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Nissa, Worldwaker è un articolo della rubrica Uncharted Realms, scritto da Adam Lee e pubblicato sul sito della Wizard of the Coast il 25 giugno 2014. Racconta parte della storia di Nissa Revane.

Prefazione[]

La Planeswalker elfa Nissa Revane ha condotto una vita difficile. E’ stata esiliata dalla sua tribù, i Joraga, in più occasioni, ed essere diventata una Planeswalker la emarginò ancora di più. Viaggiò in diversi mondi, cercando di comprendere il fulcro della responsabilità degli elfi nei confronti della natura, ma ritornò sempre sul suo piano natale: Zendikar.

Qualunque pace cercasse di trovare per sé stessa ebbe fine con l’ascesa dei mostruosi Eldrazi. Quei giganteschi esseri interplanari, divoratori di mondi interi, erano stati imprigionati su Zendikar millenni addietro. Cercando disperatamente di salvare il proprio mondo, Nissa ruppe il sigillo che manteneva gli Eldrazi confinati a Zendikar. La sua speranza era quella per cui gli Eldrazi, una volta liberati dalle loro costrizioni, avessero viaggiato nel Multiverso. La loro minaccia si sarebbe propagata, ma Zendikar sarebbe stato al sicuro.

Non andò così.

Almeno uno dei tre titani Eldrazi rimane su Zendikar, minacciando la vita sul piano con il suo annientamento. Nissa è rimasta per combattere gli Eldrazi, ma teme che sia inutile. Per sconfiggere le mostruosità che assaltano il piano, tutto Zendikar deve combattere unito…

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Storia[]

Nissa aprì gli occhi.

Fumo e cenere vorticavano su di lei mentre si svegliava attorniata dal caos. Nissa era coricata di schiena e riusciva a sentire la terra che tremava sotto di lei. Si guardò intorno, cercando di aggrapparsi con la mente a qualcosa di familiare. Nissa sentiva delle urla ma erano distorte, come se stesse udendo il tumulto ambientale attraverso un lungo tunnel echeggiante. Ci fu una pressione tale da farle fischiare le orecchie. Strabuzzò gli occhi. E poi, pian piano, iniziò a ricordare. Gli Eldrazi avevano travolto i Joraga. Ci fu una grande esplosione di energia. Ulamog era tornato.

Poi le venne tutto in mente, scorrendo febbrilmente nella sua testa. La sua tribù era sotto attacco. Molti erano morti.

Mentre la sua vista si faceva più nitida, Nissa riuscì a vedere i corpi contorti degli elfi tra gli alberi morti. Informi cadaveri Eldrazi erano sparpagliati ovunque: i resti fumanti della disturbante progenie di Ulamog.

Raggio del Disastro

Doveva andarsene.

Si mosse per alzarsi, ma fu trascinata a terra: le sue gambe erano bloccate. Un albero era stato diviso a metà e ne era rimasta intrappolata al di sotto. Lottò con il grande ramo come un animale selvaggio bloccato da una tagliola finché il dolore non ebbe la meglio, facendole lanciare un grido involontariamente. Dopo aver ripreso fiato, una serie di esplosioni irregolari e intermittenti la raggiunsero attraverso l’aria offuscata dalla cenere; provenivano da un punto sopraelevato rispetto al terreno. Nissa si mise le mani davanti alla bocca e stette coricata immobile come una pietra mentre un suono basso e secco si propagava intorno a lei. Riusciva a vedere soltanto pochi metri in ogni direzione, ma sapeva che la fonte di quel terribile suono era vicina. I suoi vocalizzi vibravano attraverso le sue ossa. Stava cacciando.

Lei cercò di attingere del mana per evocare una qualche forma di aiuto, ma ne era prosciugata. Viaggiare in un altro piano era fuori questione. Tutto quello che Nissa riuscì a raccogliere fu una piccola quantità di energia curativa per alleviare il dolore, ma era abbastanza per esaurire completamente le sue ultime riserve. Si lasciò andare, esausta, contro il terreno che si era trasformato in fango a causa del suo stesso sangue. Disperata, provò a richiamare alcune volte delle figure per far fuggire le progenie Eldrazi, alcune umanoidi, altre animali, me nessuna risposte. Il sapore della terra e delle cenere le riempiva la bocca mentre faceva fatica a respirare, e riusciva a sentire la vita che la stava abbandonando dopo ogni battito cardiaco. Poi vide la gigantesca sagoma di Ulamog avanzare come nuvole tempestose sopra gli alberi frantumati, finché non coprì completamente la luce sfocata del sole di Zendikar. Mentre la sua ombra si stagliava su di lei, Nissa udì il cristallino suono di masticamento che esso produceva mentre divorava la vita da Zendikar, lasciando la sua caratteristica scia di distruzione. Ne poteva sentire l’acre fetore ed il suo stomaco ebbe uno spasmo.

Ulamog1

Delle lacrime iniziarono a scorrere sulle guance, mentre Nissa Revane osservava l’aria satura di fumo ed attendeva la morte.

Un volto umano dagli occhi sconvolti, sporco di terra, la guardò. Una mano callosa prese la sua. Nissa era troppo debole per muoversi. L’umano richiamò qualcuno alle sue spalle mentre il suono delle mandibole del titano si faceva più vicino.

Bahkut! Alira! Da questa parte.”

Si voltò verso Nissa. La sua mano callosa le toccò il volto, e Nissa riuscì a sentire la forza vitale che fluiva dall’uomo.

“Rimani tra noi. Ti porteremo via di qui.”

“Che Khalni ti benedica.” Disse Nissa, per poi sprofondare nel buio.

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Nissa si svegliò a causa di odori e suoni a lei non familiari. Le sue gambe doloravano mentre cercava di muoverle, esitando, e si guardò intorno. Era debole, ma riusciva a sentire la forza che stava ritornando poco a poco.

Udì dei passi avvicinarsi. Il lembo della tenda si alzò, ed entrò l’umano scuro di pelle che l’aveva tirata fuori da sotto l’albero.

“Sei sveglia.” Sorrise. “Bene.”

“Dove mi trovo?” disse Nissa.

Non fidarti di nessuno. Anche se l’umano l’aveva salvata, i vecchi istinti dei Joraga perpetravano.

Si sentì vulnerabile, nuda sotto le pellicce, e sapeva che avrebbe dovuto aspettare molto affinché il suo pieno potere tornasse.

L’umano si accorse del suo disagio ed alzò entrambe le mani.

“Tranquilla. Stai ancora guarendo.” Le prese i vestiti da uno sgabello lì vicino e glieli mise accanto. Lui si muoveva lentamente e deliberatamente mentre parlava. “Sei ad un giorno di viaggio da Jalesh. Il mio nome è Hamadi. Sei al sicuro qui.”

“La mia tribù…”

La mente di Nissa elaborò i propri ricordi. Si sforzò di fare quella domanda.

“Hai visto cos’è successo alla mia tribù?”

Hamadi la guardò e le disse ciò che lei sapeva già. “Era arrivato Ulamog. La valle, la foresta. Gli Eldrazi non hanno lasciato nulla, se non cenere. Mi dispiace, ma da ciò che abbiamo visto, i Joraga non esistono più.”

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Nissa si arrampicava per il bosco. Le sue gambe erano ancora un po’ rigide, ma stavano riprendendo forza. Era bello muoversi e percepire ancora una volta il flusso della foresta attorno a lei, come un verde arazzo. Hamadi camminava alle sue spalle e, per un umano, era molto silenzioso.

“Lassù.” Disse lui.

Nissa osservò attraverso la fitta foresta e vide un affioramento di roccia molto al di sopra di loro, dove gli alberi lasciavano lo spazio al granito della montagna.

“Quella sporgenza là in alto?” Disse Nissa. “Devi essere molto sicuro delle tue cure, druido.” Lei alzò le sopracciglia verso Hamadi, che sorrise.

“Sono molto sicuro della tua volontà, Shaya.” Replicò Hamadi.

“E’ un ottimo modo di vederla” disse Nissa con un sorrisino. “Hey. Cosa vuol dire Shaya?”

Hamadi sogghignò. “Te lo dirò più tardi… Shaya.”

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Si sedettero sulla sporgenza che sovrastava la foresta sottostante e mangiarono nocciole, frutta secca e radici chakri. Nissa riusciva a sentire il vigore della radice che leniva i suoi muscoli stanchi.

“Sei stato molto gentile, Hamadi.” disse Nissa dopo un po’. “Grazie.”

“Corrono tempi diversi ora. I giorni in cui i popoli di Zendikar si combattevano tra loro appartengono al passato.” disse Hamadi, mentre passava un po’ di cibo a Nissa. “Ci sono volute creature come gli Eldrazi per insegnarci a vivere comunemente in pace. O loro sono degli ottimi insegnanti, o noi siamo veramente testardi, eh?” Rise.

“Penso che esista in ognuno di noi questo tribalismo, questo bisogno di isolarci e di separarci.” Nissa guardò la foresta sottostante. “I Joraga ce lo inculcavano fin dalla nascita. ‘Non fidarti degli stranieri’ è qualcosa che mi sento ripetere da… sempre. Ho percorso molta strada da allora, Hamadi. Ho visto troppe cose per avere una così ristretta visione della vita. Anche la gentilezza che mi hai mostrato ha giocato una parte importante.”

Hamadi sorrise, poi si fermò per un attimo ed osservò un pezzo di frutto secco che si rigirava tra le dita. “Io ero di Pellegrigia, appena fuori la grande foresta di Legnotorto.” Hamadi si infilò il frutto in bocca.

Rifugio di Pellegrigia

“Mi dispiace, Hamadi.” disse Nissa. “Conoscevo la tua gente. Ho viaggiato per le loro terre.”

“Il mondo è piccolo, Shaya” disse Hamadi. “Come ben sai, il mio popolo era formato da abili cacciatori e guide, ma la nostra attività principale era il raccoglimento del mana. La nostra magia era legata alla terra e gli alberi ci donavano più di quanto potessimo mai ripagare.”

Hamadi si stese contro una roccia e diede un sorso da una borraccia d’acqua.

“Molte case di spedizioni bisognose di mana venivano da noi per commerciare. A quel tempo, le nostre tasche e le nostre pance erano piene. Le nostre tende erano calde. Pensavamo di aver raggiunto una cima, la cima, ma era una cima fasulla. La mia tribù, le case di spedizioni, eravamo tutti ciechi.”

Hamadi appoggiò la borraccia e proseguì.

“Avevamo sentito delle voci riguardo alla devastazione dei titani, ma non ci credemmo. Come si poteva credere ad una cosa del genere senza che fossero veramente lì? Mai pensammo che gli Eldrazi sarebbero arrivati nelle nostre terre per annientare il nostro popolo.” Hamadi sospirò. “Siamo entità dalla vita e dalla vista ristretta, Shaya. Ora che ho visto i titani, so che esistono realtà oltre ogni nostra più fantasiosa immaginazione. Chi eravamo per preparaci ad un tale evento?”

Hamadi fece ciondolare la testa per un breve attimo, poi guardò Nissa.

Ma Nissa non riusciva a guardare Hamadi negli occhi. Mentre ascoltava la sua storia, un dolore crescente nacque all’interno del suo corpo, che si collocò nella gola. Era lei la responsabile di tutto quanto, di tutte le sue perdite e di tutta la devastazione di Zendikar. Hamadi aveva salvato lei, un’elfa dei Joraga, da morte certa. Lui aveva rischiato la propria vita ed aveva salvato la sua. E lei era la causa. Nella mente di Nissa iniziarono ad insinuarsi oscuri ricordi provenienti dai luoghi peggiori. Tutti i propri fallimenti, le scelte sbagliate, il proprio egoismo ed arroganza, tutto colpì le sue viscere come un peso di piombo. Rimase intrappolata nella rete del suo passato, piena di corpi di migliaia di innocenti che erano caduti a causa degli Eldrazi. Li avrebbe potuti salvare tutti.

“Hamadi” disse lei, stringendosi alle sue ginocchia. “Mi dispiace tanto.”

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Nissa seguiva Hamadi, Bahkut, Alira e due gemelli kor lungo un sentiero di montagna. Riusciva a percepire Zendikar, inquieto sotto i propri piedi, come se un’immensa bestia ancora in grembo si stesse muovendo all’interno. Nissa vide dei frammenti di montagna che fluttuavano e roteavano sul percorso davanti a loro.

“Dobbiamo arrampicarci: campi gravitazionali.” disse la kor chiamata Khali. Suo fratello gemello Sha’heel sembrava non parlare mai, preferendo utilizzare strani segni con le mani o, addirittura, neppure quelli.

Khali e Sha’heel si tolsero gli zaini. Sha’heel tirò fuori delle corde, degli uncini e delle cinghie, passandole a sua sorella intenta a vestire Hamadi, Bahkut, Alira e Nissa.

Khali

“Hai mai fatto sky-climbing, Joraga?” disse Khali a Nissa, mentre assicurava le cinghie dell’imbracatura di Nissa.

“Odio non essere a contatto con la terra.” disse Nissa. “Ma odio gli Eldrazi ancora di più.”

“Allora pensa soltanto a prendere quei bastardi e andrà tutto bene.” Khali sorrise mentre stringeva la cinghia di cuoio e faceva serpeggiare una corda intrecciata attraverso l’anello di metallo che collegava saldamente Nissa a Sha’heel. “Sha’heel ti ha ben stretta ora, Joraga, ma non pensare di essere ancora pronta per il giro. Segui le sue indicazioni meglio che puoi.” Khali se ne andò per sistemare Hamadi e gli altri due umani. Sha’heel si guardò alle spalle, impassibile, poi ammiccò a Nissa, per poi tornare a stringere nodi ed intrecciare corde.

Appena tutti furono pronti, si spostarono nei campi gravitazionali. Nissa poteva sentire il proprio corpo mentre si sbilanciava e si sollevava, colpito dalle potenti onde gravitazionali, finché finalmente non furono in volo. Nissa si sentiva rigida e strana, come un cervo delle radure appena nato, mentre osservava Khali levitare ed arpionare con una corda un macigno di passaggio: i suoi movimenti erano fluidi e rilassati. Le corde ancorate del gruppo erano tese mentre, uno per uno, si sollevarono, fissati sulla superficie di roccia dalle sottili ma robuste corde Kor.

Khali li guidò attraverso il labirinto di massi. Nissa osservava il fratello e la sorella comunicare con una serie di complicati gesti delle mani man mano che si addentravano nel campo gravitazionale. Decine di enormi macigni si muovevano in uno stato di caos apparente mentre si scontravano e rotolavano. Khali e Sha’heel facevano avanzare il gruppo, oltrepassando i pericoli con facilità. Le loro corde erano come magiche estensioni delle proprie braccia, quando le lanciavano per colpire le superfici di roccia che passavano o per passare da masso a masso mentre fluttuavano. Nissa aveva visto lavorare i Kor dalla distanza, ma non aveva mai apprezzato la loro abilità e la loro conoscenza del flusso e del battito di Zendikar fino ad ora.

Mentre il sole raggiungeva lo zenit, fecero una pausa, sospesi sulle corde tra tre macigni che galleggiavano al di sopra di un canyon. Alira fece notare la quiete e la pace di quella situazione appena prima di udire un grido echeggiare attorno a loro. Nissa ruotò la testa per cercare il suo punto di origine ma il suono si rifletteva sulla roccia; non riusciva a capirne la posizione finché Khali non fischiò, puntando in basso. Molto al di sotto, Nissa riuscì a vedere uno Spianasentieri, una progenie del titano Ulamog, emergere da sottoterra di fronte ad uno sparuto gruppo di avventurieri. Nissa non riusciva a capire se fossero umani, elfi o kor, ma non aveva importanza. I suoi occhi erano puntati sull’Eldrazi e lei lo voleva morto.

Spianasentieri di Ulamog2

Nissa si guardò alle spalle e vide Sha’heel tirare fuori un coltello per tagliare le sue linee di ancoraggio con un movimento fluido. Nissa udì le corde rompersi mentre Sha’heel precipitava verso il terreno in caduta libera.

“Quel bastardo è mio, Sha’heel!” urlò Nissa, slacciandosi le fibbie e sgusciando fuori dalla sua imbracatura.

All’interno di Nissa l’energia ribolliva e dei viticci si contorsero dal lato del macigno in un’esplosione di crescita ed affondarono le loro radici nella roccia. Nissa li diresse verso di lei, guidando il groviglio in basso verso il terreno. Sotto Nissa, Sha’heel aveva aperto un velaliante, sfrecciando verso l’Eldrazi, con una corda uncinata nella mano, mentre l’Eldrazi emergeva in una nuvola di polvere e roccia.

C’erano dieci viaggiatori sparsi. Alcuni erano stati sbattuti a terra quando lo Spianasentieri sollevò un immenso pezzo di terra verso il cielo. Altri erano paralizzati. Altri erano bloccati dal panico. Prima che chiunque potesse agire, lo Spianasentieri aveva afferrato diversi membri della spedizione, schiacciandoli nelle sue mani tentacolari.

Sha’heel sfrecciò a bassa quota e lanciò un uncino ancorante nella pelle gommosa dello Spianasentieri. L’Eldrazi cercò di schiacciarlo mentre Sha’heel eseguiva una serie di strette spirali, lanciando una serie di corde intrappolanti. Poi Khali sfrecciò attraverso le gambe dell’Eldrazi e diramò altre corde intrappolanti. L’Eldrazi cercava di colpire i Kor mentre i guerrieri della spedizione rimasti tiravano frecce nella speranza di colpire qualche punto vitale.

“Non terrà molto, Joraga!” urlò Khali mentre si toglieva di dosso il velaliante dietro la copertura di qualche roccia, rotolando lontana dalla vista.  “Fai qualcosa!”

Nissa toccò terra correndo. Sentì il potere concentrarsi al proprio interno e sul suo volto comparì un sorriso selvaggio. Avrebbe distrutto quello scherzo della natura. Avrebbe pagato per tutto. Due volte.

Nissa2

Le corde Kor si spezzarono nel momento in cui l’Eldrazi si liberò, ma tutti i suoni erano sovrastati dal rombo assordante della terra che prendeva vita. Del fuoco verde partì da Nissa verso la terra. Riusciva a sentire le sue riserve di potere aumentate, e le svuotò tutte in quella magia. Un enorme elementale comparì, formato da diverse gigantesche parti, staccandosi dalla parete del canyon, facendo piovere terra. L’Eldrazi si voltò, solo per essere afferrato da una mano gigante fatta di roccia, radici e terriccio.

Nissa instillò ogni grammo di potere nell’elementale e, mentre stritolava l’Eldrazi, insieme ad esso lei distrusse il dolore del proprio passato. Nissa strinse i denti. Non avrebbe più permesso a questi mostri di esistere. Non sarebbe più stata solo una spettatrice su questo piano, o in qualsiasi altro piano. Zendikar fluiva nelle proprie creazioni ed il suo potere aumentava la propria determinazione. L’Eldrazi si dimenava ed artigliava il colosso di terra, ma l’elementale continuava a stringere la presa. Nissa fece emergere altri due elementali, con un’esplosione di terra. I behemoth torreggianti si chiusero sull’Eldrazi che si contorceva mentre produceva una raffica di suoni intermittenti che riempirono subito l’aria, ma quei suoni furono presto stroncati mentre gli altri due giganti bastonavano lo Spianasentieri fino a renderlo una massa di carne irriconoscibile.

Bosco Selvaggio in Agitazione

Quando la polvere si fu depositata attorno a loro, Sha’heel guardò Nissa.

“Wow.”

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Khali, Alira e Bahkut andarono ad aiutare i membri della spedizione sopravvissuti, mentre Sha’heel ispezionò il gigantesco corpo dello Spianasentieri. Hamadi scese giù per il lungo sentiero di viticci, e si incontrò con Nissa in fondo.

“Sapevo che la terra ti parlasse” disse Hamadi, ridendo. “Ma non avrei mai pensato che ti ruggisse!”

“Sarò sincera, Hamadi” disse Nissa, mentre si toglieva il sudore da un sopracciglio. “E’ stato molto bello.”

“Zendikar vuole liberarsi di questi mostri. Ti dona il suo potere come non ho mai visto con nessun’altro.” Hamadi mise una mano sulla spalla di Nissa. “Ti ha scelto, Shaya.”

“Ora mi dirai che cosa significa?” chiese Nissa.

Hamadi le sorrise.

“Significa ‘Risvegliatrice di mondi’.”

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