Magic: the Gathering Wiki
Advertisement

The Gathering Storm/Capitolo Venti è il ventesimo capitolo di The Gathering Storm.

Capitolo Venti[]

Vraska e Lavinia. Ral le osservò e strinse gli occhi. Ma non è veramente così, giusto?

“Lavinia non lavorerebbe mai per Bolas” disse ad alta voce. “Non volontariamente.”

“Lui ha una specie di… emissario” disse Kaya. “Un frammento del suo spirito, penso. Può controllare le persone.”

Ral, ricordandosi il Maestro della Radura Garo e il suo tentato golpe ai Selesnya, annuì lentamente. “L’ho già incontrato, allora.”

“Quindi…” disse Hekara. “Lei è dalla nostra parte, dalla loro parte, o cosa?”

“È dalla loro parte.” disse Ral. “Ma cerca di non ucciderla.”

“Ah, Ral” disse Lavinia, facendo qualche passo in avanti. La voce era la sua, ma il tono e le maniere erano completamente sbagliate. Era Bolas, o almeno il frammento di Bolas che vagava per Ravnica. “Ai vecchi tempi simili questioni non ti avrebbero turbato. Da quando sei diventato così tenero di cuore?”

“Da quando mi sono allontanato da te” disse Ral.

“E anche così repentino alla rabbia.” Lavinia sfoggiò uno smorfia di soddisfazione. “Quasi come se avessi qualcosa di cui pentirti.”

“Ho fatto la mia buona dose di cose di cui mi pento” disse Ral. Osservò Vraska. “Ma ciò non significa che devo continuare ad impilare i miei peccati aiutando lui.”

“Non pretendere i capirmi, Zarek” disse Vraska, slacciando la sciabola nel suo fodero. “E non cercare di fare il moralmente superiore. C’è una città in rovina piena di persone del mio popolo della quale devi rispondere.”

“Non avevamo scelta” disse Ral. “Se tu non ci avessi traditi-”

I suoi occhi tornarono a Lavinia, che stava ancora sorridendo. Ral si fermò di colpo.

“Vogliono tirarla per le lunghe” disse tranquillamente lui. “Se Bolas riesce ad allontanarsi da Niv-Mizzet, potrà far crollare tutto questo posto. Dobbiamo finire tutto quanto il più velocemente possibile.”

Kaya annuì pesantemente. “Quindi, qual è il piano?”

“Io mi occupo di Lavinia.” L’energia crepitava nelle sue mani. “Dovrei riuscire a stordirla. Tu e Hekara tenete occupata Vraska. Non avvicinatevi troppo, lei può-”

“Ho già combattuto contro delle gorgoni” disse Kaya. “So come gestirle.”

“E poi, farsi trasformare in pietra potrebbe essere divertente” disse Hekara. “Proverei a fare una faccia da scema, tipo con la lingua fuori! E in quel modo sarò una bella statua per sempre.”

“Cerchiamo di evitarlo” disse Ral.

Lui andò a sinistra, verso Lavinia, mentre Kaya fece una curva verso destra ed Hekara camminò spensieratamente nel mezzo. Sia Vraska che Lavinia estrassero le loro spade per fronteggiare i rispettivi avversari. Ral diede un’ultima occhiata alla gorgone, poi scosse la testa e si concentrò sulla propria avversaria. Spero che l’alta opinione che Kaya ha di sé sia giustificata.

Non aveva mai visto combattere Lavinia. Durante i suoi giorni da Azorius, tuttavia, era stata una duellante famosa, e la sua posa granitica con la sua lama indicava che non aveva lasciato che le sue abilità si arrugginissero. Ral alzò una mano e lanciò una scarica di fulmini esplorativa, che crepitò per la stanza e si estinse sul petto di lei. Lavinia non sussultò neppure, e la magia della sua armatura brillò.

Una difesa contro il fulmine. Era preparata, proprio come il Maestro della Radura Garo. Quindi non sarà facile.

Un altro passo in avanti, e Lavinia si mosse all’improvviso, come se avesse innescato una trappola. I suoi movimenti a terra erano talmente fluidi da sembrare che stesse scivolando sul terreno, e la spada scattò con un fendente naturale che avrebbe potuto sgozzare Ral. Lui fece un passo laterale, bloccò il colpo successivo con il bracciale d’acciaio che si estendeva dal suo guanto di mizzium, e rilasciò un esplosione di fulmini a distanza ravvicinata. Quella volta Lavinia sussultò, ma solo leggermente, e la difesa al fulmine vibrò un po’, consumando molto del suo potere. Lavinia cambiò la direzione del colpo, e Ral si ritirò in modo tale che una colonna di supporto d’acciaio si frapponesse tra loro. Pensava furiosamente, mentre lei cercava di aggirarla.

Potrei sovraccaricare la sua difesa. Era ciò che aveva fatto con Garo, ma era rischioso. Avrebbe utilizzato molta dell’energia rimasta nel suo accumulatore, e avrebbe probabilmente ucciso Lavinia se non fosse riuscito a direzionare per bene la scarica. Dannazione, dannazione, dannazione. Avrei dovuto insistere per mandare qualcuno con lei. Disse che stava rintracciando il principale agente di Bolas… doveva essere per forza Tezzeret. Deve aver avuto la meglio su di lei.

“Perché proprio Lavinia?” disse Ral, girando in tondo con attenzione. “Se avessi voluto qualcuno per fermarmi qui, perché non mandare Tezzeret?”

“Perché adoreresti la possibilità di poter pareggiare i conti con Tezzeret” disse Bolas. Costrinse il volto di Lavinia a tenere il broncio, con un’espressione estremamente innaturale su di lei. “Ma far del male alla povera Lavinia ti spezzerebbe il cuore.”

“Spezzarmi il cuore?” disse Ral, incredulo. “Tutto questo per ferire me?”

“Oh, non hai idea di cosa ho intenzione di farti” disse Bolas. “Non mi piace quando le persone non pagano i propri debiti, Ral Zarek. Io ti ho reso ciò che sei ora, e quando ti chiesi un favore in cambio, mi voltasti le spalle. E per questo, ora Lavinia morirà. I tuoi amici moriranno. Ma io terrò te in vita, perché così osserverai tutti quelli a cui tieni morire tra urla di dolore. A partire dal povero, piccolo Tomik. Un così bravo ragazzo.” Le labbra di Lavinia si incurvarono in modo innaturale per mostrare l’orrendo ghigno del drago.

Ral fece del suo meglio per tenere sotto controllo la propria rabbia. “Mi sembra un sacco di fatica per qualcuno occupato a conquistare il Multiverso.”

“Ne vale la pena, per far sì che mi vengano pagati i debiti. Crea una reputazione… utile. Inoltre, mi diverte.” Bolas fece spallucce. “D’altro canto, forse potrei anche ucciderti qui ed ora. Dovremo vedere-”

Lavinia scattò nuovamente in avanti, talmente veloce che Ral la schivò appena e rischiò di venire infilzato. Lui si lanciò su un lato mentre la spada di lei raschiava contro la colonna di supporto, sprigionando scintille. La gamba di lei si allungò e si avvolse attorno a quella di lui, spedendolo a terra, dopodiché lui rotolò di lato appena in tempo per evitare un colpo verso il basso. Ral estese le braccia, sprigionando una potente esplosione di energia, la cui forza sollevò la Lavinia e la scagliò contro una colonna. L’armatura risuonò contro di essa come un gong, e lei cadde in ginocchio.

Ral afferrò un cavo appeso e si tirò in piedi. Anche Lavinia si alzò, con una riga rossa che le colava dall’angolo della bocca.

“Oh, questo l’ho sentito.” Le sue labbra si piegarono. “O, meglio, Lavinia l’ha sentito. Attento con i tuoi giocattoli, Ral, o finirai per romperli.”

Dannazione e doppia dannazione. Lanciò un rapido sguardo dietro di sé e vide Vraska e Kaya danzare tra le colonne d’acciaio. Kaya sembrava non riuscire ad avvicinarsi abbastanza per poter usare i suoi pugnali, ma la sua capacità di passare attraverso gli ostacoli l’aveva tenuta alla larga dalla lama seghettata di Vraska e dal suo sguardo letale fino a quel momento. Hekara rimaneva fuori dal vivo del combattimento, lanciando dardi affilati alla gorgone ogniqualvolta aveva una visuale libera su di lei.

Se la stanno cavando, ma non stanno vincendo. E Bolas si stava sicuramente avvicinando. Dobbiamo passare oltre-

Ral diede un’occhiata alla tastiera di sicurezza, ma Lavinia seguì il suo sguardo e scosse la testa.

“Pensi di scapparmi, Zarek? Siamo solo a metà del ballo.” Lei alzò la lama. “Fatti avanti, forza.”

Non ho scelta. Ral lasciò accumulare l’energia dentro i suoi guanti mentre accorciava le distanze. Si abbassò sotto un fendente, ne bloccò un altro con il suo bracciale, poi raggiunse Lavinia. Lei roteò via, ridendo e provando a tagliarlo da un’altra angolazione. Ral la inseguì, e ormai il potere accumulato nei suoi guanti stava diventando incandescente, ma lei era troppo veloce. I suoi contrattacchi per poco non lo colpirono, e dovette indietreggiare disperatamente per evitare un veloce taglio laterale.

“Ral!” Due dei coltelli di Hekara volarono verso Lavinia, facendole fare mezzo passo all’indietro. La strega dei rasoi ne evocò degli altri, facendoli apparire nelle sue mani, e Lavinia si abbassò per schivare le lame tra le colonne, che rocambolavano sull’acciaio. Ral, riprendendo fiato, la inseguì.

“Cerca di catturare l’attenzione!” disse Ral.

“È quello che mi dicono tutte!” rispose Hekara.

“Non-” Ral scosse la testa mentre la ragazza sghignazzava, e mantenne la concentrazione sulla battaglia.

Dover stare attenta a Hekara riusciva ad impedire leggermente i movimenti di Lavinia, e Ral si avvicinò rapidamente. Ben presto, Lavinia si mise sulla difensiva, menando fendenti per tenerlo lontano mentre si abbassava ed evitava la scarica di lame. Ral attese finché un colpo non finì troppo sbilanciato in avanti, poi ci corse incontro, facendo grattare la spada contro uno dei bracciali, mentre allargava l’altra mano, carica di energia letale-

“Ral!” gridò Lavinia, con la propria vera voce. “Non farlo!”

Ral esitò. Non per molto, ma fu sufficiente. Il sorriso di Bolas si insinuò sul volto di Lavinia, e lei gli diede un calcio nello stomaco, piegandolo in due. Lui crollò sulle ginocchia, annaspando.

“Idiota” disse Bolas, mentre la spada di Lavinia si avvicinava.

Ci un momento di movimento frenetico, poi un momento di immobilità.

Loro tre erano vicini, abbastanza vicini da abbracciarsi. Ral, che cercava di alzarsi, e Lavinia, con la sua spada estesa in avanti. Tra di loro si trovava Hekara, che aveva intercettato la spada di Lavinia con il petto. Era passata senza problemi attraverso la sua tuta in cuoio, e la punta spuntava qualche centimetro fuori dalla sua schiena in corrispondenza della scapola, abbastanza lontana da affossarsi sulla pelle di Ral senza perforarla.

Ral la afferrò prima che potesse cadere. “Hekara!”

Lei si sporse indietro per guardarlo in faccia, ancora sorridente. “Compagni, giusto?”

“Compagni” disse Ral, a denti stretti.

“E poi” disse Hekara, posizionando le mani nel punto in cui la spada di Lavinia era entrata nella carne, “non ero mai stata infilzata da una parte all’altra. Mi ero sempre chiesta come sarebbe potuto essere.” Tossì, spruzzando sangue sull’acciaio, per poi fissarlo affascinata. “Non è così male. Non fa tanto male quanto pensavo.”

Lavinia indietreggiò, liberando la lama con un agghiacciante suono di acciaio contro l’osso. Gli occhi di Hekara si spalancarono, e dalla ferita spillava un fiotto di sangue.

“Oh” disse, a bassa voce. “Ecco, me l’aspettavo così.” E morì, con un piccolo brivido che fece tintinnare le campanelle che aveva tra i capelli.

“Hai visto, Ral?” disse Bolas. “Hai visto cosa ti ha portato la pietà-”

Ral scattò in piedi con un ruggito, correndo oltre il corpo di Hekara. Lavinia roteò e colpì, e Ral bloccò con il suo bracciale. La spada si scontrò con una forza da far tremare le ossa. Prima che lei potesse riprendere l’attacco, l’altra mano di lui si estese, afferrando la lama vicino alla base. Si tagliò il palmo della mano, ma non gli interessava. L’energia si incanalò attraverso di lui, trasferendosi per i cavi che collegavano il suo accumulatore ai guanti, trasferendosi come un torrente nell’acciaio. La lama iniziò a fumare, e Lavinia la lasciò andare istintivamente non appena divenne troppo calda per essere toccata. Quando cadde a terra, il pavimento sfrigolava e brillava di un rosso acceso, quando poco a poco perse la sua forma per trasformarsi in una pozza di metallo fuso.

Lavinia danzò all’indietro, ma Ral le rimase vicino, afferrandole il braccio e spingendola per farle perdere l’equilibrio. Lei diresse un calcio verso il suo busto, e lui lo incassò con un grugnito, mentre la sua altra mano la afferrò alla gola. Lì si trovava anche qualcos’altro: un pezzo di metallo con un cristallo brillante incastonato, che Ral aveva notato nel momento in cui lei si era piegata per colpire Hekara. Non sapeva cosa fosse, ma il suo aspetto rendeva inconfondibile l’origine. Tezzeret. Lo afferrò e lo strattonò fino a farlo cedere.

Eppure persisti nel tuo tentativo di-” Lavinia, allontanandosi da lui, barcollò e si afferrò la testa. “No. Smettila.” E poi, con una voce molto più simile a quella di Lavinia, gridò “Esci dalla mia testa!

Lei si piegò, afferrandosi il cranio, e qualcosa uscì con potenza da lei. Una forma nebbiosa e spettrale si manifestò sopra di lei mentre collassava a terra. Era indistinta, ma Ral riusciva benissimo a vedere la sua silhouette: vagamente umanoide, ma la testa era sovrastata da due lunghe corna ricurve.

Poveri sciocchi. Ora, la voce era inconfondibilmente quella di Bolas, che stava facendosi spazio a forza nei pensieri di Ral. Mi basta solo trovare un altro corpo. Sai benissimo che non puoi fermarmi.

“Lui non può” disse Kaya, comparendo attraverso una colonna in un’esplosione di luce viola, “ma io sì che posso.” Una coppia di pugnali, illuminati di energia, colpirono l’entità di Bolas alla schiena. “Penso che tutti i presenti qui siano molto stufi di te.”

Lo spirito produsse un suono che iniziò come un ruggito di drago per salire d’intensità fino a raggiungere il sibilo di un bollitore. La sua forma incorporea si strinse, poi si frammentò come un soffione nel vento, con pezzetti della sua essenza sparsi in ogni direzione, prima di svanire nel nulla.

“Odiavo quella cosa orribile” mormorò Kaya. Poi, avvicinandosi alle due donne sul terreno, trattenne il respiro. “Hekara-”

“Kaya, giù!” gridò Ral. Le sue mani si alzarono, e un fulmine crepitò, ma la sua mira non fu buona, quindi colpì una colonna d’acciaio di fianco a Vraska. La gorgone ci corse attorno, con la spada seghettata che fischiava in aria.

Kaya alzò i pugnali giusto in tempo per bloccare il fendente, ma la forza del colpo la spedì indietro. Prima che potesse riprendersi, Vraska fece roteare la sua sciabola per colpirla con un tremendo colpo di elsa, che oltrepassò la guardia di Kaya e puntò alla sua tempia. Kaya crollò, stesa a terra di fianco a Hekara e Lavinia. Vraska oltrepassò i tre corpi immobili, e si concentrò su Ral, con i suoi tentacoli allargati e in agitazione.

“Ragazza coraggiosa” sibilò Vraska. “Ma sciocca, a distogliere lo sguardo dall’avversario più pericoloso.”

Ral si allontanò, indietreggiando verso il lato esterno della stanza. Inviò una scarica elettrica alla gorgone, ma lei la schivò nascondendosi dietro una colonna d’acciaio, e l’elettricità si avvolse inutilmente attorno ad essa.

“Io, d’altro canto, ti ho osservato” disse Vraska. “E so che spesso utilizzi troppo del tuo potere. Sciogliere la spada di Lavinia?” Schioccò la lingua. “Non era assolutamente necessario.”

“Me n’è rimasta abbastanza per vedermela con te” disse Ral, continuando a indietreggiare. Non voleva permetterle di avvicinarsi: a breve distanza non c’era modo di evitare lo sguardo letale della gorgone. L’elettricità continuava a crepitare sui suoi guanti, ma Vraska aveva ragione. Aveva utilizzato l’energia in modo avventato, sia durante quel combattimento, sia contro i soldati più in basso.

“Allora fatti avanti.” Vraska si allontanò dalla colonna, andando di pari passo con Ral. Ora erano ben lontani dal nucleo del faro, essendo verso la parte esterna della cupola. “Fammi esplodere in mille pezzi. Avanti.” Quando lei smise di muoversi, il suo ghigno si allargò, e passò la lingua su tutti i suoi denti appuntiti. “Come volevasi dimostrare.”

“È veramente ciò che vuoi?” disse Ral, facendosi sfuggire un pizzico di disperazione nella voce. “Che Bolas vinca? Pensi che ti lascerà continuare a gestire il tuo piccolo impero?”

“Certo che no” disse Vraska. “Sono sicura che mi ucciderà non appena non gli sarò più di alcuna utilità.”

“E allora-”

“Ma non arrivi al punto” disse Vraska. “Vincerà comunque. Niv-Mizzet non può fermarlo. Il tuo faro non lo fermerà. E se l’unica speranza di sopravvivenza per i Golgari è allearsi con la fazione vincente…” Fece spallucce. “Devo provarci. A qualunque costo.”

“Lui mente. Dovresti saperlo. Qualsiasi cosa ti abbia promesso, non ha ragioni per mantenere la parola data.”

“Lo so.” Gli occhi di Vraska si strinsero. “Ma è l’unica cosa che ho.”

La schiena di Ral incontrò la cupola di rame. Vraska si leccò le labbra.

“Non hai dove fuggire, Zarek.” Alzò la sua spada. “Ci siamo già passati. E questa volta non c’è nessun angelo che potrà salvarti.”

“No, non c’è” concordò Ral. “Ma questa volta siamo sul mio terreno, non sul tuo.”

Si allungò verso l’alto, trovando il bordo di una delle grate che permetteva ai cavi e ai condotti di uscire dalla cupola per raggiungere l’esterno della torre. Era costruita in sottile filo di rame intrecciato, e Ral inviò tutta l’energia rimasta nel suo apparecchio dentro di esso. Produsse scintille, poi si afflosciò, sciogliendosi. I cavi caddero a terra, lasciando un’apertura di un metro quadrato nella cupola.

Fuori, la tempesta era finalmente iniziata. La pioggia batteva torrenziale sulla città, tintinnando sulla cupola e scendendo su di essa in flussi continui. Le nuvole scure che erano maturate per tutto il giorno stavano scendendo, e dei fulgidi fulmini saltavano da una all’altra, seguiti dal lontano fragore di tuono. Ral poteva percepire il loro potere che riecheggiava dentro di lui, drizzandogli i peli sulla nuca. Sorrise, molto lentamente.

“Mi hai battuto quando abbiamo combattuto nella Città Sepolta” disse lui. “Ora permettimi di mostrarti quanto sono potente qui, sotto i cieli di Ravnica!”

Vraska ringhiò e si lanciò in avanti con gli occhi che iniziavano a brillare con la loro luce assassina. Ma era già troppo tardi. Dei fulmini si scagliarono dalle nubi più vicine, una dozzina di scariche contemporaneamente, estesi come dita animate verso il foro della cupola. Si infilarono attraverso di esso come in una capocchia di ago e colpirono in pieno Ral, circondandolo di un’aura crepitante e di un bianco scintillante. Ogni suo capello si alzava verso l’alto. Dei pezzi del suo accumulatore gemettero e si fusero, ma lui non ne aveva bisogno, non in quel momento. Alzò una mano e lasciò fluire l’energia. Il fulmine era un mostro, nutrito dall’energia accumulata della tempesta che per molto tempo le era stato impedito di sfogare, e attraversò lo spazio che divideva lui da Vraska in una frazione di secondo.

Quando la luce svanì, lei era sparita, e si poteva vedere solo una lunga macchia fumante sul pavimento d’acciaio. Ral barcollò quando il potere cessò. Incanalarne così tanto era difficile, anche per lui, e combinato con tutto quello che era successo in precedenza improvvisamente si sentì come se avesse corso più volte il perimetro del Decimo Distretto. Abbiamo quasi fatto. Si costrinse a muoversi, trascinandosi per la stanza.

Si inginocchiò di fianco a Hekara, sulla cui schiena si era accumulata una pozza color cremisi, e le chiuse gli occhi sbarrati. Di fianco a lei era stesa Lavinia, e Ral si assicurò che stesse respirando con regolarità. Fece lo stesso con Kaya, qualche passo più in là. Dalla testa le usciva un po’ di sangue, dove Vraska l’aveva colpita con l’elsa della spada, non sembrava che il colpo le avesse provocato una frattura al cranio. Sicuro che sarebbe stata bene, si sforzò di alzarsi e continuò a barcollare in avanti.

Quando finalmente arrivò di fronte al faro, osservando la tastiera di sicurezza, la sua mente si spense improvvisamente. Per un attimo, il suo stomaco si agitò, terrorizzato.

Elias. Un pezzo musicale che il suo amante aveva suonato su una tastiera, una vita fa. Prima di tutto quanto. Ral allungò la mano tremante verso il basso e pigiò i tasti.

Con un sibilo, il nucleo del faro si aprì. Sopra la tastiera un unico grosso pulsante spuntò da un compartimento bloccato. Soltanto un controllo, alla fine, perché il faro aveva un’unica funzione. Una volta attivato, la sua luce avrebbe brillato per tutto il Multiverso.

Il bottone era, ovviamente, di un rosso acceso. Quale ingegnere Izzet avrebbe potuto resistere?

. Ral lo fissò per un attimo, poi prese un respiro profondo. È ora di lanciare il dado.

Abbassò la mano con forza.

Barra

Nelle profondità al di sotto della città, il necrosciamano kraul Mazirek camminava velocemente in un tunnel umido. Storrev fluttuava al suo fianco, nei suoi gloriosi abiti decomposti, ed una scorta di Antecessori circondava la coppia. Mazirek non prestava molta attenzione agli zombie: la sua mente era concentrata altrove.

Storrev gli aveva portato un messaggio per organizzare un incontro. Lei non era a conoscenza della fonte, ma per Mazirek era ovvia, visto il tempismo. Bolas. Con Vraska ormai al servizio diretto del drago, e nella speranza di una sua dolorosa morte, Bolas aveva promesso a Mazirek la guida dei Golgari. Finalmente, il potere che merito. Era finalmente arrivato il tempo che il drago adempisse ai suoi impegni.

Ma lui non sapeva dove avrebbe dovuto incontrarsi con il messaggero. Quelli erano passaggi in cui non era mai entrato, dato che si trovavano vicino alla superficie ed erano interconnessi con alcuni seminterrati di alcune parti della città superiore. Aveva un suo senso: Bolas alla fine era una creatura della superficie, e come tutti gli abitanti della superficie non sarebbe stato a suo agio troppo in profondità nel regno sotterraneo dello Sciame. Eppure, Mazirek si guardava intorno un po’ nervosamente quando Storrev lo condusse oltre un’arcata di pietra naturale all’interno di una caverna più grande, che sembrava essere stata ampliata da mani umane.

“Quanto manca ancora al messaggero?” disse Mazirek, con la sua parlata strascicata e interrotta da ticchettii.

“Credo che siamo arrivati.” Storrev guardò quella larga camera oscura. “Dobbiamo solamente attendere.”

“Non mi piace aspettare.” Mazirek strinse i suoi molti occhi. “Mi hai mentito, Storrev?”

Lasciò che il potere sporcasse la sua voce. Lui era quello che aveva risvegliato gli Antecessori. Nessuno di loro, nemmeno i lich senzienti come Storrev, potevano disobbedire ad un ordine diretto o rifiutarsi di rispondere a una domanda.

“No, mio signore.” La lich si inchinò. “Ho ricevuto un messaggio che richiedeva un incontro. L’ho portata nel posto indicato.”

“Un messaggio da parte di chi?”

“Nessuno che io conosca” disse Storrev.

Quindi non Vraska. Mazirek era ancora mezzo convinto che quella fosse una qualche trappola da parte della gorgone. Si guardò intorno, irritato, e vide in lontananza delle torce accese contro le pareti lucide di condensa. Un uomo si stava avvicinando, avvolto in un mantello con cappuccio.

“Tu!” ticchettò Mazirek all’uomo. “Tu sei il messaggero.”

“Sì” grugnì lui. “Sono Brutus, dello Spettacolo di Divertente Commedia Improvvisata di Brutus.” Si abbassò il cappuccio, rivelando una grossa testa pelata ricoperta di cicatrici.

“Spettacolo di commedia?” disse Mazirek. “Cosa diavolo significa?”

“Non mi sembri molto divertente” disse Storrev.

“Lo dice un sacco di gente” brontolò Brutus. Armeggiò sotto il suo mantello ed estrasse un’enorme mannaia da macellaio, macchiata di ruggine e sangue secco. “Ma aspetta di sentire la battuta.”

“Cosa?” cinguettò Mazirek. “Ci stai minacciando?”

“No” disse Brutus. “Faccio solo un favore a Hekara. Mi ha chiesto di dirti che Vraska ti manda i suoi saluti.”

“Insolente-”

Mazirek alzò una zampa per annientare quello stolto, poi si fermò quando qualcosa si mosse nell’oscurità. Altre figure nei colori rossi e neri dei Rakdos emersero verso la luce della torcia, tutt’intorno a loro, ben messi e ben armati. Nessuno di loro sembrava particolarmente interessato al mondo della commedia.

“Storrev!” gridò il kraul. “Tu lo sapevi.”

“Sì” disse la lich. “Eppure, come dissi, non avevo mai visto Brutus prima.”

“Tu mi difenderai” disse lui. “Tu e i tuoi Antecessori. Difendetemi fino alla morte!”

Storrev inclinò la testa. “Sapevo anche che ci avresti ordinato questo.”

Gli scagnozzi Rakdos si avvicinarono.

“Verrai distrutta!” urlò Mazirek.

“I sacrifici sono necessari” disse Storrev. “Il resto di noi sarà libero.”

Mazirek distolse lo sguardo da lei con un ringhio, e iniziò ad evocare magia di morte dai suoi artigli. Ci fu qualche attimo di violenza febbrile, poi silenzio, spezzato solamente dall’orrenda risatina di Brutus.

Barra

Su Ravnica era autunno, e quindi continuava a piovere. Il torrente dal cielo si rifrangeva sulle grondaie piene di vetro infranto e mattoni spezzati, e tamburellava sulle rovine dei negozi e delle case. Inzuppava i vestiti dei cadaveri, a pezzi per strada o mezzi sepolti dalle loro case crollate. Ripuliva il fumo dall’aria e smorzava la puzza di metallo bruciato. In alcuni punti, dove i canali delle fogne erano stati distrutti, si raccoglieva in grandi pozze stagnanti.

Tezzeret era bagnato fradicio a causa della pioggia, appesantendo i suoi rasta e infradiciandogli la tunica. Scorreva e formava delle gocce sulla superficie del suo braccio di metallo, sgocciolando dalle sue dita artigliate. Lui scosse la testa, spargendo acqua intorno, mentre girava l’angolo di una via ormai mezza distrutta per andare al cospetto del suo padrone.

Nicol Bolas era seduto sulle rovine di una schiera di case: il suo trono era un pila di mattoni distrutti e travi spezzate. Con sorpresa di Tezzeret, non sembrava apparire al massimo della forma. Sul suo corpo si potevano notare bruciature e scaglie spezzate, ed un’enorme ustione sul suo petto ricoperta di profondi tagli che facevano sgorgare sangue nero. Nulla di tutto quello, però, sembrava turbare eccessivamente il drago, e le ferite iniziarono a rimarginarsi proprio sotto la vista di Tezzeret.

In una mano teneva un enorme teschio bianco, che sarebbe potuto appartenere soltanto ad un altro drago grande quasi quanto Bolas stesso. Ripulito da ogni traccia di carne, si trovava nel palmo dell’enorme mano di Bolas, e lui lo guardava con un misto di orgoglio e qualcosa simile a tristezza.

Questo mondo non ha alcuna possibilità. Tezzeret si permise un ghigno in privato. Non l’ha mai avuta.

Attraversò la strada e si inginocchiò di fronte al drago. Bolas contemplò ancora un po’ il teschio, poi lo appoggiò attentamente di lato e abbassò lo sguardo verso Tezzeret.

“Mio fedele servitore.” Il tono sofisticato di Bolas, di persona, era minato dal profondo rimbombo del drago. “Qualche novità?”

“Sì, padrone.” Tezzeret si alzò in piedi. “Le cose stanno procedendo bene, e per ora non ho incontrato alcuna resistenza significativa.”

Tu, forse, non l’hai incontrata.” Bolas lanciò un’occhiata al teschio. “Non ha importanza. Cos’altro?”

“Ral Zarek ha raggiunto la Torre del Faro” disse Tezzeret, cautamente. “Vraska e il vostro… ehm, spirito l’hanno affrontato, ma non hanno avuto successo. Lo spirito è stato distrutto e il destino di Vraska è incerto.”

“E il faro?”

Bolas doveva già saperlo. Tezzeret l’aveva percepito nel momento in cui era accaduto. Il faro bruciava nella sua mente, una potente fiamma visibile da ogni Planeswalker, un invito verso Ravnica. Si schiarì la gola.

“È riuscito ad attivarlo, padrone.”

“Capisco.” Un lento sorriso si allargò lungo l’enorme volto del drago. “Quindi tutto sta procedendo secondo i piani.”

Collegamenti esterni[]

Advertisement