Magic: the Gathering Wiki
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Samut è una guerriera chierica umana specializzata nel mana rosso e verde, ma è in grado di usare anche quello bianco, originaria di Amonkhet e la nuova visir di Naktamun. In passato era anche una potente planeswalker.

Descrizione[]

Distruttrice di Tiranni[]

Guerriera di Amonkhet, amica d'infanzia di Nakht e Djeru. E' nota per essere una maestra del doppio khopesh (spada-falce) e per la sua capacità di infondere velocità e potenza in ogni attacco. Faceva parte della Messe Tah e insieme ai suoi compagni superò le prime tre ordalie. Contribuì particolarmente nel superare la terza abbattendo da sola una manticora. Avrebbe dovuto affrontare l'Ordalia dell'Ambizione, ma dopo la scoperta delle menzogne sul Dio Faraone corse tra le strade di Naktamun urlando che le ordalie e le ere erano una menzogna: dovevano ritrovare la loro libertà. Venne catturata, ma prima di essere portata via urlò che il ritorno del Dio Faraone avrebbe portato solo devastazione e rovina. Divenne così una dissenziente. Venne liberata dai Guardiani, ma venne poi costretta da Hazoret a combattere all'Ordalia dello Zelo nel Monumento dello Zelo dove assistette all'inizio del Conto delle Ere. Dopo che contribuì a salvare Hazoret dallo Scorpione Divino e a sconfiggere la divinità corrotta, la sua scintilla si accese e viaggiò su un altro piano. Decisa ad aiutare e proteggere la sua dea e il suo popolo riuscì a tornare subito sul suo mondo. Successivamente lottò al fianco degli abitanti di Ravnica per sconfiggere Nicol Bolas, per poi tornare su Amonkhet per aiutare nella ricostruzione. Durante l'Invasione di Nuova Phyrexia combatté contro i phyrexiani, ma perse la sua scintilla nella Grande Mietitura.

Storia[]

Disobbedienza[]

La dodicenne Samut raggiunse Nakht che si trovava sulla riva delle acque e, dopo una breve conversazione scattò verso di lui per farlo finire in acqua. Conoscendola, l'aviano riuscì a far finire la sua amica al posto suo, ma lei lo afferrò trascinandolo nell'acqua. Samut disse che un giorno sarebbe riuscita a colpirlo per prima e Nakht replicò che non lo credeva possibile. Una voce disse che sarebbe riuscita a colpire l'aviano solo se si fosse fermata a pensare prima di scattare. I due si voltarono verso la riva e video Djeru. Samut replicò all'amico di smetterla di far finta di essere adulto e schizzò acqua nella sua direzione, ma l'altro scattò agilmente all’indietro e rispose che avrebbero dovuto allenarsi e non giocare, inoltre qualcuno doveva tenerli lontano dai guai. Dopo che furono tutti e tre sulla riva, Nakht spiegò che era andato lì perché voleva solo allontanarsi e pensare per conto suo per un po'. Samut si scusò per averlo interrotto ma l'aviano rispose di non preoccuparsi, era contento che loro due fossero lì e sapeva che poteva sempre contare su di loro. Osservò la città e terminò dicendo che quel giorno ci sarebbe stato il loro Raccolto. Comprendendo, Samut gli arruffò le piume e disse che si trattava di un giorno emozionante, finalmente toccava a loro: non sarebbero più stati bambini e si sarebbero uniti a coloro che erano giunti e partiti prima di loro. Era un giorno di inizio, di scopo e di unità. Nakht annuì e Djeru consigliò di tornare indietro visto che era quasi ora dei preparativi e tutti e tre si diressero verso il cuore della città.

I segreti[]

Nei Quartieri dei Bambini, mentre tutti gli altri dormivano, Samut chiamò Nakht. Djeru si lamentò, ma poi i tre amici uscirono fuori. Samut replicò che dormire era per chi non avesse ambizione, loro erano tutti e tre della Messe Tah e non vedeva l'ora di incontrare tutti gli altri membri e di iniziare l’addestramento insieme. Djeru annuì, ma poi disse che Nakht avrebbe avuto delle lezioni a parte e sorridendo all'amico disse che aveva tenuto segreto qualcosa: diversamente da loro due l'aviano aveva ricevuto un bastone. Nakht replicò che semplicemente non aveva avuto modo di dirlo e poi diede una piccola dimostrazione della sua magia. Djeru disse che era importante avere dei maghi in una Messe; con le sue capacità avrebbe potuto rendere grande la loro. Samut affermò che sarebbero stati inarrestabili, poi annunciò che anche lei aveva un segreto e voleva mostrarglielo. Corse via e gli altri due si misero a correrle dietro. Li portò in una parte antica della città, gli edifici che erano ancora in piedi in quel distretto erano vecchi e usurati dal sole e dal tempo. Nuovi livelli di stanze e tetti nascondevano i resti fatiscenti delle strutture del passato. Djeru chiese dove fossero e Samut fece un cenno verso un enorme graffito su una vecchia parete sgretolata e rispose che non ne era sicura, ma probabilmente era il luogo più antico di tutti quelli che conoscevano. Il ritratto illustrava figure in diverse posizioni, alcune sembravano quasi familiari: alcune pose da combattimento insegnate dai visir, mentre molte altre non avevano senso; c’erano anche altri glifi e altre rune che non riuscirono a leggere, ma anche quelle che era in grado di leggere avevano strane linee e caratteristiche, dipinte in uno stile e con un aspetto molto diversi. Un po' a disagio, Djeru disse che le divinità insegnavano a non soffermarsi su ciò che era antico e parte ormai del passato: le ordalie e l’aldilà erano di fronte a loro, non alle loro spalle. Samut replicò che anche le divinità erano raffigurate lì, poi mostrò le varie razze del piano tutte in pose diverse e spiegò che quello era il suo segreto: stava cercado di capire cosa stessero facendo: pensava che quelle fossero antiche pose di combattimento. Si mise in posizione e mostrò loro quelle che aveva imparato. Nakht sorrise ammirato, lei arrossì e disse che si chiedeva se quello era un antico tempio di Hazoret. Djeru osservò il graffito e chiese perché fosse stato abbandonato e perché le illustrazioni e i glifi avevano un aspetto così strano. Nakht disse che quella scoperta lo portava a chiedersi se ci fosse mai stato un tempo prima dell'esistenza delle divinità. Il silenzio improvviso degli altri due lo risvegliò dai suoi pensieri. Djeru disse che il Dio Faraone era eterno, l'aviano rispose che lo sapeva ma dal momento che ora era assente poteva essere esistito un tempo prima del suo arrivo e chiese che se lui aveva insegnato alle divinità che a loro volta insegnavano ai mortali, chi avesse insegnato al Dio Faraone. Djeru rispose che il Dio Faraone non aveva bisogno di alcun maestro: lui era la fonte di tutto; quello era il primo concetto che avevano imparato nelle loro lezioni. Samut disse che ora conoscevano il suo segreto poi diede uno spintone a Djeru e disse che toccava a lui: loro avevano rivelato un segreto e la giustizia pretendeva che lui facesse altrettanto. Inizialmente l'altro rispose di non averne, ma lei scoprì subito la sua bugia e Djeru guidò i suoi amici verso l'Hekma. Samut e Nakht osservarono Djeru sdraiarsi a terra sul ventre e strisciare avanti e indietro dall'apertura della barriera. Nakth disse che dovevano andare fuori e Djeru propose di avvisare i visir di Kefnet in modo che potessero riparare l’apertura. Spiegò che lui l'aveva scoperta il giorno prima mentre li stava cercando e Nakht spiegò che voleva scoprire cosa si trovasse dall’altra parte. Djeru rispose che lo sapevano già: mostri, morti che vagavano, vuoto e lande desolate. Era il luogo in cui gli angeli portavano i dissenzienti, in modo che la loro attenzione e devozione potessero essere pure. Nakht ribatté che sapevano solo quello che gli avevano detto su ciò che si trovava dall’altra parte, ma lui aveva bisogno di vederlo con i suoi occhi. Era consapevole che le sue parole sembravano quelle di un dissenziente ma lui non lo era e con le lacrime agli occhi continuò che adorava le divinità, ma il suo cuore era colmo di domande; quel graffito ne aveva stimolate un sacco e spiegò che quando le divinità e i visir fornivano risposte, a lui venivano in mente altre domande. Aveva bisogno di sapere, di vedere e di scoprire per se stesso. Djeru chiese cosa pensava di scoprire e l'aviano rispose che non lo sapeva ma difficilmente sarebbe capitata un'altra occasione per andare fuori. I tre rimasero per un po’ al bordo dell’Hekma, osservando l'agitarsi delle sabbie in silenzio. Dopo qualche istante Samut disse che anche lei voleva sapere, avrebbero fatto attenzione e sarebbero tornati prima del mattino; forse avrebbero trovato qualcosa da portare all’inizio del loro addestramento da discepoli della Messe Tah. Dopo che finì di parlare uscì attraverso la barriera e gli altri due la seguirono.

Fuori dall'Hekma[]

I tre camminarono per un’ora attraverso la sabbia, tenendo sempre un occhio su Naktamun dietro di loro. Samut era sinceramente emozionata. Rimasero in allerta, ricordando molto bene i racconti di mostri e di non morti maledetti che cercavano di abbattere l’Hekma. Trovarono qualcosa che affiorava tra le sabbie. Alcune rocce sporgevano come un’imprevedibile serie di schegge e quando le raggiunsero Samut si arrampicò, le attraversò e saltò dall’altra parte lanciando poi un urlo di sorpresa. Nakht e Djeru scattarono in avanti e videro l'occhio enorme di una statua semisepolta dalla sabbia. Al di là una serie di rovine e su alcune si intravedevano glifi e scritte. I tre si aggirarono tra di esse, fermandosi davanti alle diverse pietre cercando di immaginare che cosa fossero. Dopo un po' Djeru disse che quella era una prova che senza la benedizione del Dio Faraone che aveva donato l’Hekma, tutto sarebbe avvizzito. Samut spinse i due dietro i resti di una parete. Le loro proteste si spensero nel vedere l’espressione terrorizzata di lei e nell’udire l’imprevisto rumore della sabbia che si muoveva. Videro un orrore che si trascinava sulla sabbia. Ancora più alto delle divinità, con membra che sembravano non avere fine, spianava le dune e rimodellava la sabbia intorno a sé. I tre si misero a correre e si fermarono solo quando raggiunsero i resti di un monastero. La piccola struttura in pietra era ancora dotata di quattro pareti, ma priva del tetto che era crollato da tempo. Djeru chiese se potevano tornare a Naktamun. Nakht stava per rispondergli quando notò i geroglifici in quel tempio e vide che erano più facili da leggere, più simili come stile e linee a quelli che avevano imparato. Diversamente da tutto il resto che avevano visto nelle rovine, il simbolo del Dio Faraone appariva inciso di recente, ruvido e irregolare, come da una mano disperata. Proprio sotto il simbolo, una singola parola era incisa in uno scarabocchio: "Intruso". Anche Samut lo vide, si girò verso di lui con un’espressione dubbiosa poi disse a Djeru che dovevano tornare a Naktamun. Improvvisamente dalle acque stagnanti e dalle sabbie tutto intorno, cadaveri in putrefazione iniziarono a sollevarsi, dirigendosi verso di loro. Djeru disse che si trattava di dissenzienti risvegliati dalla Maledizione della Peregrinazione. Samut richiuse la porta proprio nel momento in cui il primo si abbatté su di essa. Il legno sottile crepitò e Djeru si lanciò rapidamente ad aiutare per tenere la porta sbarrata. Nakht spalancò le ali si sollevò e vide che i morti risvegliati erano tantissimi. L'aviano attirò su di sé l'attenzione dei non morti e mentre l’ammasso si dirigeva verso di lui, urlò ai suoi amici di scappare. La porta si spalancò, buttando a terra alcuni non morti che erano ancora davanti; Samut e Djeru scattarono via. Rimasero poi immobili di fronte al tempio a osservare la magia di Nakht che li spronò ad andare; corsero verso la città. Quando giunsero in cima alla duna, Samut si fermò cercando Nakht e con angoscia vide l'orrore consumare l'aviano nell'oscurità. Venne trascinata via da Djeru e corsero più velocemente possibile e disperatamente verso la città.

I dubbi sulle divinità[]

Passarono gli anni e il sacrificio di Nakht devastò Samut, che venne avvolta dal dubbio e dalle domande, alla ricerca di conforto e chiarezza sul passato invece dell’incessante marcia verso il futuro. Ciò la spinse a cercare la verità dimenticata e a tornare molte volte al suo luogo segreto per osservare il graffito che aveva mostrato a Nakht e Djeru. Quando il leggero dolore dei ricordi aumentava, quando la vuota perdita dell’amico riaffiorava in superficie, lei si avventurava ancor di più nelle aree antiche e abbandonate di Naktamun. Frammenti di ciò che avevano visto all’esterno dell’Hekma e affascinanti glifi in una memoria sbiadita in rovine che non riusciva più a cogliere, fluttuavano ai limiti della sua comprensione. A ogni elemento del passato che riusciva a scoprire, le sue domande relative alle ordalie e alla vera natura delle divinità si facevano sempre più profonde. Trascorse tanto tempo tra le pietre quanto insieme ai suoi compagni iniziati, nutrita dalla curiosità e dalla sete di verità di Nakht, cercando disperatamente di dare un volto ai movimenti della storia segreta. Fu così che prima di affrontare l'Ordalia dell'Ambizione si ritrovò a scoprire una camera sigillata nel profondo del monumento dedicato a Bontu. Laggiù, dove l’accesso era negato a ogni iniziato, in un luogo di cui anche la dea aveva perso memoria, scoprì un glifo che non aveva visto da quel viaggio tra le sabbie. Le pareti della camera buia descrivevano il primo arrivo del Dio Faraone su Amonkhet e della sua ascesa al potere. I geroglifici non lo descrivevano come Dio Faraone, bensì lo chiamavano in un modo diverso, un nome che non riuscì a decifrare, in una lingua antica e perduta. Tuttavia sotto quel nome impronunciabile c’era una parola che fu in grado di riconoscere: "Intruso". Samut analizzò il resto della parete e comprese la verità: loro non erano gli intrusi protetti dal deserto: era il Dio Faraone il grande Intruso: non era di quel mondo, era nato altrove, era giunto e poi era ripartito, lasciando gli abitanti di Naktamun alla ricerca di uno scopo. Non li aveva salvati dalla disgrazia, l'aveva causata lui. Pensò a tutte le storie e i miti che aveva udito da bambina del Dio Faraone: la sua nascita dal caos, l’ordine portato dalla distruzione, il suo promesso glorioso ritorno, tutto divenne chiaro e la verità le trafisse il cuore. I popoli erano stati ingannati, la verità era stata abbandonata e le divinità erano state corrotte da menzogne o in qualche modo avevano dimenticato. Samut uscì da quella sala per andare ad avvertire tutti.

La sentenza[]

Samut venne arrestata per eresia, ma riuscì a liberarsi dai suoi carcerieri slogandosi una spalla. Fuggì velocemente verso gli angoli oscuri della città. Si chiese come avesse potuto essere così incauta tre giorni prima con la sua sciocca sceneggiata di dissenso. Si chiese come avesse potuto credere di poterli convincere mettendosi semplicemente a urlare per la strada. Doveva cambiare approccio: in quel momento voleva convincerne uno solo. Dopo un po' una mummia entrò nella ex sala di imbalsamazione che lei stava usando come riparo. Samut salutò il suo amico e Djeru rispose che quel travestimento era blasfemia. Lei replicò che l'aveva portato lì senza che nessuno dei due venisse ucciso, l'aiutò a rimuovere le bende e poi lo abbracciò dicendogli che era contenta che lui fosse ancora vivo. Djeru si allontanò dall’abbraccio e si tenne a distanza da Samut, chiedendo come fosse stato possibile che l'avesse portato li dal momento che avevo sentito dire che era sotto stretta sorveglianza dopo la sua dimostrazione di dissenso e per aver sfidato le leggi delle divinità. Samut rispose che ora era libera e poteva esserlo anche lui. Spiegò che la legge era stata corrotta così come le divinità. Djeru disse che stava accusando il Dio Faraone e Samut disse che lui era la menzogna che aveva corrotto l’intero mondo: prima del Dio Faraone, prima delle ordalie, esistevano degli antichi costumi. Il Dio Faraone aveva fatto in modo che il mondo dimenticasse il proprio passato, aveva ricostruito il piano e aveva plasmato le divinità per soddisfare i suoi capricci. Con rabbia Djeru chiese se l'avesse fatto andare lì solo per raccontargli quella storiella e disse che l'Ordalia dello Zelo si avvicinava e lui doveva allenarsi per essa. Samut gli chiese di non sprecare la sua vita e di non offrire se stesso alla morte. Djeru disse irato che stava parlando del momento più elevato della sua intera vita. Samut disse che le dispiaceva, ma aveva visto ciò che i visir impedivano loro di vedere, aveva visto il modo in cui la loro società era stata contorta; l’essenza di Amonkhet era stata rimossa e sostituita da qualcosa di diverso. Disse che lui credeva di dimostrare di essere il valoroso Djeru, ma ciò che avrebbe fatto sarebbe stato solo distruggere se stesso. L'amico replicò che lei stava suggerendo di distruggerlo in un altro modo: buttando via tutto ciò per cui si era impegnato; gli stava chiedendo di disonorare se stesso e anche le divinità. Comprendendo che lo stava perdendo, Samut disse che le divinità così come Nakht non avrebbero voluto la sua morte. Djeru urlò che Nakht era morto in modo non degno, tra le dune a causa della loro stupidità. Terminò che non avrebbe commesso lo stesso errore con la sua vita. Samut disse che l'aviano era morto per far capir loro il significato di una vita che veniva spezzata, per mostrare la terribile futilità della morte. L'altro ribattè che il loro amico era morto per nulla e irata lei scattò che lui sarebbe morto per nulla. Djeru replicò che sarebbe morto per ottenere la vita eterna. Samut gli chiese di non affrontare l'ordalia. L'altro fece una mezza risata amara e disse che aveva sperato che l'avesse fatto venire lì per chiedere il suo aiuto, per tornare sulla retta via evitando di imputridire dentro un sarcofago: lei sarebbe potuta essere la più grande iniziata dei loro tempi, ma aveva scelto di sprecare se stessa. Continuò che le divinità le avrebbero insegnato a credere, la chiamò dissenziente e disse che avrebbe supplicato Hazoret per lei, poi andò via. Rimasta sola, Samut capì che ciò che lui aveva inteso come pietà poteva essere un'occasione per lei. Spalancò la porta e corse fuori dalle ombre.

Parlando con Hazoret[]

Si recò nel Monumento dello Zelo e dopo che Hazoret le concesse di entrare, lei afferrò una candela cerimoniale, la accese e avanzò. La dea disse che avrebbero parlato fino allo spegnersi della candela e chiese il motivo del suo tormento. Samut rispose che non riusciva a provare gioia per l’imminente ordalia perché il suo amico Djeru desiderava morire lì, per mano della dea stessa. Hazoret rispose che allora doveva festeggiare: il suo amico aveva il coraggio di ambire all’obiettivo più elevato, come sarebbe dovuto essere anche per lei. Samut rispose che sapeva che tutti lottavano per conquistare un posto nell’aldilà, sapeva che Djeru non voleva che lei interferisse con il suo percorso, ma non poteva accettarlo: lui non conosceva la verità sull’aldilà e le ordalie. Hazoret chiese se lei la conoscesse e davanti al suo silenzio disse che avrebbe potuto trafiggerla per quel sacrilegio, ma non era suo desiderio imprigionare il cuore di una guerriera; vedeva che il suo cuore bramava la lotta e quindi le disse di lottare per la verità presente nel suo cuore. Chiese quale fosse la sua richiesta. Samut disse che era lì per implorarla di risparmiare Djeru quando lui le avrebbe offerto la sua vita: chiedeva alla dea di non uccidere il suo amico. Hazoret disse che il suo desiderio era quindi alterare il percorso di Djeru, contro la sua volontà, e chiese se volesse davvero imprigionare il cuore del suo amico e non concedergli ciò che la dea aveva concesso a lei. Samut replicò che l'altro agiva in base a una menzogna, poi disse alla dea se si ricordava come veniva chiamata un tempo; non era sempre stata una divinità crudele composta da una lancia e da fiamme, ma era stata una divinità di compassione e ispirazione, il cui cuore ardente ispirava le persone a compiere le più grandi gesta. Ora era infervorata, ma temeva che quel fervore che l'aveva resa grande poteva averla contorta e resa insensibile: non più in grado di celebrare le vita, bensì uno strumento di morte. Chiese se c’era ancora qualcosa di ciò in lei, un minimo ricordo del tempo prima dell'arrivo dei Dio Faraone. Hazoret si sollevò in tutta la sua altezza e si allontanò da Samut. Il volto della divinità era ora lontano e imperturbabile e tutta la connessione precedente tra le due venne frantumata. La candela di Samut divenne un ammasso di cera e Hazoret ordinò ai Consacrati di catturare la dissenziente. Samut venne imprigionata dentro un sarcofago.

Ordalia dello Zelo[]

Samut e gli altri dissenzienti vennero liberati dai Guardiani. Gideon le spiegò che l’avevano vista alcuni giorni prima sfuggire alla cattura e che erano venuti a liberarla. Samut chiese perché tra tutte le persone, avevano bisogno proprio di lei. Chandra le chiese di spiegare che cosa volesse dire quando aveva cercato di avvisare la gente riguardo alla menzogna delle Ere. L'altra raccontò le sue scoperte: le tombe vuote, il fatto che coloro che morivano durante l’Ordalia dello Zelo venissero portati altrove, la danza e le precedenti generazioni di morti. Jace informò Samut che il Dio Faraone era in realtà un drago proveniente da un altro mondo e credeva che fosse venuto su Amonkhet in un momento di disperazione. Nissa aggiunse che un tempo vi erano otto divinità, mentre ora ne erano rimaste cinque: non sapeva che cosa fosse successo alle altre tre, ma le divinità sopravvissute erano state tutte modificate per perseguire gli scopi di Nicol Bolas. Continuarono a liberare i prigionieri scambiandosi le informazioni raccolte. Spiegò che dovevano andare al Monumento dello Zelo durante l’Ordalia dello Zelo e salvare Djeru, l’unica persona in grado di radunare Naktamun. Gideon promise che l'avrebbe aiutata a salvarlo. Subito dopo tutte le divinità apparvero e tutti vennero immobilizzati. Hazoret disse che la loro ora era giunta: avrebbero affrontato gli iniziati nell'ordalia finale. Guardiani e dissenzienti vennero avvolti da una nebbia e trasportati nell'arena. Hazoret disse agli iniziati che per superare la sua ordalia dovevano uccidere tutti gli eretici. Il marchio della furia della dea spinse tutti a combattere, ma senza poter usare la magia. Samut si scagliò verso Djeru, accompagnata dalla frenesia dei dissenzienti che si erano lanciati alla carica con lei. La magia che pervadeva il suo corpo e la sua mente le dicevano di combattere e di uccidere, ma il suo cuore le ricordò quale fosse il suo obiettivo: doveva mantenere in vita Djeru. Quando raggiunse l'iniziato, lui cercò istintivamente di colpirla con la sua arma che però lei evitò agilmente. In un solo secondo, Samut spostò il proprio peso e si mise schiena contro schiena con Djeru, facendogli capire che lo avrebbe protetto e che avrebbero combattuto insieme. Fuori controllo per il marchio, Gideon si scagliò contro i due che reagirono con perfetta armonia: Djeru lo colpì con la sua arma provocandogli un taglio lungo e superficiale sull’avambraccio, mentre Samut lo colpì al volto con un calcio atterrandolo. Djeru implorò Hazoret di ascoltare le sue preghiere e la dea mise fine alla battaglia facendo tornare i sensi di tutti sotto controllo. La divinità chiamò poi i due e chiese se volessero rivendicare il loro posto tra gli eterni. Djeru annuì, mentre Samut rifiutò spiegando che il grande intruso stava per arrivare e lei aveva un compito da portare a termine. La dea disse a Djeru di avvicinarsi, poi sollevò la lancia e affondò il colpo. Samut scattò e salvò l'amico, mentre Gideon protesse entrambi con la sua magia. Osservando Djeru, Samut vide la furia sul suo volto per quello che considerava un tradimento. Lui la spinse di lato e le sferrò un pugno, che lei schivò facilmente. Tentò di lottare contro la sua amica ma il secondo sole iniziò a passare attraverso le corna all’orizzonte, dando inizio al Conto delle Ere. Le divinità iniziarono a muoversi verso l’uscita dell’arena, concentrando l’attenzione al cielo, tranne Hazoret rimasta indietro, stranamente sbalordita da ciò che era appena accaduto. Devastato per aver perso la sua occasione di eternità, Djeru cadde in ginocchio e pianse. Samut si avvicinò a lui e gli disse che avevano ancora molto da fare e molte persone da aiutare, il suo addestramento era per quel compito, non per morire. Hazoret disse che era intervenuta e chiese cosa avesse da dire per il suo gesto. Samut rispose che credeva che la dea non fosse ciò che era costretta a essere e che avrebbe protetto i suoi figli nel momento in cui avrebbero avuto più bisogno di lei. Samut, i Guardiani, Hazoret e Djeru alzarono lo sguardo al cielo nel momento in cui l'ombra proiettata dal secondo sole iniziò a disegnare una leggera linea di oscurità all’interno dell’arena. Rimasero tutti immobili e osservarono quella linea muoversi lentamente da un lato all’altro. Il cambiamento della luce fu completo e i loro occhi si abituarono alle nuove condizioni: il mondo era ora oscuro per metà. Hazoret andò via. Samut disse a Djeru che dovevano affrettarsi in modo che più persone potessero sopravvivere alle prossime ore. L'altro replicò che dovevano andare al fiume Luxa perché le Ere sarebbero iniziate con l'apertura dei Cancelli dell'Aldilà: il Dio Faraone avrebbe ancora potuto rendergli onore e avere misericordia di lui. Samut scosse la testa e rimase in silenzio. Poi, insieme agli altri, corse verso l'uscita.

L'Era della Rivelazione[]

Samut corse accanto a Djeru e gli afferrò saldamente una spalla con una mano. I due uscirono dall’arena e vennero accolti da una massa di cittadini diretti verso le rive del fiume Luxa. Circondati dal caos, si aggirarono tra le fila dei bambini troppo giovani per affrontare le ordalie, accelerarono e si addentrarono nella folla imponente che si era radunata sugli argini del fiume. Samut chiese a Djeru di promettergli che qualsiasi cosa fosse successa, avrebbero protetto le divinità e loro stessi. In lontananza, la luce del secondo sole divenne visibile oltre il corno. Aveva finalmente superato il monumento e una linea di luce brillante si stagliava da un lato all’altro di Naktamun. Un urlo si sollevò dalla folla nel momento in cui il sole raggiunse la posizione finale e i Cancelli dell'Aldilà si spalancarono. Samut vide che al posto del paradiso che era stato promesso agli abitanti del piano vi erano solo sconfinate e vuote terre desolate. Chiamò Hazoret, che era entrata in acqua, e le chiese di rimuovere i suoi dubbi e dirle se quello fosse il paradiso. La dea non rispose e il resto della folla iniziò a discutere se quella fosse una prova e perchè non vi fosse ancora nessun segno del Dio Faraone. Tutte le voci si interruppero nel momento in cui una gigantesca, oscura e alata figura volò attraverso i Cancelli aperti. Comprendendo che si trattava di un demone, Samut sguainò la sua arma. Lo vide incidersi le carni dell'avambraccio e borbottare un incantesimo; il sangue del demone cadde in acqua e a ogni goccia, il flusso del fiume rallentò fino ad arrestare il suo movimento. Il sangue iniziò a diffondersi e a macchiare il Luxa; coloro che si trovavano al suo interno uscirono dall'acqua mentre tutto veniva trasformato in un brillante color rosso. Il sangue si diffuse, soffocando la vegetazione e tutto ciò che nuotava sotto la superficie e gli animali che non riuscirono a uscire dal fiume poterono solo morire al suo interno. Samut chiese a Djeru se credeva ancora che quello che stava accadendo fosse opera di un benevolente Dio Faraone e il suo amico scosse la testa, stava per rispondere quando il demone ruggì il nome di Liliana Vess e disse che sapeva che si trovava lì e che non poteva nascondersi da lui. Samut spalancò gli occhi e, chiese a Djeru senza ottenere risposta, come facesse il demone a conoscere il nome di una degli stranieri.

L'Era della Promessa[]

Dopo la morte di Rhonas e la caduta dell'Hekma, insieme a Djeru, Samut vide e chiamò Hapatra. Lei fermò il suo basilisco e disse alla |dissenziente che non voleva sentirsi dire "te l'avevo detto", ma l'altra scosse la testa e disse che dovevano trovare e proteggere Oketra. Djeru intervenne e disse che loro avevano visto morire Rhonas e non potevano permettere che le altre divinità andassero incontro allo stesso destino. Hapatra li fece salire sul basilisco. Mentre proseguivano, la maestra dei veleni disse che aveva sempre pensato che l'era della promessa sarebbe stato il momento in cui l’Hekma sarebbe stata rimossa per rivelare il paradiso e Samut disse che tutto faceva parte delle menzogne del Dio Faraone; le divinità erano state manipolate da una forza ancora più potente. Hapatra annuì e chiese se quella forza potesse essere uccisa. Samut rispose che non voleva scoprirlo e Hapatra disse che per essere una persona che riteneva di conoscere così tanto, aveva una visione ridotta. Djeru disse che tenere in vita il loro popolo e le loro divinità era fondamentale: dovevano lasciare che gli intrusi combattessero tra loro.

I tre raggiunsero Kefnet e Oketra: erano lì per proteggerli. Oketra disse che loro erano lì per proteggere lei e non il contrario. Con quelle parole di congedo la dea si voltò e sollevò il suo arco mentre Kefnet si alzò in volo. Samut vide ciò che le due divinità stavano osservando: lo Scorpione Divino, la divinità che aveva ucciso Rhonas. Osservò i tre dei che si affrontavano. Inizialmente le due divinità di Naktamun riuscirono ad avere la meglio, ma alla fine lo Scorpione riuscì ad uccidere entrambi. Samut e Djeru trattennero la visir in lacrime, intenti anche loro a piangere. Altri cittadini sopravvissuti, ai non morti e agli orrori del deserto che erano entrati a Naktamun dopo la caduta della barriera, uscirono dai vicoli e dai nascondigli per vedere i corpi delle divinità e tra loro vi era anche Gideon. Ripreso il controllo, Hapatra fece un cenno con il capo a Samut e Djeru, che le lasciarono libere le spalle e le permisero di avvicinarsi all'uomo. Chiese se la causa di quell'inferno fosse un intruso come lui, l'altro annuì e lei continuò che era sua responsabilità ucciderlo, doveva portare a termine il suo compito e poi andarsene dalla sua città. La maestra dei veleni si voltò e tornò verso Samut e Djeru, li guardò entrambi decisa e disse che dovevano trovare Bontu e Hazoret e mantenerle in vita a ogni costo.

La favorita[]

Insieme a Djeru, Samut si fece strada tra i non morti e raggiunse Hazoret. Chiese cosa dovessero fare e la dea rispose che dovevano proteggersi gli uni con gli altri, radunare tutti quelli che potevano e nascondersi tra le sabbie del deserto. Dovevano sopravvivere fino all’arrivo del Dio Faraone, che avrebbe riportato la giustizia. Alle sue ultime parole Samut replicò che il Dio Faraone non lo avrebbe fatto, ma Hazoret la interruppe e disse che non avevano tempo per dubitare: la guerriera aveva una forte volontà e doveva utilizzare la sua forza per proteggere i suoi fratelli; Amonkhet aveva bisogno di lei così come di Djeru. Il ruggito di un wurm sabbioso in lontananza attirò l’attenzione di Hazoret. Djeru disse che avrebbero obbedito e protetto i loro fratelli e sorelle. Samut chiese chi avrebbe protetto la dea e un leggero sorriso si aprì sul volto di Hazoret che disse loro di andare a combattere: lei sarebbe sopravvissuta.

Sopravviviamo[]

La decisione di Samut[]

Samut correva insieme a Djeru e al piccolo gruppo di sopravvissuti. Ubbidendo all'ordine di Hazoret si erano diretti verso il limite della città per fuggire e trovare rifugio nel deserto. Si avvicinarono a un edificio che poche ore prima era ai bordi dell'Hekma. Samut si arrampicò fino al tetto per osservare la zona: i deserti di Amonkhet si estendevano fino all’orizzonte, i venti creavano flussi di sabbia e le dune increspate proiettavano strane ombre. Samut non riuscì a comprendere se sembrassero muoversi per effetto della luce, spinte dal vento o a causa di un qualche orrore sconosciuto; sapeva che oltre i confini della città si trovavano altre rovine sommerse, luoghi dove avrebbero potuto nascondersi temporaneamente, ma oltre a ciò non aveva idea. Una serie di urla provenne dal gruppo. Samut guardò verso il basso e vide gli altri che indicavano la città: nel cielo era apparso un oscuro vuoto, dalle cui imperscrutabili profondità era apparsa una figura dorata. Per un momento, sul volto di Samut si dipinse la confusione, poi vide le corna dorate di quell’essere e capì: Nicol Bolas era arrivato. Alcuni membri del suo gruppo esultarono e iniziarono a correre indietro verso il Dio Faraone e in quel momento, il drago sollevò le braccia e fiamme nere piombarono dal cielo. Samut cercò di urlare più forte di quel rumore, invitando i sopravvissuti a rifugiarsi, scattò per raccogliere con le proprie braccia un'aviana e portarla in salvo insieme agli altri. Una volta che tutti furono all’interno, si unì a loro. Una giovane naga chiese spiegazioni su ciò che aveva fatto il Dio Faraone. A voce sufficientemente alta da farsi sentire da tutta la stanza, Samut disse che il Dio Faraone era una menzogna, non era un redentore, ma un intruso di un altro mondo. Lei aveva scoperto le storie cancellate del loro popolo, aveva visto le rovine e i luoghi nascosti nelle sabbie; aveva sperato di sbagliarsi, di essere pazza, di aver di fronte delle false eresie, ma tutte le sue peggiori paure si erano avverate. I sopravvissuti mormorarono. Improvvisamente un dolore lancinante perforò il petto di tutti. Si chiese quale altra divinità fosse caduta, poi si rivolse agli altri e, parlando più forte dei gemiti e dei lamenti dei sopravvissuti, disse che quattro delle loro divinità erano morte; lei viveva nella gloria delle sue divinità, ma rinnegava le menzogne del falso Dio Faraone: dovevano resistere e proteggere ciò che apparteneva a loro, dovevano sopravvivere e sconfiggere il grande intruso. Djeru intervenne e disse che lui era con lei, la prima volta che si era espressa contro il Dio Faraone non l'aveva creduta, ma ora aveva visto più del necessario e aveva compreso che la sua amica diceva la verità. I sopravvissuti mormorano su cosa fare, Hapatra intervenne e chiese che cosa potevano fare loro contro delle divinità oscure che erano in grado di massacrare altre divinità e contro un drago che scatenava fiamme dal cielo. Samut rispose che Hazoret aveva chiesto a lei e Djeru di proteggere tutti quelli che potevano nascondendosi tra le sabbie del deserto: avrebbero sfidato l'intruso sopravvivendo. Alcuni annuirono, lei sguainò le sue spade e continuò che sarebbe tornata in città: non chiedeva a nessuno di andare con lei; fuggire e sopravvivere significava onorare il desiderio di Hazoret ed era anche un atto coraggioso di sfida nei confronti del drago, ma lei non poteva sopportare la morte di un’altra divinità. Djeru sguainò la sua arma e disse che lui l'avrebbe seguita, poi si rivolse agli altri e continuò che loro non avevano mai temuto la morte e lui sarebbe stato lieto di dare la vita per la sua divinità. Altri guerrieri si alzarono con in mano le loro armi. Hapatra disse che lei non sarebbe andata con loro, sebbene il suo cuore bramasse vendetta per la morte di Rhonas, i suoi veleni sarebbero stati più utili per spianare il loro cammino: sapeva dove colpire per fermare i non morti e le mostruosità, avrebbe abbattuto tutto ciò che minacciava il loro popolo lungo la via verso un rifugio tra le sabbie. La visir terminò che le affidava la sicurezza della loro ultima divinità. Samut rispose che conoscere i loro punti di forza e sacrificare i loro desideri per il benessere degli altri non era un gesto semplice da compiere e la ringraziò per il suo coraggio. Si voltò verso gli altri che avevano scelto di seguirla e disse loro che avrebbero trovato e protetto l'ultima dea rimasta.

Gli Eterni e i Guardiani[]

Tornati indietro Samut e gli altri guerrieri vennero attaccati da un gruppo di Eterni. Mentre molti di loro cadevano contro l’interminabile flusso di non morti in grado di usare anche la magia, Samut e Djeru combatterono insieme contro Neheb, un campione leggendario dotato di grandi capacità magiche e di combattimento che aveva superato le ordalie quando loro due erano ancora dei bambini. Il minotauro scattò la sua lancia in avanti scagliando un’ondata di fiamme contro Samut, che le schivò, ma Neheb si era già lanciato all’assalto puntando la lancia verso il petto di Djeru, che parò il colpo sollevando la sua spada, ma venne poi colpito al volto da un pugno che lo fece rotolare a terra. Samut ruggì e attaccò, ma Neheb l'anticipò con un rapido calcio allo stomaco respingendola e lasciandola senza fiato. Il minotauro approfittò della situazione e si lanciò su Djeru, con la lancia pronta a perforare il guerriero sdraiato sulla schiena. Un lampo di luce disorientò tutti i combattenti, Samut vide Gideon tra Neheb e Djeru: la lancia venne fermata dal bagliore dorato dell'invulnerabilità dello ieromante. Intorno a lui, gli altri quattro stranieri lanciavano le loro magie e assalivano gli altri Eterni. Mentre Neheb cercava inutilmente di colpire Gideon, Samut scattò verso il minotauro e lo colpì alla schiena con entrambe le lame, abbattendolo. Dopo che lo scontro finì, Samut osservò Nissa guarire alcuni dei feriti e poi ascoltò la conversazione tra Jace e Gideon, nella quale il secondo propose di andare ad affrontare Bolas. Samut disse che voleva andare col loro. Gideon esitò nel risponderle, Djeru si intromise e disse che lei non poteva andare, loro avevano un'altra missione da compiere: trovare e proteggere l’ultima divinità di Amonkhet e proteggere il popolo della loro città. Samut annuì, poi osservò i Guardiani e chiese loro di uccidere Nicol Bolas per ciò che aveva fatto al suo popolo, alle sue divinità e al suo mondo.

Hazoret e lo Scorpione Divino[]

Dopo aver lasciato gli stranieri alla preparazione della loro battaglia con il drago, Samut, Djeru e la loro piccola banda avevano trovato altri sopravvissuti. Tra loro vi era Haq, un giovane visir di Hazoret che raccontò loro del tradimenti di Bontu e della crudeltà del Dio Faraone; spiegò che dopo la morte di Bontu lo Scarabeo Divino aveva risvegliato gli Eterni, che avevano attaccato la città. Visto il suo legame con Hazoret, Haq poteva percepire la presenza della sua dea e guidarli verso di lei. Mentre proseguivano, con loro sorpresa, trovarono il corpo di Rhonas a terra e la consapevolezza della sua morte inondò la mente dei sopravvissuti, che piansero, gridarono di rabbia e si abbracciarono tra loro per confortarsi. La rabbia si diffuse in Samut, che salì sul petto di Rhonas e disse che dovevano sopravvivere: se credevano che il Dio Faraone li stesse mettendo alla prova, che attaccassero con lei per dimostrare il loro valore; se credevano che li avesse traditi, che si unissero a lei nella lotta per il loro domani; avrebbero incarnato la forza che Rhonas aveva insegnato loro e che aveva donato con i suoi insegnamenti e le sue ordalie. Djeru disse che dovevano trovare un riparo e Samut vide che dai Cancelli dell'Aldilà, un’imponente tempesta di sabbia si stava avvicinando. Si rivolse ai sopravvissuti e li spinse a ritirarsi nella direzione da cui erano venuti. Haq afferrò la sua mano, indicò verso la tempesta e disse che Hazoret stava arrivando, ma che non era sola. I sopravvissuti impugnarono le armi e si misero dei panni sui volti. Molti si accucciarono dietro alla parete del monumento per avere un minimo rifugio. Samut, Djeru e Haq rimasero nella loro posizione, piegandosi in avanti nel momento in cui vennero investiti dalla tempesta. Hazoret emerse dalla nube di sabbia e Samut vide che la dea teneva la sua lancia in una mano, mentre l’altra ciondolava in modo strano lungo il fianco, il suo corpo dorato era ricoperto da tagli e ferite e il suo respiro era affaticato e rapido. La dea disse loro di scappare e subito dopo lo Scorpione Divino apparve e l'attaccò. Hazoret evitò il colpo e riuscì a chiuderlo in una trappola di fuoco, ma quando le fiamme si spensero, Samut vide che la divinità corrotta era ancora viva. Lo Scorpione attaccò nuovamente e Hazoret usò il suo braccio ferito per proteggersi dalla sua coda e per via del veleno fu scostretta ad amputare l'arto. Hazoret si accovacciò, ansimante, con il sangue che usciva dalla ferita che le aveva salvato la vita, mentre lo Scorpione si avvicinò nuovamente per ucciderla. Samut emise un urlo primordiale e scattò in avanti, agì d’istinto e incanalò i suoi poteri magici nelle sue gambe. Balzò in aria e si lanciò sopra Hazoret e verso la divinità corrotta, con le lame che puntavano verso il basso. Andò a sbattere contro lo Scorpione Divino e le sue spade perforarono il suo carapace, rimanendo conficcate e offrendole un appiglio temporaneo: il calore della magia di Hazoret aveva reso più morbido il guscio impenetrabile dello Scorpione. Diede uno strattone alle lame e scivolò lungo il corpo della divinità, con la forza di gravità che offrì slancio alla sua discesa; fece oscillare i piedi e continuò il suo taglio lungo le costole della divinità, verso l'addome, con le lame che continuavano a incidere il carapace. Lo Scorpione Divino ruggì, cercò di colpirla e riuscì a scagliarla lontano. Un mago minotauro manipolò la sabbia e rese più soffice l’atterraggio di Samut, mentre altri maghi stavano lanciando proiettili di fuoco e raffiche di fulmini contro la divinità corrotta. Djeru urlò di spingere lo Scorpione verso il fiume, Samut lo vide correre insieme ad altri due guerrieri verso degli obelischi e comprese il piano dell'amico: unendo le forze il gruppo di mortali riuscì a far cadere lo Scorpione Divino verso gli obelischi, che formavano con le loro appuntite estremità un campo di pugnali per l’enorme divinità. Samut notò che la traiettoria di caduta della divinità e gli obelischi non erano allineati e così scattò in avanti e balzò, spinta da una forza magica, per colpire la divinità corrotta con un impulso sufficiente da deviare la traiettoria, mandandola su un obelisco che le perforò il petto. I sopravvissuti emisero grida di vittoria, mentre Samut continuò a osservare lo Scorpione con sospetto. Hazoret li ringraziò, poi si avvicinò allo Scorpione e lo colpì con la sua lancia bruciandolo dall'interno e riducendolo in cenere.

Ascesa della guerriera[]

Dopo la morte dello Scorpione Divino, Hazoret ricordò a Samut che le aveva detto che la dea avrebbe protetto i suoi figli nel momento di maggior bisogno. Lei rispose che lo aveva fatto e la ringraziò, ma la divinità scosse la testa e disse che non avrebbe potuto farlo senza la guerriera che l'aveva protetta nel momento in cui aveva avuto bisogno di lei: aveva capito le ordalie e superato l’oscurità che si celava dietro di esse. Il suo cuore le apparteneva e la ringranziò. Lacrime di gioia scesero lungo il volto di Samut mentre orgoglio, forza e amore sconfinato per la sua divinità riempirono il suo corpo. Improvvisamente, all’interno della sua anima, una potente forza crepitò e la sua scintilla si accese facendola viaggiare nella cieca eternità su un altro piano. Samut vide uno strano cielo, si guardò intono e un profondo panico la invase quando capì che non era su Amonkhet, ma su un altro mondo. Pensò ai cinque stranieri e comprese che era come loro. Scosse la testa e urlò dalla rabbia pensando che aveva bisogno di tornare a casa: doveva aiutare Hazoret, ancora gravemente ferita, e il suo popolo a fuggire. Samut si mise a correre, alla ricerca di ricordi e istinto, puntando su magie ancora nuove e instabili. Le sue gambe si agitarono e percepì quella strana e indescrivibile sensazione avvolgerla nuovamente. Improvvisamente, una forza la strappò dalla realtà, la sua magia si intrecciò con le fibre dei suoi muscoli, il suo corpo fu il mezzo di una magia che non sapeva di poter lanciare. Viaggiò nuovamente nella cieca eternità e le sembrò di riuscire a percepire vagamente altri mondi, finché con uno strattone non atterrò sulle ginocchia su una calda e familiare sabbia, inondata di nuovo dal bagliore della presenza della sua dea: era riuscita a tornare su Amonkhet. Sentì la voce di Hazoret nella sua mente, cercò di risponderle, ma senza riuscirci e priva di energie barcollò in avanti e svenne.

La Guerra della Scintilla[]

Samut venne attirata su Ravnica dal Faro Interplanare e rimase intrappolata dal Sole Immortale di Nicol Bolas. Accanto a molti altri planeswalker e abitanti del piano combatté contro gli Eterni dell'Orda Atroce di Bolas guidati da Liliana Vess. Per lei, la guerra era intensamente personale: affrontò nemici che aveva amato come amici e orrori che aveva venerato come dei.

Durante l'invasione del piano, fu presente alla riunione dove i leader della difesa di Ravnica si riunirono per mettere a punto una strategia. Quando alcuni degli abitanti del piano proposero di arrendersi a Bolas per impedire altre morti e distruzioni, Samut e Vivien Reid spiegarono che la resa non era un'opzione e raccontarono ciò che Bolas aveva fatto ai loro mondi: il drago antico avrebbe conquistato o distrutto Ravnica semplicemente per la propria soddisfazione, anche se avesse ottenuto ciò che voleva.

Sotto raccomandazione di Jace Beleren, decisero di dividersi in team per concentrarsi su compiti specifici: Samut, Karn, Dack Fayden e Ob Nixilis si offrirono volontari per attraversare il Ponte Planare per arrivare su Amonkhet e chiudere il portale. Arrivati su Amonkhet, mentre Samut e Ob Nixilis combatterono contro gli Eterni, Dack riuscì a distrarre Tezzeret dando a Karn un'apertura per far volare uno dei micro-droni esplosivi di Saheeli nel meccanismo di controllo del Ponte nel torace di Tezzeret, che esplose. Ciò fece implodere e collassare su se stesso il portale più grande che gli Eterni stavano usando per arrivare su Ravnica. Sebbene ferito, Tezzeret rivelò di essere felice di essere stato sconfitto: sperava che riuscissero a sconfiggere Bolas in modo da essere liberato dalla sua schiavitù. Dopo che finì di parlare l'artefice fuggì, così come Ob Nixilis che li aveva aiutati solo per avere una via di fuga. Poco dopo il gruppo venne raggiunto da Hazoret e Sarkhan Vol. Su richiesta di Sarkhan la dea diede loro la sua lancia per aiutarli nella loro lotta contro Bolas. Samut fu lieta di scoprire che Hazoret aveva ripristinato l'Hekma e protetto i sopravvissuti di Amonkhet tra le rovine di Naktamun, dove sarebbero stati di nuovo al sicuro dagli orrori del deserto. Prima di tornare a Ravnica, Samut promise a Hazoret che sarebbe tornata ad Amonkhet per continuare a proteggere la sua gente.

Samut fu tra i pochi planeswalker che decisero di rimanere sul piano dopo che Chandra Nalaar disattivò il Sole Immortale e aiutò i Guardiani nel loro scontro con Bolas. Dopo la fine della guerra, fu una dei planeswalker sopravvissuti alla battaglia e fu presente durante la celebrazione della vittoria. Su sua richiesta, Chandra e Jaya Ballard cremarono i corpi degli Eterni diventati inattivi.

Dopo la Guerra della Scintilla[]

Insieme ad altri planeswalker, Samut partecipò al funerale di Gideon su Theros, poi tornò ad Amonkhet. Successivamente, accompagnò Ral Zarek e La Viandante, arrivati sul suo mondo in cerca di tracce di Tezzeret, nel luogo dove lei e i suoi alleati avevano combattuto contro l'artefice.

La Guerra dei Fratelli[]

Avvertita dai Guardiani sulla minaccia dei phyrexiani di Nuova Phyrexia, Samut si nascose insieme ad Hazoret e gli altri sopravvissuti del piano per non farsi trovare dai loro nemici.

Perdita della scintilla[]

Dopo che la Legione delle Macchine invase Amonkhet, Samut combattè contro i phyrexiani per difendere il suo mondo. Dopo la sconfitta degli invasori, fu una dei numerosi planeswalker che persero la scintilla.

Referenze[]

Rappresentato in:
  • Samut, Distruttrice di Tiranni
  • Samut, Messa alla Prova
  • Samut, Visir di Naktamun
  • Samut, Voce del Dissenso
Mostrato in:
  • Colpo Perforante
  • Corsa di Samut
  • La Vita Continua
  • Sfondare
  • Turbinio di Lame
Testi di colore:
  • Ammit Funesto
  • Manticora dell'Invasione
  • Naga Eterna
  • Rinuncia di Djeru
  • Rivelazione della Sfinge
  • Terre Selvagge in Evoluzione

Galleria[]

Galleria

Curiosità[]

  • È presente in Fiducia ma il suo nome non viene rivelato nella storia web.

Collegamenti esterni[]

Espansioni Blocco di Amonkhet (AmonkhetL'Era della Rovina) • Invocazioni di AmonkhetL'Avanzata delle MacchineAetherdrift
Luoghi NaktamunTerre Spezzate
Storia Conto delle EreInvasione di Nuova PhyrexiaGran Premio di Ghirapur
Nativi Basri KetSamut
Pubblicazioni The Art of Magic The Gathering: AmonkhetPlaneswalker's Guide to Aetherdrift
Approfondimenti AltroEventiGruppiLuoghiPersonaggiRazzeVisitatori
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