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The Gathering Storm/Capitolo Diciotto è il diciottesimo capitolo di The Gathering Storm.

Capitolo Diciotto[]

“Ho fallito” disse Niv-Mizzet, facendo risuonare il suo basso rimbombo nelle ossa di Ral. “Ho sottovalutato Nicol Bolas. Ancora una volta.”

“Avrei dovuto prevederlo” disse Ral. “Non mi è mai piaciuto quel serpente dalla pelle blu.”

Si trovavano nel Nido, e stavano osservando le oscurate vie di Ravnica attraverso la grande finestra circolare. Delle nuvole nere incombevano sopra di loro, coprendo la luna e le stelle, ma ancora non stava scendendo alcuna goccia di pioggia. Delle scariche di energia intermittente stavano ancora ascendendo al cielo dal grande macchinario, a intervalli sempre più lunghi, come i battiti di un cuore che si stava indebolendo sempre più.

“Hai adempiuto ai compiti che ti sono stati assegnati” disse il Mentefiamma, spostando la sua enorme massa più vicino alla finestra. “Quando il vertice delle gilde fallì, hai superato perfino le mie più rosee aspettative. Hai fatto tutto quello che mi sarei aspettato da te, Ral.”

La pelle di Ral rabbrividì per l’inadeguatezza. Dei complimenti come quelli, o dei complimenti in generale, non erano tipici di Niv-Mizzet. Lui si schiarì la gola e si passò una mano elettrica tra i capelli.

“Non avevo considerato che il tradimento di Vraska avrebbe potuto avere un duplice scopo” continuò il drago. “Mandò all’aria il vertice, e contemporaneamente spostò Dovin in una posizione di potere all’interno degli Azorius.”

“Di lui ci occuperemo più tardi” disse Ral. “Ora non c’è tempo. Ho inviato dei corrieri a Kaya e Aurelia. Raduneremo una forza armata e colpiremo il nodo Azorius. Se non hanno causato troppi danni, dovremmo riuscire a rimetterlo in linea, e i miei uomini stanno già lavorando alle riparazioni qui a Nivix. Ancora un po’ di tempo-”

“Abbiamo esaurito il tempo, Ral” disse Niv-Mizzet. La sua voce sembrava quasi delicata. “Osserva.”

Il drago allungò una delle sue enormi zampe, dando un colpetto al vetro con un suo artiglio. La finestra si deformò e cigolò nella sua montatura. Ral socchiuse gli occhi, facendo un passo in avanti, e si schermò gli occhi dalle lanterne fluttuanti del Nido.

C’era una linea di luce arancione, in linea con l’orizzonte. Sembrava enorme, e superava in altezza tutti gli edifici intorno, coprendo le loro guglie con una luminescenza infernale. Mentre Ral osservava, la linea si allargò di poco: una crepa nel mondo che si stava aprendo con la forza, spinta da energie incomprensibili.

“Cosa diamine è, in nome di…” Ral volse lo sguardo verso il Mentefiamma, che aveva puntato verso di lui uno dei suoi enormi occhi.

“Bolas sta arrivando” disse semplicemente Niv-Mizzet.

“Come?” disse Ral. “Ho già visto altri planeswalker manifestarsi. Non è… così.”

“Non so quali magie abbia imbrigliato” disse Niv-Mizzet. “Ma non sta arrivando da solo. Una legione di mostri marcia alle sue spalle.”

Bolas non attaccherebbe Ravnica se non fosse sicuro di vincere. Ral l’aveva detto con leggerezza alla vigilia del vertice delle gilde, sperando di convincere gli altri a prendere seriamente la sua minaccia. In quel momento, per la prima volta, capì veramente ciò che intendeva. Contro ogni cosa che Ravnica avrebbe potuto radunare, i soldati dei Boros, le invenzioni degli Izzet, i druidi dei Selesnya, i maghi dei Simic, i demoni dei Rakdos, i cavalieri degli Orzhov, i giudici degli Azorius e le spie dei Dimir, Bolas stava portando con sé un esercito che avrebbe potuto contrastare tutto quanto. E prevede di vincere.

Rabbrividì, e per un attimo digrignò i denti.

“E allora cosa facciamo?” disse. “Se non abbiamo il tempo di riparare la macchina.”

“Il faro” disse Niv-Mizzet. “È l’unico modo.”

“Solo… inviare una richiesta d’aiuto? E sperare che i Planeswalker del Multiverso vengano a salvarci?” Ral scosse la testa. “Mi sembra una speranza piuttosto esigua.”

“Le esigue speranze sono l’unica cosa che è rimasta a Ravnica, Ral Zarek.” L’enorme testa del drago si inclinò per guardarlo in faccia. “Affido a te il resto di noi. Ne hai la capacità?”

“Certamente” disse Ral, avvicinandosi. “Arrivare là potrà essere un po’ difficoltoso. Abbiamo costruito il faro in territorio Azorius perché pensavamo sarebbe stato al sicuro, e sono certo che Dovin avrà messo metà del suo esercito a difenderlo ora. Ma il sistema di sicurezza non permetterà loro di danneggiarlo veramente, ne sono certo. Se riuscirò a raggiungere la cima di quella torre, potrò attivarlo.”

“Bene.” Niv-Mizzet si voltò, distogliendo lo sguardo. “Ti suggerisco di sbrigarti. Il faro potrà anche essere protetto dalle manomissioni, ma Bolas potrebbe comunque riuscire a distruggerlo. Cercherò di evitarlo per quanto più tempo possibile.”

“Voi-cosa?” disse Ral. Stava già pensando al modo migliore per raggiungere il faro, ma le parole di Niv-Mizzet lo ricatapultarono nel presente. “Cosa intendete dire?”

“Intendo dire che tratterrò Bolas al meglio delle mie capacità.” Il Mentefiamma compì un gesto, e la grande finestra si spalancò sui suoi cardini silenziosi. Il vento attorno alla guglia di Nivix ululava e gemeva.

“Ma…” Ral scosse la testa. “Il macchinario. Credevo che la questione fosse proprio che non riuscireste a rivaleggiare con lui a meno che noi…”

Non riuscì a finire la frase quando Niv-Mizzet si voltò nuovamente per guardarlo, un’ultima volta. Ral deglutì con forza, incrociando quegli occhi enormi e antichi. Le pinne attorno alla testa del drago si spalancarono.

“Buona fortuna” disse Ral, con calma.

“Devi avere successo” disse Niv-Mizzet. “A qualunque costo. Altrimenti tutto questo non sarà servito a nulla.”

Il parun della Lega Izzet, Niv-Mizzet il Mentefiamma, si lanciò dalla grande finestra del suo Nido. Le sue ali scattarono, raccogliendo l’aria notturna con un potente boato, e sfrecciò verso l’alto. In lontananza, la linea di luce arancione si era allargata da entrambi i lati, e Ral riusciva a vedere la silhouette di una figura oltre di essa. Un’enorme testa, con due lunghe corna incurvate.

Barra

La Città Sepolta tremò. Vraska era seduta sul suo trono ed osservava la polvere cadere leggermente dal soffitto, come fossero piccole cascate che brillavano alla luce delle lampade bioluminescenti ad ogni scossa della terra.

È il momento, dunque.

Storrev” disse lei ad alta voce.

La lich degli Antecessori, in piedi di fianco al trono, inclinò la testa.

“Io vado in superficie. Conosci già le mie istruzioni.”

“Sì, mia regina.”

Vraska strinse l’elsa della sua sciabola, serrando le dita, e si alzò in piedi.

“Posso augurarvi…” iniziò a dire la lich.

Vraska la guardò, sorpresa. “Sì?”

Storrev spostò nuovamente la testa, valutando ciò che doveva dire. “Buona fortuna.”

“Grazie.” Vraska scosse la testa, con i tentacoli in agitazione. Ne avrò bisogno. Ne avremo tutti bisogno.

Barra

Niv-Mizzet planava liberamente per i cieli sopra al Decimo Distretto.

Era un piacere che si era concesso sempre meno negli ultimi secoli, passati così velocemente. Aveva sempre vissuto principalmente nella propria mente, e comunque le sue escursioni avevano la tendenza a provocare più trambusto del necessario. La maggior parte dei giorni era contento di restare nel Nido, quasi ignaro di ciò che lo circondava mentre contemplava questioni ben oltre la comprensione di qualsiasi mortale.

Quella notte, però, sentì lo scricchiolio delle proprie ali, le sferzate della propria coda, l’impetuosità del vento contro le sue pinne, e si ricordò di come anche cose di quel genere potevano essere godibili. Un tempismo bizzarro per un tale monito, tutto sommato, ma comunque ben accolto. I suoi polmoni si gonfiarono come degli enormi soffietti, e annusò l’odore dell’aria notturna, crudo con sentori di fuliggine e metallo causati dall’attivazione del macchinario di Ral.

Davanti a lui il grande portale divideva la notte, aprendosi sempre più. Niv-Mizzet batté le ali, aumentando l’altezza man mano che si avvicinava. Quando arrivò ad essere a qualche isolato di distanza da quel fenomeno, era ben più in alto della cima della guglia più alta, e la sua schiena stava quasi toccando le basse nubi scure.

Fuoriuscì un piede artigliato, dal quale la luce arancione scivolava via in modo riluttante, come acqua colorata che veniva asciugata. Il lastricato si crepò e si spezzò quando vi si posò sopra. Con un assordante crepitio simile ad un tessuto che si stava strappando, Nicol Bolas oltrepassò il confine tra i mondi, stagliando la propria ombra sulla notte di Ravnica a causa della luminosità del proprio portale.

Era deforme, secondo la mente di Niv-Mizzet. Era in piedi su due zampe, il volto appiattito e largo, con espressione e bocca quasi umane. Bolas era effettivamente troppo somigliante ad un umano per il gusto del Mentefiamma. Gli umani non avevano problemi, pensò Niv-Mizzet, ma non avrebbe mai voluto esserne uno.

Le corna di Bolas curvavano verso l’alto, racchiudendo tra di esse un globo. I suoi enormi occhi brillavano dello stesso spaventoso arancione del portale. Si era piazzato su un edificio vicino, e con una zampa anteriore molto simile ad una mano umana afferrò la pietra e vi scavò dei profondi solchi con i suoi lunghi artigli. Per un attimo si guardò attorno lentamente, poi si concentrò su Niv, in alto sopra di lui.

“Ah” disse lui. Il suo tono era sofisticato, acculturato, e nascondeva espertamente il potente rombo draconico sotto di esso. “Come pensavo-”

Niv-Mizzet non aveva mai considerato la gentilezza particolarmente importante, né la cavalleria, se era per quello. Quello che gli piaceva veramente era l’efficienza. Ed in un combattimento, efficienza significava vincere il più velocemente possibile.

La sua mente si espanse, alla ricerca di particolari aure per la città, degli incantesimi che lui stesso aveva attentamente preparato per quell’esatto momento. Fecero scattare delle batterie di mizzium, enormi costruzioni di cristallo e metallo nascoste in edifici anonimi per tutto il Decimo Distretto. Ciascuno di essi, caricato per diverse settimane, liberò la sua energia accumulata in una frazione di secondo, inviando in cielo un titanico fulmine di potere.

Una dozzina di enormi esplosioni di energia convogliarono su Niv-Mizzet da ogni direzione. Lo spazio attorno a lui si contorse, piegandosi in una lente che scompose la luce della città in un lucente caleidoscopio. Un’altra lente si formò di fronte ad essa, poi un’altra, ogni disco crepitava ai bordi con il potere liberato dal drago. Quando i fulmini dei generatori colpirono le lenti, si contorsero, si assottigliarono e si rifinirono come metallo nel calore della forgia. Non erano a fuoco, poi lo acquisirono più volte, finché tutte e dodici non spiraleggiarono in un raggio più piccolo della mano di un bambino, un fascio di luce così incredibilmente luminoso che il drago dovette istintivamente sbattere le palpebre.

Poi calò verso il basso come una falce, seguito da quello che probabilmente fu il tuono più potente che Ravnica avesse mai sentito. Si frantumarono tutte le finestre nel raggio di diversi isolati, inondando le vie di frammenti di vetro. Quando colpì Bolas al petto, l’antico drago cadde, inciampando nell’edificio di fianco a lui, per poi venire sommerso da una pioggia di pietra e tegole frantumate. Un attimo dopo, l’esplosione di roccia bollente ed aria ad alta temperatura lo avvolse, esplodendo con la forza di un uragano. Le carrozze si ribaltarono e strisciarono insieme ai ciottoli, gli alberi si spezzarono e i lampioni di ferro di piegarono in due. Un’ondata di calore derivata dall’esplosione trasportò la polvere verso l’alto, spostando le scure nuvole di tempesta, che per pochi secondi mostrarono le stelle del cielo.

Niv-Mizzet fluttuava in aria, osservando i pezzi di macerie fiammeggianti cadere per la città dal centro dell’esplosione, come proiettili in fiamme lanciati da delle catapulte. Il fumo e la polvere erano talmente fitti da non riuscire a vedere alcun segno della presenza di Bolas, né del suo enorme portale.

Tutto sommato, pensò Niv-Mizzet, doveva annoverare tutto quello negli esperimenti riusciti.

Gli edifici stavano ancora crollando, accumulandosi nel cerchio di macerie, ed altri erano in fiamme. Il Mentefiamma poteva udire le urla e i pianti che si levavano dalle strade, ma nella sua mente non lasciavano alcuna traccia. Gli umani di Ravnica erano sua responsabilità, ma solo come collettività. Individualmente, non se ne preoccupava, a meno che non catturassero particolarmente la sua attenzione. Era difficile tenere molto a qualcosa di così poco longevo.

La vera domanda era cosa fare successivamente. Era difficile credere che la minaccia fosse stata eliminata tanto facilmente-

Un’enorme mano artigliata sbucò dal torbido, afferrando un edificio mezzo crollato. Lentamente, Nicol Bolas si alzò in piedi, emergendo dalla polvere che si stava depositando. Si scosse completamente, poi allargò le ali, allontanando il fumo e i detriti da sé. Le scaglie sul suo petto erano deformate ed annerite, ma lui sorrideva ancora, mostrando una bocca piena di lunghe zanne.

“Niv-Mizzet” disse. “Il decantato Mentefiamma. Ho sempre saputo che saresti stato l’unico in questo mondo retrivo ad essere al mio livello.”

“Sono felice” disse Niv-Mizzet, “di non averti deluso.”

“Suppongo non serva a niente chiederti di sottometterti.”

“Torna in quel portale e chiudilo alle tue spalle” ringhiò Niv-Mizzet, “e potrei lasciarti vivere.”

“Molto bene” disse Bolas, con una risatina. “Allora, iniziamo.”

La magia iniziò a sbocciare tra i due: aure crepitanti di energia caotica. Un centinaio di incantesimi, ciascuno dei quali avrebbe richiesto la completa attenzione di un mago mortale, si svilupparono di fronte a Niv-Mizzet con un solo vago pensiero della sua mente. Palle di fuoco caddero a ripetizione, detonando sulle macerie attorno a Bolas con esplosioni assordanti e piogge di pietra frantumata. Fulmini crepitavano tra gli artigli di Niv-Mizzet, illuminando lo spazio tra i due sfidanti e colpendo a ondate le scaglie di Bolas. Raggi di pura distruzione saettavano, trasformando in polvere ogni cosa che toccavano.

La magia di Bolas costruì una rete protettiva, e l’aria attorno a lui era piena di fulmini riflessi e palle di fuoco vaganti. Un raggio deviò verso un edificio instabile, ed un blocco di pietra sparì nell’oblio, facendo schiantare i piani superiori in strada, in un fiume di macerie e urla. In risposta al bombardamento elementale, Bolas colpì con l’essenza stessa della morte, dei viticci oscuri alti quanto il cielo e fantasmi invisibili che strillavano ad ogni loro movimento. Niv-Mizzet li spazzò via a sua volta, e dove atterravano per le strade le persone in fuga cadevano a frotte: o collassando come burattini rotti, o invecchiando di decenni in pochi secondi prima di sgretolarsi in polvere.

Per dei lunghi attimi continuarono a colpirsi in quel modo, con ogni magia che si scontrava con una contromagia in una furiosa rissa, una foschia di polvere e incantesimi in movimento che si alzava attorno ad entrambi, illuminata dall’interno grazie ai bagliori di fulmini continui. Era in parte una partita a scacchi, e in parte una rissa da taverna. L’aria tra i due draghi era pregna di magia, crepitante e pulsante.

Improvvisamente, Niv-Mizzet scese in picchiata attraverso il fronte nuvoloso attorno a lui, con gli artigli sguainati e le fauci ben aperte. Le ali erano ripiegate dietro di lui, così da aumentare la propria velocità. Dei fulmini crepitavano attorno a lui, e la magia di morte scivolava sopra le sue scaglie. Bolas lo vide arrivare ed alzò le mani, ma Niv-Mizzet ruotò con un piccolo movimento di un’ala, afferrando l’avambraccio di Bolas con entrambi gli artigli frontali. Un potente battito d’ali sollevò da terra entrambi i draghi, poi Niv-Mizzet si rigirò, lanciando Bolas in aria. Si schiantò al suolo, rotolando per un viale e sollevando i ciottoli a causa della presa dei suoi artigli e distruggendo una fontana in una pioggia di frammenti di marmo.

“Ora che mi deludi” disse Bolas, alzandosi nuovamente in piedi. “Ci avvinghiamo come bestie, quindi?”

“La vera forza” ringhiò Niv-Mizzet, “deriva dal rispetto per la propria natura.”

Bolas sbuffò e aprì una mano artigliata. Delle grandi spirali di magia di morte vennero scagliate, puntate verso Niv-Mizzet, che si lanciò nuovamente in picchiata per schivarle. Lui spalancò le sue fauci e rilasciò un flusso di fiamme, portandolo verso Bolas e facendo alzare un braccio all’antico drago per proteggersi il volto dal fuoco. Dietro di lui, i tetti esplosero e un’alta guglia divenne un fumante comignolo ricoperto di fiamme. Prima che Bolas potesse riprendersi, Niv-Mizzet era di nuovo su di lui, puntando alle scaglie danneggiate sul petto di Bolas con i suoi artigli. Bolas fece un passo laterale, squarciando il fianco di Niv con un artiglio, poi barcollò quando la testa di Niv scattò e affondò i suoi denti grandi come spade nel polso di Bolas.

Basta” ringhiò Bolas, spingendo con l’altro palmo contro la testa di Niv-Mizzet. Gli occhi arancioni di Bolas diventarono completamente neri, e il potere della sua mente scaturì attraverso il collegamento tra loro due.

Sarebbe stato sufficiente per ridurre in cenere la mente di un mortale all’istante, ma Niv-Mizzet non era un mortale. Era il Mentefiamma, antico di quindicimila anni, e in tutto quel tempo aveva imparato un paio di cose. L’assalto mentale di Bolas, una nera ondata di violenza ed oblio, si schiantò contro le barriere mentali erette da Niv-Mizzet. Per un attimo le sue difese faticarono a resistere contro quelle ondate, ma quando il potere di Bolas si ritirò, le difese di Niv erano ancora intatte. Bolas balzò indietro, come un uomo che rimbalza contro una porta che si aspettava di aprire, e Niv-Mizzet utilizzò quell’opportunità per sfuggire alla sua presa, squarciando il petto di Bolas con i suoi artigli posteriori per poi tornare in aria.

“Ancora deluso?” disse Niv-Mizzet. Il suo possente petto era menomato, e il sangue colava attraverso le scaglie in una decina di posti dove le magie di Bolas lo avevano colpito. La sua grande pinna era stata strappata su un lato dagli artigli neri del drago.

“Riconosco che hai… un po’ di forza” disse Bolas, raddrizzandosi e spiegando le ali. Del sangue nero stava scorrendo senza sosta dal suo petto, dove gli artigli di Niv-Mizzet avevano strappato la carne in profondità. “Ma non abbastanza.”

“Eppure sei tu che sei arrivato nel mio mondo.” Niv-Mizzet indietreggiò a mezz’aria, con un possente colpo d’ali. “Perché? Semplice brama di conquista? Quale attrazione potranno mai avere questi mortali per te?”

Le labbra di Bolas si sollevarono in un angolo. “Non potresti mai capire.”

“Io credo di poter capire molte cose.”

“Non questo.” La luce negli occhi di Bolas si scurì in una tonalità cremisi. “Tu li chiami ‘mortali’, come non fossi come loro. Ma quando io nacqui, ero ben al di sopra di te come tu ora sei ben al di sopra della creatura più inferiore che si nasconde nei propri scarti. I Planeswalker non si limitavano a passare da un Piano all’altro come viaggiatori. Noi possedevamo i mondi e tutto ciò che vi si trovava, le creature, le città e la terra stessa. Le patetiche creature che si autoproclamano divinità non erano nulla a nostro confronto. Riesci a immaginare cosa significa aver incarnato tanta gloria? Per poi venire trascinato giù nel fango?”

L’ultima frase fu un ruggito, riecheggiante per le strade e gli edifici. Niv-Mizzet si appollaiò sulla cima di una guglia comoda e inclinò la testa, cercando di capire.

“Sì” disse lui. “Suppongo che mi renderebbe piuttosto furioso.”

“Furioso.” Bolas sogghignò. “Ti ucciderò, piccolo draghetto. E poi sistemerò le cose come dovrebbero essere. Il tuo Piano, e tutti i suoi abitanti, saranno al mio comando.”

“Tu dici che lo saremo, quindi?” Niv-Mizzet aprì le ali e si lanciò nuovamente in aria, evocando una pioggia di pietre infuocate che caddero velocemente e con forza attorno a Bolas. L’antico drago diede un battito d’ali, deviando i proiettili, facendoli schiantare contro le strade e gli edifici, provocando crateri in un quartiere che ormai era praticamente stato ridotto in macerie.

Bolas contrattaccò, lanciando miasmi di decomposizione e contorte linee di energia del vuoto, e per qualche altro attimo i due draghi furono bloccati in un combattimento taumaturgico. Ma quella prova di forza confermò la spiacevole verità di ciò che Niv-Mizzet aveva percepito in precedenza. In qualsiasi contesto, nel lungo termine sarebbe stato destinato a perdere.

Non era una cosa semplice da ammettere. Per quindicimila anni era sempre stato sicuro che nessuna creatura su Ravnica avrebbe potuto avere la meglio su di lui, se si fosse veramente impegnato. Niv aveva sempre creduto che nemmeno lo stesso Rakdos sarebbe stato all’altezza se fosse stato costretto ad intervenire veramente, anche se permettere che accada una cosa del genere sarebbe da sconsiderati. E, logicamente, sapeva che il potere di Bolas doveva essere considerevole, dato che Bolas stesso era chiaramente conscio della presenza di Niv-Mizzet e aveva scelto lanciare l’invasione in qualsiasi caso.

Ma una cosa era arrivare a quella conclusione, ed un’altra era percepirla nelle proprie ossa. Nel profondo, realizzò Niv, aveva sempre creduto che Bolas avesse fatto un errore, che quando si sarebbero trovati faccia a faccia l’antico drago si sarebbe trovato in difficoltà. La consapevolezza che Bolas avesse il potere effettivo per dare una solidità alle sue parole era profondamente sconfortante.

Forse, concluse Niv, era stato un po’ troppo pigro nelle ultime migliaia di anni, permettendo ai mortali di eseguire i compiti per lui. Sfortunatamente, in quel momento non poteva farci molto.

Quali vantaggi avrebbe potuto sfruttare? La preparazione, ma il suo attacco iniziale era frutto di quello e Bolas era ancora in piedi. Gli alleati erano inutili. La conoscenza, allora. Stavano combattendo sul piano di Niv, la sua casa. Doveva pur valere qualcosa.

Ripiegando le sue ali, si lanciò in picchiata con gli artigli pronti all’attacco.

Bolas si spostò di lato, spalancando la bocca per soffiare un flusso di fuoco tinto di nero che Niv-Mizzet evitò con una rotazione. Niv percepì la magia di morte che lo sfiorava, ma i suoi artigli posteriori squarciarono ancora una volta il petto di Bolas, e l’antico drago ringhiò di rabbia. Niv-Mizzet uscì dalla picchiata, alzandosi di quota su una serie di edifici ancora in piedi, e Bolas lo seguì, con le sue enormi ali che lo spostavano lentamente in aria. Il suo volo era sgraziato-i bipedi non sono adatti per l’uso delle ali, pensò Niv-Mizzet storcendo il naso-e i suoi piedi artigliati colpivano i tetti sotto di lui, rimuovendo le tegole in una pioggia di argilla rotta.

“Di sicuro non starai pensando di fuggire” urlò Bolas, inviando un’ondata di magia dopo l’altra a Niv-Mizzet mentre si spostavano per il Decimo Distretto.

“Certo che no.”

Niv si voltò in aria, più velocemente di quanto Bolas non riuscisse a fare, e si lanciò nuovamente in picchiata contro il suo avversario. Quella volta Bolas non si spostò lateralmente, ma intercettò le zampe anteriori di Niv con le proprie mani. L’inerzia di Niv li condusse a terra contro una schiera di eleganti villette, che si spezzarono come vetro attorno a loro.

Erano aggrappati l’uno all’altro, con le mani incrociate tra loro. Bolas aprì la bocca e fece uscire un flusso di fiamme, che Niv-Mizzet contrastò con il proprio. Le due immense cortine di fuoco si incrociarono con una spettacolare esplosione. L’ondata di calore colpì entrambi, bruciacchiando le pinne di Niv. Lui spostò il proprio peso, lasciando cadere un braccio, poi si avvinghiò e diede un calcio a Bolas con le zampe posteriori, spedendo l’antico drago in aria. Le ali di Bolas scattarono per mantenerlo in aria, mentre Niv-Mizzet si lanciò nuovamente in volo.

“Non vincerai” disse Bolas. “E lo sai.”

“Forse no” disse Niv-Mizzet, anche a sé stesso. “Ma ci proverò comunque.”

Andò nuovamente in picchiata. Ancora una volta, Bolas si preparò a riceverlo, e l’inerzia del drago in discesa li portò entrambi verso il basso. Quella volta, però, Niv-Mizzet lasciò andare presto la presa, spingendosi via. Bolas aprì le ali, aspettando di colpire il terreno con le gambe per poi darsi una spinta verso l’alto-

-ma non c’era nessun terreno.

Erano arrivati al bordo di uno degli zonot della gilda Simic, un enorme buco nella superficie urbana di Ravnica, che scendeva giù fino alla Città Sepolta, fino ai mari che si trovavano nelle estreme profondità sotterranee. I bordi dell’enorme pozzo erano pieni di edifici, gru e scale, che si aggrappavano ad esso come cirripedi, ma al centro si trovava un lungo e profondo vuoto. Bolas cadde e continuò a farlo, confuso. Le sue ali si mossero, ma non volava molto bene, e non c’era abbastanza spazio perché lui potesse batterle forte ed acquisire abbastanza inerzia.

Niv-Mizzet, in qualsiasi caso, non diede a Bolas il tempo per reagire. Una lancia di fuoco liquido sfrecciò dalla sua gola, diretta non a Bolas ma allo zonot stesso, alle rocce e alla pietra che costituivano l’apertura. La trama stessa della città, mura, edifici e fondamenta, esplosero in frammenti. Niv mirò con perizia, appena sotto il bordo, staccando un’enorme porzione di pietra ed edifici mentre il suo respiro incandescente minava la sottostruttura più in profondità. Dopo qualche secondo, iniziò a ondeggiare, poi iniziò a franare, staccandosi dal terreno, scivolando sulla roccia debole e fusa dentro il vuoto dello zonot. Un immenso pezzo di pietra in muratura, più grande di un isolato della città, cedette, spezzandosi in pezzi più piccoli man mano che cadeva. Legno e pietra, mattoni e ferro, persone e carri, migliaia di tonnellate della struttura stessa di Ravnica stavano cadendo negli abissi, come una cascata sulla testa di Nicol Bolas.

Niv-Mizzet si bloccò quando una possente ondata di polvere venne generata dall’interno dello zonot, sbattendo le sue enormi palpebre. L’aria era piena di urla, gemiti e fuoco crepitante, ma lui ignorò tutto quanto, concentrandosi sul suono della pietra in movimento che proveniva dalle profondità. Era impensabile che avesse ucciso Nicol Bolas, ma anche un antico drago avrebbe dovuto essere rallentato per un po’ di tempo sepolto sotto mille tonnellate di roccia. Forse-

Un fulmine nero si stagliò verso l’alto, fuori dalla fossa, crepitando dentro le nubi nel cielo. Un colpo, poi un altro. Altra energia oscura raggiunse i bordi dello zonot, strisciando lungo di essi in archi titanici. Niv-Mizzet percepì il sentore della magia di morte: negli edifici a ridosso dell’apertura, gli abitanti terrorizzati si trasformarono silenziosamente in mucchi di polvere.

Si alzò lentamente una sfera di oscurità, finché non arrivò alle nubi incombenti. Dei pezzi di roccia stavano ancora cadendo dai bordi spezzati dello zonot, ma nel momento in cui entravano in contatto con il vuoto, si limitavano a dissolversi, completamente annientati. Niv-Mizzet indietreggiò, appoggiandosi su un edificio, man mano che il globo nero continuava a salire. Quando era quasi a livello delle nuvole, si fermò, poi si scompose in una pioggia di scintille nere che caddero per tutta la città, dissolvendo qualsiasi cosa toccassero nel nulla più assoluto.

Bolas fluttuava nella posizione in cui prima si trovava la sfera, con le sue enormi ali che sbattevano lentamente e il sangue nero che ancora colava dal taglio sul petto. Fissò Niv-Mizzet con gli occhi luminosi ricolmi d’ira.

Niv ricambiò lo sguardo. Percepì qualcosa di strano, un’emozione a lui ignota. Passarono dei lunghi secondi mentre la esaminava.

Paura, decise. Quindi era in quel modo che ci si sentiva a provare paura.

Niv-Mizzet pensò che non fosse degno del titolo di Mentefiamma. Quindi scacciò quella sensazione, ruggì in segno di sfida e sfrecciò verso l’alto, nonostante dalle mani aperte di Bolas fuoriuscissero tentacoli di morte e distruzione.

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