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Jace Beleren (Planeswalker)/Battaglia per Zendikar narra le vicende del blocco di Battaglia per Zendikar viste dalla prospettiva di Jace.

Storia[]

Il massacro del rifugio[]

Jace e Gideon viaggiarono a Portale Marino e giunsero nel mezzo di una carneficina, i corpi erano sparpagliati ovunque, alcuni apparivano come le vittime di una guerra qualsiasi, ma molti altri erano parzialmente sgretolati, consumati dalla corruzione delle progenie Eldrazi. Vedendo degli eldrazi spuntare da dietro una parete crollata che si dirigevano verso di loro, Jace si mise in posizione difensiva e chiamò Gideon che si era distratto. Lo ieromante balzò e atterrò tra la progenie e Jace, fece vorticare le sue lame e l'accampamento divenne di nuovo silente. Afferrò una spada corta da un ammasso di polvere bianca, offrì l'elsa a Jace e gli disse di prenderla. Jace l'afferrò, la fece roteare in aria un paio di volte e rispose che non era esattamente la sua specialità e l'altro disse di fare del suo meglio. Jace chiese dove si trovasse l'adepto che voleva fargli incontrare, Gideon lo guardò e chiese se quello fosse il suo unico pensiero in quel momento e Jace scosse la testa, stava solo nascondendo il suo sgomento. Gideon si voltò e disse che dovevano mettersi in cammino, dovevano risalire la parete, se ci fossero stati dei sopravvissuti sarebbero stati lassù. Percependo i suoi dubbi, Jace chiese se ne fosse sicuro e Gideon rispose di fidarsi di lui. Decise di fidarsi, annuì, si avvicinò a lui e lo seguì. Gruppetti sparsi di eldrazi vagavano intorno, alcuni dei parassiti si separarono per dirigersi verso di loro e Gideon se ne occupò rapidamente; dopo un po' i due individuarono il nascondiglio dei sopravvissuti dietro una parete. Gli abitanti di Zendikar erano assediati da centinaia di eldrazi, Gideon si lanciò alla carica per respingere l'assalto, lasciando Jace indietro. Uno dei mostri si diresse verso il mago mentale, Gideon tornò indietro, ma fu troppo lento. Jace sollevò le braccia per coprirsi il volto e lanciò un colpo telecinetico; la forza invisibile respinse la progenie un attimo prima che potesse sfiorarlo, non fu un colpo potente, ma fu sufficiente per permettere a Gideon di ucciderla. Dopo aver scavalcato la parete, i due videro otto soldati e uno di loro disse a Gideon che il comandante Vorik era alla guida degli altri e che il suo primo obiettivo era portare tutti fuori dalla trappola mortale di quel burrone. Gideon disse che avrebbe trattenuto gli eldrazi dall'altra parte fin quando avrebbe potuto, poi chiese a una kor di raggiungere gli altri e portare Jace con lei. Rivolgendosi a lui gli disse di cercare Jori En, di dirle che lo aveva portato lì per aiutare a risolvere il rompicapo e che gli avrebbe detto tutto ciò che sapeva.

Dopo che Gideon si riunì a lui, Jace gli disse che ce l'aveva fatta e l'altro chiese di Jori. Jace scosse la testa e disse che aveva chiesto a tutti, che non era mai giunta nell'accampamento e che uno dei tritoni gli aveva confermato che non aveva mai abbandonato Portale Marino. Gideon chiese se fosse morta e Jace rispose che forse era ancora viva, che l'uomo con cui aveva parlato gli aveva detto che un piccolo gruppo era rimasto intrappolato e quindi escluso dall'evacuazione e che pensava che Jori En fosse in quel gruppo, che tuttavia aveva trovato riparo. La donna vicino a loro li interruppe e disse di chiamarsi Tazri, Gideon la salutò e chiese di Vorik, che prontamente comparì. Dopo aver ascoltato il suo piano, Gideon propose di arrampicarsi su un edro lì vicino per proteggersi dagli eldrazi e il comandante accettò e gli chiese di guidarli. Non essendo un abile scalatore, Jace seguì Gideon offrendo una scarsa assistenza ai kor che trasportavano i feriti che non riuscivano a muoversi da soli. Una volta in alto, Jace destò Gideon dai suoi pensieri e gli chiese cosa volesse fare e lui rispose che Jori En poteva essere ancora viva e doveva andare a cercarla. Con gentilezza Jace rispose che in base a ciò che sapevano era più probabile che fosse morta e che dovevano cercare un altro approccio. Gideon disse che quello era ciò che doveva fare lui, che non avevano gli appunti di Jori, ma forse lui era in grado di determinare di cosa stesse parlando; la tritona aveva nominato le leyline e gli edri e intorno a loro era pieno di edri. Jace disse che la sua era una folle impresa e Gideon rispose che non importava, che la doveva trovare in modo che lui potesse risolvere il rompicapo o sarebbe stata tutta fatica sprecata. Jace replicò che lo sarebbe stata se lui fosse morto in una città che brulicava di eldrazi. Gideon mise una mano sulla spalla di Jace e disse di guardare a ciò che avevano ottenuto quel giorno: grandi imprese si trovavano sul cammino di entrambi e gli chiese di fidarsi di lui. Jace si divincolò dalla sua presa, fece un passo indietro e lo guardò negli occhi, aprì la bocca per parlare e poi si fermò. Gideon gli ripetè di fidarsi di lui e Jace rispose che pensava sempre che il suo fosse un tentativo sciocco, ma si fidava. Gideon lo ringraziò e disse che sarebbe tornato presto.

Il pellegrinaggio dei credenti[]

La decisione di Jace[]

Jace sentì qualcuno avvicinarsi e comprese che si trattava di Jori En; lei disse che era lì per condividere le sue conoscenze con lui e Jace chiese se le persone venerassero i titani eldrazi come dei. Jori rispose di si e che alcuni li veneravano ancora. Jace disse che era necessario fermare il problema alla radice e lei annuì e disse che era quello ciò che i ricercatori speravano di riuscire a ottenere a Portale Marino: farli estinguere. Jace chiese se volessero farlo usando la rete di edri e Jori rispose di si, il mago mentale chiese se lei fosse riuscita a utilizzare gli edri e Jori rispose che aveva solo visto una parte delle loro ricerche e che gli poteva raccontare tutto ciò che si ricordava. Jace disse che aveva un'idea migliore e le chiese se potesse entrare nella sua mente e lei acconsentì. Lui si concentrò su un ricordo in particolare, il gruppo capeggiato da Kendrin che utilizzava la magia degli edri per guidare i movimenti delle progenie eldrazi, il rompicapo delle leyine, la donna era stata molto vicina alla scoperta di qualcosa di fondamentale su come avrebbero potuto utilizzare la magia degli edri trasformandoli in un'arma contro gli Eldrazi. Sfortunatamente Kendrin era morta prima di poter condividere la sua conoscenza. Jace aprì gli occhi e inspirò boccheggiando, uscendo dalla mente di Jori come se fosse riemerso dalla superficie dell'oceano. Lei disse che era stata un'esperienza affascinante e che le era sembrato di sentire la presenza di una seconda persona nella sua mente e Jace spiegò che a volte era in grado di percepire la persona che si accorgeva della sua presenza ed era come vedere il suo riflesso in uno specchio. Jori chiese se ora conosceva i suoi segreti e lui rispose che ora sapeva che Kendrin era vicina a qualcosa, Jace pensò che sapeva anche di non essere ancora in grado di risolvere il rompicapo per cui era stato portato in quel luogo, aveva bisogno di maggiori informazioni e sapeva dove sarebbe dovuto andare. Prima di poter spiegare le sue intenzioni, sentì dei passi, salutò Gideon e si voltò verso di lui. Gideon gli chiese di dirgli se avesse avuto una rivelazione. Jace rispose che erano vicini e che dovevano andare all'Occhio di Ugin, era il fulcro della rete degli edri e laggiù avrebbero trovato la risposta. Gideon rispose che non potevano andarci, avevano appena messo in piedi l'accampamento, c'erano dei feriti con loro e non potevano permettere che il gruppo si separasse. Jace disse che era già successo e che Nissa se ne era andata la notte prima. Stupefatto Gideon chiese perchè e Jace rispose che non aveva parlato con lei, che aveva solo percepito dei pensieri superficiali nel momento in cui era partita e aveva compreso che aveva una missione importante. Jori scattò e chiese se fosse più importante della comprensione della natura degli edri e disse che dovevano concentrarsi sulla vita e morte lì. Jace rispose che poteva essere d'accordo e chiese a Gideon di andare con loro. Lui rispose freddamente che si stava concentrando sulla vita e la morte, che in quel luogo erano presenti entrambe, in ogni momento e loro non potevano permettersi altre perdite. Disse che non avrebbe abbandonato gli altri per proteggerli in una missione che li avrebbe portati fino all'altro capo del piano. Fece un cenno verso Jori e disse a Jace che aveva ottenuto le sue informazioni e chiese se non potevano risolvere il rompicapo all'accampamento. Jace rispose che aveva solo delle informazioni su ciò che i ricercatori avevano cercato di realizzare e i motivi per cui non aveva funzionato, gli disse che non vedeva il disegno generale delle cose, che lui era giunto lì proprio per quel motivo e gli chiese di permettergli di portare a termine il suo compito. Gideon rispose che se avesse abbandonato l'accampamento, quelle persone sarebbero morte e probabilmente anche lui durante il suo viaggio. Jace spalancò le braccia, facendo un gesto verso l'intero orizzonte e rispose che se non si fosse recato all'Occhio, tutti gli abitanti di quel piano sarebbero morti.

In viaggio verso l'Occhio[]

Jace si sedette accanto a Jori sul piccolo cocchio trainato da un hurda, era il miglior mezzo di trasporto che l'accampamento potesse offrire e i due iniziarono il loro viaggio senza Gideon. Dopo un po' Jori chiese se avesse mai modificato la mente di una persona mentre si trovava dentro di essa e Jace rispose che a volte era necessario. L'altra chiese se avesse potuto rimuovere il suo ricordo della morte di Kendrin e Jace disse che lei non voleva dimenticarla. Jori chiese come poteva essere sicura che lui non avesse modificato nulla e poi aggiunse che non c'era niente che lui avrebbe potuto dire in grado di dimostrare né l'uno né l'altro. Jace rispose che gli avevano detto che non era una persona con cui si poteva facilmente essere amici. Jori chiese se avesse valutato la possibilità di modificare la mente di Gideon per convincerlo a credere in quella missione e andare con loro e Jace rispose che lui prendeva in considerazione ogni possibilità. Disse che Gideon era difficile da smuovere, da diversi punti di vista, e che quella era una differenza tra loro. Jori replicò che in ogni caso lui aveva deciso di non insediarsi nella sua mente e che forse erano più simili di quanto credesse. Jace osservò l'orizzonte, poi rispose che se fossero stati simili, Gideon avrebbe compreso l'importanza dell'Occhio, avrebbe dedicato tutte le sue risorse ad aiutarli a comprendere gli edri e sarebbe stato lì con loro. Jori chiese se si chiedeva mai cosa sarebbe stato in grado di ottenere se ci fossero state più persone come lui. Jace si mise a ridere, lanciò una semplice magia di illusione e fece apparire tre copie identiche a lui che risposero che se lo chiedevano spesso e Jori sorrise in modo scettico e poi scosse la testa.

Per diversi giorni non incontrarono eldrazi e parlarono poco tra loro, poi videro orde di progenie superare la collina e scattare verso di loro, cercarono di deviare e alla fine l'hurda si fermò. Una kor apparve dal nulla, uccise la bestia e disse a Jace e Jori di seguirla, che le progenie si sarebbero concentrare prima sull'animale morto. I due saltarono giù dal cocchio e la seguirono sul bordo di una stretta voragine, la kor aveva già disteso le sue corde e si stava calando nella spaccatura. Jori disse che l'avrebbe seguita, Jace ebbe nove diverse sensazioni negative su quell'azione, ma afferrò una delle corde e si calò. Una volta scesi la kor disse di chiamarsi Ayli, che dovevano andare in fretta al santuario e corse attraverso la stretta voragine. I due la seguirono e cercarono di correre più velocemente nella loro discesa verso l'oscurità. Mentre correva, Jace pensò alle alternative nella loro fuga. La voragine si aprì e il cielo fu di nuovo visibile sopra di loro, lo sguardo di Jace si spostò da Jori, che si era fermata a Ayli, che li aspettava più avanti. L'enorme taglio nella terra di fronte a loro aveva un bordo ricoperto di friabile polvere grigia e infine l'orrore torreggiante, il titano che si ergeva su una base di nerboruti tentacoli, la divinità dal volto senza occhi e dalla membra biforcate: Ulamog.

Jace riusciva appena a muoversi, l'ambiente intorno aveva qualcosa di sbagliato, si sentiva come attratto in avanti, come se la gravità fosse mutata dalla terra verso il titano. Ayli rivelò le sue vere intenzione: lei e gli altri Eterni Pellegrini volevano sacrificarli a Ulamog e li circondarono per impedirli di fuggire. Jace li ignorò e osservò Ulamog afferrare una massa di terra e poi trascinarsi in avanti con un movimento orribile il cui suono fece venire i brividi fin nell'anima di Jace: era il suono della terra vivente alla quale veniva strappata l'essenza, del mana impetuoso e selvaggio che veniva messo a tacere per sempre, di un terreno fertile che veniva trasformato in un osso essiccato; Ulamog stava distruggendo ogni barlume di energia del piano, dal mana della terra alle singole vite, lentamente e inesorabilmente. In un attimo Jace comprese gli sviluppi futuri: i popoli di Zendikar sarebbero fuggiti dalle terre desolate, si sarebbero radunati nei luoghi ancora in grado di ospitare la vita e si sarebbero concentrati intorno a posizioni e paesaggi difensivi, uno dopo l'altro, Ulamog avrebbe trascinato la sua immensa forma verso quella concentrazione e avrebbe trasformato quei paesaggi sicuri in tombe. Jace pensò a Portale Marino e capì che era quello il motivo per cui era stato attaccato dalle orde di eldrazi, le progenie erano i tentacoli più avanzati dell'espansione di Ulamog e avevano lo scopo di "assaggiare" le concentrazioni della popolazione e dell'energia del piano. Ayli e il cerchio degli Eterni Pellegrini si strinse intorno a loro, Jace usò le sue illusioni e fece apparire delle fiamme che avvolsero tutti i suoi nemici, che terrorizzati urlarono e cercarono di spegnere le fiamme dai loro corpi. Jace e Jori ne approfittarono per fuggire e corsero indietro nella voragine per scalarla verso l'altro lato.

Proseguire da solo[]

Jace e Jori ripresero fiato, distante da loro Ulamog si trascinava verso Portale Marino, scavando il suo cammino nella terra, mentre gli Eterni Pellegrini non si erano allontanati molto dall'oggetto della loro venerazione. Jori disse che non aveva mai visto un titano e Jace rispose che era la prima volta anche per lui, al mago mentale fu chiaro ciò che sarebbe dovuto accadere e l'idea non fu affatto piacevole. Disse a Jori che qualcuno doveva avvisare Gideon e gli altri che Ulamog si stava dirigendo verso di loro dal momento che il loro accampamento era vicino a Portale Marino e lo ieromante doveva sapere cosa stava per arrivare. Jori disse che cosi avrebbero abbandonato la loro spedizione all'Occhio e chiese se non potesse comunicare con Gideon da lì e Jace rispose che era troppo lontano per usare la telepatia, la tritona replicò che avrebbe potuto tornare indietro da Gideon e poi nuovamente verso di lei dal momento che era uno di quelli, riferendosi alla sua natura di planeswalker. Jace rispose che non l'avrebbe fatto e Jori disse che sarebbero tornati indietro e si sarebbero preparati a combattere all'accampamento. Jace la corresse e disse che solo lei sarebbe tornata indietro mentre lui avrebbe proseguito da solo verso l'Occhio, Jori fu subito contraria e disse che non ce l'avrebbe fatta e Jace replicò che doveva farcela e la tritona disse che non c'era nessun altro come lui e non l'avrebbe lasciato andare da solo, senza provviste e impreparato. Jace rispose che aveva le sue illusioni a fargli compagnia e lei replicò di tornare con lei all'accampamento. Jace si chiese se lei si fosse resa conto di aver involontariamente portato la mano all'alabarda e chiese se intendeva trascinarlo indietro con la forza e lei rispose che lo avrebbe fatto se l'avesse costretta. Jace temeva che avrebbe detto qualcosa del genere, indietreggiò, le disse addio e poi le alterò la mente facendole credere che lei lo avesse convinto a proseguire da solo per scoprire il disegno generale delle cose. Una volta solo, Jace proseguì il suo viaggio verso l'Occhio di Ugin.

Rivelazione presso l'Occhio[]

Una guida verso l'Occhio[]

Jace incastrò il suo stivale su una roccia frastagliata, spinse e si allungò, afferrando faticosamente con le dita doloranti il supporto successivo. Non si trovava nel suo elemento naturale, il vento faceva sbattere il mantello contro il suo corpo e lui non osava guardare verso il basso. Non soffriva di vertigini, ma sapeva quanto in alto fosse salito sulla parete della scogliera e un po' di cautela gli sembrava opportuna visto che se fosse caduto da quell'altezza, sarebbe sicuramente morto. Se la mappa mentale che aveva estratto da Jori En era precisa, in cima a quella scogliera avrebbe trovato la tribù dei goblin di Tuktuk. Il paesaggio era stato modificato quando i tre titani Eldrazi erano emersi fisicamente dai Denti di Akoum e né la sua esperienza precedente in quel luogo, né la conoscenza di Jori avrebbero potuto guidarlo. Aveva bisogno dell'aiuto dell'amico di Jori per proseguire. Jace giunse in cima alla scogliera, si sollevò dal bordo e si trovò di fronte a un eldrazi. Era grande quasi quanto lui, Jace rotolò sul fianco e si appoggiò su mani e ginocchia, lontano dalla portata di quell'essere. L'eldrazi scattò verso di lui, Jace si sollevò in piedi ed evocò un protettore illusorio. La mente dell'eldrazi era vuota come il suo volto e nessuno dei suoi stratagemmi sembrava potesse avere effetto: la magia del sonno non aveva effetto su esseri che non dormivano, l'invisibilità era inutile contro mostri che non avevano occhi e anche le sue illusioni sembravano non dargli alcun vantaggio cotro quegli avversari ultraterreni. L'eldrazi passò attraverso la sua illusione come se fosse una parete di carta e continuò ad avvicinarsi. Jace pensò che con più tempo a disposizione avrebbe potuto evocare un'illusione più concreta, ma non aveva tempo ed era sfinito dall'arrampicata e tutto ciò che potè fare fu infilarsi tra due rocce taglienti cercando una posizione di vantaggio. Ci furono un botto e un lampo di intensa luce blu, l'eldrazi vacillò e venne distrutto da una goblin che salutò il mago mentale. Jace decise di non avventurarsi nella sua mente dal momento che aveva un effetto negativo sulla creazione di un buon rapporto, la ringraziò per averlo salvato e poi chiese che tipo di magia avesse usato sull'eldrazi prima di colpirlo mortalmente. Lei gli mostrò il frammento di edro e spiegò che gli edri mantenevano la magia per mille anni, quello era quasi alla fine, ma avrebbe macinato ciò che poteva. La dimensione non era importante e ogni edro, come un profondo e oscuro pozzo, poteva essere sia pieno che vuoto, ma l'unico modo per scoprirlo era scavare. Jace comprese e si presentò. Lei disse di chiamarsi Zada, una goblin del Rifugio La Lastra, Jace le disse che stava cercando Tuktuk e chiese se lo conosceva. Quella domanda fece scoppiare a ridere l'altra, che rispose che era morto e chiese se sapeva che era fatto di roccia. Lui chiese come fosse morto e Zada rispose che l'aveva mangiato. Vedendo la sua confusione, la goblin spiegò che quando avevano scoperto gli edri e le altre pietre magiche, le avevano macinate e mangiate perchè li rendevano più forti e Tuktuk aveva chiesto loro di farlo. Poi lei aveva compreso che lui fosse la roccia più magica di tutte e quindi lo aveva mangiato. Jace spiegò che stava cercando l'Occhio di Ugin, che c'era già stato, ma sembrava che tutto fosse cambiato. Zada chiese perchè cercasse quel luogo e lui spiegò che doveva fermare gli eldrazi e che per farlo doveva scoprire di più sulla rete di edri e l'Occhio di Ugin ne era il centro. Zada rispose che lo era stato, che un ammasso confuso non aveva alcun centro, ma credeva di potergli mostrare la via e gli fece cenno di seguirla.

Il cammino fino all'Occhio fu duro e impiegarono alcune ore per percorrere il cammino tortuoso che Zada aveva scelto tra i precari picchi di Akoum. Per evitare gli eldrazi dovettero cambiare strada due volte e per tutto il tempo la goblin parlò in continuazione della natura degli edri. Jace pensò che durante i suoi studi non aveva compreso che fossero in grado di immagazzinare energia e che potesse essere diretta contro gli eldrazi; per lo meno stava imparando qualcosa. Alla fine, Zada gli indicò l'ingresso di una caverna, gli augurò buona fortuna e si congedò.

Incontro con Ugin[]

Jace scese con cautela facendosi strada tra gli enormi edri caduti. Il luogo era silenzioso, senza vita, privo del potere tonante che lo aveva pervaso durante la sua ultima visita; la sua luce illusoria proiettava strane ombre e non riuscì a valutare se l'Occhio fosse morto e il potere che lo animava fosse svanito. Un freddo bagliore bianco e blu gli risplendeva davanti, fece estinguire la propria luce e avanzò con attenzione. Man mano che avanzava, le pietre intorno diventavano più allineate, le superfici e le rune si riparavano e l'allineamento diventava più preciso. Una voce gli diede il bentornato, i suoi preparativi erano quasi completi. Una forma emerse dalle ombre dell'enorme caverna e un gigantesco drago scese verso di lui. Jace indietreggiò pensando fosse Nicol Bolas, ma vide che si era sbagliato e capì che la tenue luce che aveva intravisto prima brillava dall'interno dell'essere. Atterrò di fronte a lui, con le ali completamente spiegate, si accigliò e disse che non era colui che stava aspettando. Jace rispose che poteva dire la stessa cosa e chiese chi fosse.

Il drago lo osservò e chiese se conosceva il nome di quel luogo, Jace rispose di si e chiese nuovamente il suo nome. Il drago sorrise e rispose che si chiamava Ugin e che aveva aiutato la costruzione di quel luogo tanto tempo prima. Jace credeva che Ugin fosse morto da tempo, almeno le volte in cui aveva pensato che fosse un essere vivente, ma ora si trovava di fronte a lui e cercò di leggergli la mente per avere una conferma su ciò che affermava, ma la trovò liscia e stupefacente, come una parete di cristallo. Il mago mentale si presentò e disse che era giunto all'Occhio per scoprire come funzionava la rete di edri, ma che non immaginava che avrebbe addirittura trovato uno dei suoi creatori. Ugin disse che lui era già stato in quel luogo e Jace capì che non era una domanda, ma rispose comunque di si e che non era andata come aveva previsto. Avevano liberato gli eldrazi. Ugin lo sapeva, erano stati lui, una piromante e un dracofono, tutti e tre erano planeswalkers. Jace disse che erano stati manipolati, ma Ugin sapeva anche questo. A farlo era stato un suo rivale, un altro drago planeswalker che si chiamava Nicol Bolas e chiese se lo conoscesse. Jace rispose di si, non era la prima volta che riusciva a manipolarlo e Ugin disse che manipolare faceva parte della sua natura. Jace chiese perchè Bolas avrebbe voluto la liberazione degli eldrazi e Ugin disse che si sarebbe impegnato a trovare una risposta, ma in quel momento dovevano concentrarsi sugli eldrazi. Probabilmente che era quello che Bolas desiderava facessero. Jace rispose che allora avrebbero dovuto fare in fretta, uno dei tre titani si stava dirigendo verso Portale Marino proprio in quel momento. Con grande sorpresa di Jace, Ugin non conosceva la città più fluente di Zendikar e chiese per quanto tempo fosse stato lontano da quel piano. Ugin spiegò che era stato imprigionato e chiese informazioni su Portale Marino. Jace disse che si trattava di un centro di civiltà e sapere sulla costa di Tazeem; lì era conservata la conoscenza sugli edri, ma era andata perduta a causa dell'attacco degli eldrazi e ora Ulamog si stava dirigendo laggiù per divorare i sopravvissuti che si erano radunati. Ugin disse di non dare per scontato di riuscire a comprendere la mente degli eldrazi e che Ulamog si recava nei luoghi e compiva le azioni che erano destinate a lui. Jace replicò che gli eldrazi erano attirati dalle concentrazioni di vita e che quindi dietro ai loro spostamenti c'era logica. Dovevano bloccarlo o ucciderlo a qualsiasi costo; Ugin disse che lui non poteva uccidere Ulamog e Jace replicò che allora dovevano fermarlo, ma dovevano agire in fretta, le persone stavano morendo e dovevano fare qualcosa. Grazie ai suoi edri avevano tutte le leyline del piano a loro disposizione. Chiese a Ugin cosa fare. Il drago rispose che aveva degli alleati antichi e potenti, le due persone che lo avevano aiutato a imprigionare gli eldrazi su quel mondo migliaia di anni prima; loro potevano aiutarli. Jace gli fece notare che tre persone che non avevano quasi nessuna conoscenza degli edri erano riusciti a sopraffare i suoi sistemi di sicurezza per caso e Ugin replicò che non si era trattato di un caso, ma di un piano ben orchestrato e gli disse di non commettere l'errore di credere che i suoi piani fossero gli unici che contavano. Jace ribattè chiedendo se anche lui non avesse commesso lo stesso errore e spiegò che aveva creduto che nessuno volesse liberare gli eldrazi dalla loro prigione, ma quello era stato il piano di Bolas e se lo aveva fatto una volta in passato, avrebbe potuto farlo nuovamente in futuro. Ugin rispose che si stava illudendo di nuovo di possedere la conoscenza e spiegò che qualsiasi cosa volesse Bolas, probabilmente l'aveva già ottenuta. Gli ricordò che come aveva detto lui stesso, le persone stavano morendo e sarebbero stati degli sciocchi a cercare di ottenere l'impossibile solo perchè lui riteneva che ciò che potevano ottenere avesse dei difetti. Jace scattò che "impossibile" era una parola assurda detta da lui, conosceva molto di più gli edri rispetto a lui e tutto ciò che era in grado di dire era ciò che non potevano ottenere. Doveva per forza avere un'idea migliore.

Confronto di illusioni[]

Usando un'illusione, Ugin mostrò a Jace una rete di nodi sparsi e di linee delicatamente incurvate, disegnata in un'intensa luce bianca e disse che quella era la rete di edri in origine. Jace vide il diagramma diventare sempre più grande, cercò di farlo entrare nella sua mente, ma era troppo vasto e complicato; un enigma che non poteva sciogliere neanche in centinaia di vite e che Ugin aveva realizzato. Poi l'illusione mutò e i nodi si spostarono. Alcuni svanirono e le curve delle leyline iniziarono a mutare... in pochi secondi la rete divenne disordinata e caotica. Ugin disse che la litomante che aveva creato gli edri non si trovava più su quel piano da molto tempo e senza di lei gli edri erano andati alla deriva. Poi erano arrivati loro e avevano risvegliato gli eldrazi, ma i suoi sistemi di sicurezza erano ancora funzionanti e i titani non si liberarono subito. Jace rimase immobile, incapace di voltarsi di fronte alla visione astratta di un incubo. Ugin spiegò che la rete cercò di trattenere gli eldrazi proprio come era stata progettata e che senza altre interferenze, avrebbe potuto riuscirci, ma successivamente qualcuno aveva aperto l'ultimo sigillo, disattivando l'ultimo sistema di sicurezza. Il diagramma si ruppe, i nodi si sparpagliarono e le linee andarono fuori controllo. Ugin disse che quella era la rete di edri allo stato attuale, ciò da cui dovevano partire, e chiese che se tre planeswalkers al culmine del loro potere non erano stati in grado di uccidere i titani eldrazi con gli edri nella loro migliore configurazione, loro due non potevano riuscirci con quelle rovine. Jace ne ebbe abbastanza e rispose che stava parlando di concetti astratti. Lanciò una contromagia per smantellare le illusioni del drago e proiettare le proprie: mostrò a Ugin Portale Marino al massimo del suo splendore, poco dopo che le progenie erano state liberate, l'accampamento dei sopravvissuti quando l'aveva visto tre settimane prima, con gli stessi studiosi ora ridotti sia in numero che in speranza, che si accalcavano intorno al falò. Gideon dava ispirazione alle persone e Nissa che entrava in condivisione con la terra. Jace disse che Zendikar non era un rompicapo da risolvere, ma la dimora di un popolo che stava combattendo per quel mondo. Mostrò scene di sofferenza, poi di famiglie che piangevano i caduti, di paesaggi devastati da Ulamog, di cieli e abissi affollati dalla minaccia eldrazi. Il diagramma tornò visibile, spingendo via le immagini di Jace, poi mutò di nuovo, ripristinato per quanto lo stato attuale lo permettesse; aveva meno nodi ed era composto da linee che curvavano bruscamente. Jace vide uno schema, un glifo circolare con tre punte a uguali intervalli intorno alla circonferenza. Non aveva mai visto il glifo prima, ma lo comprese immediatamente. Si trattava di leyline e valutò se quelle di Zendikar potevano essere allineate in quella forma. Ugin disse che gli eldrazi potevano essere imprigionati e lui parlava di ucciderli come se fossero dei semplici insetti, ma che non ne era in grado. Jace disse di non parlargli di ciò che era in grado di fare lui, ma di ciò che avrebbero fatto o non fatto loro, che uccidere o intrappolare gli eldrazi era irrilevante: lui era venuto lì per fermarli ed era sicuro che valesse anche per il drago.

Le illusioni di Jace fluirono e si modificarono senza che lui se ne rendesse conto, circondate dall'ampia astrazione della rete di edri. Jace disse che si trattava della conoscenza del drago degli edri e della sua di Zendikar, di un luogo chiamato Portale Marino, dei suoi abitanti e dei motivi per cui valeva la pena di salvarli. Ugin tuonò di non illudersi di potergli insegnare cosa valesse la pena salvare, molto più di quel mondo era a rischio, sicuramente molto più delle persone che erano vive in quel momento. Disse che gli parlava della minaccia costituita da Ulamog, ma gli ricordò che gli eldrazi erano in tre. Con i titani in libertà era l'intero multiverso a essere in pericolo ed era quello ciò che lui voleva salvare: l'intero multiverso nella sua interezza di tempo e spazio. Il drago e il diagramma divennero una cosa sola, luminosa e incombente, un occhio brillante e furioso. Jace barcollò sotto il suo sguardo, ma chiese al drago come potesse aiutarlo. L'Occhio pulsò, la coscienza di Jace iniziò a vacillare, poi tutte le illusioni di entrambi svanirono. Ugin chiese se volesse davvero essere di aiuto e Jace rispose che aiutare era il motivo per cui si trovava lì, aveva preso parte alla liberazione degli eldrazi e se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe preso parte anche al loro imprigionamento.

Valutare la prossima mossa[]

Ugin disse che prima gli aveva detto che non era la persona che stava aspettando e spiegò che i suoi alleati, le due persone che lo avevano aiutato a imprigionare gli eldrazi migliaia di anni prima, non si trovavano su Zendikar. Ne mancava una e aveva inviato il secondo a cercarla, ma non aveva alcuna notizia di loro e c'era bisogno urgente di entrambi. Chiese se avesse mai sentito parlare di Sorin Markov. Jace rispose di no e chiese se avesse dovuto conoscerlo e Ugin spiegò che lui era il suo precedente alleato, autoproclamato signore del suo piano d'origine, Innistrad. Jace pensò che quel mondo era uno dei preferiti di Liliana, ma lui non l'aveva mai visitato e rispose che aveva sentito parlare di quel piano e che anche lui aveva un alleato laggiù; poteva sembrare una presa in giro, ma sarebbe potuto anche essere vero. Ugin continuò che Sorin era fondamentale per la loro impresa e se voleva essere d'aiuto, doveva andare alla sua ricerca e portarlo lì, ma non doveva fidarsi di lui. Jace chiese cosa intendesse e Ugin spiegò che sebbene Sorin parlasse del bene comune, era una creatura egoista e aveva combattuto contro gli eldrazi non per compassione per Zendikar, ma per un lungimirante senso di autoconservazione. Se altre faccende avessero attirato la sua attenzione, le sue priorità sarebbero potute non essere in accordo con le loro. Jace non sapeva dire se fosse per la longevità o per il potere, ma notò che gli antichi planeswalkers avevano tuttii qualcosa in comune: erano completamente pazzi. Il mago mentale chiese del suo secondo alleato e Ugin rispose che si trattava di Nahiri, nota anche come litomante, una kor di Zendikar e guardiana del piano. Disse che non sapeva perchè avesse abbandonato il suo mondo e non riusciva a capire perchè non si trovasse lì, doveva esserle successo qualcosa e concluse che se non riusciva a trovare Sorin, doveva cercare lei. Jace disse che non avrebbe abbandonato Zendikar, aveva degli amici lì o almeno lui li considerava tali, spiegò che contavano sul suo ritorno con le informazioni relative alla rete di edri, a meno che il drago non volesse andare a Portale Marino e comunicarlo direttamente a loro. Ugin rispose che doveva rimanere all'Occhio per ricostruire la camera centrale in modo che i suoi alleati potessero ripristinare il funzionamento della rete e intrappolare di nuovo gli eldrazi. Jace disse che in tal caso i suoi alleati avrebbero dovuto cavarsela da soli e chiese cosa potesse fare per aiutare lui. Ugin disse che la rete di edri era danneggiata e che aveva bisogno che Ulamog venisse confinato, contenuto in un cerchio di edri e chiese se i suoi amici fossero disponibili a imprigionare il titano invece che cercare di ucciderlo. Jace rispose di si, sebbene fosse tutt'altro che sicuro, ma spiegò che sarebbe riuscito a convincerli solo se quella sarebbe stata l'unica possibilità, i suoi compagni avevano visto molti eldrazi morire e lui stesso non gli aveva ancora dato un motivo per cui non avrebbe dovuto provare a uccidere Ulamog.

Ugin spiegò che i titani eldrazi non risiedevano in un luogo fisico, erano creature della cieca eternità ed era lì che si trovavano. Ugin disse che aveva visto solo una parte di Ulamog, una proiezione. Per fargli capire meglio, gli chiese di immaginare di immergere la sua mano in una pozza, il pesce sotto la superficie vede un mostro con cinque teste e non ha percezione dell'uomo, perchè la verità va oltre la sua comprensione. Jace chiese di quando aveva intrappolato i titani e Ugin rispose che era stato come infilzare la mano in una spina e spiegò che uccidere la forma fisica di Ulamog sarebbe stato come tagliare la mano di un uomo che sarebbe stato danneggiato, ma non ucciso, e che alla fine sarebbe stato libero. Jace notò che gli edri non servivano solo ad allineare le leyline, contenevano molta energia ed era stata quella ad attirare gli eldrazi. Pensò che con un sufficiente potere avrebbero potuto utilizzarli per attirare completamente i titani nel mondo fisico; valutò che se si infilzava la mano di un uomo con una spina, si poteva fare molto più che trattenerlo, si poteva attirarlo all'interno della pozza. Jace si riconcentrò sul drago, si scusò e disse che stava solo riflettendo sulla situazione. Pensò che Ugin si era espresso molto chiaramente sulla possibilità di uccidere Ulamog e lui stesso non era più sicuro che fosse una buona idea. Aveva compreso il ruolo degli edri e aveva visto il glifo; valutò che se Ugin li avesse aiutati a imprigionare gli eldrazi, sarebbe stato un ottimo punto di partenza e se si fosse presentata l'occasione di qualcosa di più, lui sarebbe stato pronto, mentre il drago avrebbe potuto non esserlo.

Ugin disse che considerando la sua ridotta esperienza, si stava comportando meglio di quanto avrebbe potuto immaginare e Jace accettò quelle parole come un complimento e chiese se quella metafora della mano si applicava ai tre titani e se uccidendone uno, si sarebbero liberati gli altri. Ugin gli disse di immaginare che l'uomo avesse migliaia di mani. Jace iniziò a comprendere, un'ondata di nausea lo investì e disse che stava dicendo che le nidiate di Ulamog non erano realmente progenie, ma parte del titano stesso e Ugin rispose che erano più precisamente delle cellule che svolgevano la loro funzione e poi morivano o venivano riassorbiti, senza che l'insieme ne venisse danneggiato. Jace concluse che quindi uccidere i discendenti non serviva a nulla, tranne solo a salvarsi la vita e il drago confermò le sue parole. Jace si passò una mano tra i capelli e disse che aveva ricevuto abbastanza informazioni, avrebbe presentato il suo piano ai suoi amici a Portale Marino e avrebbe cercato di convincerli che imprigionare Ulamog sarebbe stata la scelta giusta da fare. Ugin disse che doveva fare molto di più che convincerli e spiegò che con la rete di edri danneggiata e il sistema di sicurezza rimosso, i titani erano liberi di lasciare il piano: se Ulamog fosse stato ferito, avrebbero potuto mandarlo via da Zendikar, dalla rete e dalla loro migliore possibilità di fermarlo. Chiese se capiva perchè sarebbe stato un disastro e che probabilmente i popoli di Zendikar non potevano comprenderlo. Concluse che doveva dissuadere i suoi amici dall'attaccare direttamente Ulamog e se fosse stato necessario avrebbe dovuto fermarli. Jace rispose che aveva capito e che li avrebbe informati. Ugin sottolineò che doveva fare in modo che Ulamog non venisse scacciato da Zendikar, poichè le conseguenze sarebbero state serie e avrebbero giustificato ogni azione necessaria a impedire che succedesse. Jace rispose che non avrebbe lasciato scappare Ulamog. Ugin gli augurò buona fortuna e disse che avrebbe portato a termine i suoi preparativi e Jace rispose che sarebbe stato pronto, si voltò, uscì dall'Occhio di Ugin e si ritrovò sotto la luce del sole. Aveva un piano, una destinazione e sarebbe stato pronto.

Allineamento di Edri[]

Tornato a Portale Marino, Jace venne portato da Ebi nella stanza dove si trovavano Gideon e gli altri. Venne informato dell'arrivo di Ulamog e l'esercito di sopravvissuti si stava preparando per un attacco in massa contro il titano. Ora che lui era tornato, le loro probabilità di successo erano aumentate e Gideon gli chiese degli edri. Prima che Jace potesse rispondere, una tritona che lui non conosceva disse che non avevano bisogno di quelle pietre, che avevano la sua arma e un esercito di creature marine, che ciò di cui avevano bisogno era muoversi e non parlare; sarebbe stata lei a guidare l'attacco per uccidere Ulamog. Jace rispose che se fossero scesi in campo senza organizzazione, sarebbero semplicemente morti. La tritona gli disse che il suo alone di mistero e i suoi sotterfugi mentali non avrebbero avuto effetto su di lei e Jace rispose che non aveva intenzione di usare alcun sotterfugio. Lei si presentò come Kiora e Jace le chiese se avesse già avuto l'occasione di usare la sua arma per distruggere qualcosa di equivalente a Ulamog. Kiora roteò il bidente e rispose che non poteva immaginare le imprese che aveva compiuto la sua arma. Jace comprese subito la risposta evasiva e replicò chiedendo se fossero state compiute dalla sua mano. Lei cambiò tono, irrequieta, rispose che ora l'arma era nelle sue mani ed era tutto ciò che contava; era pronta a combattere e fece un gesto per incitare gli altri ad andare con lei. Jace la ignorò e disse che per fermare Ulamog avevano bisogno di creare una trappola: una rete di edri che avrebbe imprigionato il titano impedendogli di causare altra distruzione. Nissa era contraria, gli eldrazi erano stati intrappolati li per troppo tempo e Zendikar aveva già sofferto abbastanza. Jace le rispose che la trappola non doveva essere permanente, ma abbastanza resistente per dar loro il tempo di capire come distruggerlo. Kiora disse che aveva già detto come distruggere il titano e sfoggiò la sua arma camminando verso la finestra. Si rivolse a Nissa e le chiese se sarebbe andata con lei, l'elfa annuì e subito dopo anche la vampira disse che sarebbe andata dove ci sarebbe stata la battaglia. Gideon si intromise e ordinò a tutti di fermarsi, ma fu Jace a ottenere la loro attenzione spiegando che qualsiasi attacco che non fosse riuscito a distruggere il titano, lo avrebbe solo spinto ad abbandonare Zendikar e a viaggiare verso un altro mondo. Kiora replicò che per lei mandare via Ulamog sarebbe stato un buon risultato e una liberazione, fece un gesto verso Nissa, ma l'altra esitò e guardò Jace incerta. Lui disse che non avrebbero nemmeno saputo su quale piano sarebbe finito, guardò Kiora e continuò che Ulamog avrebbe seminato la distruzione anche lì, che altre persone e altre terre sarebbero state distrutte e avrebbe continuato a vagare e a distruggere in eterno a meno che non lo avessero fermato su Zendikar. Kiora scivolò sul tentacolo vicino alla finestra e rispose che loro lo avrebbero fermato e Jace le chiese mentalmente di non farlo. In risposta alla sua richiesta telepatica, lei lo attaccò, ma Gideon intervenne deviando l'attacco. Kiora se ne andò da sola. Gideon disse che il titano si stava avvicinando e loro dovevano farsi trovare pronti; avrebbero costruito la trappola e, una volta che il loro bersaglio fosse stato bloccato, si sarebbero scagliati all'attacco. Si rivolse a Jace e disse che il suo esercito era a sua disposizione e di usarlo per costruire la trappola, poi chiese a Nissa di aiutarlo e infine chiese agli altri comandanti di preparare l'esercito: Ulamog non sarebbe giunto da solo. Mentre gli altri stavano uscendo dalla stanza, Jace disse a Nissa che era contendo che lei fosse rimasta e spiegò ciò che avrebbero dovuto fare.

Usando un diagramma illusorio a tre dimensioni della rete di edri, Jace guidò gli altri durante la creazione della trappola per Ulamog. Il titano si stava avvicinando frontalmente e solo un edro mancava per completare la trappola. Jace adorava pensare che ogni rompicapo avesse più di una soluzione, credere diversamente era limitante e dare per scontato che il creatore di un rompicapo fosse stato in grado di valutare ogni possibile soluzione e di eliminare ogni via verso tutte le soluzioni tranne una, sarebbe stato ingenuo. Tuttavia Jace non era riuscito a scoprire alcun indizio su altre possibili soluzioni al rompicapo che stava affrontando; in base alle sue conoscenze, esisteva un solo modo per intrappolare Ulamog. Non era abituato a operare senza un piano di riserva, quella situazione lo rendeva ansioso. Fece diverse prove con il suo diagramma per valutare tutte le variabili possibili, ma dopo un po' si fermò, comprendendo che le sue esercitazioni stavano diventando inutili. Pensò a Gideon che era salito su una roccia fluttuante per mettersi tra Portale Marino e Ulamog e alzò lo sguardo verso il suo amico, ricordando quando si erano incontrati la prima volta su Ravnica. Ora si trovavano in procinto di portare a termine un'opera che in precedenza aveva richiesto decine di anni e tre planeswalkers estremamente potenti. Nonostante ciò, Jace pensò che ce l'avrebbero fatta.

Quando Ulamog fu dentro la rete di edri, Gideon urlò verso Jace se potevano intrappolarlo, lui confermò e l'ultimo edro venne allineato. La trappola scattò, ma non funzionò e Jace si chiese cosa gli fosse sfuggito. Vicino a lui, Nissa gli disse che qualcosa era fuori posto e gli edri non erano allineati; credeva che si trattasse delle pietre più vicine a Portale Marino, ma da lontano non era in grado di dire quale fosse. Avrebbe dovuto vedere la struttura nel suo insieme, con tutte le connessioni, e per farlo sarebbe dovuta andare lassù. Jace terminò la frase dicendo che non c'era tempo e l'elfa disse che c'era un altro modo per identificare il problema e lo invitò a entrare nella sua mente. Jace lo fece e tramite il legame mentale guardò con gli occhi di Nissa e vide le linee di mana verde delle leyline che si estendevano tra ogni coppia di edri; le linee si intersecavano in uno schema intricato, troppo complesso per essere ridotto a un'equazione. Non solo gli edri, ma ogni essere o oggetto era connesso a un altro da una linea di potere; c'erano troppi elementi da elaborare e troppo da analizzare. Jace perse l'equilibrio e iniziò a cadere fuori dalla mente dell'elfa. Nissa gli disse di reggersi e insieme alla sua voce, Jace percepì anche un supporto, afferrò la mano invisibile dell'altra e ritrovò l'equilibrio. Nissa gli disse di concentrarsi su un elemento per volta e spostò la sua attenzione sul diagramma illusorio della rete di edri, Jace seguì il suo consiglio e si concentrò solo sull'illusione. Nissa chiese a Jace se poteva toccare la sua illusione e lui rispose di si, l'elfa afferrò due lati del cerchio di edri e iniziò a muovere l'illusione. Aumentò la dimensione del cerchio e degli edri. Il controllo di Nissa era instabile e sgraziato, ma Jace comprese immediatamente cosa stava cercando di fare e prese il controllo, indirizzando agilmente l'illusione verso la sua posizione, facendola crescere in modo esperto fino a raggiungere le dimensioni del mondo reale, finchè ogni edro dell'illusione fu grande come il suo equivalente di pietra: Nissa non sapeva come allinearli, ma Jace si e ognuna delle illusioni venne sovrapposta all'edro reale. Tutti tranne uno. Jace notò l'anomalia nello stesso momento di Nissa, l'edro si era inclinato dopo essere stato posizionato. Nissa scollegò la sua mente da Jace prima che lo facesse lui. Andò a sistemare l'edro e Jace vacillò mentre i suoi occhi tornarono a mostrargli un mondo più semplice: la rete non era più visibile e le connessioni erano svanite. Jace pensò che non era più circondato dal caos e ciò era per lui allo stesso tempo un sollievo e una delusione: vedere così poco delle leyline e del mondo gli dava una strana sensazione. Dopo che l'edro venne sistemato, Ulamog venne attirato all'interno dall'energia del mana che sentiva, la prigione brillò di una luce blu intensa e il titano rimase intrappolato.

La vendetta di Ob Nixilis[]

Dopo che Ulamog venne intrappolato, Jace vide che Nissa lo stava guardando e le aprì la propria mente. L'elfa gli disse mentalmente che il titano era intrappolato proprio come voleva lui e che quello era il momento migliore per distruggerlo. Jace rispose di si, chiese quanti altri edri si trovassero nel promontorio e spiegò che ne servivano altri due per il suo piano. Nissa replicò che anche lei ne aveva uno, ma Jace spostò la sua attenzione sull'anello di edri: aveva ricreato il suo diagramma illusorio sovrapponendolo a quello vero. Le disse che con soli altri due edri avrebbero potuto ridirigere il potere che stavano incanalando, distruggendo il titano senza nemmeno toccarlo. Continuò a spiegarle i dettagli, ma Nissa smise di ascoltarlo: non era interessata a un attacco calcolato, preferiva la sua idea di piantare la sua spada nella gola di Ulamog. Poi qualcosa si ruppe, Zendikar tremò, le oscillazioni del terreno erano così intense che sembrò come se il piano stesse per essere fatto a pezzi; rapidamente quanto aveva iniziato, il tremore si calmò e tutto divenne quieto. Il terreno si lacerò improvvisamente, Jace urlò mentalmente a Nissa di andare via. In quel momento una delle leyline della prigione si ruppe, la prigione di edri venne distrutta e Ulamog fu nuovamente libero. Sempre telepaticamente, Jace chiese a Nissa cosa stesse facendo e le urlò di fuggire. Il tormento nella voce di lui non ebbe alcun effetto su di lei, con un tono più tranquillo Jace disse a Nissa che la prigione non c'era più, che il demone l'aveva aperta, non potevano fare più nulla; solo fuggire. Subito dopo il demone urlò "sollevati" e con orrore di tutti, Kozilek emerse dal terreno e si unì alla battaglia.

Jace non ricevette risposta da Nissa, ma la seguì e la vide attaccare il demone. Dopo che venne sconfitta, Jace entrò nella mente del demone e lo manipolò facendogli pensare che per lui era giunto il momento di abbandonare Zendikar e di non tornare mai più. Sfortunatamente per Jace, quell'essere pensò che lo avrebbe fatto solo dopo essersi assicurato che nessuno dei sopravvissuti fuggisse da Portale Marino. Jace insistette con la sua manipolazione mentale per farlo andare via, ma con il suo secondo tentativo, il demone capì che qualcuno si trovava nella sua mente e utilizzò una vaga sensazione per individuare la sua posizione.

Nascosto tra i soldati in fuga, Jace vide il demone scendere in picchiata verso di lui e quando toccò il suolo spazzò via gli abitanti di Zendikar. Jace fu l'unico a rimanere in piedi, indenne ma sorpreso. D'istinto si divise in decine di immagini speculari. Il demone sussurrò una parola e attraverso il legame mentale Jace sentì lo stesso dolore del suo avversario. Tutte le immagini si piegarono su di loro per il dolore, ma nessuna di esse poteva soffrire allo stesso modo dell'originale. Sorridendo il demone scattò per ucciderlo. Jace rispose al suo sguardo, mise da parte i sotterfugi e lo attaccò mentalmente assalendo i suoi sensi il più possibile. Riuscì a evitare la morte, ma il pugno del demone lo colpì in viso. Jace cadde a terra privo di sensi, il demone si preparò per spezzargli il collo, ma venne fermato dall'intervento di Gideon che con la sua arma lo allontanò dal telepate.

Fuoco e fiamme[]

Dopo che Gideon venne sconfitto dal demone, Jace insieme al suo amico e a Nissa, che era stata sconfitta prima di loro, venne portato in una caverna non molto lontana da Portale Marino. Una volta lì, il demone usò la sua magia per far fluttuare in aria i suoi tre prigionieri come marionette e usò i quattro parassiti di Kozilek che controllava per torturarli. Con voce profonda e pacata disse che aveva sofferto mille vita di agonia su quel miserabile piano, aveva meno tempo da condividere con loro, ma non meno dolore.

Jace, che insieme agli altri aveva perso i sensi durante la tortura, si svegliò proprio quando Chandra, arrivata per salvare i suoi amici, stava per essere sconfitta a causa dell'attacco mentale del demone. Telepaticamente Jace disse alla piromante di uccidere i parassiti con il fuoco. Chandra lo fece e i tre planeswalkers crollarono a terra, svegli ma deboli e subito dopo svanirono insieme alla piromante per via della magia di invisibilità lanciata dal mago mentale. Chandra disse mentalmente che avrebbero dovuto affrontare il demone e Jace rispose che avevano poche energie. Erano stati torturati a lungo. Chandra ribatté che era un motivo in più per sconfiggere quell'essere e lo incoraggiò come prima lui aveva fatto con lei.

L'incantesimo di occultamento si ruppe e i quattro tornarono nuovamente visibili. Il demone riuscì ad afferrare Gideon al collo e lo sollevò in aria, poi si voltò verso Chandra e disse che i suoi amici dovevano ringraziarla, ma non per la falsa speranza che li aveva dato, ma per il fatto che avessero avuto un pubblico che avrebbe assistito alla loro morte. Strinse la presa per rompere il collo del suo prigioniero, ma Gideon lottò: nonostante la spossatezza riuscì a usare la sua magia di invulnerabilità per proteggersi la gola e colpì il demone con un calcio riuscendo a liberarsi e a rotolare via. I quattro planeswalkers circondarono il demone e lo attaccarono contemporaneamente colpendolo con lame a frusta, rampicanti elementali, magia mentale e un'onda di fuoco. Lui fece una smorfia e si avvolse nelle proprie ali per proteggersi, cercò di contattaccare con una magia, ma Jace la neutralizzò e mentre l'incantesimo si dissolveva, Gideon lo attaccò da un'altra direzione; il demone si scagliò contro Nissa, ma Chandra gli bloccò la strada con un pilastro di fiamme. Tra la moltitudine di illusioni di Jace, l'abilità in combattimento fisico di Gideon e la magia selvaggia di Nissa, il demone si ritrovò più intento a schivare i colpi che ad attaccare. Improvvisamente i tre si spostarono contemporaneamente, lasciando la visuale libera a Chandra che era rimasta indietro per preparare il suo attacco: un ciclone di fuoco. La magia colpì il demone scagliandolo contro una parete, ma lui si alzò ferito, li scrutò tutti e quattro e disse che avevano deciso di utilizzare le loro energie per sconfiggerlo e ci erano riusciti, ma ogni momento che avevano dedicato a lui aveva portato a una maggiore distruzione di Zendilkar e quindi avevano perso comunque. I quattro si guardarono tra loro e il demone fece una promessa: si sarebbe aggirato su ogni piano e avrebbe devastato ogni mondo patetico finchè non avrebbe trovato un modo per punire le loro vite distorte. Dopo svanì nella cieca eternità.

Dopo la partenza del demone, udirono tutti un echeggiante suono verso il canale che conduceva alla camera e videro lo sciame eldrazi, l'orda che Chandra aveva attirato lontano da Portale Marino mentre andava a salvare i suoi amici. Gli eldrazi entrarono nella camera e si sparpagliarono su ogni superficie. I quattro annuirono e come una melodia suonata in armonia, quattro magie vennero lanciate.

Il giuramento dei guardiani[]

Dopo che lo sciame eldrazi venne disperso e i quattro planeswalkers uscirono dalla caverna, Jace vide che Nissa era crollata a terra inorridita dalla desolazione del suo mondo. Chiamò Gideon e gli indicò l'elfa, ma quando lo ieromante fece un passo verso di lei, il telepate lo fermò strattonandolo per un braccio e chiese cosa volesse dirle. Vedendo la confusione sul volto dell'amico, Jace disse di non fare promesse che non era in grado di mantenere. Gideon capì che le sue sarebbero state solo parole vuote e rimase in silenzio. Sussurando Jace continuò che avrebbero dovuto prendere in considerazione l'idea di lasciare Zendikar al suo destino. Nissa lo udì, si alzò in piedi e disse che lei non sarebbe andata da nessuna parte, Jace sospirò e rispose che dovevano accettare la possibilità che il loro obiettivo fosse impossibile da raggiungere, Ugin la pensava così e aveva più esperienza sugli eldrazi rispetto a tutti loro. Nissa replicò che lui sapeva che il drago si sbagliava, l'aveva visto personalmente, era stato lui a comprendere il modo di fermare i titani, ma Jace chiese come potevano esserne sicuri e disse che Zendikar non era l'unico mondo ad avere bisogno del loro aiuto e Nissa rispose che il suo piano aveva bisogno di lei e che qualsiasi cosa avessero deciso di fare, sarebbe rimasta. Potevano andarsene tutti se lo desideravano, ma lei non avrebbe abbandonato il suo mondo. Jace non replicò e rimase in silenzio così come Chandra e Gideon che non erano intervenuti nella conversazione.

Gideon disse a Jace e Chandra che sarebbero potuti andare via. Nulla li legava a quel mondo. Per quel che sapevano Zendikar non aveva speranza e forse erano le ultime persone su quel piano, l'ultimo baluardo tra gli eldrazi e il cuore pulsante di quel mondo. Cosa poteva fare uno qualsiasi di loro contro due titani? Forse non c'era nulla che avessero potuto fare, chiunque di loro, da solo, non era in grado di opporsi a quei mostri, ma forse tutti e quattro potevano fare qualcosa. Jace sorrise e Nissa spalancò gli occhi. Gideon continuò che uniti sarebbero stati capaci di affrontare qualsiasi forza che il multiverso avesse deciso di mettere davanti a loro e che forse era proprio quello che avrebbero dovuto fare. Aggiunse di pensare a ciò che avevano ottenuto: avevano imprigionato Ulamog e sconfitto un demone. Ognuno di loro era potente a modo suo, si rivolse a turno a ognuno e a Jace disse che all'inizio lo aveva sottovalutato, ma la sua abilità di pensiero e di previdenza lo avevano salvato più volte. Continuò che insieme potevano sconfiggere gli eldrazi, potevano salvare quel mondo, salvare qualsiasi piano che avesse avuto bisogno di loro da qualsiasi minaccia. Concluse che dovevano prendere un impegno: non solo scacciare gli eldrazi da Zendikar, ma rimanere uniti contro qualsiasi forza che avesse minacciato il multiverso. Pronunciò il suo giuramento scegliendo di essere un guardiano.

Dopo che anche Nissa pronunciò il suo giuramento, Jace fece un passo avanti, guardò verso Chandra e disse che Gideon aveva ragione: loro quattro avevano un potere straordinario, una possibilità, una responsabilità unica: utilizzare quel potere contro le minacce come gli eldrazi, ma anche contro minacce che andavano oltre il singolo piano. Dicevano che un planeswalker poteva sempre sfuggire al pericolo, ma lui credeva che un planeswalker potesse anche scegliere di affrontarlo. Con un accenno di sorriso che si faceva strada attraverso la sua maschera di rabbia, Nissa gli disse di pronunciare le parole sotto forma di giuramento. Jace le restituì il sorriso che però svanì dalle labbra del telepate appena continuò e disse che aveva visto un pericolo più grande di quanto potesse immaginare, gli eldrazi non minacciavano solo Zendikar; se loro fossero fuggiti e li avessero lasciati liberi, quei mostri sarebbero stati in grado di consumare un mondo dopo l'altro fino a devastare anche Ravnica. Per quanto ne sapevano in quel momento Emrakul poteva andare alla deriva nella cieca eternità, alla ricerca di un un altro piano da divorare. Jace annuì con fermezza e disse che non doveva succedere mai più e pronunciò il suo giuramento: "per il bene del multiverso, sarò un guardiano."

Terminati i giuramenti, Chandra chiese a Gideon quale sarebbe stata la loro prossima mossa. L'altro rispose che aveva bisogno di più informazioni, non sapeva per quanto tempo erano rimasti prigionieri e se c'erano ancora soldati sopravvissuti. Lei rispose che aveva lasciato Tazri e un gruppo di soldati indietro, disse di seguirla iniziando a camminare. Jace fermò Gideon e gli disse che aveva alcune idee e forse poteva aiutarlo a trasformarle in un piano. Gideon sorrise e diede una pacca sulla spalla dell'amico. Insieme i due uomini si incamminarono dietro le loro amiche.

Sull'orlo dell'estinzione[]

Il ritorno dei guardiani[]

Jace faceva fatica a riflettere a causa delle chiacchere e dei pensieri degli altri. Stavano camminando, avrebbero voluto correre, ma preferivano risparmiare le forze. Erano diretti verso la gola in cui Chandra aveva visto alcuni sopravvissuti. Tutti aspettavano che lui elaborasse un piano, quello dell'imprigionamento di Ulamog era fallito e ciò che gli rimaneva era l'improvvisazione e detestava improvvisare. Giunsero alla meta e li percepì la presenza dei sopravvissuti prima ancora di vederli, girarono intorno a una roccia nel burrone e trovarono Tazri, Munda, un vampiro che rappresentava Drana, Jori En e Kiora che stavano litigando su come dovevano attaccare i titani. Mentre Gideon si faceva avanti e salutava tutti i presenti, Jace chiese telepaticamente a Jori se Kiora avrebbe collaborato con loro e l'altra rispose che credeva di si. Gideon disse a Kiora che credeva di averla persa e lei rispose che avevano perso molte cose, ma in ogni caso ora erano tutti lì e chiese quale sarebbe stata la loro prossima mossa. Sentendo quelle parole Jace scattò, lei se n'era andata forzando loro la mano, portando la sua flotta alla distruzione. Kiora rispose che diceva il vero ed era il motivo per cui si trovava lì, per chiedergli cosa dovevano fare insieme e aggiunse che aveva pensato che lui avrebbe gradito un gesto di umiltà da parte sua. Gideon intervenne prima che lui potesse rispondere e disse che apprezzavano il suo gesto. La risposta dello ieromante fece sorridere Kiora, Jace pensò che era in grado di spingere le persone a compiere le azioni che desiderava, se proprio necessario, ma comprendeva a mala pena la capacità di Gideon di convincere gli altri a voler collaborare. Non c'era alcuna magia, era solo un effetto del suo carisma e della sua integrità personale; aspetti che Jace non aveva mai avuto bisogno di sviluppare. Valutò quindi che la sua priorità sarebbe stata quella di ottenere il favore dell'amico, un'ottima considerazione da tenere a mente se fossero riusciti a sopravvivere. Tazri disse che i soldati erano sparpagliati, stava cercando di raggrupparli, ma gli eldrazi erano ovunque. Gideon rispose che Jace aveva un piano e tutti si voltarono verso di lui, con sguardi carichi di speranza.

Un mezzo piano[]

Jace si passò una mano sulla fronte e disse che aveva un piano di riserva nel caso la trappola di edri avesse fallito, ma prevedeva che dovessero affrontare un solo titano mentre ora ce n'erano due, quindi il suo era un mezzo piano e aveva bisogno del loro aiuto per realizzarlo. Evocò un'illusione: l'anello di edri che avevano usato per imprigionare Ulamog e lo fece crollare, ma lasciò al suo posto il diagramma che li aveva guidati verso la loro posizione; il glifo che Ugin gli aveva mostrato, la forma che avrebbero dovuto avere le leyline per imprigionare gli eldrazi. I suoni della battaglia echeggiarono intorno al burrone, Chandra si allontanò e il telepate pensò che alcune persone non erano fatte per rimanere in attesa, ma anche lui preferiva che la piromante andasse ad arrostire qualche eldrazi minore che si avvicinava troppo, invece di rimanere a discutere irrequieta dettagli di un piano per cui lei non nutriva alcun interesse. Jace continuò che non era più possibile intrappalare Ulamog e Kozilek, non avevano più le risorse né il tempo per farlo, ma spiegò che quella forma aveva ancora potere. Indicò il glifo, privo di edri, un cerchio con tre proiezioni e chiese a Nissa: se i titani fossero stati sufficientemente vicini e fermi e se lei avesse avuto la completa concentrazione senza preoccuparsi di difendersi, avrebbe potuto realizzare quel glifo con le leyline di Zendikar in modo diretto senza gli edri. Nissa rispose di si, ma aggiunse che senza gli edri a mantenere le leyline in posizione, il legame sarebbe stato stabile solo per il tempo in cui lei sarebbe riuscita a mantenerlo. Gideon chiese quale fosse il suo obiettivo e Jace pensò che era la sua ultima possibilità di tirarsi indietro da quello che sarebbe potuto essere un terribile errore; Ugin gli aveva dato due indicazioni molto chiare: non cercare di uccidere i titani e non lasciare che fuggissero da Zendikar. Non era più possibile imprigionarli e se fossero riusciti a fuggire sarebbero andati su un mondo privo del vantaggio dei preparativi per fermali presenti su Zendikar, si sarebbero nutriti di quel mondo e migliaia di milioni di persone sarebbero morte. Ciò era inaccettabile. Pensò che Ugin non aveva mai spiegato chiaramente perchè non voleva che i titani venissero uccisi, non era chiaro se le sue obiezioni avessero più a che fare con i rischi o le conseguenze e ora lo Spirito Drago non era con loro per dare informazioni nel momento in cui avrebbero dovuto decidere, aveva però parlato a lungo del rischio che i titani fuggissero. Si rivolse nuovamente ai suoi compagni e disse che rimaneva loro una sola possibilità: uccidere i titani. Gideon chiese come potevano riuscirci e cosa gli facesse credere che fosse possibile. Jace rispose che Ugin gli aveva detto qualcosa che gli aveva fatto pensare diversamente. Kiora disse che quel momento era stato prima che dicesse che avrebbero dovuto imprigionare Ulamog e che non ne aveva parlato e l'altro rispose che non aveva detto nulla perchè Ugin sembrava pensare che uccidere un titano fosse una cattiva idea e lui gli aveva promesso che avrebbe evitato quella soluzione, se fosse stato possibile. Da lontano Chandra urlò chiedendo novità, Jace la ignorò e spiegò che avevano bisogno di far avvicinare i due titani abbastanza da permettere a Nissa di intrappolarli entrambi nella stessa prigione di leyline. Kiora notò che agli eldrazi non importava nulla di loro e che avrebbero ignorato la loro provocazione e Jace rispose che loro erano attirati dalla concentrazione di vita e che quindi avevano bisogno che i sopravvissuti fossero stati tutti posizionati per affrontare direttamente Ulamog e Kozilek. Gideon chiese se voleva usare la loro gente come esca, Jace sospirò e chiese quale fosse la differenza tra imboscata ed esca, accigliato l'altro non rispose, ma al posto suo Tazri disse che un esca non aveva scelta. Il telepate disse che aveva ragione, Gideon aveva detto che quelle persone erano pronte a mettere in gioco le loro vite per salvare Zendikar e quello era il momento di farlo. Rivolta al suo generale, Tazri disse che lei poteva radunare i soldati e comunicare il loro piano, ma solo lui poteva convincerli. Gideon le ordinò di radunare le truppe, avrebbe scoperto i dettagli e poi si sarebbe unito a loro e dopo che Tazri si allontanò chiese del piano. Jace iniziò usando la metafora dell'uomo e la pozza d'acqua e alla fine spiegò che dovevano portare i due titani completamente nel mondo fisico per ucciderli, tuttavia non sapeva in che modo ed era il motivo per cui il suo era un mezzo piano. Kiora lo criticò e Jace replicò che il suo piano era quello di presentare quel problema ai suoi intelligenti ed esperti alleati dai tanti talenti e vedere se erano in grado di offrire idee utili. Nissa rispose che lei poteva farlo, però era complicato e preferiva mostrarglielo.

Nella mente di Nissa[]

Jace esitò ricordando il caos e il potere della mente dell'elfa, ma non aveva scelta, chiuse gli occhi e li riaprì nella mente dell'amica e ancora una volta il mondo si illuminò da un fuoco verde, osservò i titani e vide che Ulamog era un pozzo di oscurità, mentre Kozilek un enigma contorto; le leyline si incurvavano verso di loro contorte. Come la prima volta Jace si trovò in difficoltà, ma Nissa lo tenne ben saldo e gli disse di osservare. Vide le immagini scorrere di fronte a lui: la rete di edri e le leyline nel modo in cui le vedeva Nissa. Venne invaso dai ricordi dell'elfa: vide l'Occhio di Ugin, Anowon che diceva che gli eldrazi avrebbero abbandonato Zendikar una volta liberi, Sorin Markov che pronunciava il suo nome, l'edro principale della prigione dei titani che crepitava di fuoco bianco, il fulcro dell'intera rete che reggeva la prigione parzialmente aperta, Nissa che colpiva l'edro e un lampo di pura luce bianca. L'immagine svanì, sostituita da visioni più astratte: all'interno di un glifo realizzato senza edri, i titani sarebbero rimasti intrappolati solo per un breve periodo, ma sarebbero stati in diretto contatto con le leyline ed esse sarebbero state in grado di disperdere la loro energia nell'intero piano. Gli edri ne smorzavano l'effetto, con le pietre in posizione il glifo non sarebbe stato utilizzabile per uccidere gli eldrazi, ma senza gli edri era diverso. Jace disse che potevano smembrare gli eldrazi e Nissa rispose che potevano risucchiare tutta la loro energia e inviarla alle leyline verso Zendikar, in modo che il mondo potesse fare ai titani ciò che loro stavano cercando di fare al piano: divorarli. Jace notò che sarebbe potuto essere difficile per Zendikar, se un parziale risucchio dell'energia dei titani aveva causato il Torbido, tutta la loro energia sarebbe potuta essere troppa. Nissa disse che lo sapeva, ma era sicura che Zendilkar poteva sopportarlo. Nello spazio tra le due menti ci fu un attimo di silenzio poi Jace chiese perchè gli avesse mostrato il ricordo in cui distruggeva l'edro principale e l'elfa rispose che non voleva doversi chiedere se lui lo avesse visto nella sua mente e perchè voleva che sapesse perchè lei stava facendo tutto quello: doveva riparare a un errore. Jace rispose che capiva, lui era parte della causa per cui era stato necessario un sistema di sicurezza. Abbassò le sue difese mentali e le mostrò i suoi ricordi: Anowon che lo guidava verso l'Occhio, lo scontro di lui e Chandra con il dracofono, l'apertura dell'Occhio. Pensò che tre planeswalkers avevano aperto la prigione dei titani e avevano permesso alle loro progenie di invadere Zendilkar, mentre uno aveva rimosso l'ultimo sistema di sicurezza di Ugin e aveva aperto la prigione: tre di quei quattro erano pronti a porre rimedio al loro errore. Uscì dalla mente di lei e riaprì gli occhi.

Prepararsi alla battaglia[]

Jace disse ai suoi compagni che avevano un piano: avrebbero attirato i titani, utilizzato le leyline per risucchiare le loro essenze in Zendikar e lasciato che il piano li divorasse. Kiora disse che sembrava semplice e Jace rispose che era complicato, ma lui e Nissa pensavano che potesse funzionare. Gideon chiese dove dovevano posizionarsi e il telepate rispose di scegliere un luogo e che insieme alle sue truppe avrebbe attirato i titani nella loro imboscata. Lui e Nissa li avrebbero aspettati lì con un piccolo gruppo di soldati per proteggerli e al momento giusto l'elfa avrebbe tessuto le leyline e imprigionato i titani. Spiegò all'amico che il suo compito sarebbe stato quello di tenere occupati Ulamog e Kozilek per il tempo che serviva alla loro amica. Si rivolse a Kiora e disse che conosceva le sue abilità meglio di lui e di dirgli che ruolo pensava di poter avere e lei rispose che avrebbe svuotato il bacino dall'acqua in modo che le truppe avessero avuto un terreno asciutto su cui muoversi. Chandra, che era tornata, chiese quale sarebbe stato il suo ruolo e Jace rispose di scegliere se restare con loro o andare con Gideon, di incenerire tutte le progenie, ma di non attaccare i titani o avrebbe rischiato di allontanarli e di rovinare il loro unico tentativo. La piromante gli lanciò uno sguardo infastidito ma annuì. Kiora chiese cosa avrebbe fatto lui e Jace rispose che avrebbe coordinato le posizioni di ognuno di loro, l'inizio della magia di Nissa e le azioni in caso di fallimento. Con disgusto Kiora disse che sarebbe stato il comandante, ma Jace replicò che quello era il ruolo di Gideon e che la sua sarebbe stata "gestione". Aggiunse che una volta che il loro piano avesse avuto inizio, i titani sarebbero potuti cambiare. Lo ieromante chiese cosa intendesse e lui rispose che sarebbero potuti diventare più grandi. Kiora disse che avrebbero fatto a modo suo, ma se non avesse funzionato, avrebbe fatto i conti con lei. Jace rispose che in quel caso dubitava che lei si sarebbe dovuta preoccupare di lui. Gideon disse che dovevano vincere o morire, avevano un piano e forza e determinazione per portarlo a termine. Kiora si allontanò con Jori, mentre Chandra iniziò a camminare verso i soldati, Gideon stava per allontanarsi a sua volta, ma si fermò e disse che si fidava di lui. Jace gli mise due dita sulle tempie e rispose che lo sapeva e Gideon si incamminò per raggiungere Chandra.

Jace e Nissa uscirono dalla gola e osservarono i titani. Vennero raggiunti da due squadre di soldati e l'elfa sussurrò di dirgli qualcosa e, telepaticamente, l'altro disse di farlo lei, ma Nissa replicò mentalmente che non era lei quella che avrebbe dato gli ordini una volta che la battaglia fosse iniziata. Jace osservò le sue truppe e il peso di ciò che avrebbero cercato di fare divenne realtà: spiegò che il loro compito era proteggere Nissa, lei avrebbe imprigionato e ucciso i titani e se fosse caduta, tutto il resto non avrebbe più contato nulla e di agire di conseguenza. Si chiese se i soldati sarebbero davvero stati pronti a portare a termine il loro compito e cosa avrebbe detto Gideon per ispirarli, capì che era ovvio, sorrise e disse "per Zendikar" e i soldati urlarono a loro volta quel motto. Jace si voltò verso i titani, nella valle al di sotto delle loro ombre, tra una moltitudine di nemici, i suoi amici e alleati si stavano mettendo in posizione per realizzare il suo piano.

L'ultima possibilità di Zendikar[]

Jace stava aiutando Nissa con i preparativi per il lancio della magia che avrebbe salvato il mondo. Quando i due eserciti esca si unirono di fronte a loro, lui disse mentalmente a Gideon e Chandra che erano abbastanza lontani, di sparpagliare gli eserciti e che i titani erano in posizione e i due lo fecero. Ulamog e Kozilek caddero nella loro trappola: Nissa realizzò un glifo che apparve sul fondo della valle, le leyline avvolsero i titani e le linee di mana li ancorarono a Zendikar. Jace urlò a Nssa che doveva tirarli giù verso il glifo e farli risucchiare. La magia dell'elfa spinse completamente i titani nel mondo fisico, facendoli diventare più grossi, le loro forme inglobarono tutto, dando l'impressione che Zendikar si trovasse all'interno dei due. Il glifo magico stava lentamente e gradualmente erodendo Ulamog e Kozilek, ma contemporaneamente anche la terra del piano stava andando incontro alla distruzione, ma molto più rapidamente. Telepaticamente Jace disse a Kiora di usare le sue onde e di spazzare via le orde delle progenie per dare più tempo a Nissa.

Avvicinatasi, Chandra gli chiese di permetterle di attaccare, ma lui le ricordò che qualsiasi danno fosse stato inflitto ai due esseri o a Nissa avrebbe causato la rottura delle leyline e avrebbe dissolto la magia, con la conseguente fuga di Ulamog e Kozilek. Chandra replicò che non sarebbe successo se li uccidevano con un solo colpo, ma mentalmente il telepate le disse di tenere lontane le progenie. Poco dopo Kiora disse a Nissa di lasciare liberi i titani perché non avrebbe funzionato, avevano fatto del loro meglio, ma Zendikar sarebbe morto insieme a loro; i due eldrazi volevano andarsene e dovevano lasciarli liberi, avrebbero combattuto contro di loro in una seconda occasione. Nissa scosse la testa e Jace, con espressione severa, urlò che i titani dovevano essere distrutti o avrebbero condannato ogni altro mondo, rischiando milioni di vite. Kiora replicò che stavano condannando quel piano, Zendikar si stava spezzando e loro sarebbero stati distrutti con esso. Jace rispose con decisione di lasciare che il piano venisse completato, ma l'altra replicò che se non voleva fermare lui tutto ciò, lo avrebbe fatto lei. Chandra chiese nuovamente di poter attaccare i titani, Gideon che si stava arrampicando sull'affioramento per proteggere Nissa, disse che era d'accordo con la piromante; non potevano lasciarli liberi, ma nemmeno continuare a trannerli in quel modo o avrebbero perso delle vite in ogni momento che passava e a denti stretti Nissa aggiunse di decidersi in fretta. Cavalcando un'onda Kiora arrivò da loro ed evocò un'enorme massa d'acqua e intimò all'elfa di liberarli, nello stesso tempo Jace chiese telepaticamente a Chandra se fosse sicura di potercela fare, la piromante rispose di si e lui la fece procedere. Ignara della conversazione telepatica, Kiora disse che il tempo per decidere era scaduto e scagliò l'intero mare contro Nissa. Jace si mise tra le due, i suoi occhi brillavano sotto il cappuccio, mentre la sua mano era contornata da crepitante magia blu: il mare scagliato da Kiora si divise in due e ogni metà si divise a sua volta; la massa si dissolse e divenne nebbiolina, mentre l'acqua inondò e spazzò via le progenie. Protetta da Jace, Nissa passò a Chandra tutto il mana di Zendikar e la piromante scatenò la sua magia sui titani uccidendoli. Quando tutto finì, Jace si riunì agli altri.

Rinascita di Zendikar[]

Alcuni giorni dopo la vittoria sui titani, Jace si trovava vicino a un enorme edro caduto, lontano dalla folla degli abitanti di Zendikar impegnati nelle loro attività. Da quella posizione vantaggiosa poteva osservare il glifo di leyline di Nissa ancora visibile sul fondo della valle e si chiese se col tempo sarebbe svanito. Vide Gideon avvicinarsi a Chandra e parlare con lei, aveva scoperto che anche il suo amico era stato inviato all'inseguimento della piromante per recuperare una pergamena rubata; tuttavia ora Chandra lo accoglieva con calore, mentre guardava lui ancora con sospetto. Aveva osservato i movimenti di Gideon dopo la battaglia, ovunque andasse fiorivano sollievo e speranza. Pensò che doveva essere in grado di replicare quell'effetto con la telepatia, comprendendo dai pensieri delle persone le giuste parole da dire o i gesti da compiere per dar loro conforto, per far in modo che si fidassero di lui. Ma Gideon non era un telepate, sapeva semplicemente ciò che doveva dire. Jace valutò che avrebbe dovuto lasciare il ruolo carismatico alle persone carismatiche e concentrarsi a guidare Gideon con le informazioni giuste per far in modo che prendesse quelle decisioni in modo onesto e diretto. Jace sentì una fitta di colpevolezza per aver tramato un piano per ottenere i favori di Gideon in una qualche immaginaria futura discussione per convincere gli altri, ma quello era ciò che faceva lui: costruire piani. Pensò che i suoi nuovi amici sembravano disposti ad aiutare gli abitanti del piano rimuovendo le macerie e cacciando i vampiri incantati e le poche stirpi eldrazi rimaste. Era un comportamento lodevole, ma quelli erano compiti che gli abitanti del piano avrebbero potuto svolgere da soli mentre c'erano minacce che solo i guardiani potevano affrontare. L'urlo delle sentinelle lo risvegliò dai suoi pensieri, Jace guardò il cielo e vide Ugin. Disse di stare tranquilli, era un amico e sperò che venisse come tale, non c'era nessuna garanzaia sull'umore del drago, ma lui non avrebbe permesso che il suo schieramento iniziasse le ostilità. I suoi tre amici udirono le sue parole, compresero e arrivarono al suo fianco.

Atterrato di fronte a Jace, Ugin chiese con rabbia cosa avesse fatto. Nissa rispose che avevano salvato Zendikar, mentre Chandra chiese cosa avesse fatto lui per contribuire. Jace si fece avanti e disse che il piano era stato suo, gli altri avevano avuto solo la colpa di fidarsi di lui e, se aveva obiezioni su ciò che avevano fatto, la causa era solo lui. Gli altri tre protestarono: Gideon disse che erano con lui, Nissa aggiunse che avevano ucciso i titani insieme e quindi erano tutti responsabili e Chandra concluse che in realtà era stata lei a ucciderli, ma l'avevano aiutata. Ugin chiese a Jace di spiegargli cos'era successo. Il telepate gli raccontò le cause e gli eventi che avevano costretto lui e il suo gruppo a decidere di uccidere i due grandi eldrazi e comprendendo, Ugin rivelò che era consapevole del modo di ucciderli. Lo Spirito Drago li informò che Emrakul non si trovava più sul piano, poi si sollevò su due zampe torreggiando su tutti e, come un maestro, disse che avevano ucciso due esseri viventi più antichi dei mondi, senza conoscere il loro obiettivo, il loro ruolo, l'impatto delle loro vite e delle loro morti. Avevano messo a rischio l'intero piano e causato ignote conseguenze per ucciderli, solo perchè erano in grado di farlo. Si abbassò, sospirò e poi continuò che aveva una teoria su ciò che gli eldrazi potessero essere e su quello che sarebbe accaduto ora che due di loro erano morti; le conseguenze probabilmente non sarebbero maturate in poco tempo, forse fino anche dopo la morte di tutti e quattro, quindi potevano considerare la loro impresa come una vittoria, mentre lui avrebbe studiato le spoglie dei titani e si sarebbe preparato per il futuro. Jace chiese di permettergli di lavorare con lui e di rivelargli le sue teorie, ma Ugin rispose che gli aveva dimostrato di essere un collega estremamente arrogante e inaffidabile, insisteva nel dire che voleva aiutarlo, ma l'aiuto migliore che poteva dargli era andarsene. Incredulo Jace gli chiese che fine avessero fatto i suoi vecchi alleati e Nicol Bolas. Lo Spirito Drago rispose che non gli avrebbe impedito di cercare informazioni, ma lo invitava a non dimenticare che sia Sorin che Bolas sarebbero stati molto meno indulgenti di fronte alle sue interferenze. Ugin continuò di ordinare al popolo di Zendikar di non interferire con il suo lavoro e dopo che finì di parlare, si sollevò e volò via.

Dopo la partenza del drago, Jace rimase da solo con Gideon e i due si sedettero su una roccia. L'amico gli disse che sembrava che le sue preoccupazioni non fossero terminate e il telepate gli raccontò di Nicol Bolas, che aveva escogitato la liberazione degli eldrazi; di Sorin Markov e Nahiri, gli alleati di Ugin che avevano collaborato a imprigionare i titani su Zendikar tanto tempo prima e che lo Spirito Drago sembrava convinto fossero ancora vivi. Gideon disse che i giuramenti che avevano prestato come guardiani non erano tutti identici, perchè loro non erano identici. Jace pensò che quel fatto non gli era sfuggito: i loro giuramenti erano un modo per legare quattro persone molto diverse. Gideon continuò che lui sarebbe rimasto sul piano finchè non sarebbe stato convinto che i popoli erano al sicuro; immaginava che anche Nissa sarebbe rimasta finchè non avesse avuto la certezza che la vita sul suo mondo sarebbe continuata e per quanto riguardava Chandra, non credeva di poter parlare per lei. Aggiunse però che tutti loro avevano bisogno di sapere quale sarebbe stata la prossima minaccia e non solo sistemare i danni causati dall'ultima. Gideon chiese quale pensava dovesse essere la loro priorità. Jace rispose che Bolas era terrificante e preferiva non affrontarlo prima di aver scoperto molto di più, non avevano alcun modo di seguire gli spostamenti di Emrakul e quindi rimanevano solo gli alleati di Ugin: sarebbe andato su Innistrad a cercare Sorin. Gideon annuì e guardandolo negli occhi disse che si fidava della sua analisi e chiese quando sarebbe partito. Jace rispose che lo avrebbe fatto subito dopo aver preso delle provviste e raccolto qualche informazione su Sorin. Gideon disse che loro sarebbero stati lì, si alzò e se ne andò. Poco dopo Jace pensò che il carisma dell'amico aveva funzionato anche con lui.

Successivamente, Jace cercò Nissa. Mentalmente le disse che doveva parlarle, la raggiunse e continuò che doveva dirgli tutto ciò che sapeva su Sorin. L'elfa lo guardò negli occhi, sorrise e rispose che era più semplice farglielo vedere e senza esitazione, Jace si tuffò nella mente dell'amica.

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