e la loro conversazione era protetta dai suoni della città e del suo popolo.

“H, cosa sta succedendo?”

“Non lo so” disse Huatli. “Devo preparare alcune cose prima di partire. Vieni con me.” Trascinò Saheeli in mezzo alla folla, guidando entrambe tra le strade piene di gente. “Questa pace è un’illusione. I pezzi si stanno muovendo più velocemente di quanto pensassi.”

“E che pezzi siamo noi?”

“Pedoni, cuore mio” disse Huatli. “Ma pedoni che sanno di essere parte di un gioco. Qui.” Huatli trascinò Saheeli verso un gruppo di banchetti lontano dalla via principale, dove i commercianti erano intenti a macinare masa e intonare canzoni da lavoro. Nell’aria c’era un forte odore di terra e dei cigarillo che fumavano le donne. Nessuna di loro alzò lo sguardo dalla propria mansione… altre persone ogni tanto si allontanavano dalla via principale per comprare qualcosa, quindi non notarono Huatli e Saheeli che entravano nella piazza.

Huatli controllò che non fossero state seguite.

“Atlacan vuole continuare la guerra di suo padre” disse lei, soddisfatta del fatto che fossero da sole. “Vuole punire Torrezon.” Si avvicinò ancora di più a Saheeli, abbracciandola, come se stessero dedicandosi ad un momento privato nelle ombre in mezzo ai banchetti. “Sta già costruendo una seconda Flotta dell'Alba a Baia Regina, più grande e potente della prima.”

“Un’altra guerra” sbuffò Saheeli. “Il popolo non la tollererà” disse lei. “Non possono farlo… ci sono ancora relitti Phyrexiani nelle strade e nelle giungle. L’impero sta ancora ricostruendosi.”

“Non ha importanza” disse Huatli, stringendo le braccia di Saheeli. “I vessilli si alzeranno, i sacerdoti li benediranno e il popolo verrà influenzato” sussurrò. “Atlacan farà in modo che l’imperatore mi ordini di scrivere un’ode, e se non lo farò, allora lui ne avrà già una pronta da farmi recitare: una recitazione per aprire la campagna, per invocare gli Antichi.”

“Non puoi-?”

“Non posso” disse Huatli, scuotendo la testa. “Sono la poetessa guerriera. Io servo l’impero.” Serrò la mascella e fece un passo lontano da Saheeli. “Senza la mia scintilla non posso sfuggire alle conseguenze di una resistenza. Devo recitare il mio ruolo. Non può sapere che agisco contro di lui, non ancora.”

“Cosa possiamo fare?”

“Ci sono altri giocatori.”

“Caztaca?”

“Lei custodisce il cuore e la mente dell’imperatore. Atlacan riesce a farlo agire di pancia, ma Caztaca può fare in modo di renderlo più gentile, senza che diventi il figlio di suo padre o lo strumento di suo zio.” Huatli annuiva mentre parlava, come se stesse convincendo anche sé stessa della scelta che aveva compiuto. “Il futuro dell’impero dovrebbe essere insieme a lei.”

“Cos’hai bisogno che faccia?” chiese Saheeli.

“Non so per quanto tempo sarò via” disse Huatli. Saheeli notò che aveva assunto la sua voce per impartire gli ordini. Un po’ più bassa, per proteggere sé stessa. “Era stato pianificato un incontro. Ho bisogno che tu partecipi.”

“Tutto qui?”

“Tutto qui.”

“Non può essere tutto. Dovrei venire con te-”

“No, amore mio” disse Huatli. “Hai chiesto aiuto tramite i portali, giusto?”

“Le Vie dei Presagi, sì” disse Saheeli. “Ho mentito riguardo a Ghirapur. L’ultima Via dei Presagi che è apparsa si apriva solo verso Arcavios. Inviai immediatamente una richiesta di assistenza, e dissero che avrebbero mandato uno studente di storia. Un Planeswalker.” Saheeli aggrottò la fronte. “Quintorius Kand.”

“Un Planeswalker?” chiese Huatli.

“Apparentemente. Il corriere mi inviò il suo fascicolo e stiamo avendo una corrispondenza più o meno fissa: la via verso Arcavios appare con un po’ di regolarità” disse Saheeli. “Dovrei dir loro di non disturbarsi?”

“No” disse Huatli. “Potrebbe comunque tornarmi utile.” Incrociò le braccia, con un dito a tamburellare il suo bicipite. Distolse lo sguardo, verso il basso. Stava pensando. Saheeli si avvicinò a Huatli, ottenendo nuovamente la sua attenzione. “Cosa devo sapere di questo incontro?”

“L’incontro serve per pianificare la deposizione di Atlacan, rendere innocua la guardia dell’imperatore e far subentrare Caztaca al potere di fianco all’imperatore.” Disse Huatli tutto d’un fiato. Poi tornò in sé, osservando Saheeli con uno sguardo di pura determinazione.

Saheeli lasciò andare un respiro. Si mise una mano tra i capelli. “State pianificando un colpo di stato.”

“Sì” disse Huatli. “Esattamente.”

“Devo sedermi” disse Saheeli. In un angolo della piccola piazza si trovava un cerchio di tavoli e sedie dove i venditori, i compratori e i passanti potevano sedersi, mangiare e riposare. Saheeli condusse Huatli verso un tavolo libero e si sedettero. Huatli fece cenno ad un venditore di passaggio e ordinò per loro delle bevande ghiacciate e del mango freddo speziato.

Un’altra rivoluzione. Il cuore di Saheeli era dolorante con il ricordo degli anni della rivolta di Kaladesh. “Questa è la mia casa ora” disse lei, “ma non è la mia terra. Cosa dico a questo incontro senza che tu sia presente?”

I manghi e le bevande arrivarono. Le due donne mangiarono e bevvero in silenzio per qualche minuto, poi Huatli parlò.

“Questo è un impero dai molti sogni differenti. Molti possibili futuri differenti.” Si allungò sul tavolo e mise una mano sul petto di Saheeli, sopra il suo cuore, poi toccò con la sua mano libera il proprio cuore. “I tuoi sogni e futuri. Sono anche i miei. Questo deve succedere adesso, o il popolo soffrirà un’altra guerra.” Huatli mantenne i suoi caldi occhi ambrati fissi su quelli di Saheeli, ignorando il cibo e le bevande. “Io ti amo. Ci apparteniamo. In questo incontro, tu parlerai con la mia voce” disse Huatli. “La mia assistente, Chitlati… farò in modo che vi incontriate dopo che sarò partita. Sarà la tua interprete se ne avrai bisogno. Nel frattempo, farò sapere alle persone giuste che farai le mie veci. Ti contatteranno quando sarà il momento, e tu andrai con loro.”

“Stai al sicuro durante questa stupida spedizione” disse Saheeli. Un ordine, non una richiesta. “Non spetta a te condurla, indipendentemente da cosa dicano Atlacan o l’imperatore. Sarai una poetessa e una scrittrice, non un’eroina.”

“Certamente” concordò Huatli. “Qualsiasi cosa attenda sotto questa città, scoprirò cos’è.”

“Bene.”

“Eravamo già pronti ad agire” disse Huatli. “Avevamo solo bisogno di una spinta: eccola qui.”

Saheeli mise la sua mano sopra quella di Huatli e strinse. Lei capiva.

Huatli mise la propria mano al di sopra e strinse in risposta.

Condivisero il resto dei manghi freschi e le bevande dolci in silenzio, entrambe perse in mezzo ai suoni e al chiasso di Orazca, nessuna delle due che voleva essere la prima ad abbandonare quel momento.

Gli alleati di Huatli contattarono Saheeli solo qualche giorno più tardi, appena dopo la discesa della spedizione della poetessa guerriera nelle caverne al di sotto di Orazca. Il piccolo gruppo di co-cospiratori fece uscire di nascosto Saheeli dalla città dorata verso la costa, dove si imbarcò su una nave diretta a Baia Regina. Là, nel bel mezzo della notte tra gli scafi in costruzione della nuova Flotta dell’Alba, Saheeli si imbarcò su un’altra nave, che scivolò via da Ixalan e in pieno oceano.

Il viaggio da Baia Regina attraverso l’oceano orientale durò quasi una settimana. Saheeli passò quel tempo aggrappata alla sua branda sottocoperta, con malesseri causati da un oceano turbolento che l’equipaggio dell’Alleanza di Bronzo le aveva assicurato fosse pacifico e calmo. Il suo primo giorno a bordo della Balena della Murata era stato emozionante, nonostante avesse delle riserve, ma ben presto il mal di mare ebbe la meglio su di lei, rimanendo di sotto.

Una costante salita e discesa, ondeggiando senza un orizzonte. Nausea e giramenti di testa, cigolii e rumori forti, tosse e conati di vomito. Saheeli passò diversi terribili giorni a tremare nella sua branda, malata e senza dormire, passando da un mezzo sonno a una mezza veglia. In quell’orribile mezza vita sognò casa e la distanza che la separava da essa. Gridò il nome di Huatli. Andò in profondità dentro sé stessa e cerco di compiere un viaggio planare lontano da quel luogo… Ixalan, l’oceano agitato, la nave che la faceva star male… e si ricordò di non poterlo più fare. Pianse. Dormì per una manciata di bellissime ore, solo per risvegliarsi assetata e con la testa in confusione.

Saheeli uscì dalla sua stanza in un mezzogiorno grigio e pallido quanto lei, finalmente capace di camminare, con lo stomaco finalmente d’accordo nella risoluzione di quella discussione tra l’equilibrio e il movimento. La nausea era terminata, e lei era affamata. La nave era fortunatamente ferma, finalmente ancorata nel mare calmo. Delle isole scure si intravedevano dal lato di tribordo della nave. Oltre di esse, fosco a causa delle basse nuvole, c’era il limitare di un continente, che si innalzava dalla linea dell’orizzonte.

“Cos’è questo odore?” chiese Saheeli, avvicinandosi ad un gruppo misto di marinai dell’Impero del Sole e dell’Alleanza di Bronzo. Quel gruppo disparato era riunito attorno ad una griglia alimentata a carbone, con un lupo di mare dell’alleanza che rigirava una schiera di filetti su spiedo mentre un soldato dell’Impero del Sole ricopriva la carne sfrigolante con una profumata salsa scura.

“Cammina!” disse uno dei marinai dell’alleanza, spostando l’attenzione degli altri su Saheeli. “Compañeros, fate spazio.”

Il gruppo si mosse per fare ciò che aveva chiesto il marinaio, facendo spazio a Saheeli per unirsi a loro intorno alla griglia sul fuoco. Sulle spalle indossava uno scialle. C’era freddo e umido a quell’ora di mattina e il calore che rilasciava la griglia era piacevole.

“Bevi.”

“Grazie, Chitlati” disse Saheeli, accettando la tazza d’acqua offerta dalla funzionaria di Huatli.

“Hai fame?” chiese Chitlati. “Stamattina hanno preso un thunnini dorato. A quanto pare, non c’è quasi bisogno di cuocerlo prima di poterlo mangiare.”

“Esatto” disse uno dei lupi di mare dell’alleanza. “Fresco è ancora meglio. Gli basta una veloce scottata con sale e pepe. Un dono dell’oceano in persona: morbido come il burro.” Lui alzò uno spiedo di pesce cotto, osservando la salsa gocciolante che i marinai dell’Impero del Sole avevano cosparso al di sopra.

Lo stomaco di Saheeli brontolò sentendo quel buon profumo. Il pirata le offrì uno spiedo e lei lo accettò, staccando con un morso un cubetto di thunnini scottato. Pepe, sale, limetta pungente ed il gusto ricco e inconfondibile del pesce stesso.

“Questo è il miglior pasto che abbia mai mangiato” disse Saheeli dopo un secondo morso. “Non avrei mai pensato di poter mangiare qualcosa di diverso dal brodo.” Rise.

“Sei rimasta giù più a lungo di tutti” disse Chitlati. “Veramente notevole.”

Saheeli fece finta di nulla a quell’osservazione. “Comunque, dove siamo?”

“Siamo quasi arrivati alle Sens” disse Chitlati. “Spero tu sia pronta” disse lei. Chitlati osservò i dintorni di Saheeli al suono di un gruppo in avvicinamento dall’altro lato della nave. “Si avvicina la Somma Sacerdotessa… ha chiesto di te.”

Saheeli si voltò, prendendo un altro morso di thunnini, e vide avvicinarsi a loro un piccolo gruppo di sacerdoti e ministri del culto avvolti da vestiti contro il freddo e l’umidità. Al loro centro, camminando sicura e ignorando la nave ondeggiante, si trovava una donna severa vestita con ricche insegne dell’Impero del Sole, anche se non completamente visibili.

“Non ha chiesto come stavo?” disse Saheeli a Chitlati, che riuscì a malapena a trattenere una risata. Si inginocchiò e si inchinò profondamente, facendo cenno a Saheeli di fare lo stesso: ora era una suddita dell’impero, non più un’ospite.

“Vostra eccellenza” disse Chitlati, inchinandosi.

La Somma Sacerdotessa Caztaca Huicintli, figlia maggiore dell’ultimo imperatore e amata zia del nuovo imperatore, fece un gesto con la mano, congedando Chitlati e i marinai inchinati. “Saheeli Rai” disse. “Sono felice che tu stia bene. Prego” disse lei, facendo scivolare la mano fuori dalle sue vesti per eseguire un breve movimento. “Cammina insieme a me. Abbiamo molto di cui discutere.”

Saheeli fece come le venne chiesto, alzandosi per camminare al fianco della Somma Sacerdotessa. Caztaca era alta, resa ancora più imponente dal largo elmo cerimoniale che indossava. Era fiancheggiata da una scorta di canchatan, guardie del tempio scelte per la loro fede, lealtà e prodezza, che erano vestiti in modo simile e con più armatura.

“Huatli ti ha preparata prima che partisse?” chiese Caztaca. Lei camminava come se stesse planando, senza alcun impedimento dato dalle pesanti vesti che indossava o dal movimento ondeggiante della nave, e la sua voce era sempre una lenta cadenza: il modo di parlare di chi pensava in versi, capitoli e liturgia. Come Huatli, pensò Saheeli, anche Caztaca sapeva che le parole potevano essere un’arma o un balsamo.

“Sì” disse Saheeli. “Mi ha detto della… visione che voi e altri avete per la strada da far intraprendere all’Impero del Sole.”

“E tu” chiese Caztaca. Non posava mai lo sguardo su Saheeli… i suoi occhi erano fissi all’orizzonte, lontani come i suoi pensieri. “Qual è la tua visione per la strada da far intraprendere al nostro impero?”

“Io condivido il sogno di Huatli” disse Saheeli. “Pace sopra ogni cosa.”

“Ammirevole” disse Caztaca. “Ho alcune domande prima di procedere. I tuoi quetzacama. Li hai costruiti e li hai consegnati agli ingegneri dell’imperatore. Rimangono leali a loro o a te?”

“Sono macchine” disse Saheeli. “Sono leali a chiunque abbia i loro codici di comando.”

“E i codici?”

“Posseduti dagli ingegneri Imperiali, ma esistono delle chiavi universali… chiavi fisiche, nel mio impianto di produzione a Pachatupa.” Parlavano lentamente, ma a Saheeli sembrò già mancare il fiato.

Caztaca sorrise. “Bene” disse lei. “Il tuo Alto Imperiale è buono, comunque.”

“Ho imparato dalla migliore.”

“Che cosa ti ha insegnato su Torrezon?”

Saheeli non riuscì a nascondere lo sguardo sorpreso che si impadronì per un attimo del suo volto. Leggero, ma evidente. “So che l’Impero del Sole e Torrezon hanno combattuto in guerra in passato e rimangono grandi nemici.”

Alta Torrezon” disse Caztaca. “Torrezon è il continente. Alta Torrezon è la terra dei vampiri. Non siamo nemici di Torrezon, e nemmeno di Alta Torrezon in verità, ma della chiesa e della Legione del Vespro.”

“Avevo dato per scontato che fossero distinzioni senza una reale differenza.”

“Mai sbagliare la mappa della terra” disse la Somma Sacerdotessa. Raggiunsero la cabina del capitano, attesero che un assistente aprisse la porta, poi entrarono. La camera era calda e illuminata da pietre solari, riempita non solo dall’abbigliamento e dai tessuti della Somma Sacerdotessa, ma anche da un pesante tavolo, sopra il quale erano impilate grandi cartine. Saheeli si avvicinò ad esse con curiosità.

“Dove siamo?” chiese Saheeli, inclinandosi sul tavolo.

“Le Sens. Qui” disse Caztaca, indicando una piccola manciata di isole sparse davanti alla costa occidentale di Torrezon. “Alta Torrezon si nasconde dietro al Deoro” disse, indicando il profondo entroterra di Torrezon, dove un’enorme catena montuosa incombeva dietro ad un fiume che divideva il continente in due. “Tra noi e loro si trovano le Città Libere sulla costa e nelle pianure.”

“Altri vampiri?”

“Umani” disse Caztaca. “Aspiranti. I fedeli. Cibo.” Fece una smorfia. “Ho un favore da chiederti.”

“Certamente.”

“Prendi annotazioni nella tua lingua” disse Caztaca. “Non posso permettermi che alcun codice nella mia lingua possa venire decifrato dopo un’attenta analisi, ma tu sei l’unica anima in tutto Ixalan che può leggere e scrivere la tua scrittura.”

“Posso farlo” disse Saheeli.

“Bene. Raduna le tue cose. Ce ne andiamo tra meno di un’ora.”

Saheeli era in piedi su una spiaggia fredda e scura della costa orientale di Sen Gael, l’isola principale delle Sens, e guardava verso Torrezon, oltre il grigio oceano. Il continente dei vampiri si nascondeva dietro ad un fronte di pioggia e basse nuvole, riconoscibile dalle strisce di luci costiere, fari e imbarcazioni da pesca inviate dalle Città Libere. Quella era una costa fredda, molto diversa dal caldo verde lussureggiante di Ixalan. Saheeli rabbrividì, stringendosi ancora di più nell’impermeabile che indossava. Prima finiva, meglio era.

Una nave solitaria dell’alleanza, gemella di quella sulla quale era arrivata Saheeli, gettò l’ancora a un centinaio di metri dalla spiaggia. Una lancia solitaria sbatteva contro le onde, con un gruppetto di persone incappucciate a bordo, ricurve contro gli spruzzi alzati dal vento.

Erano arrivati.

Saheeli si voltò e tornò a piedi al faro dove attendevano Caztaca e il resto del gruppo dell’Impero del Sole, attraversando lentamente quella breve distanza, stando attenta ai propri passi mentre ripassava ciò che Caztaca le aveva detto negli ultimi due giorni: La guerra crea strane alleanze. La morte sposta le equazioni. La disperazione costringe ad agire quando altrimenti ci sarebbe potuta essere pace.

Caztaca disse a Saheeli delle spie mercenarie dell’Alleanza di Bronzo, la cui lealtà fu assicurata grazie a grandi quantità d’oro, che tornarono dalle Città Libere per sussurrare le notizie ai suoi sacerdoti. Le novità che riportarono causarono paura, ma anche volontà di agire: un fervore apocalittico si diffondeva per Alta Torrezon come una peste di paura incontrollata. Al posto dei ratti, questa pestilenza si diffondeva dalle labbra di culti fanatici, la cui retorica creò grandi fratture nelle fondamenta della Chiesa del Vespro. Un’oscura figura in ascesa dal malcontento vorticoso, e una regina in cerca di alleati.

Nel frattempo, la febbre di guerra infuriava per Pachatupa e per l’Impero del Sole. Un popolo barcollante, ferito, e uno stato che come un pugno stringeva una spada impaziente di mordere la carne. Un figlio dell’imperatore subentrato ed un bimbo sul trono che ancora non comprendevano l’importanza del ruolo che quest’ultimo avrebbe interpretato.

Una regina a est ed una sacerdotessa a ovest con la medesima ambizione. Un impero in ascesa che poteva ancora essere frenato, e un regno sospeso su un precipizio che poteva ancora essere allontanato dal bordo. Senza dubbio una strana alleanza. Di fronte a un nemico irrazionale, il nemico con il quale si può instaurare un dialogo potrebbe stare al tuo fianco… non come amico, ma come collaboratore.

Saheeli si ricordò della storia di Huatli sulla battaglia di Orazca durante la guerra Phyrexiana: vampiri e umani che combatterono insieme contro i Phyrexiani. Sen Gael non era Orazca. Il nemico affrontato da Caztaca e dai suoi collaboratori temporanei non erano i Phyrexiani. Quell’incontro non sarebbe stato un campo di battaglia, ma avrebbe deciso in ugual modo il destino delle nazioni.

Saheeli si sbrigò a percorrere la strada rimanente su per il sentiero fino al faro ed entrò nella piccola casetta alla sua base senza bussare. Le Sen erano le isole native degli orchi, che erano stati ridotti terribilmente da Alta Torrezon; la campagna era tranquilla. Non c’era nessun altro lì, eccetto loro.

L’interno della casa del faro era caldo e sapeva di caffè, inchiostro e mare. Un grosso tavolo era stato trascinato al centro della stanza, attorno al quale erano seduti Caztaca e i suoi consiglieri. Quando Saheeli entrò, Caztaca alzò lo sguardo, riconobbe chi era, poi fece scattare gli occhi al posto a sedere libero di fianco a lei: la postazione di Saheeli per la serata.

Saheeli si fece strada per la stanza, ascoltando le ansiose conversazioni mormorate. I canchatan tenevano le mani vicine alle cinture, sugli anelli vuoti dove solitamente appendevano i loro macuahuitl, e le loro dita sfregavano furtivamente le dure sagome dei coltelli nascosti che tenevano sotto i vestiti.

“Stasera” disse Caztaca a Saheeli mentre iniziava a sistemarsi, “verrà forgiata fiducia da un tradimento condiviso. Lo comprendi?”

Saheeli annuì. “Una volta io e i miei cugini rubammo una teglia di soan papdi dalla finestra di un negozio di dolci. Giurammo di non parlarne mai con nessuno.” Scarabocchiò un paio di cerchietti d’inchiostro sul blocco da scrittura, per provare la sua penna. “Da quel momento la nostra amicizia divenne solo più forte.”

“Un ricordo che scalda il cuore” mormorò Caztaca.

“Tutto questo per dire: lo comprendo.”

Una rapida bussata alla porta, seguita dal forte soffio del vento e della pioggia all’entrata di una canchatan.

“Sono qui, vostra grazia” disse la soldatessa, pulendosi l’acqua dalle spalle. Eseguì un profondo inchino mentre si rivolgeva a Caztaca. “Elenda è insieme a loro.”

Caztaca alzò lo sguardo dalle sue note con sorpresa… senza esprimerla a parole, ma evidente. “Sei sicura?”

“Ho visto una luce innaturale che veniva emanata da una persona nel loro gruppo” disse la canchatan. “Non c’erano né luci di torce né pietre solari. Era magra, con una corona di biglie che sembrava fluttuare sul retro della testa di quella figura” disse lei, spalancando gli occhi. “Ho sentito che solo i Venerabili ricevono la grazia di quella luce.”

“Corretto” disse Caztaca, con un sorriso che si allargò sul volto. “Grazie. Asciugati pure, per ora è tutto.”

Saheeli si ricordò quanto poco Huatli le avesse raccontato di Elenda. Il primo vampiro, le prime innominate battaglie contro la Legione. La corsa verso Orazca, il Sole Immortale e il rimprovero di Elenda al proprio popolo.

Ecco i pezzi prodotti dal tornio della storia, e si stavano mettendo in posizione.

Un colpo alla porta. Silenzio nella casa del faro.

“Entrate” disse Caztaca.

La porta si spalancò. Quattro oscure figure entrarono, accucciandosi per far passare i loro elmi appuntiti oltre la soglia. I loro passi erano pesanti, con gli stivali che sbattevano sul pavimento di assi e l’armatura sotto i loro mantelli di tela cerata che produceva leggeri tintinnii e fruscii. Entrarono uno per uno, sganciarono le loro spade foderate e si appoggiarono contro il muro vicino alla porta.

Saheeli scrutò i volti scuri degli uomini che erano entrati. Pelle pallida, occhi grigi illuminati dall’interno con una leggera luce argentata. Un’austerità così severa che si irradiava dalle loro figure come un terribile freddo. Osservarono il gruppo di soldati e dignitari dell’Impero del Sole, con il viso neutrale e le mani appoggiate, proprio come quelle dei canchatan, vicino agli anelli vuoti delle loro cinture dove solitamente erano appese le proprie armi. Soddisfatto, uno dei soldati tornò fuori. Un attimo dopo, entrò Santa Elenda.

La Venerabile tirò indietro il cappuccio mentre entrava nella casa, scoprendo il volto e rivelando un diadema che continuava a brillare leggermente attorno alla sua testa. Un’aureola, il segno della canonizzazione, della venerazione: un’investitura divina su quella singola persona. Nonostante la pelle di Elenda fosse grigia come quella dei suoi compagni, ad essa mancava il tono austero: le sue guance erano arrossate, come se il freddo e il vento avessero colpito il suo volto… o, più precisamente, come se si fosse appena nutrita. La Venerabile osservò il gruppo dell’Impero del Sole, con gli occhi che brillavano di un caldo e leggero colore dorato. Sorrise, e Saheeli riuscì a vedere la punta delle sue zanne che sbucavano appena al di sotto delle labbra.

“Elenda” disse Caztaca, alzandosi. “Vi prego, sedetevi. E dite ai vostri soldati che possono rilassarsi. Qui siamo collaboratori.”

“Collaboratori” disse Santa Elenda. “Collaboratori” ripeté, come se stesse assaggiando quella parola. “Preferisco amici.”

“È questo ciò che siamo?” disse Caztaca.

“È ciò che dobbiamo essere” rispose Elenda. Si tolse il proprio mantello e si sistemò sulla sua sedia. “Dopo stanotte, gli unici amici che avremo saranno le persone in questa stanza. Casa diventerà un nido di vipere dai denti cinerei. Fiducia o rispetto… dobbiamo essere amici.”

“Amici, allora” disse Caztaca. “Quindi, eccoci qui. Iniziamo.”

Elenda si inclinò in avanti, in ascolto.

Saheeli inumidì la punta della sua penna.

“Il nostro imperatore ci condurrà in guerra” disse Caztaca. “È un bambino. Mio fratello Atlacan brama il trono ma non potrà mai averlo, quindi si è invece fatto strada nella mente dell’imperatore. Sussurra sogni di conquista al ragazzo, che richiede armi e reggimenti come se stesse riempiendo il proprio piatto di dolci squisiti. Il nostro popolo non può sopportare un’altra guerra, indipendentemente da quanto sia preparato. E nemmeno il vostro.”

Elenda alzò un sopracciglio. “Lo pensate davvero?”

“Io lo so” disse Caztaca. “La vostra chiesa e la vostra regina. ‘Un nido di vipere dai denti cinerei’. Mi sbaglio?”

Elenda sorrise. “Non vi sbagliate” disse. “Il vostro sussurrante fratello e il malleabile imperatore sono come gli zeloti nel mio dominio. Il Pontifex Fein fatica a tenere unita la Chiesa del Vespro. Il richiamo della rinascita è… forte. Siete al corrente che è in corso una seconda spedizione a Orazca?”

“Ne sono al corrente” disse Caztaca. “Avevo dato per scontato fossero i vostri.”

Saheeli alzò lo sguardo dalle sue note, fermandosi solo per qualche secondo prima di rendersi conto di colpo di non essere decisamente a conoscenza di un’altra spedizione della Legione verso Orazca.

“Non sono i nostri” disse Elenda, scuotendo la testa. “Ixalan non è più negli interessi della corona, non dalla partenza del Sole Immortale. Questo gruppo è guidato da Vitor Quijano de Pasamonte, uno dei gerofanti dell’Antifex” disse Elenda. “Non è un’operazione approvata dalla chiesa. La Compagnia di Baia Regina, una delle iniziative della regina, ora è infestata da retrogradi fanatici escatologici assetati di sangue che pensano di poter portare l’Era del Sangue facendo tornare Aclazotz ad Alta Torrezon.”

“Possono farlo?”

“Sì, a meno che non vengano fermati.”

A Saheeli faceva male la testa. Strinse la penna abbastanza forte da rendere bianche le proprie nocche mentre trascriveva. Elenda parlava con una leggerezza nella voce che per Saheeli suonava poco seria. Aveva parlato di uno scisma che minacciava la chiesa che l’aveva canonizzata, di un ribollente fervore apocalittico che, tenuto sotto controllo o meno, avrebbe portato alla rottura di Alta Torrezon. Aveva parlato di Huatli in pericolo. La sua voce avrebbe dovuto essere tremante. Avrebbe dovuto implorare per avere aiuto.

“Huatli li fermerà” disse Caztaca. “A prescindere da ciò che mio fratello spera ottengano ad Orazca, i soldati dell’Impero del Sole sanno cosa fare quando incontrano la Legione nella nostra terra.”

Huatli, nell’oscurità. Saheeli osservò oltre il tavolo i soldati della Legione che si trovavano in piedi dietro a Elenda. Uomini massicci alti più di un metro e ottanta, completamente corazzati con un’armatura di spesse piastre di oro lucido. Incisioni di rose, spine e figure umane in ginocchio con le braccia alzate, come per sostenere l’armatura che difendeva la vita di quei macellai.

“Se Aclazotz posa un artiglio su Torrezon, il regno verrà fatto a pezzi” disse Elenda, ripetendosi. Il volto di Elenda perse la sua luce. Per un attimo, la lucentezza che emanavano le sue guance sparì. “Non posso permettere che accada” sussurrò. “E voi non potete permettere a vostro fratello di condurre in guerra l’imperatore.”

Nonostante la sua rabbia, Saheeli si sentì attirata da Elenda. A causa della sua natura divina, dedusse. Ovviamente. La vicinanza al divino, qualsiasi tipologia di divino, era difficile da contenere. Comprese quel magnetismo, un principio fondamentale del Multiverso che lei, in quanto mortale, percepiva come qualcosa di più. Saheeli contrastò quel desiderio che l’avrebbe portata a seguire, trasformandolo invece in un esame dei piccoli dettagli ancora latenti della mortalità di Elenda: la ciocca grigia tra i suoi lunghi capelli scuri, la leggera spruzzata di lentiggini che si trovava sul ponte del naso.

Gli occhi di Elenda brillarono freddi come l’acciaio.

“C’è qualcun altro qui” disse. Si voltò sulla sua sedia per guardare la porta proprio mentre veniva aperta violentemente.

Una larga figura occupava tutta la soglia, con le mani aggrappate ai lati come se stesse resistendo al vento ululante che entrò nella stanza insieme ad essa. Dietro la figura si trovava un manipolo di orchi ed umani che brandivano delle sciabole, rattoppati e pieni di cicatrici, con un’accozzaglia di armature e vestiti per ripararsi dagli elementi.

Trambusto. Le guardie leali a Elenda e i canchatan di Caztaca urlarono, alzandosi dal tavolo e spostandosi tra questo nuovo gruppo e i loro servitori. I nuovi arrivati si misero tra di essi e le loro spade, ma tutti quanti estrassero pugnali, manganelli, spuntoni e altre armi nascoste, rivelandole. La stessa Saheeli si alzò e attinse alla propria magia, modellando la punta di metallo della sua penna in un coltellino affilato.

“Calma!” gridò l’intruso. La voce di una donna, abituata a dare ordini, che ha bisogno di essere udita oltre l’ululato del vento e le urla infuriate. “State indietro, tutti voi!” La donna entrò velocemente in casa seguendo la punta ferma della sua sciabola dalla lama diritta. Era più anziana, rugosa e scottata dal sole, ma aveva un portamento degno della forza di una quercia. Indossava vestiario da marinaio: un pesante cappotto di lana, un cappello bicorno che si tolse velocemente dalla testa e dei robusti stivali macchiati dal sale.

Caztaca impartì un rapido ordine al suo canchatan, che teneva salde le sue armi nascoste e non indietreggiò. La Somma Sacerdotessa stessa stringeva un piccolo coltello, pronta a combattere.

“Fate come dice” disse Elenda, alzandosi. Posò una mano sulla spalla della guardia più vicina e fece loro cenno di abbassare le armi. “Ammiraglio Cuor di Bronzo” disse Elenda, rivolgendosi alla donna che aveva appena fatto irruzione. “Non ci aspettavamo la tua presenza.”

“Siete venute qui sulla mia nave, per contrattare nazioni sulla mia isola.” L’Ammiraglio Beckett Cuor di Bronzo sorrise a Elenda, guardandola oltre la propria spada. “Amica, hai bisogno di rivedere le tue aspettative sul ruolo del corriere quando il carico è così buono.”

“Cosa vuoi?” si intromise Caztaca. “Oro? Informazioni? Abbiamo già pagato i tuoi mercenari. Il nostro debito è saldato.”

Cuor di Bronzo lanciò uno sguardo a Caztaca, tenendo fissa la sciabola. Dietro di lei, i suoi marinai ridacchiarono.

“Silenzio” sbottò Cuor di Bronzo. Una ciocca di pallidi capelli dorati scivolò sul suo viso. Con la mano libera la rimise a posto, pulendosi la pioggia e il sudore dalla fronte. Passò lo sguardo tra Elenda e Caztaca, valutando le due donne.

Saheeli disfò il suo ago di filigrana, rimodellandolo alla sua originale forma di penna. In quella stanza si trovavano tre delle persone più potenti di Ixalan. La Venerabile Elenda, la santa vivente della Chiesa del Vespro. Caztaca Huicintli, Somma Sacerdotessa dell’Impero del Sole. L’Ammiraglio Beckett Cuor di Bronzo, leader dell’Alleanza di Bronzo. Cercò di ricordarsi ciò che Huatli le aveva detto riguardo l’Alleanza di Bronzo e l’Ammiraglio Cuor di Bronzo, ma non riuscì a pensare a nulla oltre che pirati, cercatori di oro e qualcosa a che fare con il furto di magie.

“Tu e i tuoi avete pagato i vostri debiti nei miei confronti” disse Cuor di Bronzo. “Ma io non sono né un mercante né un banchiere.”

Caztaca guardò Elenda, che manteneva sul viso un’espressione estatica e neutrale.

“Ascolteremo” disse Caztaca, parlando a Cuor di Bronzo senza guardarla. “Tu” disse, rivolta a Saheeli, “scriverai tutto.”

“Annotalo per bene” disse Cuor di Bronzo a Saheeli mentre rinfoderava la spada. “Io avrò una nazione” continuò l’Ammiraglio. “Una terra di persone libere: l’oceano aperto e ogni isola tra qui”, indicò il terreno sotto i loro piedi. “E là” disse lei, puntando ad ovest, verso Ixalan. “Qui si sta giocando una bella partita. Voi due siete pronte a scommettere troni e corone come fossero monetine. Sul tavolo ci sono regicidio e fratricidio e i giocatori devono ancora vedere la prima mano.” Cuor di Bronzo puntava velocemente la punta della spada tra le altre due donne mentre parlava. “Bè, signore, ci sono anch’io, e sono quella piena zeppa di acciaio tagliente.” Gli occhi di Cuor di Bronzo brillavano come frammenti di cielo: penetranti e chiari. “Una mano in più da giocare: la mia alleanza esige di essere riconosciuta come giocatore di questa partita alla pari.”

“E se ci rifiutiamo?” chiese Elenda.

“Allora ammazzo qui voi due e la puzza del fumo dei cannoni strozzerà Torrezon e Ixalan” disse Cuor di Bronzo. “Il vostro popolo non toccherà mai più l’oceano senza che una nave dell’alleanza non appaia all’orizzonte. I mari saranno un cimitero e la terra una prigione.”

Silenzio, eccetto per il suono della penna ricreata da Saheeli che scriveva l’ultimo dettato dell’Ammiraglio Cuor di Bronzo.

Cuor di Bronzo alzò nuovamente la sua sciabola, poi la lanciò sul pavimento di assi della casa, dove si conficcò in profondità. “Una risposta” richiese lei. “Quale sarà? Uno stato, o le armi?”

“Che corriere sfrontato” mormorò Caztaca. Incrociò le braccia.

“È la tua risposta?”

“Un momento” disse Caztaca. “Sto pensando.”

“Questa piratessa ci sta tenendo in ostaggio” disse Elenda, con un tono divertito nella sua voce. “Cosa c’è da pensare?”

“La sua offerta ha un certo valore” disse Caztaca.

“Diventerai nostra alleata, Ammiraglio?” chiese Elenda.

“Governatrice” la corresse Cuor di Bronzo. ”E garantirò le mie flotte a chi si unirà alla nostra causa.”

“Non è un sì” disse Elenda.

“Non avete ancora preso una decisione” ribatté Cuor di Bronzo.

“Dovreste accettare” disse Saheeli, alzando la voce.

Un’altra ondata di silenzio colpì la stanza.

“Prego?” chiese Elenda, voltandosi verso Saheeli.

“Accettate la sua richiesta” disse Saheeli. Aveva affrontato cose peggiori di Elenda, ma lo sguardo della Venerabile era comunque inquietante e ipnotizzante. Uno sguardo al divino, un forellino nel velo tra ciò che è mortale e ciò che è immortale. Non della propria fede, ma ugualmente incredibile. Saheeli si schiarì la gola e continuò. “A entrambe servono alleati. Entrambe state correndo contro il tempo che gioca a vostro sfavore, senza sapere quanto ne rimane” disse Saheeli. “Come ha detto la Governatrice Cuor di Bronzo: questa è la partita definitiva. Le nazioni sono sul piatto. Accettate l’accordo e assicuratevi i mari” disse Saheeli. “È la mossa giusta.”

“Quanto conosci della nostra storia?” chiese Caztaca. “Huatli ti ha raccontato qualcosa delle scorribande dell’Alleanza sulla nostra costa prima della guerra Phyrexiana?”

“Conosco poche cose” ammise Saheeli. “Principalmente riguardo la corsa a Orazca.”

“Depredavano le flotte di pesca e saccheggiavano i nostri templi” disse Caztaca. “Hanno ucciso migliaia di nostri cittadini e trafugato centinaia di nostri artefatti nelle loro avventure.” Caztaca parlava risolutamente, ma senza rabbia. “La guerra ci ha costretti a resistere insieme. Quei legami sono poi cresciuti, ma come una cicatrice. La ferita è ancora dolorante.”

“Ciò che chiede Cuor di Bronzo è difficile da accordare” concordò Elenda. “Una nazione di pirati e rifugiati che rivendica l’oceano.” Sospirò. “Non riesco a vederla.”

“E un regno di vampiri è più facile da accettare?” Cuor di Bronzo rise.

“Noi non abbiamo bisogno di implorare per essere riconosciuti” ribatté Elenda.

“Implorerete pietà, allora” ringhiò Cuor di Bronzo, avvicinando la mano alla sciabola.

“Quante navi avete?” interruppe Saheeli. “Ammiraglio Cuor di Bronzo. Le vostre navi?”

L’Ammiraglio Cuor di Bronzo lasciò andare la sua sciabola. “Ho bisogno di una garanzia prima di proseguire ulteriormente” disse lei, rivolgendosi a Saheeli.

“Caztaca, non potete permettere a questa scrivana-”

“Sì che posso” disse Caztaca. Fece un secco gesto verso Elenda, zittendola. La Venerabile sbatté le palpebre, sorpresa dalla reazione di Caztaca e, assunse Saheeli, dal fatto che lei le avesse obbedito. “Uno scambio equo di informazioni?” disse lei, rivolgendosi a Cuor di Bronzo.

“Sulla mia parola” annuì Cuor di Bronzo.

Caztaca prese un profondo respiro. “L’imperatore sta costruendo un’altra flotta di diecimila navi” disse. “Ha intenzione di usarle per invadere Alta Torrezon.”

“E quante ne ha costruite finora?” chiese Cuor di Bronzo.

“Almeno duecento” disse Caztaca.

“Corrisponde a ciò che sappiamo” annuì Cuor di Bronzo. “Noi abbiamo seicento navi da combattimento pronte e che possono navigare, tutti equipaggi di veterani, con scorte in vari bacini di carenaggio sparsi per il mare. La Legione schiera solo ottanta navi da combattimento, le altre sono mercantili o per il commercio. È corretto?” chiese lei, guardando Elenda.

“Cosa ti fa pensare che te lo dica?”

“Perché è il tuo turno di gioco” disse Cuor di Bronzo. “I miei pezzi, i tuoi pezzi, i suoi pezzi: tutti sul tavolo. Fiducia reciproca, o distruzione reciproca. Stiamo discutendo i termini, giusto Caztaca?”

“Esatto” concordò Caztaca. “L’Alleanza si è già inserita in questo piano, Elenda: le spie che abbiamo assoldato nella vostra terra, le spie che voi avete assoldato nella nostra. Le navi che entrambe abbiamo preso per venire qui senza essere scoperte dai nostri nemici. Questa stessa isola… sono stati al tavolo con noi per tutto il tempo. Cuor di Bronzo ci offre un’alleanza per il momento. Se accettiamo, tutti otterremo ciò che vogliamo” disse Caztaca.

Elenda guardò il resto della stanza, silenziosa per troppo tempo. Quando parlò, la sua voce sembrava stanca, con l’orgoglio ferito. “Vi scriveremo delle lettere di marca” disse Elenda a Cuor di Bronzo. “Impedite a Vitor e i suoi accoliti di tornare ad Alta Torrezon. Uccideteli a Orazca o affondateli nell’oceano, non mi interessa. Se riuscirete a farlo, farò in modo che la regina riconosca la legittimità delle richieste dell’Alleanza. Gratitudine per il servizio reso alla corona e alla chiesa.”

Cuor di Bronzo sorrise con un ghigno. Allungò il braccio, offrendo la propria mano a Elenda. Elenda la strinse, scuotendola con una smorfia.

“E voi?” chiese Cuor di Bronzo a Caztaca, allungando il braccio verso di lei. “Cosa ci farete fare per avere la nostra nazione?”

“La nostra seconda Flotta dell’Alba” disse Caztaca. “Alla fine dell’estate, dopo che i primi uragani annunceranno la fine di una costruzione sicura: bruciate quelle navi al porto. Attirate l’esercito Imperiale sulla costa, lontano dalla capitale. Fate in modo che l’imperatore e il suo sussurratore siano alla mia portata.”

Cuor di Bronzo allungò la mano. “Affare fatto” disse.

“La Somma Sacerdotessa non stringe mani” disse uno dei canchatan di Caztaca, facendo un passo avanti per mettersi tra Cuor di Bronzo e Caztaca. Cuor di Bronzo ritirò la propria mano e la tenne alta, sorridendo dispiaciuta.

Caztaca frugò tra le pieghe del suo mantello e staccò una singola piuma dall’abito che indossava al di sotto, poi la offrì a Cuor di Bronzo. “Riconsegnamela quando governerò a Pachatupa, e io ti consegnerò la tua nazione.”

“È tutto?” chiese Cuor di Bronzo, prendendo la piuma.

“È tutto.”

“E dopo?” chiese Cuor di Bronzo. “Commerci, alleanze, diplomazia? Tratterete con noi alla pari?”

“Io non ti prometto nulla di più rispetto ad uno stato da considerare vostro, governatrice” disse Caztaca. Il suo sorriso era come quello di un raptor. “Una nazione che ne riconosce un’altra ai suoi confini.”

Cuor di Bronzo ci pensò su. Passò la piuma ad uno dei suoi marinai, che la infilò al sicuro in una borsa impermeabile. “È deciso” disse lei.

“È deciso” concordò Caztaca.

“È deciso” disse Elenda.

“È deciso” disse Saheeli, terminando la sua trascrizione dell’incontro. Mise il foglio sul tavolo, posando la propria penna su di esso, e fece un passo indietro. Una per una le tre leader firmarono, siglando il loro contratto. Saheeli soffiò sull’inchiostro per asciugarlo, poi arrotolò il foglio in uno stretto rotolo.

“Metallo” disse Saheeli, guardando i soldati nella stanza. “Monete, sul tavolo, prego.”

Riluttanti, i soldati pescarono delle monete dalle tasche e dalle borse, avanzando per lanciarle sul tavolo. Sotto quella pioggia di monete, Saheeli modellò un pregiato contenitore di rame, argento e oro attorno al documento. Lo abbellì leggermente, incidendo un disegno di filigrana sulla superficie, ma si assicurò di sigillarlo contro gli elementi. Quando terminò, sollevò il cilindro di metallo lucido in alto, analizzando il proprio lavoro.

“Chi porterà quel documento?” chiese Cuor di Bronzo.

“Elenda” disse Caztaca. “Consideratela una ricevuta. Saheeli è l’unica che può aprire il contenitore senza distruggere il documento al suo interno. È corretto?”

“Esatto” disse Saheeli. “Se taglierete o scioglierete il contenitore, distruggerete il foglio all’interno e questo accordo sarà nullo.”

“Potrebbe essere che noi vogliamo davvero distruggerlo” mormorò Elenda. Rigirò il cilindro tra le mani, delicatamente, poi lo passò a uno dei suoi soldati.

“Se rivelato, distruzione reciproca” disse Caztaca, guardando Elenda. “E un debito concordato e non modificabile da pagare” disse lei, rivolgendosi a Cuor di Bronzo.

“A me sta bene” disse Cuor di Bronzo, annuendo. Estrasse la sua sciabola dal pavimento di assi. “Io devo andare” disse, facendo scivolare la sua spada nel fodero. “È stato un piacere fare affari con voi due. Le navi con le quali siete arrivate qui verranno rifornite, i loro equipaggi sostituiti e verranno approntate per i vostri viaggi verso casa. Buona fortuna a entrambe” disse, uscendo. “E ci vediamo nel nuovo mondo.”

Cuor di Bronzo e il suo seguito lasciarono la casa, marciando verso la tempesta ululante stringendosi nei loro cappotti e urlando di gioia quasi quanto il vento che infuriava.

“Il nuovo ordine del mondo deciso in, quanto, trenta minuti?” disse Elenda. Si alzò e fece un cenno ai suoi soldati. “Perdonatemi, Vostra Eminenza” disse a Caztaca. “Ma ho una regina da informare e una chiesa da tenere in piedi.” Elenda, come Cuor di Bronzo, si fermò sulla porta aperta. “Ci vediamo nel nuovo mondo” disse, con una punta di sarcasmo non adatto ad una santa nella sua voce. Alzò il proprio cappuccio e partì, lasciando Saheeli, Caztaca e i soldati canchatan della Somma Sacerdotessa da soli nella casa del faro.

La partenza della Venerabile fu seguita dal silenzio. La pioggia batteva sul tetto di tegole. Il vento faceva tremare le finestre chiuse per la tempesta. Caztaca sedeva tranquilla, con la fronte aggrottata, ad osservare il buco dove Cuor di Bronzo aveva conficcato la sua sciabola. Saheeli pensò che stesse guardando più in profondità, nel sottosuolo del piano, dove gli agenti di entrambe le nazioni compivano gli obiettivi di sovrani opposti.

Quell’artificio diplomatico era odioso per Saheeli. Disorganizzato. Confuso riguardo costi, efficienza, fiducia e vite umane. Le alleanze cambiavano, le decisioni venivano fatte non basate sui fatti, ma seguendo la fede e la fiducia. Amici e rivali si scambiavano le maschere costantemente. Come a Kaladesh, il potere non rimaneva mai in equilibrio, ma era sempre disponibile ad essere preso: nessuna decisione poteva essere definitiva se era una decisione fatta da più persone per più persone. Allo stesso tempo, Saheeli rifiutava la logica di stabilità del tiranno, contenuta in un solo corpo: le mire egoiste e capricciose di un autocrate promettevano una consistenza fatale e terribile. Nessun equilibrio in molti, nessuna giustizia in uno… dove sarebbe potuta essere la pace?

“Saheeli” infine, Caztaca parlò.

“Sì, Vostra Eminenza?”

“Huatli mi appoggerà?”

Saheeli esitò. Caztaca attese, e Saheeli si rese chiaramente conto di quanto fosse vulnerabile, sola su quell’isola e circondata dai soldati della Somma Sacerdotessa.

“Mi assicurò che l’avrebbe fatto” disse Saheeli.

“Ciononostante, Huatli mi preoccupa” disse Caztaca. “Lei è la coscienza dell’impero. Il cuore e la voce del popolo, ma è anche l’agiografo dell’impero.”

“Mi disse quanto lei ammiri la vostra causa” disse Saheeli. “Mi chiese di parlare con la sua voce a questo incontro.”

“Parlare, scrivere, ammirazione.” Caztaca scosse la testa. Si alzò, muovendosi verso la porta. I suoi soldati scattarono in azione, alcuni affrettandosi fuori dalla casa per raggiungere la nave, altri preparandosi a scortarla. “Quando arriverà il giorno di agire, l’unica cosa di cui avrò bisogno sono le spade. Molte persone che ora mi ammirano, che ora scrivono e parlano bene di me, si schiereranno con l’imperatore.” Fece cenno a Saheeli di avvicinarsi. “Noi distruggeremo l’ordine naturale. Chiederemo al popolo di fare un altro sforzo per assicurare il suo futuro. Quindi, niente parole: mi servono azioni. Mi servono spade. Mi serve la poetessa guerriera.”

Ed ecco la sua risposta, comprese Saheeli. Trovare la pace era un’equazione senza fine: un progetto che deve essere sempre ritoccato mentre è attivo. Rinuncia all’arrogante sogno di essere chi termina il progetto e trova uno scopo nello sforzo di stringere la penna con la quale il progetto viene disegnato. Comincia. Inizia. Fai la tua mossa; almeno così sarai un attore, e non un suddito.

Prendi una spada, Saheeli, pensò tra sé e sé. Ecco la risposta.

“È naturale seguire il proprio imperatore in guerra” continuò Caztaca, con la voce che divenne rauca e feroce. “È naturale odiare chi si trova dall’altra parte dell’oceano, nonostante la luce di Tilonalli brilli anche su di loro” disse Caztaca. “Io punto a fare ciò che è innaturale.”

“Huatli ed io saremo con voi” ripeté Saheeli, ricordandosi della sua amata nel mercato, con lo stesso feroce tono di voce di Caztaca, la stessa paura, la stessa speranza.

Caztaca fissò il proprio sguardo su Saheeli. Le due donne erano più o meno della stessa altezza, ma in quel momento la Somma Sacerdotessa sembrava una pira, che si stagliava sul cielo grigio, un’incarnazione della storia e dei giorni che sarebbero giunti.

Caztaca allungò la mano verso Saheeli. Saheeli la raggiunse con la propria. Le due donne si strinsero la mano, poi camminarono nella bufera ululante, scortate dalle guardie del tempio.

Saheeli seguì Caztaca lungo la costa, scendendo dalla casa solitaria e attraversando la scura sabbia di Sen Gael. La lancia barcollava nelle acque basse, tenuta ferma dai pirati dell’Alleanza di Bronzo e da un paio di canchatan di Caztaca, che erano con l’acqua fino alle ginocchia. Chitlati era già seduta dentro la lancia, in loro attesa. Della spuma fredda si alzò dalla spiaggia, increspandosi e girando attorno alle loro caviglie. Il freddo era pungente, chiarificatore. Un’aspra pioggia batteva dal tumulto sovrastante, l’oceano era agitato, e si udivano anche i lontani fischi del nostromo.

Quello era il suo mondo, pensò Saheeli. Suo e di Huatli. Sussurrò una breve preghiera, delle vecchie scritture memorizzate tempo addietro e ripetute meccanicamente ma in quel momento, anche se solamente per il momento in cui sono state recitate, sincere. Allungò la mano verso il canchatan che gliene offrì una, passò dall’acqua alla lancia ondeggiante, si sedette di fianco a Chitlati e si strinse nei propri vestiti da pioggia mentre gli altri soldati salivano a bordo.

Aiutati dai marinai dell’Alleanza, si liberarono della sabbia, presero i remi e remarono contro la raffica sempre più forte verso la distante nave che li avrebbe riportati a Ixalan, dove sarebbe presto iniziato il prossimo turno della grande partita.

Racconto successivo: Episode 1: Ghosts of Our Past

Curiosità[]

  • Dall'inizio fino alla partenza di Huatli, The Lost Caverns of Ixalan Pawns si svolge prima di The Lost Caverns of Ixalan Episode 1; mentre il resto della storia fino alla fine si svolge in contemporanea a tutta la storia di Le Caverne Perdute di Ixalan.

Collegamenti esterni[]

Espansioni Blocco di Ixalan (IxalanRivali di Ixalan) • L'Avanzata delle MacchineLe Caverne Perdute di Ixalan
Luoghi Ixalan (Impero del SoleAraldi del Fiume) • Torrezon (Legione del VesproAlleanza di Bronzo) • Caverne (MalametGoblin delle ProfonditàMicoide) • Nucleo del Paradiso (OltecDei Profondi)
Nativi Huatli
Pubblicazioni Planeswalker's Guide to IxalanThe Art of Magic The Gathering: IxalanPlaneswalker's Guide to The Lost Caverns of Ixalan
Approfondimenti AltroEventiGruppiLuoghiPersonaggiRazzeVisitatori
Advertisement