Nakht era un giovane mago aviano membro della Messe Tah, amico d'infanzia di Samut e Djeru. Si sacrificò per salvare i suoi amici.
Storia[]
Blocco di Amonkhet[]
Samut e Djeru[]
Nakht era pensieroso sulla riva del Luxa quando venne raggiunto da Samut, che scattò verso di lui per farlo finire in acqua. Conoscendola riuscì a farla finire in acqua al posto suo, ma lei lo afferrò tiradolo giù. Una voce disse che sarebbe riuscita a colpirlo solo se si fosse fermata a pensare prima di scattare. I due si voltarono verso la riva e video Djeru. Samut replicò all'amico di smetterla di far finta di essere adulto e schizzò acqua nella sua direzione, ma l'altro scattò agilmente all’indietro e rispose che avrebbero dovuto allenarsi e non giocare, inoltre qualcuno doveva tenerli lontano dai guai. Dopo che furono tutti e tre sulla riva, Nakht spiegò che era andato lì perchè voleva solo allontanarsi e pensare per conto suo per un po'. Osservò la città e disse che quel giorno ci sarebbe stato il loro Raccolto. Comprendendo, Samut gli arruffò le piume e disse che si trattava di un giorno emozionante, finalmente toccava a loro: non sarebbero più stati bambini e si sarebbero uniti a una delle messe. Djeru consigliò di tornare indietro visto che era quasi ora dei preparativi e tutti e tre si diressero verso il cuore della città.
Condividere segreti[]
Mentre stava dormendo nei Quartieri dei Bambini, Nakht e tutti gli altri ragazzi vennero svegliati da Samut. Djeru si lamentò con lei ma poi i tre amici uscirono fuori. Samut replicò che dormire era per chi non avesse ambizione, loro erano tutti e tre della Messe Tah adesso e non vedeva l'ora di incontrare tutti gli altri membri e di iniziare l’addestramento insieme. Djeru annuì, ma disse che aveva tenuto segreto qualcosa: diversamente da loro due, l'aviano aveva ricevuto un bastone. Nakht replicò che semplicemente non aveva avuto modo di dirlo e poi diede una piccola dimostrazione della sua magia. Djeru commentò che tutti dicevano che era importante avere dei maghi in una Messe; con le sue capacità avrebbe potuto rendere grande la loro. Samut affermò che sarebbero stati inarrestabili, poi annunciò che anche lei aveva un segreto e voleva mostrarglielo. Corse via e gli altri due si misero a correrle dietro. Nakht non era mai stato in quella parte della città, gli edifici che erano ancora in piedi in quel distretto erano vecchi e usurati dal sole e dal tempo. Nuovi livelli di stanze e tetti nascondevano i resti fatiscenti delle strutture del passato. Procedendo lungo le strade, notò che anche i geroglifici sulle pareti avevano un aspetto diverso da ciò che lui aveva studiato; vi erano molti simboli che non riuscì a riconoscere. Djeru chiese dove fossero e Samut fece un cenno verso un enorme graffito su una vecchia parete sgretolata e rispose che era il luogo più antico tra tutti quelli che conoscevano. Nakht si avvicinò al graffito cercando di decifrarne il significato. Il ritratto illustrava figure in diverse posizioni, alcune sembravano quasi familiari: alcune pose da combattimento insegnate dai visir, mentre molte altre non avevano senso; c’erano anche altri glifi e altre rune che non riuscì a leggere, alternate ad alcune conosciute, ma anche quelle che era in grado di leggere avevano strane linee e caratteristiche, dipinte in uno stile e con un aspetto molto diversi. Un po' a disagio, Djeru disse che le divinità insegnavano a non soffermarsi su ciò che era antico e parte ormai del passato: le ordalie e l’aldilà erano di fronte a loro, non alle loro spalle. Samut replicò che anche le divinità erano raffigurate lì, poi mostrò le varie razze del piano tutti in pose diverse e spiegò che quello era il suo segreto: stava cercado di capire cosa stessero facendo: pensava che quelle fossero antiche pose di combattimento. Si mise in posizione e mostrò loro quelle che aveva imparato. Nakht sorrise ammirato, l'amica arrossì e disse che si chiedeva se quello era un antico tempio di Hazoret. Djeru osservò il graffito, il suo volto mostrava più sospetto che meraviglia e chiese che se lo era perché fosse stato abbandonato e perché le illustrazioni e i glifi avevano un aspetto così strano, terminando che forse non sarebbero dovuti essere lì. Samut rispose che rovinava sempre i momenti e i due iniziarono a bisticciare. Nakht li ignorò, poi a voce alta disse che quella scoperta lo portava a chiedersi se ci fosse mai stato un tempo prima dell'esistenza delle divinità. Djeru disse che il Dio Faraone era eterno, lui rispose che lo sapeva ma dal momento che ora era assente poteva essere esistito un tempo prima del suo primo arrivo e chiese che se lui aveva insegnato alle divinità che a loro volta insegnavano ai mortali, chi avesse insegnato al Dio Faraone. Djeru rispose che il Dio Faraone non aveva bisogno di alcun maestro: lui era la fonte di tutto; quello era il primo concetto che avevano imparato nelle loro lezioni. Samut disse che ora conoscevano il suo segreto, poi diede uno spintone a Djeru e disse che toccava a lui: la giustizia pretendeva che lui facesse altrettanto. Inizialmente l'altro rispose di non averne, ma l'amica scoprì subito la sua bugia e Djeru guidò i suoi amici verso l'Hekma. Nakht e Samut osservarono Djeru sdraiarsi a terra sul ventre e strisciare avanti e indietro dall'apertura della barriera e poi unirsi a loro sorridente. Nakth disse che dovevano andare fuori, ma Djeru rispose che dovevano avvisare i visir di Kefnet in modo che potessero riparare l’apertura. Spiegò che lui l'aveva scoperta mentre li stava cercando e Nakht spiegò che voleva scoprire cosa si trovasse dall’altra parte. Djeru rispose che lo sapevano già: mostri, morti che vagavano, vuoto e lande desolate. Era il luogo in cui gli angeli portavano i dissenzienti in modo che la loro attenzione e devozione potessero essere pure. Nakht ribatté che sapevano solo quello che gli avevano detto su ciò che si trovava dall’altra parte, ma lui aveva bisogno di vederlo con i suoi occhi, prima di iniziare il loro cammino delle ordalie. Era consapevole che le sue parole sembravano quelle di un Dissenziente, ma lui non lo era e con le lacrime agli occhi continuò che adorava le divinità, ma il suo cuore era colmo di domande; quel graffito ne aveva stimolate un sacco e spiegò che quando le divinità e i visir fornivano risposte, a lui venivano in mente altre domande e aveva bisogno di sapere, di vedere e di scoprire, per se stesso. Djeru chiese cosa pensava di scoprire e l'aviano rispose che non lo sapeva ma difficilmente sarebbe capitata un'altra occasione. I tre rimasero per un po’ al bordo dell’Hekma, osservando l'agitarsi delle sabbie in silenzio. Dopo qualche istante, Samut disse che anche lei voleva sapere, avrebbero fatto attenzione e sarebbero tornati prima del mattino; forse avrebbero trovato qualcosa da portare all’inizio del loro addestramento da discepoli della Messe Tah. Dopo che finì di parlare uscì attraverso la barriera. Vedendo la preoccupazione sul volto dell'altro, Nakht gli mise una mano su una spalla e gli disse che non era obbligato ad andare con loro, poi seguì l'amica fuori e subito dopo Djeru andò con loro.
Il sacrificio di Nakht[]
I tre camminarono per un’ora attraverso la sabbia, tenendo sempre un occhio su Naktamun dietro di loro. Rimasero in allerta, ricordando molto bene i racconti di mostri e di non morti maledetti che cercavano di abbattere l’Hekma. Trovarono qualcosa che affiorava tra le sabbie. Alcune rocce sporgevano come un’imprevedibile serie di schegge e quando le raggiunsero Samut si arrampicò, le attraversò e saltò dall’altra parte lanciando poi un urlo di sorpresa. Nakht e Djeru scattarono in avanti e videro l'occhio enorme del volto di una statua che sporgeva dalla sabbia. Al di là una serie di rovine fuoriuscivano dal terreno e su alcune si intravedevano glifi e scritte. I tre le esplorarono, fermandosi davanti alle diverse pietre, cercando di immaginare che cosa fossero. Dopo un po' Djeru disse che quella era una prova che senza la benedizione del Dio Faraone che aveva donato l’Hekma, tutto sarebbe avvizzito. Guardandosi intorno, Nakht non poté contraddirlo. All’improvviso, Samut spinse i due dietro i resti di una parete. Le loro proteste si spensero nel vedere l’espressione terrorizzata di lei e nell’udire l’imprevisto rumore della sabbia che si muoveva. Nakht scivolò lentamente verso il bordo della parete e diede un’occhiata. Vide un orrore che si trascinava sulla sabbia. Ancora più alto delle divinità, con membra che sembravano non avere fine, spianava le dune e rimodellava la sabbia intorno a sé, osservando l’orizzonte. I tre si misero a correre e si fermarono solo quando raggiunsero i resti di un monastero. La piccola struttura in pietra era ancora dotata di quattro pareti, ma priva del tetto che era crollato da tempo. Djeru chiese di tornare a Naktamun. Nakht stava per rispondergli quando notò i geroglifici e vide che erano più facili da leggere, più simili come stile e linee a quelli che avevano imparato. Diversamente da tutto il resto che avevano visto nelle rovine, il simbolo del Dio Faraone appariva inciso di recente, ruvido e irregolare, come da una mano disperata. Proprio sotto il simbolo, una singola parola era incisa in uno scarabocchio: "Intruso". Anche Samut lo vide, si girò verso di lui con un’espressione dubbiosa, poi disse a Djeru che aveva avuto ragione prima e che non sarebbero dovuti andare lì; dovevano tornare a Naktamun. Improvvisamente dalle acque stagnanti e dalle sabbie tutto intorno, cadaveri in putrefazione iniziarono a sollevarsi mentre si trascinavano fuori, risvegliandosi e dirigendosi verso i tre ragazzini. Terrorizzato, Djeru disse che si trattava di Dissenzienti risvegliati dalla Maledizione della Peregrinazione. Samut richiuse la porta proprio nel momento in cui il primo si abbatté su di essa. Il legno sottile crepitò e Djeru si lanciò rapidamente ad aiutare per tenere la porta sbarrata di fronte a quelle mostruosità. Nakht spalancò le ali e si sollevò. In pochi battiti superò le pareti del tempio ed ebbe una chiara visuale della massa sottostante di non morti. Erano tantissimi e comprese che Samut e Djeru non avrebbero avuto alcun modo per respingere l’assalto. Doveva fare qualcosa. Gli venne in mente un piano disperato e agì: volteggiò attraverso le schiere di non morti, sufficientemente vicino da attirare la loro attenzione. Artigli in decomposizione e mani avvizzite cercarono di afferrarlo. Mentre l’ammasso si dirigeva verso di lui, Nakht urlò ai suoi amici di scappare. La porta si spalancò, buttando a terra alcuni non morti; Samut e Djeru scattarono via. Nakht si voltò verso l’orda che lo stava per assalire. Sbatté le ali contro la secca aria del deserto, mantenendosi fuori dalla portata delle loro mani e dei loro artigli. Quando la maggior parte degli zombie fu nell'acqua, inspirò profondamente, sollevò le mani e chiuse gli occhi. Pregò Kefnet e Rhonas e lanciò la sua magia: tentacoli d’acqua emersero dalla superficie e colpirono gli zombie, abbattendone alcuni e trascinandone altri verso il basso. Alzò lo sguardo e vide Djeru e Samut ancora immobili di fronte al tempio, intenti a osservarlo con un insieme di terrore e meraviglia, li spronò ad andare e loro corsero verso la città. Nakht iniziò a planare verso di loro, mentre dietro di lui si sollevavano i lamenti e le urla dell’orda, che diventarono un sordo ruggito. Improvvisamente, il suo intero corpo venne invaso dal terrore e tutti i suoi muscoli si tesero. Perse il controllo della magia e l'acqua sotto di lui smise di turbinare, ma anche gli zombie erano diventati immobili. Sbatté le ali, ma non riuscì ad avanzare. la sua mente gli urlava di muoversi, ma il suo corpo si rifiutava di obbedire. Lentamente, con un urlo che gli penetrò nella mente e che fuoriuscì dalla sua gola come uno strillo, si voltò e guardò dietro di sé. Vide torreggiare il grande orrore che avevano scorto prima sulla cima di un'enorme duna in lontananza. Gelidi frammenti di terrore percorsero il suo corpo. Nakht sbatté le palpebre, mentre i muscoli delle ali bruciavano nel tentativo di volare via. Quando riaprì gli occhi, quell’orrore fu proprio davanti a lui: un osso simile a una maschera si trovava al posto del volto, un rombo brillante di luce al posto di un occhio, un vuoto sconfinato, oscurità come corpo, orrore e disperazione in movimento. Un’impossibile appendice si avvicinò a Nakht, che urlò prima di essere consumato dall’oscurità.
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