Nahiri è un'artefice kor che usa il mana bianco e rosso, originaria di Zendikar. In passato era anche un'antica e potente planeswalker.
Descrizione[]
La Litomante[]
È specializzata nella litomanzia, che utilizza per creare e elaborare le normali rocce in armi e strumenti di pregevole fattura e dalla forma perfetta. Dopo che la sua scintilla si accese divenne la protettrice di Zendikar. Si unì al gruppo noto come I Tre e contribuì a imprigionare gli Eldrazi sul suo mondo e, per millenni, fece da guardiana ai titani impedendo loro di fuggire. Successivamente entrò in conflitto con Sorin Markov, uno dei suoi compagni; i due si affrontarono e Nahiri venne sconfitta e imprigionata nella Tomba Infernale. Tantissimi anni dopo, a causa delle azioni di Liliana Vess, la sua prigione venne distrutta e la litomante poté tornare sul suo mondo, ma una volta arrivata scoprì con orrore che gli Eldrazi si erano liberati e avevano iniziato a consumare Zendikar. Convinta che il suo mondo fosse ormai condannato a essere distrutto, Nahiri decise di dedicarsi solo a una cosa: vendicarsi di Sorin e di Innistrad. Dopo diverse preparazioni e macchinazioni riuscì in parte a realizzare la sua vendetta. Apprese che Zendikar era stato salvato e, dopo la fine della Guerra della Scintilla, si mise alla ricerca di un manufatto in grado di guarire il suo mondo dal Torbido, per riportarlo a com'era prima della arrivo degli Eldrazi, ma venne fermata da Nissa Revane. Successivamente mise da parte le sue ostilità e si unì alla squadra di planeswalker pronti a sferrare un attacco su Nuova Phyrexia, tra i quali vi erano anche Jace Beleren e Nissa. Ferita all'inizio dell'assalto, cadde vittima della Phyresis trasformandosi in phyrexiana al servizio di Elesh Norn. Dopo l'inizio dell'Invasione di Nuova Phyrexia cercò di conquistare il suo mondo per i phyrexiani ma venne fermata dal gruppo di avventurieri guidati da Tazri. Sopravvissuta e guarita dal Nimbo ma separata dalla sua scintilla, Nahiri perse la sua occasione di ricongiungersi con essa a causa di Ajani e decise che non avrebbe mai più permesso ai planeswalker di causare danni su Zendikar.
Storia[]
Ascesa della Kor[]
Nahiri accese la sua scintilla quand'era ancora molto giovane e poco tempo dopo che era diventata una planeswalker, incontrò Sorin Markov. All'inizio del loro rapporto, prima che lei comprendesse ciò che lui era, Sorin le chiese se avesse voluto imparare a combattere come lui, Nahiri rispose di si e lui l'attaccò. Inizialmente credette che volesse ucciderla, ma poi comprese che Sorin si era trattenuto: l'aveva attaccata fisicamente quando avrebbe potuto eliminarla con un solo pensiero. Nahiri resse brevemente l'attacco, finché Sorin non la colpì a un braccio con il suo spadone a due mani, con un colpo di traverso che la fece finire a terra. Sorin si complimentò con lei dicendole che era riuscita a resistere per sei respiri e poi le chiese di alzarsi. Nahiri replicò che le aveva rotto un braccio e senza nemmeno guardarla Sorin le rispose di aggiustarlo. Vedendo la sua confusione, Sorin le spiegò che nel momento in cui era diventata una planeswalker lei non era più mortale e che il suo corpo era solo una proiezione della sua mente. Trattenendo lacrime di rabbia, Nahiri disse che avrebbe dovuto dirglielo subito.
I due iniziarono a viaggiare insieme nel multiverso forgiando una strana amicizia. Infatti, Nahiri considerava Sorin un amico, un mentore e lo vedeva quasi come un padre.
Il Litomante[]
L'incontro con gli eldrazi[]
Durante i loro viaggi nel multiverso, Nahiri e Sorin incrociarono la strada con una minaccia che non riuscivano a comprendere: misteriose creature che stavano consumando il mana di un piano senza nome. Comprendendo il pericolo che rappresentavano, Nahiri decise di fermarli per difendere gli abitanti di quel piano, mentre Sorin per evitare che un giorno potessero invadere anche Innistrad. Le continue creazioni di accampamenti per i profughi invece di lasciare che che se la cavassero da soli fece ottenere alla kor la disapprovazione del vampiro perchè convinto che insieme potevano eliminare quei divoratori, ma non potevano garantire la sicurezza di quelle persone allo stesso tempo. In risposta alle sue parole lei creò con la sua magia una spada per Lian per incoraggiare i sopravvissuti. A bassa voce Sorin disse che immaginava che la falsa speranza fosse meglio di niente e Nahiri replicò che qualsiasi speranza era sempre meglio di niente. La litomante si allontanò per terminare di preparare l'ennesimo rifugio e, prima che il vampiro potesse replicare, la terra tremò. Entrambi videro arrivare gli abomini guidati da un immenso araldo.
Insieme a Sorin e ai sopravvissuti, Nahiri combatte per respingere l'ondata di abomini minori. La litomante si concentrò e decine di mostruosità affondarono nel terreno, tuttavia il numero dei nemici aumentava sempre di più con nuovi orrori che prendevano il posto dei caduti. Improvvisamente il mondo stesso iniziò a frantumarsi e le persone che i due planeswalker avevano protetto per settimane vennero spazzate via in un istante. Mentre Nahiri e Sorin viaggiarono nella cieca eternità, il piano senza nome cessò di esistere.
La nascita dei Tre[]
Tornati su Zendikar, mondo d'origine di Nahiri di cui la litomante era anche la protettrice, i due iniziarono a recuperare le forze ripristinando i loro legami di mana. Sorin non mostrava alcuna emozione per l'evolversi degli eventi mentre Nahiri teneva tra le mani la spada che aveva creato: l'ultimo ricordo del mondo scomparso. Il silenzio tra loro venne infranto quando il vampiro l'avvertì che avevano compagnia. Davanti a loro apparve Ugin, un'imponente ed etereo drago planeswalker, che disse che avevano un problema. Sorin rispose che non capiva cosa intendeva col plurale e lo Spirito Drago replicò che quando si trattava di una minaccia planare, il plurale era riferito a tutti i planeswalker in ogni mondo. Nahiri diede il permesso al drago di restare su Zendikar e Sorin lo presentò alla kor. Ugin evocò una piccola immagine del mondo distrutto e degli esseri enormi che loro avevano intravisto all'orizzonte e spiegò che si chiamavano Eldrazi, mostri che si nutrivano del mana del piano che invadevano fino a causarne la distruzione; non erano dei veri planeswalker ma erano in grado di muoversi liberamente tra i piani, degli organismi viventi provenienti dalla cieca eternità, che se non venivano fermati sarebbero stati una minaccia per ogni mondo.
Comprendendo la situazione Nahiri chiese come potevano fermarli e Ugin rispose che quello era il problema dal momento che gli Eldrazi si manifestavano su un mondo come proiezioni d'etere mentre il vero corpo rimaneva nella cieca eternità, rendendo lo scontro quasi impossibile in un ambiente in cui i planeswalker avevano difficoltà a sopravvivere. Aggiunse inoltre che ucciderli poteva essere un errore vista la natura misteriosa e le imprevedibili conseguenze e quindi restava un unica soluzione: imprigionarli tutti e tre, visto che quelli veri erano solo tre, su un piano. Sorin disse che quel mondo sarebbe stato condannato ma Ugin rispose che se avessero avuto successo sarebbe stato solo danneggiato senza contare che, se avessero fallito, prima o poi sarebbe stato comunque distrutto. Nahiri chiese quale piano volesse rischiare e il drago spiegò che doveva essere di grandi dimensioni, ricco di mana, scarsamente popolato, che non fosse sotto la protezione di un altro planeswalker e in cui uno di loro poteva sorvegliare il riposo degli Eldrazi. Sorin disse che Innistrad non corrispondeva a quella descrizione e Ugin rispose che nemmeno il suo mondo e che quindi la scelta ricadeva su Zendikar. Nahiri rifiutò e Ugin disse che in quel caso avrebbero cercato un altro mondo ma che il tempo era contro di loro. La litomante replicò che non avevano il diritto di scegliere quale mondo sacrificare e Sorin rispose che non avevano altre alternative. Ugin spiegò che aveva scelto Zendikar perchè aveva già una guardiana che aveva deciso di fermare gli Eldrazi e che era sicuro che avrebbe fatto la scelta giusta. Nahiri chiese cosa avrebbero fatto se si fosse rifiutata rispondendosi da sola che avrebbero cercato di convincerla con la forza, ma Ugin le rispose di no, perchè aveva bisogno anche del suo aiuto oltre a quello di Sorin e spiegò che entrambi possedevano delle capacità che lui non aveva, che il compito era troppo grande per un solo planeswalker: gli Eldrazi erano tre proprio come loro e insieme potevano salvare ogni mondo. Nahiri valutò le sua parole e alla fine accettò.
Preparativi[]
Negli anni che seguirono, mentre Sorin sorvegliava i Titani Eldrazi, Nahiri e Ugin lavorarono per costruire la loro trappola: la Rete di Edri. La litomante mise insieme forme di roccia plasmate dalla terra a cui Ugin diede il nome di Edri e li incise con rune draconiche che li avrebbero sorretti in aria per tutto il piano e avrebbero legato gli Eldrazi a Zendikar, infatti, gli Edri erano allo stesso tempo un'esca e una trappola che emetteva impulsi di energia magica che avrebbe attirato gli Eldrazi. Durante i preparativi Nahiri informò gli abitanti di Zendikar della minaccia in arrivo in modo che fossero pronti per la guerra.
I due planeswalker ci misero quarant'anni a terminare la loro opera ma quando finirono Sorin informò i suoi alleati che gli Eldrazi stavano per arrivare su Zendikar.
La battaglia contro gli Eldrazi[]
Quando i tre Titani Eldrazi arrivarono, Zendikar fu più pronta ad accoglierli di qualsiasi altro mondo. Quello che Nahiri e Sorin avevano visto e che Ugin aveva chiamato Ulamog era il più piccolo dei tre, Kozilek si fece strada tra i campi di Edri mentre Emrakul volava sulla terra frantumata. Mentre Sorin, Ugin e gli abitanti del piano lottavano sulla superficie, Nahiri aspettò i suoi alleati nell'Occhio di Ugin, il centro della Rete di Edri. Quando anche Sorin e Ugin arrivarono, la terra tremò, segnale della manifestazione fisica del Titani sul piano e le mura dell'Occhio vibrarono in sintonia. Lo Spirito Drago urlò che erano in posizione e i tre planeswalker concentrarono il loro straordinario potere in un punto nell'edro principale, una pietra dentro la stanza connessa a tutti gli altri Edri. La trappola scattò e la camera venne sigillata da un chiavistello mistico, apribile solo da tre planeswalker e qualcuno in grado di usare il Fuoco Spettrale.
Il trio tornò insieme alla superficie parzialmente distrutta di Akoum e osservarono i corpi fisici dei tre Eldrazi pietrificati circondati dagli Edri galleggianti. Sorin si congratulò con Nahiri affermando che quella era la sua opera e il suo sacrificio, la litomante rispose che quella era stata la loro opera e che la sua era solo all'inizio.
A guardia di Zendikar[]
Il risveglio dal torpore[]
Nahiri non aveva lasciato Zendikar dal giorno in cui era giunta con Sorin e Ugin per dare inizio alla loro fatidica opera per imprigionare gli Eldrazi. All'inizio era rimasta in quel luogo come sorvegliante, sembrava che il loro piano avesse funzionato: la prigione aveva retto e gli Eldrazi erano tutt'altro che dimenticati, ma Zendikar non gradiva la loro presenza; Akoum tremava e sussultava ancora nelle vicinanze della loro prigione come se stesse cercando di sputarli fuori. Nahiri pensò che se lei se ne fosse andata, come avrebbe potuto essere sicura che il suo mondo sarebbe rimasto al sicuro? E così scelse di restare. Nei primi secoli che trascorsero per lei, Nahiri visse davvero insieme al suo popolo kor: aveva coccolato i bambini, pianto ai funerali, riso durante le cene sontuose e si era innamorata due volte. Insegnò la litomanzia a una lunga serie di discepoli, mostrò loro come utilizzare la roccia e il metallo in essa contenuto per plasmare oggetti e armi, addestrò i kor a sorvegliare la prigione degli Eldrazi e guidò molti di loro nei lunghi pellegrinaggi su tutto il piano dove mostrò loro il punto chiave della forza della rete di edri e insegnò ai forgiatori di pietra come verificare la resistenza delle pareti della prigione per fare in modo che coloro che lei chiamò divinità per aiutare i kor a comprendere, non emergessero per distruggere il mondo. I suoi discepoli impararono e andarono avanti nelle loro vite, le persone che amava invecchiavano e morivano, mentre altre persone continuavano a nascere e a morire con i funerali che si susseguivano, finché Nahiri non poté più ricordare perché contassero. La litomante decise di tornare nell'Occhio di Ugin e una volta lì, prese in considerazione l'idea di contattare Sorin, l'unica persona che lei conoscesse ad aver vissuto più a lungo di lei e che quindi era in grado di comprendere lo scoramento che stava provando. Non vedeva il vampiro da decenni, ma convenivano sul fatto che il potere dell'Occhio doveva essere utilizzato solo nel caso in cui gli Eldrazi fossero fuggiti dalla loro prigione. Nahiri si sedette e chiuse gli occhi, sentì il mondo in movimento, tutte le persone che si agitavano disperatamente come se le loro brevi vite contassero qualcosa. In quel momento scelse di restare su Zendikar perchè non aveva alcun motivo di andare altrove.
Nahiri era in armonia con il mondo. Riposava a occhi chiusi in un bozzolo di pietra e ogni centimetro della sua pelle era connesso con il letto di roccia, fondamenta di Zendikar. L'esistenza della roccia era la sua esistenza, un'incessante marcia composta da insignificanti spostamenti. Si chiese per quanto tempo fosse rimasta in quel luogo e quante generazioni di persone e animali erano nate e avevano abbandonato il mondo dal momento in cui si era ritirata nelle sue camere e si era chiusa in un bozzolo di pietra. Si rispose che non era importante: era immortale, senza età, come il mondo stesso. Si chiese se fosse ancora viva e quanto tempo fosse trascorso e si rispose che non era importante e poi pensò perché avrebbe dovuto essere importante; quando il mondo si frantumò, le interiora della litomante si torsero come trafitte da una lama, Akoum si stava dimenando e sopportando le ondate di intensa nausea, Nahiri cercò di individuare la fonte del dolore che aveva causato quella reazione. Zendikar si scosse intorno a lei e la sua mente vagò verso la prigione degli Eldrazi e vide che era aperta: si trattava ovviamente di una metafora: gli Eldrazi non erano rinchiusi, dato che non erano esseri materiali e le loro manifestazioni su Zendikar erano delle semplici proiezioni come ombre su una parete. La potente magia che lei e i suoi due compagni avevano tessuto non era una semplice gabbia, era in grado di legare gli Eldrazi a Zendikar trattenendo le loro ombre, in modo che non riuscissero ne a muoversi sul piano ne a sfuggirvi. Qualcosa era però mutato, anche se minimamente, Nahiri percepì un movimento irrequieto dei titani, come se stessero mettendo alla prova la forza del legame che li tratteneva attraverso il ribollente moto delle loro stirpi che prendevano vita. Ugin aveva spiegato che quegli eldrazi minori erano estensioni dei tre titani collegati agli stessi esseri ultraplanari; Nahiri ricordò che quando gli Eldrazi erano stati imprigionati la prima volta le loro stirpi avevano continuato a infestare il mondo ma senza i titani erano facili da sterminare per i popoli di Zendikar e finché la prigione avesse retto non ne sarebbero stati creati altri. Ora stavano emergendo dal terreno e ogni loro movimento era come una pugnalata nelle carni della planeswalker, una sensazione che non provava da tantissimo tempo. Esaminò la sensazione in modo curioso, notando il fastidio che causava nella sua mente, valutò la possibilità di ignorare quelle sensazioni e di permettere che gli Eldrazi tornassero liberi, che annientassero Zendikar, i suoi popoli e anche lei con loro, aiutandola a porre fine all'immutevole eternità della sua esistenza e all'insignificante scorrere del tempo, ma provava dolore e fastidio e desiderò che terminassero. La litomante disperse la roccia che aveva posto intorno a sé e si sollevò lentamente, era giunto il momento di evocare Sorin: lo Spirito Drago aveva creato una qualche magia che andava oltre la sua comprensione, forgiando una connessione speciale tra ognuno di loro e quel luogo, una connessione che attraversava la cieca eternità, da lì lei avrebbe potuto mandare un messaggio agli altri e in qualsiasi piano essi si fossero trovati lo avrebbero percepito come uno stimolo a tornare su Zendikar. Dopo aver inviato il richiamo, Nahiri si sedette sul pavimento e ricostruì il suo bozzolo di roccia, sussultando alla sensazione del movimento della progenie eldrazi che sentiva sulla pelle e gli veniva trasferita dalla pietra, bloccò il dolore, attese l'arrivo degli altri e tenne sott'occhio l'avanzata degli invasori striscianti da Akoum: batté gli occhi e percepì il forte rumore degli abitanti di Zendikar in fuga e poi la marcia ordinata degli eserciti che avrebbero affrontato quei parassiti, battè di nuovo gli occhi e sentì Zendikar contorcersi dal dolore causato dagli esseri più grandi che annientavano la vita e il mana sul loro cammino, assorbendo le energie del mondo della natura, batté gli occhi per la terza volta e si chiese per quanto tempo era rimasta in quel luogo e il pensiero improvviso la scosse, per un attimo credette che si fosse trattato solo di una specie di sogno ma il dolore le confermò che era tutto vero; le stirpi degli Eldrazi stavano ancora invadendo il piano e la loro presenza si era espansa notevolmente mentre lei aspettava l'arrivo dei suoi due compagni, ma loro non erano giunti, pensò che Sorin non era giunto e che era rimasta sola. Nahiri voleva solo che il dolore terminasse, voleva vedere Sorin di nuovo e fu sorpresa nel comprendere di voler preservare Zendikar, il piano e il suo popolo perduto, insignificante e disperato. Dal momento in cui aveva iniziato la sua attesa, la situazione era solo peggiorata, ricreò il bozzolo di roccia su di sé, scomparve di nuovo e poi emerse in cima a una montagna vicina.
Le stirpi degli Eldrazi brulicavano nelle valli sottostanti e trasformavano il terreno dietro di loro in pallida polvere. Nahiri sussultò, batté il piede sulla roccia della montagna e travolse quegli abomini con una valanga, poi svanì nuovamente nella roccia ed emerse a Ondu, vicino a una delle città dei kor in cui si era recata molte volte nei precedenti anni di custodia. I suoi nemici si trovavano in quel luogo, ma la città era ridotta in macerie, rovine di polvere abbandonate da tempo, sicuramente molto prima dell'arrivo delle covate eldrazi. Con un gesto della mano Nahiri chiuse il canyon per ingoiare gli invasori ed entrò nella città, sussurrò parlando ad alta voce, roca per via del lungo silenzio. Aveva già visto quella strada e si ricordò quando al mercato aveva comprato una sciarpa. In un istante tutti i piaceri e le sofferenze passarono davanti ai suoi occhi, i ricordi invasero la sua mente: la vista, i rumori e le fragranze del trafficato mercato, la gioia nel suo cuore, il gusto del bacio del suo amato, l'amaro pungere delle lacrime; un tempo quel luogo era stato vivo, un posto in cui lei aveva vissuto e non era stata partecipe della sua caduta. Osservò i mutamenti che erano stati fatti e notò una struttura di pietra dentro un edificio e spinta dalla curiosità si avvicinò e vide sé stessa scolpita nella roccia con le braccia aperte in segno di benvenuto, si fermò a osservare la statua che la rappresentava fedelmente e capì che probabilmente doveva essere stata fatta da una delle sue discepole, poi il suo sguardo cadde sulla parete su cui si trovava il rilievo e vide incisa la figura di Kozilek. Sorpresa, la litomante notò che non era esattamente il titano ma la figura di un kor maschio che sembrava lui e sopra la testa del kor c'era uno stendardo che proclamava il soggetto dell'illustrazione: la Profetessa Nahiri, Voce di Talib. La planeswalker si voltò e uscì velocemente dall'edificio e una volta all'esterno sollevò le mani, chiuse i pugni e una nuvola di polvere si sollevò intorno a lei mentre l'edificio implodeva. Nahiri pensò che era colpa sua, era stata lei a definire i tre titani come divinità ed evidentemente i kor avevano ricordato quella parola più di quanto avessero ricordato il tragico avvertimento sulla capacità di quelle divinità di distruggere il mondo; ne fu nauseata.
Uno dopo l'altro, Nahiri si recò nei luoghi nei quali aveva istruito i suoi primi discepoli, nei punti cruciali della rete di edri e ovunque emergesse dalla roccia trovava progenie eldrazi e ogni volta apriva il terreno per ingoiarli o scatenava cascate di roccia per seppellirli. Uccidere le stirpi degli Eldrazi era semplice e qualsiasi mortale avrebbe potuto farlo ma solo lei, Sorin e Ugin sarebbero stati in grado di impedire che nascessero, ma in quel momento era sola e lo avrebbe fatto da sola: era il suo compito. Nahiri pensò che avrebbe potuto non curarsi dei punti ad Akoum cosi vicini al suo luogo di riposo, si sarebbe accorta di eventuali danni alla rete lì, ma decise di andare per gustarsi i ricordi che ogni luogo le riportava alla mente e si recò tra le montagne vicino all'Occhio, nel punto esatto in cui aveva insegnato ai kor a verificare la solidità della rete di edri. Mentre si avvicinava percepì che era proprio quello il punto in cui la rete era stata perturbata, proprio sotto il suo naso mentre lei rimaneva seduta da sola dentro l'Occhio e sentì la rabbia avvampare dentro di lei, sia nei confronti di sé stessa che verso chiunque avesse osato compiere quel gesto. La litomante pensò che la rabbia era un'altra sensazione che aveva dimenticato e che fosse piacevole, si avvicinò all'edificio e tre figure oscure uscirono dall'altro lato e appena la videro si accovacciarono in posizione di combattimento. Nahiri bloccò la sua avanzata, si abbassò su un ginocchio e appoggiò una mano a terra, le figure che stavano avanzando verso di lei rallentarono e procedettero con più cautela; con un urlo la litomante estrasse la sua spada lucente dal terreno e si lanciò all'attacco. Le figure sembravano umane ma Nahiri non riuscì a riconoscere nessuna cultura nelle loro vesti e quando essi ringhiarono mentre si avvicinavano, notò quelle che sembravano delle zanne e pensò che erano vampiri e successivamente che quella specie non esisteva su Zendikar. Li affrontò e la sua spada lucente ne lacerò le fredde carni facendo sgorgare il sangue color rubino, subito dopo passò oltre i loro corpi e si aprì una via d'ingresso nella ruvida parete di pietra. Trovò altre creature simili a vampiri che si allontanarono rapidamente da lei, colti di sorpresa e si sdraiarono immobili dietro di lei. Nahiri giunse in una grande sala al cui centro si trovava il punto in cui le matrici di edri si incrociavano, lì si trovava un grande altare di pietra e notò che la lastra usurata in cima era macchiata di sangue rappreso. La litomante osservò la sala e vide altri vampiri che si precipitavano dall'esterno e una statua scolpita con fattezze simili a quelle di Ulamog. Urlò loro che qualsiasi cosa pensassero fosse una divinità, i titani Eldrazi non lo erano affatto; pensò che qualsiasi fossero stati i riti sacrificali eseguiti su quell'altare, avevano avuto effetto e anche se Ulamog non aveva sentito le loro preghiere, i rituali dei vampiri avevano danneggiato la rete di edri a sufficienza da permettere alle stirpi Eldrazi di fuoriuscire. Appoggiò entrambe le mani sull'altare di pietra e si concentrò sui suoi sensi per stimare il danno: percepì un mutamento quasi impercettibile, una minima alterazione ma sufficiente ai titani Eldrazi per muoversi ed estendere la loro presenza su Zendikar. L'altare poteva essere riparato ma sarebbe stato necessario del tempo e sarebbe stato molto più facile se avesse potuto contare su un aiuto; a voce alta Nahiri disse che nessuno poteva aiutarla ed era meglio che si desse da fare, si guardò intorno alla ricerca di una pietra delle giuste dimensioni e i suoi occhi si posarono sulla statua grottesca di quello strano Ulamog, sorrise e si avvicinò sollevando entrambe le mani sopra la testa e le appoggiò sulla statua. L'intera struttura si modificò. Nahiri pensò che erano stati necessari quaranta anni per realizzare la rete di edri e le erano sembrati una vita intera a quel tempo, quando la sua vita era ancora connessa a quella dei normali mortali; realizzare un singolo edro non avrebbe richiesto tanto tempo, la parte difficile era plasmare la superficie senza la guida di Ugin. Nahiri lavorò sulla statua, chiuse gli occhi e inspirò profondamente cercando di concentrarsi sulle linee che avrebbe dovuto trascrivere sulla superficie per poter indirizzare correttamente il flusso del mana. Il battere forte dei passi sul terreno ruppe la sua concentrazione e lei sospirò vedendo altri vampiri con lunghe spade ricurve che si avvicinavano lentamente per circondarla, uno di loro disse qualcosa ma lei non lo lasciò finire, fece cadere una parete su di loro e poi tornò al suo lavoro. Mentre seguiva con precisione le linee che lo Spirito Drago le aveva insegnato, uno sciame di stirpi eldrazi arrivò rapidamente e la litomante costruì una cupola per proteggersi ma l'aura di corruzione dei parassiti indebolì la pietra e questa iniziò a sgretolarsi; Nahiri la fece crollare su di loro e ne costruì una seconda. Quell'attività le richiese con sua sorpresa molto tempo, pensò che aveva lasciato alle spalle la sua vita e si era rinchiusa in un bozzolo di pietra ma ora con la progenie eldrazi che brulicava nuovamente sul suo mondo, si ritrovò ad avere fretta: una parte di lei desiderava sigillare la prigione prima che troppe persone perdessero la vita nel tentativo di combattere le stirpi eldrazi e in parte, comprese di voler terminare quella attività per poter tornare alla sua vita. Nahiri pensò che forse era stata rinchiusa nel bozzolo abbastanza a lungo ed era pronta a vivere una nuova vita, forse il sapore di un amaro ricordo, un malinconico desiderio e soprattutto un passionale furore l'aveva risvegliata da un torpore secolare e l'aveva portata a un nuovo stato di veglia, in ogni caso voleva giungere alla fine per poter passare alla fase successiva della sua vita, qualsiasi fosse. La litomante terminò la creazione dell'edro, spalancò le braccia, frantumò la cupola di pietra e si gustò l'aria fresca; con un semplice pensiero fece ruotare l'edro e lo collegò alle linee spezzate della rete di edri ripristinando la prigione degli Eldrazi. Si piegò su un ginocchio e appoggiò i palmi delle mani sul terreno: sentì il movimento dei titani rallentare grazie alla prigione restaurata che li stava facendo tornare al loro torpore, le loro stirpi erano ancora libere su tutta la terra, ma pensò che quello era un problema dei semplici mortali, ciò che più la preoccupava era che Zendikar stesse reagendo, non solo in Akoum ma ovunque. Terremoti scuotevano il terreno e plasmavano il panorama, onde impetuose ridisegnavano le coste e possenti venti battevano i canyon; Zendikar stava tremando trafitta dagli Eldrazi e lei temeva che sarebbe dovuto passare molto tempo prima che ritornasse la quiete.
Nahiri tornò nell'Occhio e si assicurò che la rete fosse stata ripristinata, valutò la possibilità di chiamare di nuovo Sorin e lo Spirito Drago ma non lo fece, era riuscita a gestire la situazione da sola e Zendikar era nuovamente al sicuro grazie alla sua opera, non aveva bisogno degli altri. Ciò non cambiava però il fatto che loro non erano accorsi, avevano promesso di fare ritorno su Zendikar se fossero stati chiamati per aiutarla a preservare la prigione che lei aveva sorvegliato per innumerevoli secoli, pensò che Sorin l'aveva abbandonata e gli Eldrazi avevano portato devastazione sul suo mondo un'altra volta. Nahiri provò preoccupazione e ansietà, altre sensazioni che aveva dimenticato, si chiese cosa avesse fatto Sorin in tutti quegli anni mentre lei era rinchiusa in un bozzolo nell'Occhio di Ugin, se fosse ancora vivo, se si fosse dimenticato di lei e della sua sorveglianza di Zendikar e se fosse stato vittima della stessa apatia che si era impossessata di lei per tanto tempo. Nahiri decise che sarebbe andato a cercarlo per destarlo se fosse stato necessario, per ricordargli di lei, di Zendikar e dell'amicizia che li aveva legati, per fargli provare di nuovo cosa significasse vivere e provare emozioni; lei aveva salvato Zendikar e ora era pronta a salvare anche lui. Poi sarebbe tornata sul suo mondo e avrebbe vissuto di nuovo con il suo popolo, avrebbe insegnato, riso e amato di nuovo, avrebbe vissuto di nuovo. Nahiri appoggiò delicatamente una mano sulla parete della sala che si aprì a formare un passaggio per la cieca eternità, le pareti della stanza diventarono tetri dirupi di una catena montuosa disabitata, la litomante ispirò profondamente quell'aria sconosciuta e si avventurò sull'altro piano alla ricerca del suo amico.
Scontro con Ob Nixilis[]
Quando ancora viveva insieme alla sua gente, dopo l'imprigionamento degli eldrazi, Nahiri trovò Ob Nixilis su Zendikar poco dopo l'arrivo del demone. Senza mostrare alcuna emozione, neanche il minimo accenno di pietà, usò la sua magia vincolante su di lui e senza dargli il tempo di fare nulla, sigillò un'Edro sulla sua fronte. Poi, quando il demone perse conoscenza se ne andò.
Vecchie e nuove promesse e Pietra e sangue[]
Scontro con Sorin[]
Arrivata su Innistrad, Nahiri osservò la Tomba Infernale, non accorgendosi della presenza di Sorin alle sue spalle. Sorin si scusò per il suo rudimentale tentativo litomantico, riferendosi alla grezza struttura tombale; Nahiri si voltò di scatto, sorrise e si rasserenò vedendolo vivo. Sorin chiese perché sarebbe dovuto essere diversamente e Nahiri spiegò che lui non era mai venuto su Zendikar, né risposto in nessun modo quando lei aveva attivato il segnale dell'Occhio di Ugin e quindi aveva temuto il peggio. Sorin chiese se gli eldrazi si fossero liberati dai loro vincoli e dove fosse Ugin e Nahiri rispose che nemmeno lo Spirito Drago era venuto e che si era occupata degli eldrazi da sola, con tutta la forza che era riuscita a raccogliere, riuscendo a chiudere nuovamente la prigione. Poi aveva deciso di cercarlo per scoprire se fosse ancora vivo e ora l'aveva trovato, il suo sorriso svanì lentamente e chiese perché non avesse risposto al suo segnale. Sorin rispose che non l'aveva mai ricevuto e disse che quando lei aveva deciso di dedicare la sua esistenza a sorvegliare gli eldrazi imprigionati sul suo mondo, per lui era diventato evidente che il suo piano avesse bisogno di protezione, in particolare durante la sua assenza; spiegò che la Tomba Infernale era metà di ciò che aveva creato per tale protezione e che probabilmente il segnale dell'Occhio non era stato in grado di attraversare la magia che proteggeva Innistrad. Nahiri scosse la testa e con un tono accusatorio chiese se quando lo avesse creato era consapevole che avrebbe avuto quell'effetto e Sorin rispose che comprendeva solo ora la possibilità di quella conseguenza. Con dolore Nahiri disse che lui aveva messo a rischio il suo mondo e molto di più, abbandonandola. Sorin replicò che stava prendendo le giuste precauzioni per proteggere il suo piano, ma con voce glaciale, priva di ogni calore di solo pochi istanti prima, Nahiri lo interruppe e disse che loro due avevano un accordo: lei aveva messo in pericolo Zendikar attirando gli eldrazi, aveva promesso di rimanere sul suo mondo per sorvegliarli e aveva trascorso cinquemila anni con quei mostri. Pensò che aveva gestito la crisi da sola, con un elevato costo per il suo mondo, molto più elevato di quello che avrebbe pagato se i suoi alleati avessero onorato il loro accordo. Non aveva ancora esaminato il danno che quei mostri avevano causato sul suo piano e sui suoi popoli prima che lei fosse riuscita a sedare il loro assalto, aveva cercato il suo maestro e amico temendo per la sua vita e ora, aveva scoperto che lui aveva fatto di peggio rispetto a ignorare la sua richiesta di aiuto; l'aveva esclusa, per proteggere il suo stesso mondo dalle influenze esterne: le aveva voltato le spalle. Nahiri disse che tutto ciò che avrebbe dovuto fare lui era rispondere alla sua chiamata. Il terreno iniziò a tremare. Sorin le rispose di non avere la presunzione di poter guidare le sue azioni, che non aveva nessun vincolo e non le doveva nulla, che quando era diventata una planeswalker lui era stato colui che l'aveva scoperta e avrebbe potuto ucciderla subito, ma invece l'aveva risparmiata. Si avvicinò e con un sussurro continuò che l'aveva presa sotto la sua ala protettrice e aveva plasmato ciò che era diventata ora. Concluse che se voleva importunare qualcuno, doveva rivolgersi a Ugin, lui non aveva pazienza per quelle cose. Le sue ultime parole furono l'ultima goccia per Nahiri, Il dolore lasciò il posto alla rabbia, la litomante decise di far capire al vampiro che lei non era più la sua apprendista. Il terreno sobbalzò violentemente e, per un istante, Sorin faticò a rimanere in piedi mentre sotto Nahiri una colonna di roccia emerse, innalzandola. Disse che non sarebbe andata da nessuna parte. Sorin sguainò la sua spada la chiamò ragazzina e disse che non l'aveva mai minacciata e che se sarebbero dovuti diventare nemici, sarebbe stato solo perchè lei lo aveva voluto. Nahiri replicò che non era una ragazzina e che qualsiasi fosse stato il loro rapporto prima, poteva notare che ora erano pari. Sorin rispose che ciò che vedeva era un capriccio; se era giunta lì per parlare alla pari allora doveva essere disposta a un dialogo pacifico, come seguivano i protocolli nel parlare con un altro planeswalker. Nahiri rispose che lei era arrivata lì per incontrare un amico e Sorin replicò che in tal caso non aveva motivo di prendersela e che a volte gli amici presentavo verità dure da accettare. Nahiri ripensò a quando aveva considerato Sorin suo amico per la prima volta e dopo che l'ultimo vestigio della nostalgia svanì, l'attaccò. Dopo che si scambiarono diversi attacchi, Nahiri disse che non desiderava la sua inimicizia, tutto ciò che voleva era il suo aiuto, lui le aveva fatto una promessa e gli chiese di andare con lei. Sorin rispose con calma che ora non poteva, che forse sarebbe andato dopo e spiegò che quello era un momento delicato. Nahiri scattò che gli eldrazi erano quasi riusciti a fuggire, che lui stava pensando al suo futuro, ma se i titani si fossero liberati tutto ciò per cui si erano impegnati sarebbe stato perso e anche Innistrad sarebbe stato in pericolo. Nahiri venne colpita dal pensiero che forse grazie alle contromisure di Sorin, il mondo del vampiro sarebbe stato al sicuro e che lei, Zendikar e gli edri avevano svolto il loro scopo nella mente del suo ex maestro. L'attaccò nuovamente e riuscì a colpirlo con tre proiettili di pietra, ma lui la respinse usando un fascio di luce della luna, poi rimosse i proiettili dal suo corpo e le sue ferite si richiusero senza nemmeno sanguinare. Nahiri si accorse che era indebolito ma la sua magia era ugualmente potente. Sorin le disse di tornare da dove era venuta e in risposta lei affondò nel terreno e pensò che sarebbe potuta tornare su Zendikar e al suo isolamento, non aveva realmente bisogno dell'aiuto di Sorin, mai più; ma se avesse lasciato quella questione irrisolta, sarebbe stato estremamente pericoloso e avrebbe incitato alla vendetta: si sarebbe davvero creata un nemico. Decise di non andarsene finchè esisteva una possibilità di evitarlo. Lei si sollevò e tutto intorno a loro e tra di loro, un campo di pietre fluttuava a mezz'aria e a Sorin sembrò che l'intero piano stesse trattenendo il respiro. Il potere di Nahiri era cresciuto: la pietra non obbediva semplicemente ai suoi ordini, era parte di lei e, attraverso essa, sarebbe stata in grado di entrare in contatto con ogni parte di Innistrad e ridurre l'intero piano in rovina. L'unica roccia che non era sotto la sua influenza era la Tomba Infernale e Sorin si appoggiò ad essa per evitare di essere attaccato da ogni lato. Nahiri pensò che non intendeva ucciderlo ne ferirlo davvero, ciò che desiderava era semplicemente sistemare le cose tra loro e riportarle a come erano prima e per riuscirsi avrebbe dovuto prima guadagnarsi il suo ripetto e per ottenerlo avrebbe dovuto sconfiggerlo. Notando quanto sembrava debole si chiese quanto di lui fosse presente nella Tomba Infernale. Il pilastro di Nahiri si mise in movimento trasportandola lentamente verso Sorin, le pietre fluttuanti si fecero da parte e da una di esse la litomante estrasse una spada la cui lama incandescente puntò verso il vampiro.
Scontro con Avacyn[]
Disse a Sorin che lui avrebbe onorato la sua promessa, sarebbe tornato con lei su Zendikar e l'avrebbe aiutata a verificare i loro sistemi di contenimento per garantire che gli eldrazi non fuggissero nuovamente e solo dopo sarebbe potuto andare via. Appena finì di parlare, un angelo si scagliò contro di lei ed entrambe caddero a terra. La creatura alata si alzò per prima e affondò la lancia, ma Nahiri evitò il colpo immergendosi nella terra per poi riemergere e attaccare a sua volta con la spada rovente, che l'altra deviò con la lancia. L'arcangelo fu costretta ad arretrare e cercò di alzarsi in volo, ma Nahiri si sollevò ancora più in alto su una colonna di pietra e la costrinse a terra. Era a un passo dalla vittoria e avrebbe sicuramente distrutto l'angelo, ma Sorin, che era rimasto a guardare lo scontro, intervenne. Per un attimo i due planeswalkers rimasero l'uno di fronte all'altra, premendo le loro lame tra loro. Nahiri osservò con confusione l'angelo e chiese a Sorin chi fosse e come avesse fatto a ridurla alla sua mercè. Il vampiro rispose semplicemente che si trattava dell'altra metà, poi scattò con la mano libera le afferrò la lama e, mentre Nahiri lottava per liberarla, Sorin portò la punta di ferro alla gola della litomante. Nahiri lasciò la presa sull'elsa e Sorin scagliò via la lama, l'angelo iniziò ad avvicinarsi a loro, ma il vampiro sollevò una mano e fermò la sua lancia, poi si rivolse a Nahiri e disse che per quanto poteva valere, non sarebbe mai voluto giungere a quel punto.
Imprigionata nella Tomba Infernale[]
Sorin sollevò la sua spada e sferrò un colpo con un fascio di luce oscura che colpì e spinse Nahiri che andò a sbattere contro la superficie argentea della Tomba Infernale; fili di avido argento si chiusero intorno al suo corpo e la catturarono. Nahiri maledì Sorin e urlò che lei si era fidata di lui. Il vampiro fu minacciosamente su di lei e, prima che l'argento fuso invadesse le orecchie della kor, Sorin la chiamò nuovamente ragazzina e rispose con un tono di voce quasi sconsolato che non le aveva mai chiesto di fidarsi di lui, ma solo che lei obbedisse. Subito dopo Nahiri venne inglobata dalla Tomba Infernale e svanì nella totale oscurità. Cadde attraverso essa e non provò altre sensazioni, in quel luogo non c'era nulla: nessun suono, nessuna luce, neanche un soffio di vento; solo la sconfinata sensazione di una caduta senza fine. Espanse i sensi e provò a usare i suoi poteri da litomante, ma intorno a lei vi era solo il nulla; provò a viaggiare su un altro mondo, ma non riuscì neanche ad afferrare la Cieca eternità. Sorin avrebbe pagato per il suo tradimento, lei sarebbe riuscita a fuggire da lì. Aveva sempre creduto che loro due fossero alleati e amici, ma ora riusciva a vederlo per ciò che era davvero: un mostro. Valutò che però non era uno stupido, sapeva cosa c'era in gioco e non avrebbe permesso semplicemente agli eldrazi di fuggire; lei era convinta che l'avrebbe liberata dopo che lui avesse recuperato le forze per affrontarla: le avrebbe teso un'imboscata e l'avrebbe sconfitta permettendole poi di tornare su Zendikar. Ebbe molto tempo per pensare e alla fine a voce alta Nahiri disse che qualsiasi lezione lui stesse cercando di darle, l'aveva imparata e chiese di essere liberata in modo da lasciare Innistrad e non tornarvi mai più dal momento che era evidente che non avevano più nulla da dirsi. Non ci fu alcuna risposta da parte di Sorin e la litomante pensò che non era disposta a scusarsi e nemmeno a implorare. L'isolamento iniziò a consumare la sua sanità mentale, anche un planeswalker poteva impazzire; ricordò quando aveva incontrato un membro della sua razza folle e decise con forza che lei non sarebbe impazzita. All'inizio il suo appiglio fu la vendetta, ma non c'erano infiniti modi di uccidere Sorin e il pensiero le stava portando stanchezza e sofferenza maggiori delle soddisfazioni; il suo odio non vacillò mai e divenne più grande. Nahiri si concentrò sui suoi ricordi di Zendikar, che divennero come una lanterna nell'oscurità e iniziò a costruire nella sua mente i continenti del suo mondo.
Lentamente, nel corso di tantissimi anni, demoni e orrori comparvero all'interno della Tomba Infernale e Nahiri comprese lo scopo della sua prigione: Sorin non avrebbe tollerato minacce al suo prezioso mondo e aveva creato la Tomba per contenerle. Calcolò il tempo in base a quelle distrazioni, quando veniva sfiorata casualmente non provava alcun amore per i demoni. Ne aveva abbattuto più di uno per impedire che infestassero il suo mondo, ma non li odiava, provava pietà per loro: erano prigionieri come lei di Sorin e del suo angelico servitore. Nahiri si era abituata al suo isolamento e la sua mente era sana e oltre alla sua sanità mentale aveva ancora la sua rabbia, i suoi ricordi di Zendikar e molto tempo a disposizione. Poi, dopo un numero incalcolabile di anni, qualcosa cambiò, una luce accecante comparve nell'oscurità e Nahiri vide e riconobbe l'angelo di Sorin, i loro occhi si incrociarono e la litomante vide la furia in quelli della creatura alata e capì che ricordava il loro scontro avvenuto anni prima. Passò altro tempo e, a causa delle azioni di Liliana Vess, ci fu una vera luce e la Tomba Infernale venne distrutta.
Ritorno su Zendikar []
Nahiri sbatté contro una superficie, finalmente la sua caduta senza fine era terminata. Sollevò il capo e vide le persone che urlavano e correvano in tutte le direzioni, fiamme che ardevano alte, non-morti che si trascinavano e l'angelo di Sorin fluttuare in un fascio di luce bianca. Tutto intorno a lei stavano piovendo frammenti argentei, Nahiri provò una strana sensazione alle mani e vide che erano coperte di sangue. Cercò di chiudere le ferite con i suoi poteri, ma non successe nulla e capì che il suo corpo non era più un'estensione della sua mente, ma semplicemete un corpo: era nuovamente mortale. Decise di andarsene prima che Sorin potesse trovarla, viaggiò nella cieca eternità e capì che sebbene fosse ancora una planeswalker, il suo potere si era indebolito di molto. Tornò su Zendikar e arrivò vicino all'Occhio di Ugin, trovandolo in rovina collassato su se stesso e i tre titani eldrazi erano svaniti. Si chiese se quei mostri avessero lasciato Zendikar e se il suo mondo fosse finalmente libero, espanse i suoi sensi e percepì dei kor. Si arrampicò su una cresta per raggiungerli. Quando la videro, la donna alla guida del gruppo notò le sue ferite e la curò con una magia di guarigione e poi disse di chiamarsi Tenri. Temendo che la conoscessero per via delle false storie che aveva scoperto su di lei come profetessa dei titani, Nahiri non disse il suo nome e si presentò come un'eremita e chiese informazioni su cosa stesse accadendo al loro mondo. Una delle sentinelle, Erem, rispose che gli eldrazi e le loro opere erano ovunque e Tenri spiegò che un anno prima tre enormi mostruosità si erano sollevate ai Denti di Akoum, le loro progenie si erano diffuse ovunque, ma erano i tre titani la cosa peggiore: dove passavano loro non rimaneva più nulla. Nahiri chiese cosa avessero perso e Eren rispose che Bala Ged era andato distrutto, aspettò che lui aggiungesse altro, ma quando rimase in silenzio capì che si riferiva all'intero continente e disse che doveva vederlo coni suoi occhi e si separò da loro. Nahiri affondò nella pietra e percepì l'entità del danno. Arrivò a destinazione, emerse e vide una sconfinata distesa di polvere di gesso. Il terreno tremò, la litomante si voltò e lontano all'orizzonte vide Ulamog. Nahiri cadde in ginocchio e premette i palmi su quella polvere senza vita, valutò le sue scoperte e giunse alla conclusione che lo Zendikar che conosceva era morto e non c'era più alcuna possibilità di salvarlo; sarebbe stato più facile cercare di fermare il movimento del sole nel cielo. Chiuse gli occhi e rivide il suo mondo com'era un tempo, prima che lei permettesse a Sorin Markov di distruggerlo. Lacrime calde di rabbia scesero sul suo volto, aprì gli occhi e vide prima le sua mani ricoperte di polvere e poi alzò lo sguardo verso Ulamog. Nahiri fece una promessa a se stessa: "come Zendikar, anche Innistrad si dissanguerà. Come me, anche Sorin piangerà. Lo giuro sulle ceneri del mio mondo.".
Blocco di Ombre su Innistrad[]
Tornata su Innistrad, Nahiri iniziò il suo piano per vendicarsi di Sorin. Distrusse il Maniero Markov e creò i Criptoliti per uno scopo oscuro.
A Nephalia, Nahiri incontrò Gisa insieme a una zombie e chiese se fosse stata lei a risvegliarla dalla morte. L'altra rispose di si e sorridendo chiese se fosse in grado di ripetere il processo facilmente. Gisa rispose alla sua domanda convocando cinque ghoul. Appena emersero dal terreno, Nahiri sguainò la spada e li distrusse tutti in un attimo, poi si presentò, fece domande a Gisa sulle sua capacità necromantiche e la convinse ad aiutarla per costruire un monumento alla Relittopoli.
Nahiri aveva svolto un lavoro imponente, era rimasta fedele al suo giuramento pronunciato nella polvere di Bala Ged. Dopo che aveva lasciato Zendikar si era impegnata, ogni ora di ogni giorno e anche a lungo nelle notti, spinta dalla rabbia. Con grande fatica era entrata nella cieca eternità, con la punta delle dita che bruciava nell'etere, lavorando duramente la pietra, con magie più potenti di quanto avesse mai osato manipolare. Era stato un lavoro difficile, ma non si era mai lamentata, né fermata. Ora finalmente avrebbe visto i frutti del suo lavoro, così come anche Sorin. Nahiri aveva capito che l'ultima guardiana di Innistrad era caduta quando aveva percepito la sparizione dell'ultimo brandello di protezione, il piano era diventato vulnerabile, ma la battaglia non era ancora terminata. Al contrario era appena iniziata. Nahiri tratenne il respiro, il terreno sotto i suoi piedi si mosse, il piano iniziò a pulsare, scattando e tremando, come una serie di esplosioni a catena che si sviluppavano sordamente nel profondo sotto la superficie. Nahiri pensò con soddisfazione che anche Sorin le avrebbe sentite, poi urlò a qualcosa di venire verso di lei e verso Innistrad. Percepì la presenza e la riconobbe: osservò l'acqua e il tempio che aveva costruito per quella divinità e vide che non era più vuoto: Emrakul era finalmente arrivata.
Nahiri passeggiava tra le rovine del Maniero Markov osservando i vampiri che aveva ucciso intrappolandoli nelle pareti. Odiava quel posto, come la maggior parte del piano: emanava la presenza di Sorin. Nonostante fosse frantumato, contorto e riplasmato da lei, non era ancora abbastanza per epurare la presenza del vampiro. Tutto era al proprio posto tranne Sorin e presto anche lui sarebbe andato incontro al suo destino. Nahiri aveva radunato un'armata dopo che aveva scoperto che lui si stava avvicinando con il suo esercito per affrontarla. Quando infine arrivò, la battaglia ebbe inizio. Nahiri uccise molti vampiri, i cadaveri formavano un semicerchio intorno a lei, balzò sui corpi senza vita e si preparò ad affrontare i nuovi attaccanti. Pensò che se il piano di Sorin fosse quello di stancarla prima di affrontarla, era uno sciocco, mille anni nella Tomba Infernale le avevano offerto un riposo sufficiente per molte vite: se avesse dovuto uccidere ogni vampiro del piano per giungere a lui lo avrebbe fatto. Mentre combatteva, Nahiri osservava intorno a sé nella speranza di vedere Sorin, per un istante vide i suoi crudeli occhi gialli che la guardavano, prima di essere di nuovo sommersi nel tumulto della battaglia. Tutta la rabbia dell'ultimo millennio crebbe in lei e urlò il suo nome. Tra loro si trovavano un gruppo di vampiri e almeno il doppio di cultisti avvinghiati nei loro combattimenti. Nahiri si incamminò verso di lui e fece emergere delle aste di pietra dal terreno che uccisero i combattenti di entrambi i gruppi: rimasero solo loro due. Disse che aveva portato con sè molti amici, ma non tutti erano sopravvissuti. Sapeva che il riferimento ad Avacyn lo avrebbe colpito, ma non ricevette nessuna risposta sarcastica. Sorin sollevò semplicemente una mano da cui uscirono getti di energia nera nebbiosa che viaggiarono verso di lei; Nahiri osservò Sorin immobile, mentre quella scia di ombra si avvicinavano a lei: non venne colpita, la magia si separò all'improvviso, volgendo in varie direzioni lungo i contorni di qualcosa di invisibile. Sorin scatenò un secondo flusso di magia di morte proprio nel momento in cui i primi dardi vaganti completarono il loro percorso tornando all'origine, spegnandosi sul vampiro in una rapida sequenza. Sorin cadde in ginocchio mordendosi un labbro per il tormento, e tra le piastre della sua armatura uscirono oscuri vapori da invisibili ferite. Dopo che anche il secondo attacco magico colpì il vampiro come il primo, Nahiri disse che doveva avere un'idea riduttiva di lei se pensava che quel piano potesse funzionare e spiegò che la magia fluiva attraverso le leyline che a loro volta fluivano attraverso la pietra e sapevano entrambi cos'era in grado di fare lei. Continuò che aveva portato Emrakul nella sua dimora e lui pensava ancora che fosse una ragazzina. Per un attimo rimasero entrambi in silenzio, poi Nahiri disse che l'aveva tenuta imprigionata per mille anni e Sorin replicò che vedeva che era ancora sul suo piano e che se ne sarebbe dovuta andare tempo fa. La litomante rispose che era tornata su Zendikar mentre veniva sventrato dagli eldrazi, qualcosa che lui aveva permesso che accadesse. Sollevò la spada fino al livello della gola del vampiro e disse che aveva condannato lei e il suo mondo. Sorin disse che quando aveva acconsentito a imprigionare i titani su Zendikar era stata consapevole dei rischi e che una loro fuga sarebbe stata possibile. Nahiri gli ricordò che avevano un accordo, dal suo punto di vista loro due e Ugin avevano preso un impegno, avrebbero dovuto affrontare insieme una fuga da parte degli eldrazi, invece era rimasta da sola. Sorin replicò che aveva deciso di condannare Innistrad e Nahiri disse che era stufa di rimanere a guardia e che Zendikar non sarebbe più stato una prigione: Emrakul doveva andare da qualche altra parte e lui aveva reso la scelta del nuovo piano molto più semplice. La conversazione tra i due venne interrotta da una vampira che, fluttuando sopra di loro insieme a una decina di vampiri, fece un cenno verso la litomante con la sua spada e disse che qualsiasi gesto avesse compiuto Sorin per scatenare la sua ira, era sicura che fosse ben meritata, ma lui si era anche conquistato il suo aiuto e quindi non poteva permettere la sua vendetta. Nahiri riconobbe in quella donna un potere simile a quello di Sorin e capì che si trattava di una creatura antica, la vampira fece un segnale e i suoi vampiri l'attaccarono. Prima che si avvicinassero a lei, Nahiri usò la sua magia ed estrasse dalla pietra quattro lame roventi come quella che usava, ne afferrò due mentre le rimanenti rimasero in aria sopra di lei come la chioma di una fenice, poi replicò alla vampira che la sua vendetta non la riguardava. Se l'era guadagnata e Sorin era suo. Alle sue parole il vampiro disse che non doveva dimenticare che l'aveva risparmiata e che la Tomba Infernale era stata un gesto di cortesia da parte sua. Lei replicò che gli orrori con cui l'aveva rinchiusa per così tanto tempo erano diventati il suo mondo, poi affondò le punte delle sue spade in una delle lastre di pietra, le armi iniziarono a vibrare, si sentì un leggero ronzio che divenne un rombo e scosse la struttura circostante, il Maniero oscillò, ruotò e quando infine si fermò, Nahiri utilizzò la sua magia e rimosse strati della parete che si spostarono in direzioni diverse e da esse fuoriuscirono orde di mostri, persone e animali alterati da Emrakul, che si lanciarono contro i vampiri. Nahiri si allontanò dal caos; blocchi di muratura si spostarono per formare una scala improvvisata che saliva fino alle parti alte del Maniero, sentì lo sguardo di Sorin su di sé e, quando lo individuò nel subbuglio sotto di lei, vide che si stava nutrendo di un cultista per curarsi. Non era la prima volta che lo vedeva nutrirsi, ma non era mai apparso così mostruoso come in quella occasione e quell'immagine svelava ciò che lui era in realtà: un mostro. Il vampiro la seguì sulle rovine stabili del soffitto a volta del Maniero. Nahiri disse che ora avrebbero potuto portare a termine ciò che avevano iniziato senza essere interrotti. Sorin chiese se avesse un così grande desiderio di morire e disse che l'ultima volta che si erano incontrati la sua forza era enormemente ridotta, ma ora non sarebbe stata altrettanto fortunata e lui aveva tutte le intenzioni di ucciderla. Nahiri replicò che non se ne sarebbe andata finchè tra loro non fosse finita. E lui era d'accordo.
Senza altre parole, Nahiri fece volteggiare le spade e ne afferrò una, Sorin scattò di lato e ogni lama affondò nella roccia. Si scambiarono altri attacchi, lui era velocissimo e lei riusciva a mala pena a seguirne i movimenti. La litomante lo perse di vista e si concentrò per individuare qualsiasi movimento, poi vide un lampo d'argento e tutto ciò che potè fare fu entrare nella parete e la spada di Sorin rimbalzò sulla pietra. Il vampiro attaccò nuovamente e la sua arma sfondò il riparo della litomante e la colpì, prima che potesse colpirla una seconda volta, Nahiri si lasciò cadere e precipitò; non riuscì a evitare la caduta e sbatté con violenza contro la superficie di un'imponente guglia. Appena riuscì a trovare la forza sufficiente Nahiri si sollevò, ma Sorin arrivò davanti a lei, con la spada sollevata e minacciosa, proprio come era apparso mille anni prima quando l'aveva imprigionata nella Tomba Infernale e disse che aveva avuto la sua occasione di ucciderlo e che avrebbe dovuto farlo quando ne aveva avuto la possibilità; non vi era alcun compiacimento nelle sue parole: erano le parole di un maestro che si rivolgeva alla sua allieva, nel suo ultimo insegnamento. La spada di Nahiri giaceva nella sua mano con la punta diretta verso il terreno mentre l'altra mano era appoggiata alla ferita che aveva sul fianco, fece un sospiro profondo e rispose che indipendentemente da ciò che sarebbe avvenuto, che fosse sopravvissuta o meno, aveva vinto lei. Continuò dicendo a Sorin di guardarsi intorno e osservare con attenzione ciò che lei aveva fatto a tutto ciò che lui riteneva fosse suo. La litomante indicò alla sua sinistra, in lontananza, sopra la città dove si vedeva Emrakul e terminò dicendo che nessun angelo di sua creazione sarebbe venuto a salvarlo. Dopo che finì di parlare, la spada di Sorin scattò stordendola, poi replicò che ciò che gli aveva tolto con Avacyn, se lo sarebbe ripreso con il suo sangue e affondò i suoi denti nel collo della litomante. Fu un errore per il vampiro, Nahiri colse l'occasione e si appoggiò di schiena alla muratura ed essa rispose aprendosi ai suoi lati. Nonostante il tormento la litomante replicò che anche lei poteva azzannarlo e che i suoi denti erano più grandi dei suoi. La pietra si richiuse su di loro e Sorin venne colpito da file di roccia frastagliata che si conficcarono dalle sue gambe fino alle costole, la spada gli cadde dalle mani e urlò di dolore mentre Nahiri si allontanava e la roccia si stringeva intrappolandolo: i denti di pietra che lo trattenevano gli provocavano un dolore continuo così forte da impedirgli di viaggiare su un altro piano e liberarsi. Nahiri si arrampicò sul bozzolo che aveva costruito e gli sussurrò nell'orecchio che lo risparmiava per restituirgli il gesto di cortesia, poi abbandonò Innistrad viaggiando nella cieca eternità.
La Guerra della Scintilla[]
Nahiri venne attirata su Ravnica dal Faro Interplanare e rimase intrappolata dal Sole Immortale di Bolas. Durante l'invasione del piano, fu presente alla riunione dove i leader della difesa di Ravnica si riunirono per mettere a punto una strategia. Quando Sorin arrivò, iniziò immediatamente a dare la caccia a Nahiri, come se nemmeno la minaccia all'intero multiverso potesse convincerli a mettere da parte il loro odio; ignorando la battaglia che infuriava intorno a loro, i due planeswalker iniziarono un duello.
Lo scontro fu furioso, ma i loro poteri si equivalevano e nessuno dei due riusciva a prevalere sull'altro, finché non furono interrotti da Narset, che collaborava con Ugin, che li convinse a unire le forze per combattere gli Eterni dell'Orda Atroce di Bolas. Entrambi furono tra i pochi planeswalker che decisero di rimanere sul piano dopo che Chandra Nalaar disattivò il Sole Immortale e aiutarono i Guardiani nel loro scontro con Bolas, sopravvivendo alla guerra.
Rinascita di Zendikar[]
In cerca di una soluzione[]
Dopo la fine della Guerra della Scintilla, Nahiri tornò su Zendikar. Apprese della casa di spedizione di Portale Marino e decise di finanziarla con lo scopo di acquistare o individuare ciò che le serviva per mettere fine al Torbido per sempre, per riportare il piano a com'era prima dell'arrivo degli Eldrazi. Le sue indagini la portarono alla ricerca del Nucleo Litoforme. La litomante convinse Nissa Revane ad andare con lei sull'Enclave Celeste di Akoum con la promessa che avrebbero trovato un manufatto in grado di guarire Zendikar. Dopo alcune avventure le due trovarono una "chiave" grazie alla guida di un elementale evocato da Nissa. Leggendo le rune scritte intorno a loro, Nahiri disse che dovevano andare a Murasa. Mentre parlava il Torbido fece sentire la sua presenza. Infuriata, Nahiri usò la chiave riattivando l'Enclave, che con la sua magia placò il Torbido sotto di loro, ma uccise anche l'elementale di Nissa.
Nahiri fu invasa dalla felicità: aveva finalmente trovato un modo per curare Zendikar. Fu quindi sorpresa quando un'arrabbiata Nissa le chiese se quella fosse la sua soluzione. La kor rispose che l'Enclave stava guarendo, il Torbido sotto di loro si era interrotto e la terra si stava tranquillizzando: le persone sarebbero state in grado di ricostruire qualcosa lì. L'elfa replicò che l'avrebbero fatto a discapito della vita di Zendikar: ogni forma di vita naturale all'interno dell'Enclave era morto. Con rabbia Nahiri disse che lei non sapeva com'era il loro mondo in passato e come fossero sorprendenti e floridi i loro popoli. Nissa replicò che lei non capiva quanto fosse splendido "adesso" il loro mondo e le chiese di darle la chiave. La litomante si rifiutò. Le due iniziarono a combattere, ma consapevole del suo svantaggio, Nissa andò via viaggiando nella cieca eternità.
Nuovi alleati e nuovi nemici[]
Nonostante il suo successo, Nahiri comprese che non poteva esplorare l'Enclave di Murasa da sola e sperare di sopravvivere. Viaggiò a Portale Marino dove parlò con Kesenya e poi convinse Akiri, Zareth San, Kaza e Orah a viaggiare con lei per recuperare il Nucleo Litoforme. Dopo alcune avventure, il gruppo trovò il manufatto, ma fu costretto a dividersi. Nahiri, Zareth e Akiri vennero attaccati da un enorme elementale. Nahiri usò il Nucleo per difendersi e incenerì l'elementale, ma col suo potere uccise anche Zareth. Il manufatto cadde a terra e venne raccolto da Akiri che chiese cosa fosse. La litomante rispose che era la loro opportunità per mettere fine a tempeste, disastri e mostri da incubo. L'altra non si lasciò convincere e decise di distruggere il Nucleo gettandolo dalla scogliera di roccia oltre l'Enclave. Usando la sua litomanzia, Nahiri usò un edro per pietrificare Akiri, si riprese l'artefatto e poi la spinse oltre il bordo. Subito dopo lasciò l'Enclave scendendo di corsa da una rampa di scale creata con la sua magia. Improvvisamente una decine di frecce spinate, evocate da Nissa, scattarono contro di lei, ma le bloccò facilmente. Venne poi attaccata mentalmente da Jace Beleren, contrattaccò lanciando un macigno verso di lui e poi sparì alla loro vista proseguendo verso la sua destinazione: la Città Canora.
All’interno della città, Nahiri venne sopraffatta dalla musica inquietante della Città Canora. Venne trovata e salvata da Jace che usò un incantesimo per bloccare tutti i suoni. I due parlarono mentalmente. Nahiri spiegò che era diretta al centro della città dove si trovava il punto focale in grado di incanalare l’energia del Nucleo su tutto Zendikar, attraverso le leyline: il suo potere avrebbe generato una trasformazione che avrebbe riportato il suo mondo a com'era un tempo. Nella sua mente si formarono ricordi di splendide città con migliaia di persone che vivevano in stabilità e sicurezza. Jace disse che non l'avrebbe ostacolata nel suo tentativo di salvare Zendikar, se in cambio avesse promesso di non usare il Nucleo fino a quando non l'avessero studiato in modo da capire i suoi meccanismi. La litomante rispose che non aveva nessuna intenzione di ferire il suo mondo e accettò la sua proposta. Arrivati al punto focale nel mezzo di un antico giardino, i due scoprirono che Nissa l'aveva trovato prima di loro e l'aveva distrutto con l'aiuto di Ashaya e degli altri elementali. Jace cercò di risolvere la situazione pacificamente, ma Nissa non l'ascoltò. Stanca di attendere e decisa a provare a riparare il danno al punto focale, Nahiri diede inizio alla battaglia, ma i suoi attacchi furono inutili e non raggiunsero mai Nissa. Sia lei che Jace fuggirono verso l'interno della Città Canora. La magia del telepate fermò nuovamente le melodie ossessionanti che portavano alla follia, ma mentre correvano nei corridoi i due vennero attaccati da elementali di muschio più piccoli che però sconfissero facilmente. Raggiunsero l’ingresso della città e videro l’antico cancello di marmo, ma poco prima di raggiungerlo videro Nissa, Ashaya e decine di altri elementali. L'elfa disse ai due di andarsene dalla sua casa, ma Nahiri replicò che Zendikar era la sua casa da migliaia di anni e non l'avrebbe lasciata vincere. Spalancò le mani e sollevò le pietre, richiamando tutto il suo potere per la battaglia. Usando la sua litomanzia Nahiri respinse gli attacchi ma si rese conto che riusciva solo a resistere a quell’assalto implacabile. Decise di cambiare strategia, corse dentro la Città Canora e barricò l'ingresso. Venne raggiunta da Jace che cercò di convincerla ad andare su Ravnica ma Nahiri rifiutò, liberò il tetto della città per poter accedere al cielo e manipolò gli edri sopra di lei inviandoli verso di lui per ucciderlo. Venne distratta dall'arrivo improvviso di Sorin, lo attaccò con la sua magia e si rese conto che si trattava di una illusione creata da Jace, ma la sua intuizione arrivò tardi e il telepate riuscì a prendere il controllo della sua mente, prese il Nucleo e uscì dalla città.
La battaglia delle due protettrici[]
Dopo essersi liberata dal controllo mentale, Nahiri andò a riprendersi il Nucleo e lo vide in mano a Nissa. Iniziò a farsi strada verso di lei abbattendo gli elementali che cercavano di fermarla. Le due parlarono e il dubbio attraversò la mente di Nahiri ma svanì rapidamente. La litomante sollevò le braccia e una moltitudine di edri fluttuanti apparve e iniziarono a roteare e muoversi secondo uno schema complesso, con flussi di energia tra loro, come una tempesta un istante prima di scatenare la propria furia. In risposta Nissa usò il Nucleo e il potere del manufatto si scontrò con quello degli edri generando una pioggia di scintille e di energia, poi ci fu silenzio: la Città Canora venne ridotta in cenere. Inizialmente sembrò che anche gli elementali fossero morti ma poi si ripresero così come la terra intorno a loro, facendo germogliare nuova vita in crescente abbondanza. Il manufatto aveva annullato il danno e Zendikar stava guarendo, trasformandosi in qualcosa di più sano, più forte di quanto non fosse prima della battaglia con gli Eldrazi. Anche se le cicatrici erano ancora lì, adesso erano solo ricordi, non i suoi tratti distintivi.
Dopo la partenza di Nissa, Nahiri vide Jace raccogliere il Nucleo, che era stato abbandonato a terra dall'elfa e chiese se il suo potere fosse svanito. Il telepate rispose che non lo sapeva. Nahiri disse che Nissa non avrebbe dovuto usare quel potere ma Jace replicò che l'elfa era la persona giusta per usare il manufatto. La litomante rispose che si era fatto una nemica e andò via.
La Guerra dei Fratelli[]
Verso Nuova Phyrexia[]
Dopo aver appreso della minaccia dei phyrexiani di Elesh Norn, Nahiri decise di mettere da parte le sue divergenze con i Guardiani e rispose alla richiesta di aiuto di Jace. Insieme al telepate, la litomante viaggiò alla Torre di Urza su Dominaria e i due andarono nella stanza dell'Ancora Temporale dove si unirono a Saheeli Rai, Kaya, Wrenn e Nissa. Quando l'elfa la vide si preparò ad attaccarla ma prima le chiese perchè si trovasse lì. Jace rivelò la sua presenza e le disse che era stato lui a chiedere il suo aiuto e che non potevano permettersi di respingere nessun alleato in quella guerra. Saheeli spiegò che la pietra del potere dell'Ancora era implosa sovraccaricando la macchina del tempo. I sei planeswalker si fecero strada verso il Sarcofago di Stasi per controllare che Teferi stesse bene ma prima che potessero aprire la bara vennero fermati da Wrenn che disse che sentiva che la melodia del loro amico era legata a quel dispositivo e non dovevano disturbarla. Jace usò la sua telepatia e aggiunse che la mente di Teferi era ancora lì ma alla stesso tempo era come se stesse attraversasse luoghi lontani o tempi diversi. L'artefice disse che poteva provare a riparare il danno ma il telepate rispose che non c'era più tempo e senza l'altro non sapevano come attivare il Sylex. Kaya replicò che era convinta di poter far funzionare il manufatto, ma Nissa protestò che non potevano lasciare Teferi da solo: con i phyrexiani ovunque su Dominaria era solo questione di tempo prima che attaccassero nuovamente la Torre. Nahiri replicò che l'attacco dei Mirran stava per iniziare ed era quello il motivo della loro presenza lì: radunarsi per poi partire verso Nuova Phyrexia. Nissa insistette che non potevano lasciare il loro amico a morire da solo e Jodah, arrivato in quel momento insieme a Elspeth Tirel, rispose che non sarebbe stato solo e che non l'avrebbe lasciato morire: avrebbe lavorato per liberare Teferi mentre loro andavano nel mondo più orribile del multiverso. Altri planeswalker arrivarono nella Torre: Vraska, La Viandante, Kaito Shizuki, Tyvar Kell e Lukka. Elspeth si presentò informandoli su cosa potevano aspettarsi su Nuova Phyrexia e Jace tesse un incantesimo stabilendo un collegamento telepatico tra tutti i membri che avrebbero fatto parte della squadra d'assalto, in modo che potessero localizzarsi a vicenda, anche a distanza. Dopo che gli ultimi preparativi furono completati, Nahiri partì insieme ai suoi compagni verso Nuova Phyrexia.
Phyrexia: Tutto Diverrà Uno[]
Discesa incontrollata[]
Quando Nahiri e i suoi compagni arrivarono su Nuova Phyrexia finirono contro una barriera difensiva che, nonostante li permise di entrare nel piano, li divise e spezzò il legame mentale creato tra loro da Jace. La litomante si ritrovò a combattere da sola contro un phyrexiano per proteggere Kaito Shizuki, privo di sensi a causa della sabbie ipnotiche della Facciata Monumentale, e la Viandante, resa instabile a causa dell'impatto con lo scudo che le aveva reso difficile stabilizzarsi sul piano. Durante lo scontro si sentì chiamare dalla donna dai capelli bianchi, che era riuscita a riportare il ninja alla realtà, che le urlò di unirsi a loro. La litomante l'accontentò e sconfisse facilmente il suo nemico che però la ferì leggermente sul collo. Dopo aver spiegato la situazione, Nahiri e i suoi compagni si misero in viaggio per raggiungere lo Strato della Fornace. Durante il cammino trovarono e salvarono Tyvar Kell, che si unì a loro. Il gruppo individuò un accampamento Mirran, ma prima di arrivarci la Viandante svanì a causa della sua scintilla instabile. Giunti a destinazione i tre incontrarono Melira che li guidò più velocemente verso la loro destinazione, affermando che se i loro compagni fossero sopravvissuti sarebbero stati lì.
Infettata[]
Sentendo che qualcosa non andava, Nahiri rimase indietro e controllò la ferita sul collo. Tolse la benda, ma la sua mano non trovò alcun graffio e al suo posto c'era una piccola protuberanza che non sarebbe dovuta essere lì, come se le sue ossa avessero deciso di cambiare forma. Allontanò la mano con sgomento e non fu sorpresa di vedere l'Olio Scintillante dei phyrexiani. Sapeva di dover dire ai suoi compagni di essere stata infettata dalla phyresis, ma valutò che se loro avessero provato a ucciderla, lei avrebbe lottato, indipendentemente dalla sua condizione e li avrebbe sicuramente sconfitti; non poteva nemmeno andarsene dal piano o avrebbe rischiato di infettare un altro mondo. La litomante decise che era meglio aiutare i suoi compagni ad avanzare il più possibile prima che l'infezione avesse la meglio su di lei e la trasformasse in qualcosa che loro sarebbero stati in grado di uccidere più facilmente. Rimise la benda sul collo per coprire la ferita e riprese a camminare.
Nella Fornace[]
Nahiri e il suo gruppo furono i primi planeswalker della squadra d'assalto ad arrivare nella Fornace. Dopo di loro arrivò anche Jace da solo, ma con il Sylex e infine giunsero anche Kaya ed Elspeth. Sebbene la maggior parte di loro era arrivata a destinazione la Viandante, Lukka, Nissa e Vraska erano ancora dispersi. Il gruppo di planeswalker si riunì e vennero aggiornati sullo stato del piano da Melira e Koth. Le nuova informazioni fecero capire che per via delle modifiche fatte dai phyrexiani, distruggere il Frangireami prima che collegasse Nuova Phyrexia al resto del multiverso con l'attivazione del loro Sylex avrebbe potuto avere le conseguenze già calcolate: contenere la minaccia phyrexiana solo su quel mondo finché non poteva essere eliminata. Tuttavia c'era anche la possibilità che l’onda d'urto non distruggesse solo la Germessenza, ma tutto il piano. Dal momento che le risorse per la sopravvivenza dei Mirran erano quasi esaurite e anche perchè non volevano che nessun altro mondo subisse la stessa condanna del loro, Koth e Melira si unirono a loro. Consapevoli di non avere tempo da perdere, il gruppo decise di non aspettare i loro compagni e di proseguire.
L'offerta di Melira[]
Durante i preparativi Nahiri si allontanò dagli altri andando in una zona isolata, si tolse la benda e vide una protuberanza smussata che stava crescendo dalla sua ferita infettata dalla Phyresis. La voce di Melira la fece trasalire e si girò verso la Mirran che le spiegò che si era accorta che era stata infettata e le disse che nella fase in cui era poteva ancora curarla, ma che in quel caso le sarebbero serviti diversi giorni per riprendersi e le chiese se potevano vincere senza di lei. La litomante pensò che non potevano, che era la maga più potente a loro disposizione e che si trovava in un piano che sembrava essere fatto per rispondere alla sua magia: avevano bisogno di lei. Nahiri rifiutò la cura e Melira disse che prima avrebbero combattuto e che dopo l'avrebbe curata. La planeswalker annuì e le due tornarono dagli altri e salirono sul carretto che li avrebbe condotti attraverso un tunnel, oltrepassando sia il Labirinto del Cacciatore che la Baia Chirurgica.
Perdite insopportabili[]
Arrivati alle Fosse di Dross, Nahiri e i suoi compagni usarono il Nimbo di Elspeth per proteggersi dalla phyresis, tuttavia, dopo che Jace bevve iniziò a sentire mentalmente il dolore di Vraska e decise di andare a salvarla. Gli altri erano dubbiosi, ma dal momento che il telepate aveva con sè il Sylex furono costretti a seguirlo. Entrati nel Colosseo di Sheoldred sconfissero i phyrexiani, ma quando raggiunsero la gorgone videro che era stata ferita gravemente e, non potendo salvarla, solo Jace scelse di restare con lei mentre Nahiri e gli altri decisero di proseguire portandosi il Sylex. Tuttavia Vraska rivelò di essere stata completata e ferì il telepate al braccio infettando anche lui che però riuscì a fuggire e raggiungere gli altri. I planeswalker vennero attaccati in massa dai phyrexiani.
Il sacrificio di Nahiri[]
Vista la situazione disperata, Nahiri si tolse la benda dal collo rivelando di essere stata infettata e disse che la missione poteva proseguire solo se andavano avanti e quindi avrebbe permesso loro di avanzare. La litomante usò la sua magia e il Colosseo intorno a lei iniziò a deformarsi e a rompersi, incapace di resistere alla sua chiamata. L'uso di tutto il suo potere accelerò l'infezione dentro di lei, Nahiri incrociò lo sguardo di Jace dall'altro lato del campo di battaglia ormai distrutto e gli disse di fare in modo che tutto ciò non fosse stato vano e di portare a termine la missione. Dopo che finì di parlare, la litomante fece sprofondare tutto il Colosseo di Sheoldred nella Basilica Pallida.
La kor phyrexiana[]
Nonostante il suo eroico sacrificio, Nahiri venne completata in una phyrexiana. Successivamente, dopo che gli altri planeswalker fallirono nel distruggere il Frangireami, Nahiri seguì Elesh Norn insieme a Tamiyo e Nissa completate quando la Madre delle Macchine si rivelò a Kaya, Kaito e Tyvar. La kor rimase in silenzio mentre un Jace completato si alzò per unirsi a loro e ascoltò Norn offrire ai suoi ex alleati la "scelta" di unirsi a loro. I tre rifiutarono ed Elesh Norn ordinò l'inizio dell'invasione phyrexiana nel multiverso.
L'Avanzata delle Macchine[]
Messaggeri di Nuova Phyrexia[]
Nahiri ascoltò in silenzio Elesh Norn dire a Kaya, Kaito e Tyvar che li avrebbe lasciati andare in modo che raccontassero ai loro alleati quello che avevano visto quel giorno. La Madre delle Macchine ordinò alla kor di imprigionarli nella pietra e lei lo fece lasciando libere solo le teste. Dopo la morte di Sheoldred, Norn chiese di vedere Zendikar. Nissa aprì un portale di osservazione e Nahiri le mostrò una delle Enclavi Celesti spiegando che si trattava di una reliquia del suo popolo, un'antica arma che un tempo la sua razza usava per dominare il piano: poteva riattivarla nuovamente per mettere in atto la volontà di Nuova Phyrexia. Elesh Norn approvò e Nahiri viaggiò su Zendikar.
L'invasione di Zendikar[]
Dopo l'inizio dell'Invasione di Nuova Phyrexia, mentre la Legione delle Macchine invadeva Zendikar, Nahiri andò nell'Enclave Celeste di Emeria per guarire il suo mondo attraverso la perfezione di phyrexia. Venne attaccata dal Torbido, ma la kor gettò indietro le braccia e inizia a scolpire la terra sotto di lei: quando la terra tremò e tentò di sbilanciarla, la soffocò con rocce così pesanti e spesse che il violento terremoto si ridusse a semplici brividi; quando geyser di acqua e magma cercarono di colpirrla, lei strozzò le loro vie di fuga; neutralizzò tutti i tentativi di indebolirla con la sua nuova forza e alla fine la terra si calmò, sconfitta. Entrata nell'Enclave, Nahiri venne attaccata da numerosi elementali ma li sconfisse facilmete, corrompendone una parte con l'Olio Scintillante e uccidendo l'altra, poi riattivò l'Enclave. Usò la sua gioia, la rabbia, l'ira e il dolore per riallineare di nuovo la rete di edri con cui in passato aveva attirato gli Eldrazi sul suo mondo ma stavoltà lo fece per chiamare i rami del Frangireami. Per velocizzare ulteriormente il suo lavoro e la conquista di Nuova Phyrexia si fuse con le pietre centrale di Emeria, diventandone la chiave di volta.
La sconfitta della litomante[]
Ad un passo dal suo trinfo, Nahiri venne attaccata da Tazri, Linvala, Akiri, Kaza e Orah. All'inizio, la litomante ottenne facilmente il sopravvento, ma lo scontro cambiò dopo che angeli di Nuova Capenna avevano reso disponibile il Nimbo a tutti quelli della loro razza. A causa della ritrovata forza di Linvala e dell'aureola angelica di Tazri, il gruppo di avventurieri riuscì a separare Nahiri dalla rete di edri. Subito dopo l'Enclave si ruppe e si schiantò al suolo con la litomante ancora al suo interno.
Dopo la fine dell'invasione[]
Dopo la sconfitta dei phyrexiani, Nahiri si risvegliò tra le rovine di Emeria, con la mente libera dalla corruzione. Valutò che la perdita della sua scintilla dovuta a quando si era fusa con l'Enclave e l'esplosione di Nimbo che aveva colpito il suo corpo l'avevano guarita. Riuscì a rimuovere la maggior parte del metallo phyrexiano dal suo corpo iniziando dalle spade innestate nelle sue mani, ma comprese di aver perso la maggior parte del suo potere. Senza altro da fare, la kor passò il suo tempo rimuovendo la maggior parte del metallo corrotto dall'Enclave e dopo settimane passate nell'oscurità delle rovine, ritrovò la sua scintilla all'interno di un edro. La scoperta le diede la volontà e il mana necessario per uscire dalle rovine, ma raggiunta la superficie, Nahiri fu sconvolta nel vedere i danni che aveva causato al suo mondo. La kor si disse che avrebbe sistemato le cose e per farlo aveva bisogno di riaccendere la sua scintilla e tornare a essere una planeswalker. Mentre stava per andarsene percepì un viaggio planare e si chiese se uno dei suoi nemici stesse arrivando proprio adesso che era debole. Con sua sorpresa si trovò di fronte un Ajani guarito privo di metallo.
La proposta di Ajani[]
La kor gli chiese il motivo della sua presenza e il leonid la informò che Tamiyo, Lukka, Vraska e Jace erano morti, anche se i corpi degli ultimi due non erano ancora stati trovati, mentre Nissa era stata guarita ma aveva perso la sua scintilla. Continuò che anche se i phyrexiani erano stati sconfitti i danni nel multiverso erano stati immensi e le chiese di unirsi a lui per aiutarlo a rimediare ai torti che avevano causato. Nahiri non rivelò di non essere più una planeswalker e rispose che non era interessata e che voleva solo guarire Zendikar. Ajani provò a farle cambiare idea ma lei fu ferma nella sua decisione e alla fine sbottò che non aveva intenzione di fare da balsamo curativo per il suo senso di colpa e che avrebbe dovuto imparare a conviverci. Lui replicò che ricordava ogni atto malvagio che aveva commesso come phyrexiano, ogni ricordo era intatto nella sua mente, chiese se valesse lo stesso anche per lei e la supplicò di aiutarlo in modo che entrambi potessero guarire. Le sue parole fecero infuriare Nahiri che pensò al suo mondo distrutto, alla sua scintilla perduta e al suo corpo rimodellato in modi che avrebbero raccontato la storia degli artigli di phyrexia dentro di lei fino alla fine dei suoi giorni mentre l'altro appariva illeso, nuovamente integro grazie ai suoi amici che si erano presi cura di lui, mentre lei aveva avuto solo sè stessa. Improvvisamente si rese conto che l'altro non aveva detto come erano morti gli altri planeswalker completati e si convinse che il suo vero scopo fosse ucciderla. Nahiri disse che non sapeva nulla di quello che aveva passato, cosa le era stato fatto o quali peccati aveva commesso come phyrexiana; non aveva il diritto di farle la predica o di dirle quello che doveva fare dal momento che lui e i suoi amici erano ciò che l'avevano portata a quello stato: gli ricordò che Elesh Norn era riuscita a sconfiggere la squadra d'assalto solo grazie a lui e i crimini che aveva commesso su Theros e Dominaria. La furia apparve sul volto di Ajani e la sua espressione spinse Nahiri ad attaccarlo ma poi la pietra dell'Enclave di Emeria cedette sotto i piedi della kor facendola precipitare nuovamente al suo interno.
Perdita della scintilla[]
Dopo aver ripreso i sensi, Nahiri cercò l'edro ma quando lo trovò scoprì con orrore che la sua scintilla era svanita, qualunque essenza di se stessa fosse stata infusa nella pietra non c'era più. Si disse che la sua ultima speranza di riconquistare il suo potere e tornare a essere una planeswalker, era svanita: tutto ciò che le era rimasto per riparare Zendikar era sè stessa e si sentì impotente. Lasciò cadere l'edro a terra poi salì nuovamente verso l'esterno. Non vide Ajani da nessuna perte e sentì la rabbia cresceva dentro di lei.
Nahiri pensò che finalmente vedeva la verità: la vera minaccia o problema non era lei e nemmeno phyrexia, ma i planeswalker che arrivavano su un mondo, lo devastavano e infine se ne andavano senza nessun pensiero per i danni che avevano causato; proprio come aveva fatto Ajani che a causa dei suoi scopi egoistici, aveva rovinato la sua ultima possibilità di guarire Zendikar, e poi era scappato, lasciandola ad affrontare le conseguenze delle sue azioni. Valutò che se non fosse stato per i planeswalker, gli Eldrazi non sarebbero mai stati imprigionati nella sua casa, il Torbido non si sarebbe mai svegliato e Nuova Phyrexia non sarebbe mai stata in grado di raggiungere il multiverso e devastare il suo mondo; Zendikar era sempre sempre stato in grado di riprendersi dalle devastazioni subite, ma prima o poi anche i mondi si stancavano e qualcosa o qualcuno avrebbe potuto distruggerlo per sempre. Si disse che anche se non possedeva più il suo antico potere, lei era ancora la guardiana di Zendikar e c'erano ancora cose che poteva fare per isolare il suo mondo dalle forze esterne che potevano danneggiarlo. Presa la sua decisione, Nahiri giurò che i planeswalker non avrebbero mai più messo piede su Zendikar.
Nei Videogame[]
In ManaStrike[]
Nahiri è una dei planeswalker che può essere sbloccata solo dal negozio del gioco con gold o gemme. Usa il mana bianco e rosso e attacca solo le unità di terra. Quando i suoi punti salute scendono al di sotto di una certa quantità, si trasforma in Nahiri doppia lama e attacca molto più rapidamente. Dopo la trasformazione diventa indistruttibile per un breve periodo di tempo. La sua abilità le permette di cambiare tutte le sue carte nella mano con spada di Nahiri, una carta incantesimo che infligge danni ad area alle creature e alle costruzione nemiche.
Referenze[]
- Rappresentato in:
- Nahiri, Erede degli Antichi
- Nahiri, Forgiata nella Furia
- Nahiri, l'Araldo
- Nahiri, la Litomante
- Nahiri, la Spietata
- Nahiri, Tempesta di Pietra
- Mostrato in:
- Bellicomanzia di Nahiri
- Brivido della Possibilità
- Determinazione di Nahiri
- Disincantare
- Distorsione Strutturale
- Fare Breccia
- Frantumare la Sorgente
- Enclave Celeste Risvegliata
- Imprigionamento di Nahiri
- Ira di Nahiri
- Lame di Pietra di Nahiri
- Litomorfosi di Nahiri
- Macchinazioni di Nahiri
- Maneggiare Senza Cura
- Ordigno Litomorfico
- Rottura della Scintilla
- Sacrificio di Nahiri
- Sete di Sorin
- Singolar Tenzone
- Testi di colore:
- Bombardamento Litomantico
- Cacofonia Dissennante
- Costrutto di Ugin
- Determinazione Spietata
- Dichiarazione nella Pietra
- Fenditrice Vulshok
- Avversario Alaroccia
- Impalatore Ardito
- Invocare dalla Cieca Eternità
- Piaga Litomorfica
- Stone Idol Generator
Galleria[]
Galleria
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Curiosità[]
- Le forgiapietra sono una tipologia di maghe Kor di Zendikar capaci di creare armi dal metallo presente nelle rocce. La capostipite di questa classe è Nahiri e tutte le forgiapietra successive si sono ispirate inconsapevolmente alla figura della planeswalker per modellare il proprio aspetto.
- L'aspetto di Nahiri è stato ispirato dall'immagine della Mistica Forgiapietra, che nonostante la grande somiglianza, non rappresenta la planeswalker.
- Nella storia web La restaurazione di Sorin, quando Sorin sentì che Ugin aveva avuto uno scontro con un altro planeswalker inizialmente aveva sospettato che si trattasse di Nahiri per poi scoprire che in realtà si trattava di Nicol Bolas.
- Il breve scontro tra Nahiri e Sorin in Vecchie e nuove promesse viene mostrato dal punto di vista di Sorin e avviene circa mille anni prima della Riparazione. La parte finale dello scontro tra i due viene poi mostrato nella storia web Pietra e sangue, dal punto di vista di Nahiri e rivela la parte finale della storia, visto che in "Vecchie e nuove promesse" era stato lasciato in sospeso.
- Sempre in "Pietra e Sangue", Nahiri dice di essere 1000 anni più giovane di Sorin. Tuttavia, per planeswalker vecchi come loro, è un'indicazione sommaria e poco precisa. 1000 anni possono essere un arrotondamento, sia per eccesso che per difetto della data di nascita di Nahiri.
- Da dopo la Riparazione, Nahiri è la prima planeswalker allineata al mana bianco a ricoprire il ruolo di personaggio malvagio; e anche la terza antagonista centrale legata al mana bianco dopo Takeshi Konda e Elesh Norn.
- A una domanda di un fan che ha chiesto che parte di Nahiri è ancora nella filosofia del bianco visto che in Luna Spettrale è così chiaramente folle ed egoista, come un puro personaggio rosso, Maro ha risposto che Nahiri non è semplicemente motivata dai suoi interessi personali. Ritiene che il suo mondo sia stato messo in grave pericolo da Sorin. Le sue azioni sono almeno parzialmente motivate dal fatto che ritiene di agire per il meglio dell’intero multiverso. Inoltre, il metodo con cui ha messo a punto il suo piano è molto bianco. Ha organizzato e pianificato molto accuratamente. Non ha compiuto semplicemente la prima azione che le passava per la testa; al contrario, ha analizzato con attenzione ogni mossa.
- A causa della sua carnagione, alcuni cultisti di Nephalia la scambiarono per un vampiro.
Collegamenti esterni[]
Espansioni | Blocco di Zendikar (Zendikar • Worldwake • Ascesa degli Eldrazi) • Magic Origins • Blocco di Battaglia per Zendikar (Battaglia per Zendikar • Giuramento dei Guardiani) • Rinascita di Zendikar • L'Avanzata delle Macchine
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Luoghi | Akoum • Bala Ged • Guul Draz • Murasa • Tazeem • Ondu • Sejiri
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Storia | Ascesa degli Eldrazi • Culling • Primo Risveglio
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Nativi | Kiora • Nahiri • Nissa Revane
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Pubblicazioni | A Planeswalker's Guide to Zendikar • Zendikar: In the Teeth of Akoum • The Art of Magic the Gathering: Zendikar • Zendikar: la situazione è cambiata • Le leggende di Rinascita di Zendikar
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