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Non c'è vera arte senza una vera sofferenza.

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Kaito Origin Stories: A Test of Loyalty & The Path Forward è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Akemi Dawn Bowman e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 16 dicembre 2021. Racconta parte della storia di Kaito Shizuki.

Racconto precedente: Episodio 5: Finché morte non ci separi

Storia[]

UNA PROVA DI LEALTÀ[]

La strada brulicava di kami quella sera. Molti degli spiriti notturni di Towashi consideravano il Festival delle Lanterne uno dei loro preferiti. In altre circostanze, Kaito avrebbe potuto apprezzare un po’ di mimetizzazione in più. Parte del suo lavoro richiedeva la capacità di muoversi per le strade non visto… e un’orda di kami era una soluzione ideale. Ma stava esaurendo il tempo a sua disposizione. Se non avesse completato l’incarico di lì a poco, un altro Ineluttabili avrebbe ottenuto il suo giorno di paga.

                  ART (Non disponibile di Kamigawa: Neon Dynasty)

A Kaito non era servito molto tempo per trovare il suo bersaglio. I giocatori d’azzardo erano famosi per non riuscire a mantenere i segreti, e questo aveva alle sue spalle diversi debiti ed amicizie rovinate. Ma se Kaito avesse agito troppo presto, avrebbe potuto rischiare di spaventarlo. E in una serata come quella, con fitte folle e una gran quantità di spettacoli di fuochi d’artificio, c’erano migliaia di posti in cui un estraneo avrebbe potuto nascondersi.

Un gruppo di bambini superò Kaito correndo, tenendo strette nei pugni delle stelline luminose e gridando di gioia. Lui sussultò a quel suono.

Era passato solo un anno dalla scomparsa dell’imperatrice. Dodici mesi da quando Kaito inseguì il misterioso straniero fuori dal tempio di Kyodai.

Il resto di Kamigawa poteva anche aver continuato normalmente con la propria vita, ma quando Kaito vide le vivide lanterne rosse del festival che volteggiavano nel cielo, gli spiedini di ravioli di riso ricoperti di sciroppo in tutte le bancarelle della strada e il Kami dei Bagordi Gioiosi sfrecciare per i tetti in tutta la sua brillante gloria, non percepì neppure un briciolo di gioia. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era la sua amica.

Kaito avrebbe festeggiato il giorno in cui l’imperatrice sarebbe tornata a casa.

Camminò sotto la tettoia di parasoli al neon che riparava i venditori ambulanti, dove un terzetto di kami elettrici bisticciava vicino ad una delle tremolanti stufe esterne. Il più piccolo dei tre spiriti saltò verso l’alto, e le sfere metalliche che fluttuavano attorno al suo corpo dalle fattezze industriali si illuminarono di irritazione. Kaito alzò una mano per schermare gli occhi da quella luce abbagliante, sbattendo le palpebre diverse volte prima che i kami si sparpagliassero per la via in cerca di un’altra fonte di energia. Quando tornò a vedere normalmente, fu quasi sicuro di aver perso completamente di vista il proprio bersaglio.

E probabilmente sarebbe successo se non fosse stato per la sgargiante giacca dell’uomo.

I bordi brillavano di un giallo fluorescente, e presentava un motivo a carpe koi lucide ed olografiche. Era una scelta audace per un uomo che doveva dei soldi a Satoru Umezawa.

Ma nei festival c’era qualcosa che convinceva erroneamente la gente ad abbassare la guardia.

Senza un suono, Kaito si avvicinò all’uomo vestito di giallo, osservandolo mentre si appollaiava su una delle sottili sedie in legno davanti ad un banchetto del curry. Si sporse verso il bancone, pronunciando parole frettolose e biascicate ad una donna con la fronte sporca di farina e un grembiule schizzato di gocce di curry.

I Ineluttabili Hyozan non volevano testimoni. Kaito doveva stare attento.

Strisciò tra i clienti vicini, muovendosi come se non fosse altro che uno sbuffo di fumo nelle ombre. Camminò dietro all’uomo senza fermarsi e, con un fluido movimento della mano, Kaito raggiunse la parte interna della giacca dell’uomo e prelevò il suo portafogli.

L’uomo non percepì nulla. Kaito se ne assicurò.

Seguendo la folla in movimento verso il limitare del mercato, Kaito si allontanò dall’obiettivo. Quando fu sicuro di non essere stato seguito, si fermò all’angolo della strada, aprì il portafogli e contò le traslucide banconote all’interno.

La maggior parte delle persone di Kamigawa preferiva utilizzare i chip di credito attaccati ai polsi, ma chi aveva una propensione per il gioco d’azzardo non era così sciocco da utilizzare della tecnologia indossabile. Chi frequentava le sale da gioco di Towashi aveva un detto: rischia solamente ciò che puoi permetterti di perdere. Per evitare la tentazione di rischiare ogni cosa, i giocatori d’azzardo preferivano la moneta fisica rispetto ai chip di credito.

Fortunatamente per Kaito, negli anni aveva acquisito alcune nuove abilità… tra cui quella del borseggio.

Scorse con il pollice tutte le banconote, contandole per sicurezza una seconda volta prima di estrarre un tablet in miniatura dalla tasca. Un giorno sperava di potersi permettere della tecnologia utilizzabile senza mani, come le lenti a retina che aveva visto sfoggiare ad alcuni degli altri Ineluttabili ma, per ora, doveva accontentarsi di quel comunicatore obsoleto.

Il dispositivo gli scansionò gli occhi, poi si materializzò un ologramma sfocato. Kaito mosse un dito, scorrendo i dettagli di ogni voce attiva, finché non apparve un’immagine pixellata del volto del giocatore d’azzardo. Al di sotto si trovava il nome dell’uomo, quanti soldi doveva a Satoru e alcuni consigli sui luoghi in cui avrebbe potuto nascondersi.

Kaito digitò un messaggio in codice nel dispositivo e premette il tasto di invio. La voce del bersaglio si illuminò, diventando da blu a rossa, prima di sparire. Nello spazio lasciato vuoto apparve scritta la parola “Completato”.

Su tutto Kamigawa, gli Ineluttabili Hyozan avrebbero ricevuto la stessa notifica.

Avrebbero saputo che Kaito aveva completato un altro incarico e che si sarebbe diretto al covo di Satoru nella Città Sotterranea per ricevere la taglia.

Kaito rimise il dispositivo in tasca, mentre il suono dei tamburi e dei fuochi d’artificio del festival riecheggiava dietro di lui. Era vero che non era ancora pronto per festeggiare… ma ciò non significava che non sentisse la fame. Kaito prese alcune banconote in più dal portafogli del giocatore d’azzardo, si incamminò verso il banchetto più vicino e comprò il più grosso spiedino di ravioli che poté trovare. Mentre si dirigeva verso la stazione dei treni, con lo shoyu che gocciolava da una mano, Kaito si rese conto che anche se lavorare per Satoru non era stata la sua prima scelta, essere un Ineluttabili aveva i suoi vantaggi.

La Città Sotterranea era ombreggiata da grattacieli incombenti e vivaci alberi di ciliegio che non riuscivano a mascherare il tanfo delle fogne a cielo aperto vicine. Kaito stava svolgendo incarichi per gli Ineluttabili Hyozan da quasi un anno. Si era abituato alle parti peggiori del ventre di Towashi. Si era abituato persino alle persone… che erano ben peggio di qualunque cosa uscisse dalle fogne.

Kaito alzò il polso verso la porta a pannelli, dopodiché una luce rossa scansionò la sua chiave elettronica indossabile. La sicurezza era scarsa rispetto al Palazzo Imperiale, ma chiunque avesse un po’ di buonsenso non avrebbe mai tentato di fare irruzione nel territorio degli Ineluttabili. Un sistema di sicurezza era una mera formalità.

La porta si aprì scorrendo, e Kaito scese una scalinata di metallo fino ad un ampio atrio nel quale erano ammassati dei tavoli da gioco per le carte ed un bancone di neon era appoggiato alla parete posteriore. Gli Ineluttabili erano appollaiati sulle sedie o in piedi davanti alle porte, con i volti semi-nascosti da maschere decorate in modo elaborato con denti e corna appuntite. Sulle braccia si potevano vedere dei tatuaggi colorati. Alcuni dei sottoposti ne avevano soltanto uno o due, ma i ranghi più elevati avevano tatuaggi che partivano dai polsi e risalivano fino alle spalle.

Per quasi tutti gli Ineluttabili, il primo era il tatuaggio di lealtà. Se avessero tradito Satoru, il marchio di iniziazione avrebbe divorato la loro carne, portandoli infine ad una morte lenta e dolorosa. Kaito non era il più giovane sottoposto tra di loro, ma essere sulla soglia dei sedici anni lo rendeva abbastanza giovane da evitare l’iniziazione.

Cercò di non pensare per quanto altro tempo sarebbe durato.

Non che Kaito avesse intenzione di non essere leale. Satoru gli aveva dato un lavoro, dopotutto, oltre che un luogo dove vivere e del cibo da mangiare. Se non fosse stato per gli Hyozan, Kaito starebbe ancora vagando per Towashi a sopravvivere con le poche monete racimolate dai canali di scolo… e forse qualche altra dalle tasche degli stranieri ignari.

Ma Kaito non si era unito agli Ineluttabili Hyozan per i soldi. La vasta rete della gang gli dava accesso ad ogni frammento di informazioni criminali esistente. Se qualcuno avesse potuto sapere qualcosa riguardo ad un uomo con un braccio di metallo, sarebbero state sicuramente le spie di Satoru.

Se fosse significato trovare l’aggressore dell’imperatrice, Kaito avrebbe sopportato un tatuaggio di lealtà e sarebbe rimasto nella Città Sotterranea per tutto il tempo necessario. Era un piccolo prezzo da pagare per riportare a casa la sua amica.

Una figura massiccia che indossava un’armatura su misura a forma di insetto si mise sulla strada di Kaito, con delle sopracciglia spesse quanto un bruco. Ansimava, con alito pesante e occhi iniettati di sangue. “Mi hai fregato l’obiettivo”.

Kaito adocchiò la katana dell’uomo, la cui lama brillava di un rosso spietato. Molte delle armi degli Ineluttabili erano imbevute di veleno o possedevano potenziamenti illegali. L’unica cosa che aveva Kaito era un piccolo coltello più adatto a tagliare la frutta che a spargere sangue, ma l’ultima volta che si era recato all’armeria quel coltello era l’unico che potesse permettersi. Kaito non si tirava mai indietro da un conflitto, ma non poteva negare che non fossero affatto alla pari. Quindi ribatté a parole, sperando che non gli sarebbero costate un naso rotto.

“Se un nome è sulla lista, è una preda valida” controbatté Kaito con freddezza. “Non è colpa mia se sei stato troppo lento e non ci sei arrivato per primo.”

L'Ineluttabile fischiò attraverso i suoi denti storti. “Il giocatore d’azzardo è stato segnato come obiettivo solo stamattina. Come sei riuscito a trovarlo così velocemente?”

“C’era un festival” commentò Kaito. “La gente va dove c’è il cibo.”

“Potrei dire che hai avuto fortuna, ma non ti sei nemmeno sporcato le mani di sangue.” Strinse gli occhi. “Se stai rimandando la cosa per guadagnare tempo… per cercare di tenerci lontani da lui, così che tu possa raccogliere la taglia…”

A quell’insinuazione, qualche altro Ineluttabile alzò gli occhi dal tavolo da gioco lì vicino. Una era una donna muscolosa con dei guanti di metallo che le arrivavano ai gomiti, e ogni dito appuntito terminava con un ago affilato. Kaito l’aveva già vista all’opera: un movimento della sua mano rilasciava una tipologia particolare di tossina che faceva sbocciare fiori velenosi dalle ferite inflitte.

“Conosco il codice” disse Kaito, e fece sì che anche gli altri potessero udirlo. “E non ho bisogno di mentire per un giorno di paga… di malmenare un bersaglio solo per sentirmi importante.” Fece spallucce. “La voce sulla lista diceva che aveva un debito di denaro, così gli ho preso il denaro.”

“Sei arrogante per essere un sottoposto, e troppo tenero per essere un Ineluttabile.” L’uomo inclinò la testa con fare accusatorio. “La pietà è per gli Imperiali.”

“Non è stata pietà” ribatté Kaito. “Semplicemente non vedo l’utilità di sprecare il mio tempo ferendo qualcuno quando ci sono un sacco di altri incarichi che potrei fare. Non veniamo pagati a ore.”

“No”, intervenne la donna dalle dita metalliche, facendo intravedere un tatuaggio sulla clavicola. “Ma è molto divertente farli supplicare.”

Gli altri risposero con una risata, e quel suono trapassò l’animo di Kaito come un pugnale ghiacciato. Sapeva che se non fosse stato attento, un giorno avrebbe potuto trovare lo stesso tipo di pugnale conficcato nella sua schiena.

Arrivò una donna alta dai capelli nerissimi, e le risa cessarono. Kaito percepì un brivido penetrargli nelle ossa, riempiendolo con un senso di vuoto. Dei fili di fumo nero le giravano attorno come serpi fantasma. A differenza di coloro che incanalavano la magia dei kami attraverso il rispetto reciproco, questa donna utilizzava un approccio diverso. Aveva permesso ad Azamuki, il Kami del Tradimento Personificato, di possederla, e più di una volta. Lei credeva che così facendo le venissero conferite allucinazioni e visioni profetiche di ciò che sarebbe accaduto in futuro.

L’unica cosa che Kaito riusciva a vedere era il colore grigio morente della sua pelle ed il modo in cui il nero dei suoi occhi straripava nelle orbite bianche, come se il kami non avesse solo preso in prestito una parte di lei… ma come se avesse consumato proprio la sua anima.

“Satoru desidera parlarti” disse con la sua voce vuota, indicando con una mano una delle stanze sul retro.

Kaito la seguì senza proferire parola, contento di allontanarsi dagli altri, ma percepì i propri nervi muoversi a fior di pelle. Era raro che Satoru convocasse qualcuno. Quando lo faceva, la gente che entrava nel suo ufficio di solito usciva con un dito o alcuni denti in meno… se ne uscivano vivi.

Kaito sentiva il peso del portafogli dell’estraneo. Satoru sapeva che aveva preso un po’ di soldi per comprare degli spiedini di ravioli? Kaito aveva contato il denaro diverse volte. Ce n’erano abbastanza per saldare il debito dell’obiettivo. Quello che aveva preso Kaito era in più… non poteva essere considerato un furto ai danni di Satoru.

Vero?

La donna spinse la porta per aprirla, e Kaito camminò goffamente all’interno, spalancando gli occhi quando vide Satoru seduto dietro la sua scrivania, con vividi tatuaggi che risalivano fin dietro le sue orecchie. I suoi capelli neri erano raccolti in una stretta crocchia e una dura espressione gli corrugava l’intero volto. Dell’armatura metallica era posizionata strategicamente sul suo petto e le sue braccia, ma c’erano dei pannelli a vista lungo le spalle e lo stomaco che mostravano i suoi marchi colorati. Appesa al collo aveva una maschera anti-gas verde neon con delle spirali blu dipinte, che la facevano sembrare le fauci di un mostro.

Satoru non fece cenno a Kaito di sedersi. Non disse una parola. Si limitò a fissare Kaito in un modo tale da fargli cedere le ginocchia.

“Posso spiegare” disse velocemente Kaito. “Sapevo di dovervi portare un po’ di guadagno oltre al debito. Stavo pedinando il tizio dal pomeriggio, quindi quando ho sentito l’odore dello shoyu…”

Satoru alzò una mano per interromperlo, e Kaito chiuse immediatamente la bocca.

Quando il capo degli Ineluttabili Hyozan continuò a rimanere zitto, Kaito tirò fuori il portafogli dalla tasca e lo posizionò attentamente sul tavolo in mezzo a loro.

Gli occhi di Satoru si abbassarono, prima di fare un gesto verso l’incanalatrice lì presente. Lei prese il portafogli e si allontanò per contarne il contenuto. Dopo un attimo, si limitò ad annuire.

Satoru mise i gomiti sul tavolo e unì le mani, sporgendosi in avanti. “Sono colpito dalla tua abilità nel pedinare i tuoi obiettivi. È la terza volta questa settimana che depenni un nome dalla lista nello stesso giorno in cui è stato inserito.”

Kaito deglutì, stringendo i pugni come se dovesse proteggere le proprie dita.

“Tuttavia” disse Satoru. “Nonostante la tua efficienza sia degna di lode, non sono sicuro tu abbia afferrato cosa significhi mandare un messaggio.”

La gola di Kaito bruciava. Aveva bisogno di quel lavoro. Aveva bisogno di essere in un luogo dal quale poteva aiutare l’imperatrice. Non poteva permettersi che Satoru dubitasse di lui.

“Ci sono dei Ineluttabili che sanno mandare un messaggio, ma non depennano dalla vostra lista tanti nomi quanto faccio io.” Kaito sapeva di essersi dimostrato troppo audace, ma era l’unica cosa che poteva fare per mascherare l’incertezza della sua voce. “Sono il migliore sottoposto che avete.”

“Eppure non hai il marchio di lealtà.” Satoru indicò la pelle scoperta di Kaito, per poi spostarsi al grande schermo sulla parete. Apparvero diversi rettangoli che mostravano i video di sorveglianza dell’atrio. Li aveva osservati per tutto il tempo. “Sembra che non sia io l’unico a chiedermi se tu abbia veramente il fegato per fare questo lavoro.”

“Sono qui per mia volontà.”

“Sì.” Satoru fece una pausa. “Vivevi a Eiganjo prima di venire da noi. Ho già visto dei samurai Imperiali lasciare il palazzo per uno diverso stile di vita e, ogni tanto, qualcuno capita anche qui. Ma se ne vanno perché vedono un sistema spezzato.” I suoi occhi si incupirono. “Non mi sembri uno a cui importano molto i sistemi.”

I ricordi della sua infanzia fecero scaldare le guance di Kaito. Si sentiva ancora in colpa… non per aver lasciato il palazzo, ma per aver lasciato Eiko. Non che lei non l’avrebbe seguito oltre le mura. Ma il cuore di lei apparteneva al palazzo e a tutto ciò che rappresentava.

Il cuore di Kaito non apparteneva a nulla. O almeno non a qualcosa che poteva essere spiegato semplicemente.

Kaito si irrigidì. “Scappai via perché sapevo che ciò che volevo dalla vita non era qualcosa che avrei trovato a Eiganjo.”

“E cos’è che vuoi?”

Kaito fece spallucce. “Soldi. Una spada migliore.” Scoprire cos’è successo all’imperatrice e riportarla a casa.

A quella risposta, Satoru ridacchiò, con la fronte ancora corrugata. “Ho un incarico per te”, disse infine. “Uno che non è sulla lista.”

“Un incarico?” Kaito sbatté gli occhi dall’incredulità. Forse avrebbe potuto tenersi tutte le dita.

Satoru si appoggiò allo schienale della sedia. “C’è un lunantropo a Otawara, un prodigio Futurista a quanto dicono, che sta creando dei prototipi per connettere i kami alla tecnologia. La sua ricerca può essere venduta a caro prezzo sul mercato nero. Ed è solo questione di tempo prima che i rivali degli Hyozan ne sentano parlare e abbiano la stessa idea.” Inclinò la testa per studiare attentamente Kaito, prima di abbassare il mento. “Voglio che tu mi porti quegli schemi.”

La paga sarebbe stata buona, come per tutti gli affari da mercato nero, ma sarebbe stato anche un modo per dimostrare la sua lealtà a Satoru. Senza dover mandare alcun messaggio.

Kaito annuì bruscamente. “Consideratelo fatto.”

“Ti invierò i dettagli tramite il comunicatore.” Satoru fece un cenno con la mano. “Ora puoi andartene.”

Kaito lasciò la stanza, ignorando il modo in cui l’incanalatrice lo osservava con quegli occhi neri e calcolatori, e una volta uscito in strada tra le ombre di un edificio multi-piano, estrasse il suo tablet appena in tempo per vedere un messaggio privato lampeggiare sul suo oloschermo.

C’era solo una foto, e un nome.

Tameshi.

Otawara non era affatto come la superficie. Moltissimi edifici erano ricoperti di vetro e metallo, e riflettevano il Piano come se stessero puntando un riflettore su ogni piccolo movimento. C’erano droni di sorveglianza ovunque, ed enormi mecha a origami che si aggiravano ai confini della città fluttuante.

Dopo la scomparsa dell’imperatrice, gli Imperiali incolparono i Futuristi dell’attacco. Kaito si chiese se l’attivazione delle difese dei Futuristi fosse una reazione alle accuse o se i loro sistemi di sicurezza non intendessero tanto proteggere, quanto nascondere qualunque cosa stessero combinando nei loro laboratori.

Non era un segreto che ai Futuristi piacesse forzare i confini della tecnologia. Ma forse erano già andati oltre lo sporgersi dalla linea… forse ci erano già saltati oltre.

Kaito avrebbe mentito se avesse detto che quel pensiero non catturò il proprio interesse.

Quando Kaito riuscì finalmente a recuperare informazioni su dove si trovasse Tameshi, scoprì che il lunantropo non era più nemmeno a Otawara. Aveva spostato la sua ricerca nel Distretto di Boseiju: la foresta piena di kami, nonché dimora dell’Ordine di Jukai.

Pedinare un obiettivo e irrompere in un laboratorio era una cosa, ma innervosire i kami? Quelli a Boseiju si trovavano lì per allontanarsi dal resto di Towashi. Tolleravano appena l’Ordine di Jukai. Era parte del motivo per cui a Eiganjo si addestravano così tanti diplomatici dei kami per cercare di mantenere la pace tra il regno mortale e quello degli spiriti.

La foresta non sarebbe stata un territorio amichevole. Non senza qualcuno che potesse fare da mediatore. Perciò contattò l’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo e che condivideva la sua stessa causa.

Kaito camminava sotto le arcate alla periferia di Boseiju. Dei pilastri di pietra scolpiti con le forme di antichi kami si trovavano in bilico per tutto il giardino di muschio, con le bocche spalancate per lasciare spazio alle offerte. Alcune di esse ospitavano frutta, mentre altre contenevano origami di animali scarabocchiati con alcuni messaggi per gli spiriti che dovevano ancora entrare nel regno umano. Dietro al tempio si ergeva un grande portale di unione, che faceva brillare i colori attorno con sfumature metalliche.

La gente sapeva che non doveva avvicinarsi troppo. Nessuno sapeva esattamente cosa sarebbe successo se un mortale avesse provato a dirigersi nel vuoto. Ma i kami ogni tanto si manifestavano attraverso i portali, e nonostante gli Imperiali li avessero costruiti per mantenere sicuri gli attraversamenti, l’Ordine di Jukai costruì dei templi per assicurarsi che i kami si sentissero accolti. Credevano che gli spiriti fossero una parte sacra della natura da onorare.

Kaito non aveva mai compreso appieno il motivo di trattare i kami come se fossero divinità. C’era un qualcosa nel vedere un kami letargico crogiolarsi al sole su un mucchio di fango che li rendeva meno… eterei.

Udì uno scricchiolio di passi nelle vicinanze, e Kaito sollevò la testa, vedendo sua sorella in piedi qualche metro più avanti.

Le sue spalle si rilassarono. “Eiko. Sei venuta.”

Si era tagliata i capelli dall’ultima volta che l’aveva vista. Erano tagliati corti e in modo rigoroso, e la facevano sembrare più grande. Il modo in cui le sue labbra erano contratte e gli occhi socchiusi… aveva dei tratti stranamente volpini. Come una versione umana di Passo Felpato, pensò Kaito, incurvando leggermente la bocca a quella somiglianza.

Eiko incrociò le braccia. “Non essere così felice. Se vuoi che ti aiuti, ci sono delle regole.”

Kaito alzò le mani con fare innocente. “Non mi sarei aspettato nulla di meno.”

“Innanzitutto, non sono qui per rubare alcunché. Sono qui per proteggere i kami da chiunque sia questo Tameshi. Perché se sta facendo ciò che dici, connettere la tecnologia ai kami, allora sta infrangendo la legge imperiale e minacciando l’equilibrio tra i due regni. E, qualora il tuo giudizio sia pessimo come ho memoria, assolutamente nessuna arma. Non possiamo far sentire minacciati i kami in nessun modo.”

“Ottimo discorso” disse allegramente Kaito. “Ma se avessi avuto bisogno di un compagno di battaglie, mi sarei rivolto a qualcuno della Città Sotterranea. Tu sei qui perché ho bisogno di un’Imperiale che mi guidi attraverso la foresta da dietro il velo della diplomazia.”

“Tu sai che non sono ancora ufficialmente una diplomatica dei kami, vero?” Fece notare Eiko. “Non ho completato il mio addestramento.”

“Ma l’Ordine di Jukai non deve saperlo. E con un po’ di fortuna, non li incontreremo nemmeno. Sei qui solo per assicurarti che i kami non ci attacchino lungo il confine della foresta.”

“No” ribatté Eiko. “Io sono qui per fermare il tuo amico.”

“È un obiettivo, non un amico.”

Ci fu un secondo di silenzio, e quando Eiko riprese a parlare, la sua voce si era addolcita. “Perché lo stai facendo, Kaito? Se unirti ai Ineluttabili Hyozan è il tuo modo di farla pagare a Passo Felpato per non averti creduto, allora-”

“Non è così” la interruppe Kaito.

L’espressione di Eiko si frantumò. “Allora perché stai lavorando per dei criminali?”

“Lo sto facendo per l’imperatrice” rispose Kaito, con voce tesa. “Mi sono già arrivate voci riguardo un’organizzazione segreta che non è schierata con i Futuristi con gli Ineluttabili. Il palazzo non mi ha dato ascolto sull’uomo con il braccio di metallo, ma so ciò che ho visto… e se si farà vedere a Kamigawa, gli Ineluttabili lo verranno a sapere.” Scosse la testa. “Satoru sta già mettendo in dubbio la mia lealtà. Se non gli porto ciò che vuole, tornerò alla situazione di quando lasciai il palazzo, senza piste e senza nessuno che mi voglia aiutare.”

Dopo quella frase, Eiko non disse nulla.

Kaito serrò la mascella. “Ho solamente bisogno della ricerca di Tameshi. Dopo aver portato gli schemi a Satoru e confermato la mia posizione tra gli Ineluttabili, potrai dire agli Imperiali tutto ciò che devi.”

Eiko rimase pensierosa per un po’, con la tensione che si stava accumulando sulle spalle. “Bene” disse infine.

Kaito cercò di non sembrare troppo grato, qualora lei cambiasse idea. Fece un cenno con la testa verso gli alberi. “Dovremmo andare, finché c’è luce. Preferirei evitare di incappare nel Kami dei Sepolcri Vuoti nel bel mezzo della notte.” Lui fece un sorrisetto, quasi come un’offerta di pace. “Soprattutto considerando il fatto che il tuo piano è di andare disarmati.”

“Oh, l’ho già incontrata. È abbastanza gentile.” Commentò Eiko, sistemandosi i bracciali di metallo attorno all’avambraccio. “Se fossi in te, sarei più preoccupata del Kami delle Radure Dimenticate. Lei è famosa per essere territoriale.”

Kaito ebbe il buonsenso di non ridere, anche se gli occhi di Eiko brillavano divertiti, e seguì sua sorella nella foresta.

Eiko era in piedi di fronte al Kodama dell'Albero dell'Ovest. Torreggiava sopra di lei di quasi dieci metri, con larghe membra ricoperte di corteccia e la bocca tesa, con linee di linfa dorata. Una decina di boccioli luminescenti circondavano la testa del kami e una miriade di rami più piccoli scendevano dalle sue spalle come se fosse una chioma di capelli.

Kaito si tamburellava il braccio con le dita, osservando la presentazione in lontananza. Non sapeva esattamente cosa stesse dicendo sua sorella, o quanto fosse scocciato quel kami nel vedere due intrusi così vicini al confine della Foresta di Jukai, ma dopo un po’ di tempo Eiko si inchinò profondamente e tornò al fianco di Kaito.

“Dice che possiamo attraversare senza problemi, a patto di non oltrepassare il fiume” spiegò attentamente Eiko. Diede un’occhiata dietro di sé e abbassò la voce. “Non ho fatto menzione di Tameshi. Ho pensato che se avessero saputo di una minaccia nella foresta le cose si sarebbero potute complicare.”

Kaito fece un sorrisetto. “Mentire ai kami? Passo Felpato approverebbe?”

Eiko si corrucciò. “Non farmene pentire.”

Camminarono per quasi un’ora. Gli occhi di Kaito cercavano negli alberi più lontani dei segni del nuovo terreno di ricerca di Tameshi: terra appiattita, tracce fresche, metallo dove non avrebbe dovuto esserci. Ma se Tameshi era davvero vicino, aveva fatto un lavoro meticoloso per nascondere la sua presenza.

Kaito percepì la freddezza di Eiko, di fianco a lui, e si voltò per guardarla negli occhi. Il mento di lei sporgeva all’infuori, e la sua bocca era serrata, come una linea impenetrabile. Era lo stesso sguardo che faceva da bambina quando era preoccupata di essere sgridata… di solito a causa degli errori di Kaito.

A lei non piaceva mentire ai kami. Ma Kaito si chiese se anche la possibilità di deludere Passo Felpato stesse pesando sulle sue spalle. Non avrebbe potuto biasimarla se fosse stato veramente così; si ricordava fin troppo bene quella sensazione. L’unica differenza stava nel fatto che Eiko voleva veramente rendere orgogliosa la loro mentore, mentre Kaito… voleva che Passo Felpato fosse orgogliosa della persona che già era, e non del samurai che lei sperava sarebbe diventato.

Il terreno tremò senza preavviso, e Kaito balzò all’indietro, afferrando il pugnale prima ancora che i suoi occhi avessero individuato la minaccia.

Non fu un attacco: solo un lento movimento di un kami della roccia che stava scavando la terra in profondità per farsi ombra.

Kaito si rilassò, ma il duro sguardo di Eiko gli fece arrossire le guance.

“Pensavo che fossimo d’accordo sull’assenza di armi” sibilò lei.

Kaito rispose facendo timidamente spallucce. “Non la considererei nemmeno come arma. È più uno strumento di sopravvivenza. In base al punto di vista, potresti persino considerarlo un piccolo utensile da cucina.”

“Il mio punto di vista è che tu hai estratto una lama non appena hai visto un kami muoversi!” rispose bruscamente Eiko. Si afferrò il ponte del naso con le dita. “Questo è esattamente quello che temevo.”

Kaito infilò il pugnale nella cintura, non più interessato a nasconderlo sotto i vestiti. “Non è successo nulla. Nessuno si è fatto male.”

“Non capisci quanto la cosa sia grave? Se minacci i kami, non metti in pericolo solo noi due… metti in pericolo anche tutto ciò per cui ho lavorato.”

Kaito si irritò. “Non dovevi venire per forza.”

“Invece sì.”

“No.” Kaito fece un passo per avvicinarsi. “Avresti potuto riferire agli Imperiali di Tameshi. Avrebbero mandato qui dei samurai, l’avrebbero arrestato e si sarebbero assicurati che la sua ricerca venisse distrutta. Conoscevi i rischi, e hai comunque scelto di venire. E ti sono grato per l’aiuto, ma non è che puoi-”

“Non sono venuta qui per aiutarti” confessò Eiko, improvvisamente.

Kaito sussultò.

Lei strinse i pugni. “Io… non sto cercando di ferire i tuoi sentimenti. Ma non si tratta solo di fermare la ricerca di Tameshi. Si tratta di dimostrare che cosa è quella ricerca.”

Kaito corrugò la fronte. “Di cosa stai parlando?”

“Ho visto anch’io qualcosa quella notte, Kaito. La notte in cui l’imperatrice è scomparsa.”

Kaito percepì come se l’intera foresta fosse diventata un’ondata di marea. Irrigidì le ginocchia, con gli occhi fissi su sua sorella, in attesa di una spiegazione.

Eiko si morse il bordo del labbro, in cerca delle parole giuste. “Quando suonarono gli allarmi, io… io ho provato a cercarti. Ero a metà della strada che attraversava i giardini degli studenti quando ti vidi correre verso il tempio di Kyodai. E fu in quel momento che vidi qualcosa sul tetto.”

Il cuore di Kaito iniziò a correre. “Hai visto l’uomo? Quello che stavo inseguendo?”

Lei scosse la testa. “Non era un uomo… era una luce. Era chiara e splendente come una stella, e poi esplose. Tutti gli altri erano così concentrati a cercare verso le mura, ma io stavo cercando te. E la luce… si trasformò in un animale, per poi svanire. Quando scoprii che l’imperatrice era scomparsa, ero sicura che le due cose fossero collegate in qualche modo. Che forse i Futuristi avevano trovato un modo per utilizzare i kami come arma.”

                  ART (Non disponibile di Kamigawa: Neon Dynasty)

Kaito si passò una mano tra i capelli, frustrato. “Te l’ho già detto mille volte… ciò che è successo non ha niente a che fare con i Futuristi. C’era un uomo nel tempio quella notte. Un uomo che si trovava nella stessa stanza dov’era stata vista l’imperatrice per l’ultima volta. Ecco chi è il responsabile della sparizione dell’imperatrice. Non un animale lucente.”

Lei strinse gli occhi. “Hai detto che la ricerca di Tameshi ha a che fare con l’unione tra i kami e la tecnologia. E se fosse esattamente ciò che vidi sul tetto?”

Kaito la fissò, cambiando la propria espressione quando comprese. “Passo Felpato non ti ha creduta.”

Eiko sbatté gli occhi.

“Non considerò seriamente ciò che avevi visto, nello stesso modo in cui non credette a me.” Kaito riconobbe di averla colta nel vivo dai suoi occhi. “Ecco perché sei venuta: per dimostrarle che avevi ragione.”

“Lo fai sembrare infantile.”

Kaito non riuscì a trattenere una risata. “Perché è infantile. E anche se non ti avesse presa sul serio? Non aveva creduto nemmeno a me. Ma almeno tu hai sempre avuto l’approvazione di Passo Felpato fin da quando eravamo bambini.”

L’espressione di Eiko vacillò, gli occhi divennero vitrei. “Kaito…”

Kaito distolse lo sguardo. “Sei sempre stata la migliore di noi due. E non mi aspettavo che Passo Felpato vedesse qualcosa di diverso. Ma quella notte ero nel tempio a supplicare il concilio di ascoltarmi, e nessuno di loro lo fece.” Deglutì per liberarsi del nodo alla gola. “Forse non ti ascoltarono allora, ma la differenza tra me e te è che un giorno lo faranno.”

“Io credo in ciò che hai visto, lo sai” disse sommessamente.

“Tu credi che lui fosse un Futurista” Kaito alzò lo sguardo. “E non è ciò che ho visto io.”

Eiko annuì. “Forse la ricerca di Tameshi darà ragione ad uno di noi.” Esitò. “Puoi ancora tornare a casa, lo sai. Non è troppo tardi per continuare il tuo addestramento.”

“Quella non è la mia vita. Non più. Ma tu?” Kaito fece comparire un sorriso sincero. “Tu sarai fantastica.”

Eiko gli prese la mano, la strinse e si voltò per continuare sul sentiero. A volte, le parole non dette tra loro due erano le più rumorose di tutte.

Oltre al letto di roccia successivo si trovava una scalinata in pietra che si avvolgeva attorno a una collina. Dalla cima cadeva una piccola cascata, che scorreva sul pendio muscoso per raccogliersi in una pozza al di sotto. La terra battuta creava livelli irregolari sul fondale del fiume, facendo riecheggiare la radura col suono dell’acqua impetuosa, fino a raggiungere il cuore della foresta.

Kaito sapeva che il luogo migliore per nascondersi a Towashi era in mezzo alle grandi folle. Forse nella Foresta di Jukai bisognava andare vicino alle cascate più rumorose.

Eiko allungò una mano per fermare i movimenti di Kaito. “Non possiamo andare oltre. L’avevo promesso al Kodama dell’Albero dell’Ovest.”

Kaito indicò la nebbia oltre gli alberi più avanti. “Se Tameshi si trova qui, sarà vicino al fiume, dove c’è rumore e può nascondere le sue tracce.” Lanciò un’occhiata ad Eiko. “L’unica promessa che ho fatto è stata nei confronti dell’imperatrice… e non me ne vado di qui senza la ricerca.”

Ignorando le lamentele di Eiko, Kaito camminò cautamente sulle pietre che emergevano dal corso d’acqua, stando in equilibrio. Quando raggiunse la riva fangosa, barcollò per trovare il giusto ritmo prima di afferrare un pugno di folta vegetazione e issarsi su per la collina rocciosa. Si voltò per vedere se sua sorella fosse riuscita ad attraversare il fiume… ma se n’era andata.

Non aveva ragione di sentirsi ferito. Aveva infranto quasi tutte le regole di lei, ed entrambi avevano tantissimo da perdere se qualcosa fosse andato storto.

Ma l’amarezza di venire abbandonato gli pizzicò il cuore. Forse era ciò che aveva provato Eiko quando lui se n’era andato da Eiganjo.

Si chiese se ora non fossero pari.

Senza più sua sorella, sarebbe stata questione di tempo prima che lei riferisse tutto agli Imperiali. I sentimenti non avevano importanza… Kaito doveva trovare Tameshi prima che qualcun altro venisse a cercarlo.

Chinandosi per evitare un ramo basso, Kaito trovò un sentiero tra le colline che conduceva ad una radura. Pigiò con un dito sul proprio polso, animando un drone di metallo a forma di gru, che si divise in frammenti affilati prima di svolazzare in aria. Kaito si toccò la tempia ed inviò il drone in alto, stringendo gli occhi davanti all’immagine distorta che tremolava attraverso il collegamento con la telecamera. Si era ritrovato in mezzo a diverse baruffe durante il suo periodo con gli Ineluttabili, e il suo drone ne aveva pagato il prezzo.

Non aveva senso utilizzare quella tecnologia danneggiata per rintracciare qualcuno nelle fitte folle di Towashi, ma Kaito stava cercando una sola persona nella foresta. Indipendentemente da quanto fosse sfocato il collegamento, era meglio di niente.

La gru sfrecciava tra gli alberi, e Kaito le era subito dietro, sempre vicino al fiume. Quando individuò del metallo dalla telecamera, sapeva di essere vicino.

L’acqua scrosciante in ogni direzione mascherava il rumore completamente, ma il laboratorio improvvisato era quasi impossibile da non notare. Disposti sul lato di un albero caduto si trovavano una serie di strani macchinari, tutti connessi tramite cavi e luce distorta. La struttura era composta quasi completamente da scarti metallici, compresa una grossa scatola d’acciaio in bilico dall’altro lato.

Kaito fece un passo in avanti. La scatola si dimenò a quel movimento.

Non era una scatola… era una gabbia. E c’era qualcosa intrappolato all’interno.

Kaito udì un rametto spezzarsi sopra al suono delle cascate roboanti, ma quando riuscì a voltarsi era già troppo tardi. Tameshi era partito in vantaggio… e lo sfruttò per sferrare un pugno contro la guancia di Kaito.

Kaito barcollò, stringendo rapidamente tra le dita il suo pugnale e puntando la lama contro il lunantropo. Tameshi aveva la pelle di color lilla chiaro e i capelli raccolti con un nodo alto. La sua corporatura smilza e il viso glabro rivelavano che fosse giovane. Poteva avere al massimo un paio d’anni in più di Kaito.

Tameshi alzò un sopracciglio, con la tunica blu che sventolava mentre lui si librava in aria, e rise. “Non immaginavo che i monaci di Jukai fossero così… primitivi.” Inclinò la testa. “Ho visto coltelli migliori per squamare il pesce.”

“Non sto con l’ordine” rispose Kaito, studiando il linguaggio del corpo di Tameshi in cerca di punti deboli.

“Questo spiega il vestiario della Città Sotterranea. Un Ineluttabile, presumo?” Fece una pausa, facendo alcune considerazioni. “Sapevo che prima o poi si sarebbe sparsa voce della mia ricerca. Sono solo sorpreso che non siano stati gli Imperiali i primi a venire qui.”

“Cosa posso dire? Indurre le persone a sottovalutarmi è la mia specialità.”

Tameshi fece un cenno con la testa verso la triste imitazione di un’arma che impugnava Kaito. “Sei libero di tornare quando sarai più preparato. Detesterei metterti in imbarazzo nei prossimi cinque minuti.”

Kaito sfoggiò un sorriso. “Se l’avessi resa troppo facile, non mi sarei riuscito a divertire con te.”

Tameshi fece spallucce. “Preparati.” Estrasse una piccola bacchetta dalla cintura e premette leggermente un pannello sul petto. In un attimo, la bacchetta si ingrandì, espandendosi come se si stesse dispiegando un origami, finché non si trasformò in un bastone di metallo con un lato seghettato. Tameshi lo fece roteare alcune volte tra le mani.

“Va bene, ora però ti stai dando delle arie” mormorò Kaito, cercando risolutezza nella propria voce. Aveva la sensazione che gli sarebbe servita.

Tameshi caricò, spazzando con il suo bastone all’altezza delle gambe di Kaito. Kaito saltò, si mise in equilibrio e roteò con il pugnale stretto nel pugno. Tameshi colpì di nuovo verso il basso con il bastone, e Kaito rotolò fuori portata, tagliando l’aria. Non riusciva a raggiungere Tameshi… non con quel bastone che bloccava ogni suo colpo. Riusciva a raggiungere a malapena la sua tunica.

Ma Kaito si era addestrato con i migliori maestri di Kamigawa. Di tutte le cose che aveva imparato, la più importante era che se il suo avversario era più forte, lui aveva bisogno di essere più veloce.

Appena Tameshi cercò di colpire nuovamente, Kaito non esitò. Incastrò la sua lama contro il lato seghettato del bastone con forza sufficiente a tenerlo fermo, poi afferrò l’impugnatura con la mano libera e alzò di colpo la gamba, colpendo la testa di Tameshi.

Il colpo spostò Tameshi di lato, ma il lunantropo tornò a volare in alto, fluttuando in aria con la presa ancora ben salda sulla propria arma. Kaito si rifiutò di mollare la stretta sul bastone e si impuntò con i piedi nel terreno.

Tameshi contrattaccò, scendendo velocemente verso terra. Puntò il proprio gomito verso il mento di Kaito, ma questi non vacillò. Utilizzò il proprio peso per far girare Tameshi su sé stesso, mantenendo il bastone davanti al petto del lunantropo, finché non riuscì a tirare l’impugnatura contro la gola del suo avversario.

Tameshi era più alto, e più forte, ma Kaito non si era mai tirato indietro davanti a un combattimento. E Kaito non poteva permettersi di perdere proprio quello… non quando aveva bisogno dei Ineluttabili per aiutarlo a trovare l’uomo che aveva visto sul tetto. Tutto ciò che faceva Kaito era nell’ottica di riportare a casa l’imperatrice. Era la migliore amica di Kaito… e valeva ogni rischio, indipendentemente dalle probabilità di successo.

Kaito tirò forte, e Tameshi faticava a respirare contro l’asta di metallo, spingendola lontano con tutta la sua forza. Kaito lo sentì boccheggiare, ma l’unica cosa che riusciva a vedere era il colore rosso, incrollabile e disperato.

La voce di Eiko lo fece riprendere dalla propria furia. “Kaito, cosa stai facendo? Lascialo andare!”

Spostò immediatamente gli occhi verso sua sorella, tenendo ancora la stretta salda sul bastone. “Pensavo te ne fossi andata!”

“Dovevo lasciare un’offerta ai kami. Poiché al contrario di quanto credi, mostrare rispetto e seguire le regole può effettivamente fare la differenza.” Si avvicinò di diversi passi, con un’autorità che rese affilate le sue parole. “Fermati prima di soffocarlo a morte. Ti sei dimenticato che ha ancora le informazioni che ci servono?”

Kaito digrignò i denti. “Ha iniziato lui!”

“Non mi interessa” sibilò Eiko. “Non è così che gestiamo le relazioni diplomatiche.”

Kaito respirò profondamente prima di liberare Tameshi con una spinta. Strinse entrambi i pugni attorno al bastone.

Tameshi si piegò su sé stesso, tossendo violentemente. Quando l’aria gli tornò nei polmoni, lanciò uno sguardo ad Eiko. “Allora” disse, raschiando la voce e massaggiandosi la gola, “hanno mandato anche degli Imperiali, alla fine.”

Eiko, in tutta risposta, incrociò le braccia.

Kaito osservò attentamente il cielo, prima di premersi la tempia per richiamare il suo drone. Ci impiegò solo pochi secondi ad arrivare, e quando lui allungò il braccio, la gru si piegò come carta per reinserirsi comodamente al suo polso.

Gli occhi di Tameshi si spalancarono dalla sorpresa. “Dove lo hai preso?”

“È stato un regalo” disse Kaito, a bassa voce. “Da qualcuno che incontrai tanto tempo fa.”

“Conosci Katsumasa?” Tameshi lasciò cadere le braccia. Il fuoco nei suoi occhi svanì, sostituito da una strana forma di stima.

“Come conosci quel nome?” chiese Kaito. Erano passati anni da quando aveva incontrato il lunantropo nei giardini Imperiali, ma si ricordava ancora il suo aspetto. Inoltre si ricordava ancora delle cose di cui parlava Katsumasa, riguardo al futuro e alla tecnologia, e di come Kaito avesse la sensazione che ci fosse ancora così tanto che voleva sapere.

“È stato il mio mentore. Il drone che hai tu… è il progetto sul quale abbiamo lavorato insieme.” Uno scintillio di orgoglio riempì gli occhi di Tameshi. “È ciò su cui sto basando la mia ricerca.”

Eiko si accigliò, con gli occhi accesi di rabbia. “I tuoi esperimenti con i kami e la tecnologia… sono una violazione delle fondamenta stesse di Kamigawa.”

Tameshi si imbronciò. “Io sto cercando di proteggere i kami.”

“È per quello che ne tieni uno in gabbia?” Eiko marciò verso l’equipaggiamento disposto in vista. Non c’era un lucchetto sulla cassa, ma spalancò l’apertura talmente forte che Kaito si chiese se un lucchetto sarebbe riuscita effettivamente a fermarla.

                 ART (Non disponibile di Kamigawa: Neon Dynasty)

Lei fece un passo indietro, in attesa dell’apparizione di un kami, quando il muso argentato di un tanuki di metallo fece capolino con la testa da dietro l’angolo, producendo diversi bip ed un fischio.

Kaito strabuzzò gli occhi. “Cos’è quello?”

Il robot saltò sul terreno, con gli arti che ticchettavano come se migliaia di pezzi metallici stessero assestandosi nelle loro posizioni, e ruotò la testa verso Kaito. Gli occhi sui suoi pannelli lo scansionarono, e per un istante Kaito fu certo che quella fosse una manifestazione di curiosità da parte del robot.

“Ve l’ho detto” sbuffò Tameshi, raddrizzandosi. “La mia ricerca serve per aiutare i kami… e il resto di Kamigawa. Sappiamo che i nostri due regni si stanno unendo e che un giorno diventeranno una cosa sola. Ma sappiamo ancora così poco su ciò che si trova oltre i portali di unione, e di quali saranno le conseguenze sui nostri simili una volta che l’unione si sarà completata. Se abbiamo intenzione di comprendere pienamente i kami, abbiamo bisogno di un modo sicuro per poterli studiare. Un modo che preservi l’esistenza dei kami su Kamigawa. La tecnologia non deve essere ideata solo per noi… può essere anche per i kami.” La sua voce era entusiasta, e forse un po’ agitata.

Ma Kaito non riuscì a vedere del male nelle sue motivazioni. Si voltò verso Eiko, per vedere cosa stesse pensando, quando si rese conto che ancora non si era mossa.

Gli occhi di lei si erano fissati sul tanuki metallico, con le labbra leggermente aperte, come se fosse stata indotta in una trance. “Questo robot è quasi identico all’animale che vidi io.” Si voltò verso Kaito. “Quello che apparve dal lampo di luce.”

Kaito aggrottò la fronte, voltandosi verso Tameshi. “Mia sorella pensa che questa tua creazione sia la ragione per la quale l’Imperatrice di Kamigawa è sparita. Hai intenzione di difenderti da questa accusa?”

“Ciò di cui mi stai accusando è impossibile. Questa creazione non esisteva nemmeno fino a qualche mese fa.” Le spalle di Tameshi si abbassarono. “Ma conosco la creatura di cui parli. Anch’io la sto cercando.”

“Perché?” incalzò Kaito. “E cosa ha a che fare con l’imperatrice?”

“La luce che hai visto era la nascita di un kami. Un kami molto raro, e unico nel suo genere. Si tratta dell’incarnazione della relazione che l’imperatrice condivide con Kyodai ed il regno degli spiriti” spiegò Tameshi. “Da qualche tempo lo sto inseguendo per tutta Kamigawa e sto cercando un modo per proteggerlo.” Indicò il tanuki metallico. “È per questo che ho costruito questo prototipo.”

Eiko incrociò le braccia. “Ci sono migliaia di kami tutt’intorno a noi, e nessuno di essi ha mai avuto bisogno di un robot per essere protetto.”

“Un kami che incarna una connessione con il regno degli spiriti potrebbe avere un effetto drastico sui portali di unione” disse Tameshi, e a Kaito non sfuggì l’allerta nella sua voce. “Ci sono variabili che non abbiamo considerato. Quindi sì, voglio proteggerlo, ma voglio anche studiare la sua relazione tra i due regni.” Fece spallucce. “Creare una connessione tra kami e macchina gli fornirebbe la difesa di cui ha bisogno. Pensatela come una tuta mecha protettiva. Ci permetterebbe di rintracciare il kami e assicurarci che rimanga al sicuro. E che anche noi rimaniamo al sicuro.”

“Quella stessa ricerca potrebbe permettere a qualcuno di manipolarlo” fece notare Eiko. “Se il kami può davvero influire sui portali di unione, daresti essenzialmente lo stesso potere a chiunque ne abbia il controllo.”

Kaito ebbe un vuoto allo stomaco. Se Satoru avesse saputo la verità, non avrebbe mai venduto gli schemi al mercato nero. Avrebbe tenuto il kami per sé. E se lo spirito avesse veramente avuto una sorta di potere sui portali di unione?

Avrebbe reso i Irriducibili Hyozan il gruppo più forte della città. Forse addirittura di tutta Kamigawa.

Nessuno avrebbe dovuto detenere tanto potere.

Prima che chiunque altro potesse dire un’altra parola, un rumore riecheggiò fuori dal canyon. Un suono che Kaito conosceva fin troppo bene. Un grido, una canzone ed un sussurro, come fossero tre voci stratificate l’una sull’altra.

La voce di Kyodai.

“Non può essere” mormorò Kaito. Si mosse lentamente in mezzo all’erba, con gli occhi puntati in lontananza, alla ricerca di un lampo di luce del grande kami.

Kyodai non lasciava mai il tempio. Se lei era lì, nella Foresta di Jukai…

Voleva dire che l’imperatrice…

Che l’imperatrice era tornata?

Kaito non aspettò. La speranza nel suo cuore era troppo potente. Troppo disperata. Ignorando le grida di avvertimento di Eiko e Tameshi, rincorse quel suono.

Combatté rami e spine, scalciando cumuli di terra finché il petto non iniziò a bruciargli. C’erano così tante cose che voleva dirle.

Ma, principalmente, voleva solo vedere il suo viso e sapere che stesse bene.

Kaito scivolò fino a fermarsi ai piedi di un enorme albero di canfora, con i rami che si piegavano in spirali e le foglie che brillavano di verde smeraldo.

Ma lì non si trovava Kyodai, e nemmeno l’imperatrice.

Invece vide il kami a forma di tanuki, dai lucenti occhi bianchi e dalla pelliccia traslucida.

Ed il kami vide lui.

LA STRADA DEL PROGRESSO[]

Il petto di Kaito era dolorante. Aveva veramente pensato che l’imperatrice potesse essere nella Foresta di Jukai… e che udire la voce di Kyodai fosse un segno del fatto che avesse finalmente trovato la via di casa.

Ma il kami tanuki che si trovava nell’erba non era l’amica che aveva perduto. E di sicuro non era l’antico kami del tempio.

La creatura lanciò un altro richiamo stratificato, ma meno potente.

Con il bastone di Tameshi ancora tra le mani, Kaito cadde lentamente in ginocchio, con gli occhi fissi sul volto lucente del kami. Tameshi disse che era l’incarnazione del legame dell’imperatrice con Kyodai. Se era davvero così, vuol dire che lì c’era anche parte di lei? Lei… il kami… avrebbe riconosciuto Kaito?

Appoggiò l’arma a terra e si mise una mano sul petto. “Non voglio farti del male.”

Era venuto alla Foresta di Jukai per la ricerca di Tameshi, ma ora che sapeva a cosa avrebbe potuto condurre, e che cosa rappresentava il kami…

Gli si formò un nodo in gola. Doveva tenere il kami al sicuro.

Delle foglie si alzarono dietro di lui, ed un oggetto scuro sfrecciò dalla boscaglia, un corpo di metallo che brillava sotto il sole. Volò in cerchio attorno a Kaito prima di abbassarsi lentamente di quota. Quando atterrò sul terreno vicino al kami, avevano una forma quasi identica. La differenza stava nel fatto che uno fosse chiaramente un robot, mentre l’altro era luminoso come una stella, con diversi globi dorati che roteavano adagio attorno al suo corpo. Erano come le sfere che scorrevano sul dorso di Kyodai, solo molto più piccole.

Il robot emanò un bip. Il kami rispose con un saluto stratificato.

                 ART (Non disponibile di Kamigawa: Neon Dynasty)

Eiko e Tameshi apparvero sulla collina. Quando i loro sguardi si spostarono sul kami, Eiko si lasciò sfuggire un gridolino. Si avvicinò lentamente al fianco di Kaito, con la mano stretta al tessuto vicino al collo. “Ha… ha detto qualcosa?”

Kaito scosse la testa. “Kyodai parlava telepaticamente all’imperatrice. Forse questo kami funziona allo stesso modo.” Incrociò lo sguardo di Eiko. “Dobbiamo proteggerlo.”

Eiko annuì come se non ci fosse alcun dubbio sul da farsi. Quando vide il robot tanuki, la sua faccia fece una smorfia. Inspirò prima di voltarsi verso Tameshi. “Mi stavo chiedendo in che modo stessi seguendo così facilmente mio fratello. Non hai costruito solo un’armatura… hai costruito un drone.”

Tameshi alzò le mani all’aria. “Dobbiamo poter localizzare il kami se si perde o viene ferito.”

“I droni sono stati trasformati in armi con i potenziamenti giusti” protestò Eiko. “Hai una vaga idea di quali potrebbero essere le ripercussioni per una cosa del genere?”

Kaito cercò di immaginare una Kamigawa dove gli spiriti scorrazzavano in giro con spade e armature, come mecha in miniatura. Spiriti che potevano essere controllati da persone come Satoru.

Quel pensiero fu sconfortante.

“Non è quello lo scopo della mia ricerca” disse Tameshi, con fermezza. “Il progetto non prevede il controllo dei kami… prevede che siano al sicuro.”

“Al sicuro da cosa?” chiese Eiko.

La mascella di Tameshi si irrigidì. “Da qualsiasi cosa ci sia dall’altro lato dei portali di unione.”

Kaito ed Eiko caddero in silenzio. Non stava solo cercando di studiare i kami e l’unione. Voleva studiare cosa c’era dall’altro lato.

“Stai cercando di rispedire i kami nel regno degli spiriti” chiarificò Kaito.

“Se riesco a trovare un modo per connettere i kami al drone, poi, ad un certo punto, vorrei farlo.” Tameshi sospirò. “C’è ancora così tanto che dobbiamo imparare. E la conoscenza è là fuori… dobbiamo solo essere abbastanza coraggiosi da trovare la chiave e aprire la porta.”

“A te non interessano i kami. Stai solo cercando di proteggere le informazioni che ti porterebbero se potessero passare da un regno all’altro.” Eiko serrò i denti. “La tua ricerca minaccia l’equilibrio di Kamigawa. Non può continuare.”

Tameshi era stoico. “Abbiamo già la capacità di incanalarci con i kami. È veramente così diverso?”

“Un incanalatore ha costruito una relazione con il kami. C’è fiducia e rispetto reciproco. Dovrebbe essere un dono.” Eiko sembrava esasperata. “Ciò che vuoi fare tu è imprigionare il loro potere e darlo al miglior offerente.”

“No, io-” iniziò Tameshi, ma Eiko non aveva finito.

“Forse non avevi intenzione che diventasse un’arma, ma lo è. E se la tua ricerca viene diffusa, un giorno qualcuno la userà a proprio vantaggio.”

Tameshi distolse lo sguardo, confuso. “Non è l’avidità a guidare ciò che sto cercando di compiere, ma la comprensione. I cancelli di unione sono la dimostrazione che nella vita esiste qualcosa oltre ciò che sappiamo. E avere quel tipo di conoscenza, scostare il velo dell’ignoto, può richiedere sacrifici che alcuni non hanno la volontà di compiere.”

Eiko scosse la testa. “Il potere richiede equilibrio. E, nelle mani sbagliate, la tua conoscenza potrebbe distruggere i portali di unione. Potrebbe distruggere Kamigawa.”

Tameshi chiuse gli occhi. “Tu lo dici perché sei troppo testarda per guardare al futuro. Per guardare ciò che Kamigawa diventerà un giorno e i passi che dobbiamo compiere per assicurarci che quel futuro rimanga stabile.” I suoi occhi si spalancarono all’improvviso. “Gli Imperiali ci deluderanno tutti se non si decidono a prendersi dei rischi maggiori per studiare l’unione.”

“Noi stiamo proteggendo il Piano che abbiamo adesso.” La voce di Eiko non vacillò. “La tua ricerca… deve essere distrutta.”

A quella frase, le spalle di Tameshi si abbassarono. “Sono così vicino. Se potessi solo-”

Il piccolo kami ululò nuovamente, alzando la voce come avvertimento. L’istinto di Kaito si trovava in accordo con l’agitazione del kami. C’era qualcosa che non andava. La foresta era diventata fin troppo silenziosa, e percepiva un vuoto nell’aria, quasi come… Kaito si irrigidì. L’ultima volta che si era sentito in quel modo era nel covo di Satoru.

L’erba frusciò nelle vicinanze, e Kaito si girò, individuando le spie di Satoru. Cinque Ineluttabili Hyozan, con cinture ricolme di lame e le braccia segnate da inchiostro colorato. Quella davanti a tutti era la donna con gli aghi sui guanti.

Nari, l'Ineluttabile esperta in veleni, con i capelli raccolti in una treccia alta. E dietro di lei si trovava l’incanalatrice di Satoru. Nari mostrò i denti. “Satoru porge i suoi saluti.”

                  ART (Non disponibile di Kamigawa: Neon Dynasty)

Kaito cercò di non reagire quando dei tentacoli di fumo nero fuoriuscirono dalla pelle dell’incanalatrice, dimenandosi in aria come vipere. “Non mi ricordo di aver richiesto una balia” disse lui.

Nari inspirò dal naso, agitando i suoi artigli in aria. “Satoru si è sempre chiesto se tu non fossi una spia. Un ex samurai è una cosa, ma uno studente Imperiale?” Fece un suono di disapprovazione. “Difficile credere che qualcuno possa lasciare quelle belle mura, a meno che non gli venga ordinato di farlo.”

“Mi dispiace deludervi, ma non sono una spia.” Le dita di Kaito erano agitate ai suoi fianchi. Il suo coltello era incastrato nella cintura e il bastone era ancora nell’erba. Non c’era possibilità di raggiungere una delle due armi prima che gli Ineluttabili attaccassero. “Satoru lo sa bene. Perché pensi che mi abbia scelto personalmente per questo incarico?”

Persino le parole di lei erano intrise di veleno. “Probabilmente per la stessa ragione per cui ha chiesto a noi di tenerti d’occhio.”

Lo avevano osservato. Come aveva fatto Kaito a non accorgersene? Come aveva fatto a non percepirli?

Per un attimo poté udire la voce di Passo Felpato nella testa, che gli diceva che era stato troppo sfrontato e sicuro di sé, che il suo ego gli aveva creato dei punti ciechi.

Kaito cercò di non incupirsi. Bluffare era l’unica carta che gli era rimasta.

“Se mi stavate pedinando, sapete che sono venuto qui per gli schemi” disse con una scrollata di spalle.

Anche se avessero effettivamente seguito Kaito, che cosa mai avrebbero potuto avere gli Ineluttabili su di lui? Fino al suo incontro faccia a faccia con il kami, non aveva mai avuto intenzione di fare il doppio gioco con Satoru. Tutto ciò che aveva fatto precedentemente era per ottenere la ricerca di Tameshi.

L’incanalatrice sollevò il suo grigio volto. “Tu sai che io incanalo Azamuki, il Tradimento Personificato.” Lei non sbatteva le palpebre, ma quando il fumo assunse la forma di chele insettoidi che si prolungavano dalla sua colonna vertebrale, Kaito fece diversi passi indietro. “Pensavi veramente che non avrei percepito il tuo, di tradimento?”

Uno degli Ineluttabili si mosse velocemente, afferrando Eiko e premendole una spada contro il collo.

Kaito strinse i pugni, con il viso che iniziava a scaldarsi. “Se le fate del male-”

Nari fece un cenno con la mano. “Hai cercato un’Imperiale che ti aiutasse. Un’Imperiale che sapevi avrebbe fatto rapporto su di noi.” Alzò una delle sue sottili sopracciglia. “È l’unica prova di cui avrà bisogno Satoru per capire che tu sei una spia.”

La mente di Kaito cercò disperatamente di ideare al volo un piano. Ma l’unica cosa che poteva fare era guadagnare tempo. “Mi volevate incastrare fin dall’inizio?” chiese lui, deciso a far continuare quella conversazione il più a lungo possibile. “Satoru voleva veramente la ricerca?”

“Certo che sì” rispose Nari. “Avrai anche potuto fingere la tua lealtà, ma non i tuoi talenti. Sperava che ci conducessi da Tameshi.” Fece vedere i canini. “E l’hai fatto.”

Kaito inspirò profondamente quando udì il kami muoversi dietro di lui. Non era sicuro che gli Ineluttabili avessero capito la sua importanza, o se sapessero quanto fosse raro, ma Kaito aveva compreso nell’istante in cui aveva sentito la sua voce.

Doveva allontanare il più possibile gli Ineluttabili dal kami.

Kaito cercò di attirare la loro attenzione. “Gli schemi non sono qui. Sono al suo accampamento.” Si voltò verso il lunantropo. Se Tameshi voleva davvero proteggere il kami, quella era l’unica soluzione.

Nonostante il volto di Tameshi fosse pallido, annuì convinto, come se avesse capito la situazione meglio di Kaito. “Posso portarvici” disse agli Hyozan. “Ma solo se lasciate andare gli altri.”

Che cosa stai facendo? Voleva sibilargli Kaito. Tameshi era praticamente uno sconosciuto. Non doveva nulla a Kaito. Ma stava cercando di farli uscire illesi nell’unico modo che aveva a disposizione.

Nari rise. “Non sei proprio nella posizione di poter trattare.”

Tameshi si incupì. “Non capirete mai la ricerca. Non senza il mio aiuto. Quindi, o li lasciate andare, o non vi dirò un bel niente.”

Nari avanzò a grandi passi verso di lui, alzando il mento di Tameshi con una mano, e un’unghia pericolosamente vicina a bucargli la pelle. “Lo farai.” Lei inclinò la testa e fece un cenno ad una delle altre spie. “Non dobbiamo avere testimoni. E non dimenticate il kami.” Incrociò lo sguardo stupito di Kaito. “Qualcosa mi dice che ci potrebbe servire.”

Kaito ringhiò, e stava piegando le ginocchia per scagliarsi contro la spia più vicina quando Eiko lanciò la testa all’indietro contro la faccia del suo rapitore. Mentre l'Ineluttabile si lamentava per il dolore, Eiko alzò una manica che rivelò un’arma nascosta. Una spira di metallo si districò da lei, con le lame in miniatura connesse da una brillante luce bianca che finirono per formare una spada. Lei afferrò l’elsa e colpì il collo di un altro Ineluttabili con velocità impeccabile.

Kaito non ebbe il tempo di rimanere a bocca aperta... si lanciò contro uno degli Ineluttabili e lo bloccò al terreno. Sferrando diversi pugni contro il volto dell’uomo, Kaito usò il diversivo per raccattare il bastone di Tameshi.

Lo recuperò appena in tempo per bloccare una lama d’acciaio lanciata verso il proprio petto. Gli Ineluttabili divennero un turbine di furia e acciaio. Kaito indietreggiò, continuando a bloccare i colpi ed evitandone il più possibile, fino a raggiungere Eiko sul campo di battaglia.

“Cos’è successo al tuo ‘niente armi’?” riuscì a gridare Kaito, mentre combattevano schiena contro schiena.

Eiko grugnì, dando un calcio in pieno petto ad uno degli assalitori. “È questa la diplomazia. Quando le parole falliscono, usiamo le nostre lame.” La spada di lei colpì la carne e, mentre l’uomo cadeva, lanciò uno sguardo dietro di sé. “Avevo detto a te niente armi perché sapevo avresti fatto l’esatto opposto.”

Alcuni metri più lontano, Tameshi atterrò vicino al kami. Kaito non riusciva a udirlo sopra il frastuono delle armi, ma riuscì a capire dal modo in cui lui stava maneggiando il robot che stesse cercando di farlo unire al kami.

Ma il kami si rifiutò.

Kaito si stava sforzando sotto la spada di Nari. L’unica cosa a tenerla lontana era il bastone di metallo tra di loro. Lui grugnì, spinse forte e brandì la propria arma fino ad incontrare quella di lei.

Kaito e sua sorella potevano anche essere stati addestrati dai migliori samurai d’élite di Kamigawa, ma erano in palese inferiorità numerica. Con ogni scontro del metallo contro il metallo, la paura emergeva verso la superficie della mente di Kaito.

Se fosse successo qualcosa a sua sorella, non se lo sarebbe mai perdonato. Sapeva che lei avrebbe protetto il kami. Che si sarebbe assicurata che la ricerca di Tameshi non cadesse mai nelle mani sbagliate. Avrebbe fatto ciò che era meglio per Kamigawa e per l’imperatrice. Se solo uno dei due sarebbe dovuto uscire vivo da quel combattimento, lui voleva che fosse Eiko.

“Prendi Tameshi e il kami, poi scappate” sibilò Kaito.

“Qualsiasi cosa tu stia pianificando, puoi scordartelo” sibilò in risposta Eiko. “Non ti lascio indietro.”

Kaito aprì la bocca per ribattere, ma un ruggito si fece strada dagli alberi. Gli Ineluttabili esitarono solo per un istante, e quando Kaito alzò lo sguardo verso il promontorio, la speranza gli pervase il petto.

Era arrivato l’Ordine di Jukai.

In piedi sulla vetta della collina c’era una donna con delle fiamme gialle nelle mani. Sette rocce lucenti fluttuavano al suo fianco, e indossava un elmo di ossa. Intorno a lei si trovavano almeno una decina di altri incanalatori di kami, vestiti con armature in cuoio e pronti a combattere.

                  ART (Non disponibile di Kamigawa: Neon Dynasty)

Nari emise un urlo gutturale, e poi… il caos.

L’Ordine di Jukai si scontrò con gli Ineluttabili nella radura, la foresta silenziosa fino a poco prima si riempì di urla di battaglia. Era un turbine di fumo nero e fiamme gialle.

Kaito afferrò Eiko per un braccio e tirò. “Dobbiamo andare!”

Il respiro di Eiko era affannoso. “Ma l’Ordine-”

“-non sarà molto gentile con noi se vincerà questo combattimento” fece notare Kaito. “Qui non è sicuro. Per nessuno di noi.” Si voltò a guardare il kami tanuki. Qualsiasi cosa sarebbe successa, doveva portare lo spirito fuori dalla foresta.

Tameshi spedì il suo drone tra le nuvole per nasconderlo. “Ho provato a spiegarglielo, ma lei non verrà con me.”

“Lei?” ripeté Kaito, fissando le profondità dei lucenti occhi del kami. Si inginocchiò per avvicinarsi a lei. “Queste persone… ti faranno del male se ne dai loro la possibilità. Devo portarti in un posto sicuro.”

Il tanuki ricambiò lo sguardo.

Kaito tornò a respirare, sperando che il silenzio fosse un accordo tra loro due. “Ti prego di non mordermi” disse a bassa voce, per poi raccogliere il kami tra le sue braccia.

Quando lui iniziò a correre, Eiko e Tameshi lo seguirono.

La foresta era una macchia sfocata di muschio e corteccia. A Kaito bruciava la gola dopo ogni falcata, cercando di recuperare più fiato possibile. Esisteva solo un luogo in cui era certo che il kami sarebbe stato al sicuro, ma prima aveva bisogno di oltrepassare il confine, lontano dalla Foresta di Jukai.

Tameshi ed Eiko non erano molto lontani. Riusciva a sentire i passi di sua sorella e lo spostamento d’aria ogni volta che Tameshi volava al di sotto di un ramo. Il lunantropo avrebbe potuto abbandonarli in qualsiasi momento e sfrecciare verso Otawara senza pensarci due volte. Ma non lo fece. Rimase al loro fianco, dimostrandosi più amico che nemico.

Kaito decise che un giorno, se fossero riusciti ad uscire dalla foresta tutti interi, avrebbe trovato un modo per ripagarlo.

Il terreno tremò, e Kaito si bloccò sul posto. “Ti prego, dimmi che è un altro kami di roccia” disse cautamente, osservando la terra in cerca di un movimento. Eiko apparve al suo fianco, col volto completamente pallido.

Un kami sbucò fragoroso dal fiume, e l’intera foresta sembrò rabbrividire in risposta a quell’azione. Con un grido spacca-timpani, lo spirito si fece strada tra gli alberi, facendone cadere uno con un semplice movimento del suo braccio scheletrico.

Si muoveva con scatti erratici, e aveva dei lunghi arti che allungava verso l’esterno, come se stesse ricercando qualcosa utilizzando il tatto. Due globi di innaturale luce verde si accesero all’interno di un delicato volto di pietra, ma il sorriso inciso che mostrava non rappresentava l’ira manifestata dal suo corpo. Magro come uno scheletro, aveva abbastanza gambe e braccia da fare a gara con un insetto, e pesanti ragnatele nere che coprivano la sua silhouette deforme come un velo. Da una delle sue dita ossute pendeva un filo di seta, al quale era fissata una lanterna di carta che ondeggiava davanti al suo petto come un pendolo.

Illumina-Tombe, il Kami delle Radure Dimenticate

“Io… cercherò di parlarle” mormorò Eiko, talmente a bassa voce che Kaito quasi non la udì.

“È decisamente troppo pericoloso” iniziò a dire Kaito, ma lei gli appoggiò una mano sull’avambraccio, e poi si portò un dito alle labbra. Voleva che lui stesse in silenzio.

Il kami si precipitò verso di loro, con la testa ruotata in modo strano alla ricerca di suoni, come se i suoi occhi lucenti non potessero vedere assolutamente nulla.

Eiko si inchinò, fissando gli occhi a terra. “Io sono Eiko Shizuki del Palazzo Imperiale, nonché Diplomatica dei Kami.” Nell’attimo in cui parlò, il kami si buttò a terra di fronte a lei. I capelli di Eiko ondeggiarono a quel movimento, ma lei non indietreggiò. “Non era nostra intenzione disturbarvi, né intendiamo rimanere in questa foresta a lungo. Chiediamo di poter passare per tornare a Boseiju.”

Illumina-Tombe spalancò la sua bocca di pietra, troppo larga per essere lontanamente considerata umana, e l’unica cosa che riuscì a vedere Kaito fu un orribile vuoto oscuro.

Il kami si fermò a pochi centimetri dal collo piegato di Eiko, percependo la sua postura e la sua presenza. Quando Illumina-Tombe indietreggiò troppo rapidamente, Kaito non sapeva se lo stesse facendo per andarsene o per attaccare.

Diede per scontato che fosse la seconda opzione.

“No!” gridò Kaito, scattando da dove si trovava nell’erba per scivolare di fronte a sua sorella.

Il kami ululò, Kaito strinse il tanuki vicino al petto e avvolse con un braccio Eiko per cercare di proteggerla.

Per cercare di proteggere entrambi.

Il Kami delle Radure Dimenticate si fece strada tra gli alberi, spezzando rami e sollevando terra, e puntò dritto verso la schiena esposta di Kaito. Ma prima che potesse mettere a segno il suo attacco, il kami tanuki saltò via dalle braccia di Kaito e volò verso lo spirito più grande.

Attorno a loro esplose una luce stellare.

Kaito strabuzzò gli occhi. Non riusciva a vedere ciò che stava accadendo… la luce era troppo forte, ed entrambi i kami si stavano muovendo troppo velocemente. Ma ci fu abbastanza tempo per rimettere Eiko in piedi e spingerla verso Tameshi.

“Andate!” gridò Kaito. “Io vi raggiungo!”

Tameshi prese Eiko per la vita e la sollevò lontano dalla terra divelta e dai detriti scagliati, mentre Kaito corse indietro per recuperare il tanuki.

Alzò una mano quando cercò di guardare la fonte di luce alla ricerca della piccola creatura. E riuscì a vederla, che scattava a destra e sinistra cercando di distrarre Illumina-Tombe… ma sembrava che l’unico effetto che stesse ottenendo fosse quello di farla infuriare.

Il Kami delle Radure Dimenticate portò un braccio all’indietro, preparandosi a colpire il tanuki con tutta la sua forza, ma Kaito fece un balzo, afferrò il piccolo kami, e fece una capriola per allontanarsi. Con forza letale, il braccio si schiantò contro il terreno della foresta, facendo tremare il bosco intorno.

Kaito cercò gli occhi del tanuki, agitato. Non c’era posto per fuggire. Non era abbastanza veloce e non aveva mai combattuto un kami in vita sua. Non era nemmeno stato addestrato per farlo.

L’unica cosa che poteva fare in quel momento era stringerla il più possibile e prepararsi al prossimo impatto.

Ma non arrivò mai.

Kaito si sforzò di aprire gli occhi e trovò Illumina-Tombe che lo stava fissando con quella sua strana faccia di marmo. Allungò le sue dita d’osso più vicino, fermandosi a qualche centimetro dal corpo del tanuki.

Il tanuki gridò a quel gesto.

No… non un grido. Un ordine.

Illumina-Tombe espirò. Il rimbombo fece inclinare all’indietro Kaito… e poi il Kami delle Radure Dimenticate si immerse nuovamente nel fiume, spruzzando acqua dappertutto, per poi sparire dalla vista.

Kaito rabbrividì, abbassando lo sguardo verso il piccolo kami che continuava a proteggere tra le sue braccia. “Io… suppongo che ora possiamo andare?”

Il kami rispose con un cinguettio stratificato, poi Kaito si rimise in piedi, si asciugò l’acqua del fiume dalla fronte, e si affrettò a raggiungere Tameshi e sua sorella.

Il gruppo si ricongiunse vicino al confine, con visibile sollievo di Eiko.

“Saresti potuto finire ucciso.” Strinse le braccia attorno al collo di Kaito, attutendo la propria voce.

Tra di loro, il kami tanuki ringhiò leggermente, prima di saltare a terra.

Eiko indietreggiò e si inchinò in segno di scusa. “Grazie. Penso che ci abbiate salvato la vita nella foresta.”

Kaito osservò il kami stiracchiarsi le gambe, con i suoi globi dorati attorno. “Già. E non è l’unica che l’ha fatto.” Entrambi si voltarono verso Tameshi.

“Avresti rinunciato alla tua ricerca per salvarci” disse Eiko.

Gli occhi di Tameshi si illuminarono. “Non guardatemi come se fossi un eroe, perché non lo sono. La maggior parte della mia ricerca si trova qui dentro.” Si toccò il lato della testa. “Ed il resto? Bè, non tengo mai tutta la mia ricerca in un solo luogo. Stavo prendendo tempo, in attesa che si facesse vivo l’Ordine di Jukai. Sono felice che abbiano ricevuto il mio messaggio in tempo.”

Kaito percepì l’ondata di shock come un pugno nello stomaco. “Li hai chiamati tu?”

Tameshi si mise a ridere. “Non mi metterei ad instaurare un laboratorio di ricerca nella Foresta di Jukai senza prima avere delle telecamere di sicurezza.” Fece spallucce. “Quando vidi voi due, inviai un drone al loro tempio. Avevo pensato che voialtri avreste potuto tenervi impegnati con un combattimento mentre io portavo la mia attrezzatura in un luogo sicuro. La quale, vorrei sottolineare, si è dimostrata essere un’idea eccellente.”

Kaito scosse la testa. “Ed eccomi qua, mentre stavo decidendo cosa pensare di te.”

Tameshi ridacchiò, e Kaito mostrò un sorriso.

“Siamo grati del tuo aiuto. Ma ho comunque il dovere di fare rapporto su di te agli Imperiali” disse Eiko, con tranquillità. “E quando lo farò, ci sarà un bersaglio sulla tua testa. Terranno d’occhio te e qualunque cosa farai per il resto della tua vita.”

Tameshi attese che continuasse. “A meno che?”

Ci fu un’altra lunga pausa.

“A meno che tu non mi prometti che smetterai con la tua ricerca” terminò Eiko.

“Per il resto della mia vita, eh?” Tameshi fece finta di valutare le sue opzioni. “Bè, per quanto mi piacciano le sfide…”

Kaito si lasciò sfuggire una risata a denti stretti, ed Eiko gli lanciò un’occhiataccia. “So che si comporta come te, ma cerca di ricordare che tu sei dalla mia parte.”

Kaito alzò le spalle. “Cosa c’è? Per essere un compagno di squadra, non è pessimo.”

Tameshi sorrise esageratamente. “Apprezzo il complimento.”

Eiko ignorò il loro germoglio di amicizia e incrociò le braccia. “Abbiamo un accordo?”

“Non ne hai bisogno.” Tameshi sospirò. “Potrei anche aver creato un prototipo per unire kami e tecnologia, ma volevo che fossero loro a possederlo di propria spontanea volontà. Dovrebbe essere una loro scelta.

Eiko si accigliò. “Nessun kami sacrificherebbe mai la propria libertà in quel modo. È contro la loro natura. Gli incanalatori di kami sono pochi e molto rari, ma esistono perché esiste uno scambio. Qualcosa di condiviso. Un kami non avrebbe motivo di unirsi con un drone.”

“Hai ragione. Ed è per questo che stavo cercando questo piccoletto.” Tameshi fece un cenno verso il tanuki. “Un kami nato nel regno mortale è un fenomeno nuovo. Pensavo che forse essere nata in modo diverso avrebbe potuto farla reagire diversamente.”

“Ma lei ti ha rifiutato” fece notare Kaito. “Quando gli Ineluttabili attaccarono, hai provato a convincerla ad unirsi alla tecnologia, e lei non ha voluto. Nemmeno per salvarsi.”

Tameshi si lasciò sfuggire un mormorio di disappunto. “Non sono uno che ammette facilmente la sconfitta.” Scosse la testa. “Ma non dovrai preoccuparti della mia ricerca. Non senza un kami che voglia partecipare di sua volontà, che sembrerebbe non esistere.”

Eiko annuì. “Bene.”

“Sei comunque la benvenuta a tenermi sotto controllo.” Tameshi fece l’occhiolino. “Non posso prometterti che il mio prossimo progetto sarà completamente approvato dagli Imperiali.”

Le labbra di lei si incurvarono. “Qualcosa mi dice che mi pentirò di aver fatto incontrare te e mio fratello oggi.”

Tameshi premette un pannello sulla sua cintura, ed il suo drone a forma di tanuki volò verso Kaito. “Prendilo. È molto meglio di quella gru obsoleta che ti stai tenendo.”

Gli occhi di Kaito si spalancarono. “Io… sei sicuro?”

“Potrai offrirmi il pranzo quando verrai ad Otawara” rispose Tameshi. “A Katsumasa piacerebbe rivedere un vecchio amico.”

“Grazie” disse calorosamente Kaito. Prese il robot con entrambe la mani e strinse le labbra per evitare di sorridere troppo.

“Meglio che ripulisca ciò che posso dal mio laboratorio. Sarebbe un peccato che l’Ordine di Jukai distruggesse dell’attrezzatura perfettamente funzionante.” Tameshi lanciò un’occhiata al kami. “Buona fortuna, là fuori. E grazie per l’inseguimento… è stato bello finché è durato.”

Lo osservarono sparire nella foresta, e fu Eiko la prima a parlare.

“E adesso, quindi?” chiese.

“Bè, ora puoi portare la nostra nuova amica al palazzo insieme a te” rispose semplicemente Kaito.

Eiko spostò indietro la testa. “A Eiganjo?”

Kaito fece spallucce. “Se ha veramente una connessione con l’imperatrice e Kyodai, allora chi meglio del grande kami in persona potrà proteggerla?”

A terra, il kami tanuki li stava fissando, ascoltandoli attentamente.

A Kaito non piacevano particolarmente gli addii, ma non si sarebbe mai aspettato che questo in particolare potesse premergli così forte sul petto. Si schiarì la gola. “Dovresti dirigerti verso la stazione dei treni prima che l’Ordine torni.”

Eiko rimase ferma. “E tu dove andrai?”

Lui sapeva che cosa voleva dire. Non sarebbe stato esattamente il benvenuto nella Città Sotterranea per un po’ di tempo. Probabilmente gli Ineluttabili avevano perso il combattimento, ma c’era sempre la possibilità che qualcuno di loro fosse riuscito a fuggire. Kaito avrebbe preferito che ciò che era successo non raggiungesse le orecchie di Satoru, ma sarebbe stato meglio comunque assumere un basso profilo, per sicurezza.

“Starò bene.” Kaito fece un ghigno. “Non preoccuparti per me.”

Le labbra di Eiko si contrassero. “Sai che cosa penso?”

“Che ti sei divertita di più qui che in tutto il tuo tempo a Eiganjo?” provò a rispondere Kaito.

Lei fece una smorfia. “Penso che tu non avessi mai avuto intenzione di consegnare quegli schemi a Satoru. Penso che tu abbia chiesto il mio aiuto perché volevi fare la cosa giusta. Sei solo troppo testardo per ammetterlo.”

Kaito rise. “Pensi ancora che ci sia un Imperiale in me, ma te lo prometto… sono un esule in tutto e per tutto.”

Eiko abbassò lo sguardo verso il tanuki. “Sarebbe bello poterle dare un nome. Un kami così importante si merita un’introduzione formale alla sua entrata a palazzo.”

“Non dovresti essere tu l’esperta delle relazioni con i kami?” fece notare Kaito. “Come fate a scoprire i loro nomi, solitamente?”

“Non è sempre così semplice” disse lei. “A volte tramite le parole o il linguaggio del corpo. Altre volte è telepatico. Ma in altri casi ancora, bisogna guadagnare la loro fiducia prima che te lo comunichino correttamente.”

“Io propongo di chiamarla Pompon-chan d’ora in poi” disse Kaito. Quando lo spirito fece un cinguettio stratificato, lui sorrise. “Visto? Le piace.”

Eiko fece per raccogliere il kami, ma il tanuki balzò immediatamente via. Quando Eiko fece un altro passo, il kami si rifugiò dietro un piede di Kaito.

“Non preoccuparti” disse Kaito. “Sarai in buone mani. Mia sorella è una delle migliori persone di Kamigawa… devi solo andare oltre la sua fronte sempre corrugata.”

Lui si allontanò di un passo per cercare di incoraggiare il kami ad andare da Eiko, ma il kami si lasciò andare in un ululato frustrato e si nascose nuovamente dietro Kaito.

Eiko alzò un sopracciglio. “Non penso che voglia andare al tempio.”

“Bè, non può stare qui da sola. Gli Ineluttabili sanno di lei. Non è sicuro” disse Kaito.

Eiko trattenne una risata. “Per qualcuno che dice di essere così intelligente, non riesci proprio a vedere ciò che hai davanti agli occhi.”

Kaito sbatté le palpebre. “Ma… non capisco.” Lui scosse la testa in direzione del kami. “Non ho nulla da offrirti. Né riparo, né cibo. Persino io so a malapena cosa fare per metà del tempo.” Si passò una mano tra i capelli. “So soltanto che devo trovare una persona, e non ho intenzione di fermarmi finché non capirò come riportarla a casa.”

Gli occhi del kami si illuminarono.

Eiko posò una mano sulla spalla di Kaito. “Forse è esattamente ciò che vuole lei.”

Kaito si abbassò nell’erba, con il drone ancora incastrato sul petto. “Anche tu vuoi aiutarmi a cercare l’imperatrice?”

Il kami emetté un suono che imitava la canzone di Kyodai, e Kaito riconobbe il sollievo dietro la luce. Il senso della motivazione.

Forse il kami non si stava nascondendo nella Foresta di Jukai. Forse stava cercando.

Kaito annuì, come se avesse compreso. “Va bene. Suppongo che d’ora in avanti, saremo in due.”

Senza preavviso, il kami balzò al petto di Kaito e si legò al prototipo tanuki. Ci fu un lampo di luce, e il metallo fremeva come un miliardo di colibrì cromati.

Quando la luce diminuì, il drone tanuki sbatté le palpebre da dietro i suoi occhi di vetro. Si arrampicò sul braccio di Kaito finché non trovò un posto per riposare tra le sue spalle.

Un rumore si fece strada nella mente di lui, inizialmente fisso e debole come un campanello, ma nei secondi che seguirono quel rumore divenne un canto inconfondibile. Kaito poi lo riuscì a sentire… il nome del kami, che riecheggiava nella sua mente. Quando si voltò a guardare il tanuki, lei abbassò la testa, e tra i due si instaurò una comprensione delicata.

“Il suo nome” disse lui, lentamente. “Dice che il suo nome è Himoto.”

Kaito si alzò per guardare sua sorella negli occhi, la cui bocca era aperta dalla paura.

La ricerca di Tameshi… lei aveva provato a fermarla. Aveva provato ad assicurarsi che non sarebbe mai caduta nelle mani sbagliate.

E ora la prova della sua esistenza era seduta sulle spalle di Kaito come un animaletto mansueto.

Il robot tanuki si spostò ancora e finì tra le mani di Kaito. Quando lo rigirò, si accorse che si era trasformato in una maschera.

Lui fissò i bordi lisci e le pieghe dell’origami, chiedendosi se dentro Himoto sopravvivesse davvero una connessione con l’imperatrice e se la sua scelta di rimanere con Kaito significasse veramente qualcosa.

Quando si mise la maschera tanuki sul volto, lo percepì immediatamente.

Dell’energia vibrava nel suo nucleo, per arrivare fino alla punta delle dita. Era come se fosse elettricità, magia, potere che implorava di essere liberato. Che implorava Kaito di lasciarsi andare.

Dietro di lui, Eiko stava chiamando il suo nome. Lo stava urlando con respiri disperati e impauriti.

Ma Kaito non poteva risponderle. Qualcosa stava tirando la sua anima in un’altra direzione… verso un altro Piano… e lui non riusciva a contrastarlo.

Lui non voleva contrastarlo.

Per la prima volta dopo anni, Kaito si sentì come se sapesse esattamente dove sarebbe dovuto andare.

Il potere lo avvolse, scorrendo in ogni osso ed ogni vena. Kaito si lasciò consumare interamente… e quando percepì ancora una volta lo strattone contro la propria anima, rispose al richiamo come se fosse sempre stato quello il suo destino.

Kaito fece un passo avanti e svanì da Kamigawa.

[]

I profumi familiari di Towashi fecero venire l’acquolina in bocca a Kaito. Era passato un anno dall’ultima volta che aveva mangiato ravioli di maiale e riso al curry… non perché non fosse tornato a Kamigawa, ma perché non rimase mai tanto a lungo.

L’imperatrice era ancora là fuori, da qualche parte nel Multiverso.

Non poteva lasciare che il cibo di strada lo distraesse.

Quando Himoto, il Kami della Scintilla, rese Kaito un planeswalker, sapeva che doveva esserci una ragione. Che in qualche modo il regno degli spiriti sapeva che Kaito fosse l’unica persona su centinaia di Piani che non avrebbe mai smesso di cercarla.

Aveva fatto una promessa, dopotutto.

Kaito prese la sua maschera tanuki e la posizionò sul volto, nascondendosi dalla folla. Aveva sempre saputo come rendersi invisibile, ma ormai era quasi diventata una forma d’arte.

Il Multiverso aveva le informazioni di cui aveva bisogno… e secondo Kaito, era sempre meglio quando il suo nemico non si aspettava la sua presenza.

Kaito si alzò il colletto e camminò sul manto stradale, con la città riflessa in ogni pozzanghera attorno a lui. Era un’ombra tra le luci al neon, che poteva sparire senza preavviso.

E l’avrebbe fatto, molto presto.

Ma quel giorno Kaito aveva un amico a Otawara che voleva vederlo, ed una sorella a Eiganjo che aspettava notizie.

E dopo?

C’erano molti Piani su cui cercare.

Racconto successivo: Episode 1: A Stranger in Eiganjo

Curiosità[]

  • Nei libri della trilogia in italiano del Blocco di Kamigawa, gli "Ineluttabili Hyozan" non vengono tradotti ma rimangono in inglese col nome di "Hyozan Reckoners".
  • Nella storia il nome di Azamuki è stato scritto erroneamente come "Azamaki". È stato corretto nella wiki.

Collegamenti esterni[]

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