The Gathering Storm/Capitolo Quattordici è il quattordicesimo capitolo di The Gathering Storm.
Capitolo Quattordici[]
La città di Grek’ospen era antica, come spesso erano le sezioni della Città Sepolta. I domini dei Golgari erano in costante mutamento e rinnovamento. Ogni cosa veniva riciclata e le veniva data nuova vita attraverso il ciclo della putrefazione. Era una delle cose che rendeva difficile l’attacco da parte degli abitanti della superficie: nessuna mappa delle distese dello Sciame rimaneva precisa per molto tempo.
Ma a Grek’ospen i kraul avevano deviato quel ciclo di decomposizione ai propri fini, e fecero di necessità virtù. Un fiume scorreva al centro dell’enorme caverna, e l’aria era pesante di umidità, che si accumulava e gocciolava sulle innumerevoli stalagmiti e stalattiti. Grazie ad un’attenta opera durata diversi secoli, i kraul avevano costretto queste formazioni naturali di roccia a crescere secondo i loro piani, formando lo scheletro delle loro enormi torri alveare. Anche le crescite fungine facevano parte del progetto, degli enormi funghi a mensola servivano da pavimenti spugnosi, mentre delle escrescenze colorate e decorative percorrevano le pareti di resina kraul.
Osservare Grek’ospen e città simili aveva fatto capire a Vraska in che modo ammirasse i kraul. Incarnavano il vero spirito dei Golgari, molto più dei decadenti devkarin. I singoli kraul andavano e venivano, ma l’alveare perdurava, crescendo poco a poco con ogni ciclo di crescita e decomposizione.
Ed ora distruggeremo il lavoro di secoli in appena qualche ora, solo perché Ral Zarek non può assolutamente lasciar perdere il suo obiettivo.
“I tuoi sono in posizione?” disse lei a Mazirek.
Il grosso kraul nero era in piedi al suo fianco, dall’altro lato rispetto alla pallida figura malaticcia di Xeddick. Mazirek abbassò le sue zampe anteriori per riverenza, ma ci fu esitazione, e lei non ebbe bisogno di essere un insetto per capirlo. Xeddick ha ragione. Questo qui sta diventando troppo orgoglioso.
“Certamente, Regina” disse lui. “Stiamo solo aspettando il vostro ordine.”
Gli abitanti della superficie stanno arrivando, disse Xeddick nella sua mente. I troll si stanno arrabbiando ad essere trattenuti.
“Avranno il loro momento.” Quasi certamente. Vraska si sistemò le spalle e camminò verso lo spazio aperto che formava il centro della bellissima città kraul. Se Ral è testardo come penso che sia.
Ancora una volta, Ral si ritrovò a capo di un esercito. Tuttavia, queste non erano le disciplinate truppe in armatura della Legione Boros. Le forze Orzhov erano una brulicante massa di nero e oro, obbedienti ma senza la precisione dei soldati professionisti. La maggior parte erano thrull, degli esseri barcollanti solo vagamente umanoidi, e non ce n’erano due che fossero uguali. Non brandivano armi, soltanto delle maschere piatte create da delle monete fuse assieme, ma Ral si era trovato a subìre la loro folle furia nel suo assalto contro Orzhova e sapeva benissimo quanto fossero pericolosi.
Tra di essi camminavano dei cavalieri, l’elite degli Orzhov, con le loro armature nere incise d’oro e la sconcertante varietà delle loro armi: archi, spade, poli-armi, mazzafrusti e congegni esotici. C’erano anche dei giganti, con un elmo che copriva loro il volto.
Kaya camminava di fianco a lui, apparentemente spensierata, mentre avanzavano lungo il serpeggiante sentiero nelle caverne. Gli esploratori avevano liberato la via, ovviamente, e non avevano riportato alcun contatto con le forze Golgari. Comunque potrebbe anche avere la decenza di sembrare un po’ nervosa. Lui di sicuro lo era.
“E questa cosa continua all’infinito?” disse Kaya, indicando il tunnel.
Era una sorta di antica strada, con le mura in rovina degli edifici ancora visibili ai suoi lati, ora sepolti sotto rocce e detriti di chissà quale catastrofe. Dopo diecimila anni, Ravnica era diventata una città costruita sulle rovine di sé stessa, strato dopo strato.
“Per quanto ne sappiamo” disse Ral. “Quaggiù ci sono degli oceani, se si scava abbastanza a fondo. Gli zonot dei Simic arrivano fin là.”
“Dei e mostri” disse Kaya, scuotendo la testa.
“Non è esattamente il posto dove sei cresciuta, dico bene?” disse Ral.
Kaya sbuffò. “Sono nata in un villaggio con meno di cento abitanti. Abbiamo delle città sul mio Piano, ma non come questa.”
Ral provò ad immaginarselo, vivere in un luogo dove potevi conoscere tutti, senza l’anonimato casuale di una via affollata. La sua mente si ribellò al pensiero.
“Se dovesse interessarti, comunque, sono stata un bel po’ in giro” disse Kaya. “Anzi, ho passato un sacco di tempo nelle città. Tendono ad essere piene di fantasmi.”
“La caccia ai fantasmi è un’occupazione curiosa” disse Ral.
“Un giorno ti racconterò come ho iniziato” disse Kaya. “Ma è una lunga storia, e penso che siamo quasi arrivati.”
Ral annuì. Più avanti si trovava una fila di esploratori, dei goblin della Legione Boros dall’armatura leggera ed una balestra appesa ad una spalla. La strada che stavano seguendo passava attraverso un arco di mattoni mezzo distrutto, che li condusse ad uno spazio più ampio, dove si fermarono all’entrata. La loro luogotenente scorrazzò verso Ral.
“Siamo nel posto giusto” disse lei. “Ancora nessun segno dei Golgari, ma la caverna è urbanizzata come la parte superiore di un qualsiasi quartiere. Ci sono un sacco di posti per nascondersi.”
“Magnifico” disse Ral, lanciando uno sguardo a Kaya. “Potrebbe mettersi molto male.”
“Manda avanti i thrull” disse lei. “Sono qui per questo.”
Ral annuì, ma l’esploratrice alzò la voce.
“Qualcuno è in attesa al centro della città, signore. Sembra che stia aspettando di parlare con voi. È... bè, sembrerebbe essere Vraska in persona.”
“Dev’essere per forza una trappola” disse Kaya.
“O un’opportunità” disse Ral. “Molto bene. Andrò a vedere cosa vuole. Portate il resto delle nostre forze sulle retrovie, ma cercate di non iniziare la battaglia finché non ricevete il mio segnale.”
Kaya sembrò voler obiettare, ma si limitò ad accigliarsi e ad annuire. Ral fece cenno ad un paio di esploratori di seguirlo ed oltrepassarono l’arcata. Grek’ospen era grande quanto si aspettava: una vasta caverna a volta, lievemente illuminata da decine di luminosi globi verdi sospesi in alto sopra le loro teste. L’architettura era aliena. Roccia liscia e funghi bagnati ricoperti di una sostanza simile a carta che gli ricordarono un nido d’api. Le guglie torreggianti presentavano entrate su più livelli, connesse da ponti sospesi o aperte nel vuoto. Suppongo siano comode se hai un paio di ali.
La luogotenente lo condusse lungo un sentiero tortuoso, passando a fianco delle basi di diverse torri. Nulla sembrava muoversi, sia a terra che in aria. Vraska deve aver evacuato la zona. Prese un profondo respiro. Se ci offre di prendere il nodo, devo accettare e ringraziarla. Per quanto fosse impaziente di punirla per il suo tradimento, poteva aspettare. L’unica cosa che conta è completare il piano, così che Bolas possa essere sconfitto.
Raggiunsero la radura centrale, dove una mezza dozzina di guglie lasciavano spazio a quella che sarebbe potuta essere una piazza centrale. Uno stretto fiume vi passava attraverso, gorgogliando nel suo flusso, con una decina di piccoli ponticelli che lo attraversavano. Di fronte a questi ultimi si trovava Vraska, vestita con una scura armatura segmentata in cuoio e cotta di maglia ed una sciabola alla cintola. I verdi tentacoli che le gorgoni avevano al posto dei capelli erano ritti attorno alla sua testa, facendola sembrare più grande.
“State qui” disse Ral. “Se prova a fare qualsiasi cosa, tornate da Kaya ed ordinate l’attacco.”
La luogotenente annuì, e Ral andò da solo verso la piazza. Vraska aspettava con le braccia incrociate, finché lui non si fermò ad una ventina di passi di distanza. Lei alzò la voce e si rivolse a lui.
“Di certo siamo un po’ lontani per una piacevole conversazione.”
“Visti i risultati del vertice delle gilde” disse Ral, “mi perdonerai se non sono impaziente di incontrarti faccia a faccia.”
“Che peccato” disse Vraska. “Con quei tuoi capelli, saresti stato una magnifica aggiunta al mio giardino di sculture.”
Ral strinse i pugni, percependo il crepitio dell’elettricità. Il suo cuore stava battendo forte. Aveva visto in prima persona quanto poteva essere letale Vraska, anche se non avesse visto ciò che aveva fatto a qualcuno potente come Isperia. Deve essere molto vicina per utilizzare la sua pietrificazione. Ed un po’ di ricerca nella biblioteca Izzet aveva suggerito che ci fosse un attimo di preavviso prima che l’effetto venisse applicato, un bagliore negli occhi della gorgone che poteva dare alla vittime il tempo per togliersi dalla traiettoria. Anche in quel modo, però, Ral non ci teneva a mettere alla prova i propri riflessi contro Vraska.
“Quindi?” disse lui. “Ho presunto che fossi qui ad aspettare perché volessi parlare con te. Eccomi.”
“Eccoti, con il tuo piccolo e strano esercito” disse Vraska. “Ma perché? Per vendetta?”
“Dovrebbe esserlo” disse Ral. “Come puoi lavorare per Bolas? Non sai cos’ha intenzione di fare a te, a tutti noi, se vincesse?”
“E tu sei così sicuro che Niv-Mizzet sarà un despota benevolo, dopo che gli avremo dato il permesso di trasformarsi in un dio?” Vraska scosse la testa, facendo ondeggiare i tentacoli. “Non devo spiegarti i miei motivi, Zarek.”
“No, non devi.” Ral fece una pausa. “E noi non siamo qui per vendicarci. In futuro, forse, potrà esserci un regolamento di conti. Ma per ora, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è questo posto.” Indicò la città attorno a loro. “Non interferire, e nessuno del tuo popolo si farà del male.”
“Solamente questo? Una delle più antiche città dei Golgari? Che generosi che siete, abitanti della superficie.”
“Quindi hai intenzione di combattere.”
Vraska sorrise, mostrando i suoi affilati denti da predatrice. “Ho intenzione di vincere.”
Lei alzò una mano. Ral alzò di scatto i guanti, aspettandosi una carica improvvisa, ma la gorgone non si mosse. Sentì invece il suono di un tuono molto distante, e il pavimento della caverna iniziò a tremare sotto i suoi piedi. Ral si guardò dietro, verso gli esploratori, trovandoli barcollanti ed incerti.
“Cosa-” Cercò di richiamare la loro attenzione, ma poi il soffitto cadde su tutti loro.
Esplosioni infuocate sbocciarono per tutta Grek’ospen, passando di torre in torre.
Certe tipologie di resina kraul, quando propriamente trattate, erano altamente esplosive. L’intruglio era troppo pesante e instabile per renderlo un’arma, ma gli ingegneri kraul di Vraska avevano avuto moltissimo tempo per piazzarlo in anticipo, trasformando senza fiatare la loro antica città in una trappola mortale attentamente studiata. Le vampate gettarono ondate di resina ad alta velocità attraverso le varie aperture delle guglie, seguite da nuvole di polvere e soffocante fumo nero. Poi, lentamente, gli edifici di resina e funghi iniziarono a crollare, con i loro nuclei di pietra distrutti.
Due dei più grandi caddero verso l’arcata che le forze della superficie avevano utilizzato per entrare nella città, intrappolandone un buon numero nel tunnel. Se i troll si fossero ricordati delle loro istruzioni, l’esplosione sarebbe stata il loro segnale, e Vraska sperava vivamente che la retroguardia di Ral fosse stata assalita da quella massa di mostruosità fameliche che si rigeneravano. Nel frattempo, le guglie crollavano per tutta la città, spargendo frammenti di roccia e funghi, bloccando le vie e separando le forze nemiche in centinaia di piccoli spazi. Separate tra loro e dai loro leader, presto sarebbero state preda delle truppe Golgari che stavano sciamando da ogni tunnel e crepaccio nelle vicinanze.
A proposito di leader… Vraska non si era spostata, ed i suoi ingegneri erano riusciti a far sì che nessuna delle guglie si schiantasse nella piazza centrale. L’aria era piena di polvere e fumo, ma lei riuscì a vedere che Ral si stava ritirando, insieme ad uno dei suoi esploratori. Vraska estrasse la sua sciabola con un sorriso feroce e iniziò a inseguirlo.
La seconda esploratrice, una donna goblin con un’armatura d’argento dei Boros, le sbarrò la strada, e Vraska schivò una freccia ben scoccata. L’esploratrice ne incoccò un’altra, e Vraska si irrigidì per schivare, ma prima che la soldatessa Boros potesse lasciarla andare, barcollò di lato. L’arco le sfuggì di mano e si strinse le mani alla gola. Il volto si stava colorando di un orribile colore nero-bluastro. Con un sospiro soffocato, cadde a terra, agitando le gambe sul terreno. Mazirek uscì dal fumo, di fianco a Vraska. Le sue zampe anteriori erano ancora avvolte da un’aura intermittente di magia di morte. Xeddick la raggiunse dall’altro lato, e lei percepì la preoccupazione di lui nella propria mente.
“Sto bene” ringhiò lei. “Forza. Dobbiamo inseguire Zarek.”
I kraul svolazzavano tutt’intorno a loro man mano che avanzavano nella città appena devastata, sciami di grandi insetti scendevano in picchiata ovunque trovassero degli abitanti della superficie. I dardi delle balestre sfrecciavano verso l’alto e la magia esplodeva e crepitava. Vraska udì le urla di guerra dei devkarin che si lanciavano in battaglia, ansiosi di dimostrare la loro fedeltà alla nuova regina, e le oscure litanie dei sacerdoti guerrieri degli Orzhov.
In quel momento non c’era nulla che lei potesse fare, non poteva esercitare alcun controllo sulla battaglia. E a lei andava bene così. Non era mai stata un generale, una leader.
Io sono soltanto, pensò, mentre seguiva Ral tra le macerie, un’assassina.
I soldati nemici, separati e confusi, si lanciarono addosso a lei. Una decina di thrull si riversarono uscendo da una porta rotta. Mazirek ne spazzò via un buon numero, e Vraska caricò i restanti; la sua sciabola le danzava attorno in un’esuberante danza di morte. Lasciò quelle creature disumane lacerate e spezzate sulla pietra, lasciando che il loro sangue tingesse le rovine, e andò in cerca di altre prede.
Sono stata una sciocca.
Un cavaliere Orzhov la ingaggiò: un uomo enorme armato di uno spadone che lasciava dietro di sé delle lucenti scie dorate. Era lento ed incombente, ma la sua armatura pesante provocò soltanto una pioggia di scintille quando la spada di lei andò a colpirla, così lui continuò ad attaccare con più sicurezza con la sua enorme lama puntata verso di lei.
Sono stata sciocca a credere a Zarek. A fidarmi di Jace. A credere a ciò che disse riguardo a me.
Vraska si abbassò, lasciando che lo spadone colpisse così vicino a lei che riuscì a tagliare uno dei suoi tentacoli. Quando la oltrepassò, ricomparve all’interno della portata dell’uomo, lasciando che il potere confluisse dietro i suoi occhi. Il lampo lo investì, e si irrigidì in una sua grigia versione senza vita. Lei piroettò per allontanarsi da lui, ridendo.
È per questo che sono nata. Continuò a camminare attraverso il fumo e la polvere, lasciandosi dietro soltanto morte. È questo ciò che sono.
Bolas l’ha sempre saputo. Io mi ero soltanto… dimenticata.
Dimenticata? La voce di Jace riaffiorò dai suoi ricordi. O hai forse scoperto di avere una scelta?
Stai. Zitto. Il ghigno di Vraska divenne una smorfia infastidita, e continuò ad avanzare, smembrando un altro branco di thrull e tagliuzzando il sacerdote che li stava guidando in un sacco di pezzetti insanguinati. Non avrei mai dovuto ascoltarti. Non avrei mai dovuto...
Boom. Qualcosa scosse il terreno, ancora una volta. Delle altre cariche?
Si affrettò a raggiungere un buco nel muro di una torre caduta. Da lì, attraverso il fumo, riusciva a vedere quasi tutta la città, inclusa l’arcata da dove erano entrati gli abitanti della superficie. Era ben bloccata da dei pezzi di roccia e scarti fungini, ma una piccola parte di rocce schizzò via dalla barriera proprio mentre lei stava osservando, atterrando con un crack, lasciandosi dietro una scia di polvere. Seguì un’altra roccia, e poi un’altra ancora. Qualcosa sta liberando il passaggio.
Ciò che vi passò attraverso, quando l’apertura fu abbastanza grande, era più grosso di un gigante, e camminava su sette sottili zampe. Aveva anche due enormi braccia che terminavano con altrettanto enormi pugni, ed una terza dalla quale partiva una specie di tubo. Ruotò quest’ultima per puntarla ai suoi piedi, facendo uscire una violenta fiammata che avanzò sulle pietre spezzate come se fosse liquida. Sulla testa di quell’essere, delle figure più piccole ballavano e saltellavano dalla gioia.
Vraska presto comprese che non si trattava di una creatura. Era una cosa, un costrutto, mizzium e acciaio fusi in una titanica macchina assassina dentro l’officina di qualche chimimago pazzo. E non era l’unica. Appena fu liberata l’entrata, arrivò un altro enorme veicolo che scuoteva il terreno con i suoi pneumatici a più livelli. Un terzo, bipede, barcollava dietro di esso, con la porzione superiore già in fiamme, per sfortuna del suo equipaggio di goblin. Poi un altro, e un altro ancora…
La smorfia di Vraska si fece più accentuata. Abbassò lo sguardo e vide Zarek in piedi sopra un macigno di roccia spezzata ad osservare l’arrivo dei suoi rinforzi con uno sguardo di compiaciuta soddisfazione.
Ti leverò quello sguardo dalla faccia. Rigettando il ricordo di Jace nei recessi della sua mente, Vraska si lanciò in avanti.
I costrutti da guerra di Nivix oltrepassarono l’apertura, sostenuti da gambe, ruote e cingoli. Ral aveva svuotato i laboratori di tutto ciò che poteva vagamente assomigliare a un’arma, ogni progetto catastrofico e segreto nascosto. Erano un gruppo disomogeneo, non sarebbero mai riusciti a fare un vero lavoro di squadra, e diversi si erano già rotti, avevano preso fuoco o erano esplosi. Ma quelli che rimasero furono devastanti: riversavano fuoco contro le orde Golgari in avanzata, li spazzavano via con enormi braccia o li tagliavano a pezzetti con centinaia di lame rotanti.
Almeno una cosa sta andando secondo i piani. Non avrebbe mai detto che Vraska potesse avere il fegato di far esplodere la sua stessa città soltanto per confondere le sue forze. Tossì nell’aria piena di fumo e si asciugò la fronte: una scheggia di roccia l’aveva colpito e un rivolo di sangue gli scendeva dai capelli e rischiava di finirgli negli occhi.
Ciò che sarebbe dovuta essere una battaglia organizzata si era frammentata in centinaia di piccole schermaglie, e non c’era modo di capire chi stesse vincendo e perdendo. Ral concluse che avrebbe fatto meglio a tornare al tunnel, Magari riesco a trovare Kaya, quando sentì dei passi avvicinarsi. E si voltò, appena in tempo.
Vraska. Era veloce, più veloce di quanto avrebbe dovuto, spingendosi contro un muro di pietra distrutto per raggiungerlo a tutta velocità, con i suoi tentacoli distesi dietro la sua testa. Ral alzò una mano, e generò un fulmine che scattò verso di lei come un cane rabbioso. Lei lo evitò, poi saltò all’indietro quando lui inviò un’altra scarica verso di lei.
“Mazirek!” gridò lei. “Adesso!”
Qualcosa si mosse tra le macerie. Un umanoide… no, un ex umanoide, il cadavere di una persona marcio fino all’osso. Delle crescite fungine lo tenevano insieme, e barcollò in avanti in una parodia di vita, disintegrandosi con il semplice movimento. Zombie della putrefazione. Ral mosse le dita e ridusse quel lento essere in cenere incandescente, ma altri due si erano già alzati, arrampicandosi sulle rocce spezzate e sui pezzi di funghi grandi quanto delle case. Lui bruciò anche quelli, ma indietreggiò quando vide che mezza dozzina di quei cosi si stavano alzando.
“Purtroppo, Ral, ti conosco.” La voce di Vraska proveniva da un luogo che non riusciva a vedere, in mezzo alle rovine. “Conosco i tuoi punti di forza, e conosco le tue debolezze. Siamo molto lontani dal cielo, quaggiù. Non c’è alcuna energia dalla quale puoi attingere. Vero, hai quell’accumulatore sulla schiena, ma…” Fece una risatina tetra. “Quanto ancora durerà?”
“Abbastanza” ringhiò Ral, mentre il suo fulmine attraversava la fila di non morti. Spero.
Kaya saltò via dal pugno del troll, lasciando dei segni di sangue verde sul suo avambraccio grazie ai suoi pugnali. La bestia ruggì e si voltò per seguirla, con la ferita già guarita. Kaya imprecò tra sé e sé e tornò sui suoi passi, attendendo un’opportunità per colpire.
Ed arrivò quando il troll si lanciò in avanti con entrambe le braccia aperte per stringerla in una stretta letale. Kaya fece un passo laterale, attraversando spettralmente il braccio sinistro del troll, e piantò uno dei pugnali nella sua spalla. Utilizzando la lama come appiglio, saltò in cima all’orribile creatura, afferrando la criniera di capelli arruffati dietro al suo grosso collo. Sfruttò la leva per sporgersi in avanti e conficcare l’altro pugnale nel suo occhio.
Il troll scalciò e ruggì, e per un attimo lei pensò che sarebbe riuscito a sopravvivere perfino a quello, ma alla fine riuscì a recepire il messaggio della propria morte e si accasciò in avanti sul terreno roccioso. Kaya scese, recuperò i suoi pugnali e si guardò intorno.
Scoprì che c’era una preoccupante carenza di forze alleate nelle vicinanze. Fino a poco tempo prima aveva un paio di cavalieri ed uno squadrone di thrull come scorta personale, ma il troll aveva lasciato a terra i loro corpi martoriati lungo la via distrutta. D’altro canto, non c’erano nemmeno nemici apparentemente in vista. La battaglia principale sembrava stesse convergendo all’entrata del tunnel, dove i costrutti Izzet stavano facendo strage dell’orda Golgari, ma c’erano comunque diversi soldati Orzhov, kraul volanti e chissà cos’altro che stavano combattendo delle schermaglie disperate per tutta la città. Kaya vide un fulmine brillare da una roccia sopraelevata in lontananza, che avrebbe dovuto rappresentare la posizione di Ral, quindi decise di dirigersi in quella direzione in assenza di opzioni migliori. Ma qualcuno la chiamò.
“Capogilda!” Una donna vestita dei colori tipici dei sacerdoti Orzhov inciampò da un muro mezzo distrutto. “Siete ferita?”
“Solo qualche graffio” disse Kaya, poi fece roteare i pugnali per rinfoderarli. “Mi sono decisamente persa, però. Dove sono gli altri comandanti?”
“Il Cavaliere della Disperazione mi ha inviata a cercarvi” disse la sacerdotessa, inchinandosi. “Ha preso lui il comando quando siete stata separata dagli altri.”
“Buon per lui” disse Kaya.
“Dovremmo tornare il prima possibile.” La sacerdotessa indicò un’apertura nelle rocce. “Da questa parte. Possiamo evitare le forze nemiche.”
Kaya annuì. La sacerdotessa si raddrizzò mentre lei avanzava-
Ma non dovrebbe farmi strada lei, invece di indicare come un valletto di palazzo?
Brutti pensieri sospettosi come quello avevano sempre giocato un ruolo importante nella sopravvivenza di Kaya in tutti quegli anni, e si dimostrarono ancora una volta all’altezza, visto che lei stava già spostandosi di lato quando dell’acciaio luccicò tra le mani della sacerdotessa. Era troppo vicina per evitare completamente il colpo, ma quella che sarebbe dovuta essere una pugnalata al rene si trasformò in un taglietto superficiale lungo le costole, dal sanguinamento costante, ma non grave.
Kaya piroettò all’indietro, estraendo i propri pugnali dai loro foderi. La sacerdotessa si passò il piccolo coltello nella mano sinistra ed estrasse una lama più grande con la destra, mettendosi in posa da combattimento. Si osservarono per un lungo, sospettoso, momento.
“Non penso di poterti convincere che questa sia una cattiva idea, giusto?” mormorò Kaya.
“Tu sei una piaga per gli Orzhov” sibilò la donna. “Devi essere eliminata.”
“Non penso proprio.”
Kaya caricò, prendendo di sorpresa l’avversaria. Ma anche in quella situazione, la donna era esperta, e offrì la sua lama più grande come finta mentre cercava di colpire il fianco di Kaya con l’arma più piccola. Kaya roteò fuori portata, girando su sé stessa, ma la sacerdotessa contrattaccò con un fendente che avrebbe sbudellato Kaya se fosse avanzata troppo. Si squadrarono nuovamente, con i loro pugnali lucenti.
Non ho tempo per questo, pensò Kaya. La ferita al fianco faceva malissimo, e la sua camicia era sporca di sangue. Attorno a loro i kraul ronzavano in aria, le frecce volavano e la magia crepitava ed esplodeva.
Lei caricò nuovamente e, quella volta, quando la sacerdotessa fece la sua mossa con la lama più grande, Kaya vi passò attraverso. Il suo corpo, lucente di energia viola, oltrepassò quello dell’altra donna come i fantasmi che cacciava Kaya, ed una volta dalla parte opposta si rimaterializzò per sferrare un calcio rotante basso che falciò le gambe della sacerdotessa, facendola cadere a terra. Kaya rotolò sopra di lei, calpestando duramente la mano della donna che ancora impugnava il piccolo coltello. Una delle lame di Kaya premeva minacciosamente la gola della sua avversaria.
“Bene” disse Kaya. “Per chi lavori? Chi tra i miei compagni di gilda che mi sono così tanto fedeli mi vuole morta?”
“Ha importanza?” rispose duramente la sacerdotessa, con uno sguardo di sfida. “Quando ti uccideremo, intrappoleremo il tuo spirito, e lo terremo nei nostri sotterranei per torturarlo finché di te non rimarrà altro che follia e dolore-”
Gli occhi della donna si spalancarono, la sua schiena si inarcò. E, un secondo dopo, del sangue uscì a fiotti dalla bocca e dagli occhi. Si afflosciò senza vita sulla roccia. Kaya percepì una lieve traccia di magia di morte che veniva spazzata via dal vento.
“Magnifico” disse ad alta voce, facendo rotolare via il cadavere. Si rimise in piedi, rinfoderò i suoi pugnali ed iniziò a camminare in direzione dei lampi ormai continui. “Davvero magnifico.”
L’ultima ondata di zombie di putrefazione si avvicinò molto di più rispetto alle altre. Le mani artigliate cercavano di fare presa sui vestiti di Ral mentre lo costrinsero ad indietreggiare fino ad una roccia caduta, con sempre più volti decomposti che apparivano man mano che lui continuava a bruciarli. I fulmini crepitavano attorno a lui come le sbarre di una gabbia, venivano rilasciati a getti dalle sue mani, e i morti crollavano, prendendo fuoco per la forza di quell’energia. Gli occhi evaporavano o esplodevano, la pelle si anneriva, le ossa marce si spezzavano. Eppure continuavano ad avanzare, e lui poteva sentire che l’energia del suo accumulatore stava per esaurirsi, come un disagio che poteva percepire dentro di sé.
“Penso che sia abbastanza” disse Vraska. La distesa di zombie di putrefazione si divise, e la gorgone camminò in avanti con le mani sui fianchi, il grosso kraul nero alla sua destra e quello più piccolo bianco alla sua sinistra. “Bè, Zarek? Hai voglia di arrenderti? Sai che posso essere magnanima.”
Ral respirava affannosamente, con una fitta dolorosa al fianco, e alzò nuovamente le mani. Il potere crepitò attraverso di esse, ma era debole. Un arco di energia lo connesse a Vraska, e lei sussultò per un attimo, dopodiché fece spallucce quando anche quell’energia svanì.
“Come pensavo.” La gorgone continuò ad avanzare. “Penso che alla fine ti riuscirò ad aggiungere alla mia collezione.”
Gli occhi di lei iniziarono a brillare.
“Non farai nulla del genere, traditrice!”
La voce tuonò dall’alto, e Vraska saltò all’indietro, estraendo la sciabola. Un attimo più tardi, Aurelia atterrò di fronte a Ral. La forza della sua picchiata si manifestò in un’onda d’urto che spezzò la pietra e fece vibrare i denti di Ral. L’angelo era lì in piedi a fronteggiare la gorgone, ed estese la mano. Si manifestò una lunga lama composta di pura luce.
“Avevo le mie divergenze con Isperia” disse Aurelia. “Non posso negarlo. Ma non posso nemmeno negare il suo impegno per il bene comune, per la difesa di Ravnica, a discapito di qualsiasi lontananza filosofica che possa averci divise. Lei si fidava di te, e ti ha invitata al nostro incontro in buona fede. Tu hai usato quella fiducia contro di lei.” L’angelo puntò la sua spada verso Vraska. “E per questo, io non posso perdonarti.”
“Il bene comune” ringhiò Vraska. “Sarà un vero sollievo per tutti quelli che sono stati sbattuti in una gabbia e pestati secondo i suoi ordini.”
Aurelia aprì le ali, e accorciò le distanze tra loro due con un singolo, potentissimo battito. Vraska rimase al suo posto, intercettando con la sua lama d’acciaio quella magica dell’angelo con un suono che assomigliava a quello delle unghie che incidono un vetro. L’abilità di Vraska con la sua sciabola era evidente, ma Aurelia era molto più forte, e pian piano la gorgone fu costretta a indietreggiare. L’angelo combatteva con una calma efficienza che contraddiceva la furia delle sue parole, continuando a pressare le difese di Vraska e scattando fuori portata non appena gli occhi della gorgone si illuminavano per lanciare il loro sguardo pietrificante.
Alla fine, fu la sciabola in mano a Vraska che non poté più sopportare i colpi. Parò un colpo traversalmente, e l’arma si frantumò. Frammenti d’acciaio esplosero su tutte le rocce vicine. Vraska barcollò all’indietro, sconvolta, con i tentacoli in agitazione e un lungo taglio su una guancia che sanguinava di verde.
“Mazirek!” gridò lei, indietreggiando mentre Aurelia avanzava.
Ma invece comparve il kraul albino, mettendosi in mezzo tra la gorgone e l’angelo. Ral sentì la voce di quell’essere nella sua mente, abbastanza forte da farlo cadere in ginocchio dal dolore.
NO! gridò fortissimo il kraul telepate. Scappa, amica-Vraska!
“Xeddick!” gridò Vraska, con le mani sopra le orecchie nel vano tentativo di smorzare l’urlo telepatico.
Solo Aurelia stava resistendo all’assalto mentale, inclinandosi in avanti come qualcuno che stava camminando nel bel mezzo di una tempesta. Fece un passo in avanti, poi un altro, con le ali completamente aperte. Il kraul bianco si concentrò su di lei, reiterando il proprio attacco, e per un attimo l’angelo si fermò.
Scappa, ordinò la voce mentale. Ti prego.
Vraska imprecò violentemente e si lanciò dietro la barriera rocciosa più vicina, sparendo dalla vista, proprio quando Aurelia riuscì a fare un altro passo in avanti. La sua lama di luce calò, incidendo la testa del kraul bianco in un’esplosione di icore. L’insetto collassò e la pressione mentale svanì di colpo, lasciando Ral senza fiato. Per un attimo gli si annebbiò la vista. Quando tornò a vedere normalmente, Aurelia era in piedi di fronte a lui, con la mano tesa.