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Episode 9: Beauty in Destruction è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Seanan McGuire e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 17 gennaio 2024. Racconta parte della storia di Kaya Cassir e Alquist Proft dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.

Racconto precedente: Episode 8: Gods of Chaos

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Storia[]

Il silenzio riempì la stanza finché non sembrò che stesse per soffocare tutti i presenti. Ezrim guardò Kaya. “Lo sapevate?” chiese lui, rompendo il silenzio in qualcosa di più gestibile.

“Cosa? No! Ci siamo seduti in silenzio per un po’, e poi è sbucato quel fiore dal muro, Proft l’ha messo nel contenitore e ha annunciato di aver risolto il caso” disse Kaya. “Non mi aveva detto nulla riguardo un’accusa verso Trostani.”

“Trostani non avrebbe mai potuto” protestò Tolsimir. “Anche se fosse in qualche modo corrotta dall’influenza di Phyrexia, non può lasciare Vitu-Ghazi mentre l’albero sta guarendo! Se c’è qualcuno al di sopra di ogni sospetto in questa situazione, è proprio lei.”

“Una cosa sulla quale sono sicuro facesse affidamento” disse Proft, continuando ad osservare la tripla driade mentre le sue parti si attorcigliavano l’una attorno all’altra in silenziosa confusione. Come prima, le sue teste erano fuori sincronia, ciascuna il riflesso della propria reazione a quella situazione. Ses sembrava ancora più infuriata rispetto a prima: la driade dell’ordine era furibonda per le accuse mosse verso le sue radici. Cim sembrava sconvolta e disgustata: la driade dell’armonia non riusciva ad accettare la discordanza tutta intorno a lei. Solo il volto di Oba non era cambiato.

La driade della vita appariva ancora serena e distaccata, separata dalla situazione grazie ad una barriera di propria creazione. Qualsiasi cosa stesse accadendo lì, non vi prese parte personalmente, limitandosi ad osservare le persone che discutevano di colpe e doveri.

Proft continuò: “È diventato facile, all’indomani della guerra, incolpare i Phyrexiani di qualsiasi cosa. Ogni buca in strada è a causa dei danni che hanno fatto alle nostre strade, non dei nostri fallimenti nel ripararle. Ogni diceria riconduce sempre a Phyrexia. Ogni menzogna, ogni disuguaglianza, ogni errore viene condotto ai piedi di Phyrexia. Ma noi eravamo capaci di crudeltà ben prima di loro. Eravamo capaci di commettere crimini. Ed eravamo capaci di tradimento.”

Gli altri capigilda protestarono, alcuni con sincera preoccupazione all’idea che uno tra loro avesse potuto architettare tutto quello, altri con preoccupazione puramente di facciata. Anche quando Judith iniziò a ringhiare e farneticare di false accuse e investigatori poco qualificati che cercavano di sviare la colpa dai loro lacchè Dimir, lei stava analizzando la stanza per controllare le uscite e vedere come compiere al meglio la propria fuga. Krenko indietreggiò sempre di più in un angolo, cercando qualcosa che potesse usare come arma contro la violenza che il suo affinato senso per il pericolo gli stava dicendo che si sarebbe potuta scatenare in qualsiasi momento.

Solo Izoni rimase calma e silenziosa, osservando lo svolgersi del tutto come se stesse osservando lo sbocciare di un fiore raro e letale.

Etrata si alzò e scivolò in mezzo alla folla, sinuosa come un serpente, per posizionarsi al fianco di Proft. Lui le lanciò uno sguardo, con un sorriso compiaciuto semi-nascosto all’angolo della bocca. “Sapevo che non avresti resistito ad avvicinarti per la grande rivelazione” disse lui, quasi stuzzicandola.

Etrata alzò gli occhi al cielo. “Ti prego. Come se io avessi intenzione di farti massacrare proprio ora, dopo che ho lavorato così duramente per tenerti in vita. Vai avanti, torna a spiegare l’orribile piano omicida della bella signorina e come è riuscita a compierlo con tutta Ravnica alla sua caccia. Ti prego, diccelo.”

“Preferirei che sia lei a dircelo” disse Proft. “Io so che lei è la responsabile. Ma mi manca ancora una grossa porzione del perché. Perché ora? Perché tradire la fede che Ravnica aveva riposto in lei, permettendo a Vitu-Ghazi di diventare il luogo di raccolta della nostra storia, mettendo il Patto delle Gilde originale sotto le proprie cure? Perché durante questo periodo di ricostruzione, quando decapitare le gilde potrebbe farle collassare completamente in modo così facile? Non sono sempre stato il più grande sostenitore del sistema delle gilde, anche se ne ho sia beneficiato che sofferto, ma riconosco che sia essenziale per una città sana e stabile, e che abbiamo bisogno che entrambe queste cose rimangano tali se vogliamo rialzarci dopo l’invasione.”

“Noi non-” iniziò Cim.

“Come osi-” disse Ses contemporaneamente.

Oba era silenziosa, e rimase tale quando le sue sorelle si voltarono, con terribile lentezza, per guardarla. Le loro espressioni di orrore e furia si unirono in confusione, seguita da uno shock. Per tutto quel tempo, Oba le aveva guardate in modo irremovibile, senza mai cambiare la propria espressione.

“Come-?” chiese Cim.

“Perché-? chiese Ses.

Dramatic AccusationART1

“Perché se lo meritavano” esplose Oba, infrangendo finalmente quella facciata di calma.

Kaya fu in piedi prima ancora di riconoscere la propria intenzione di muoversi, con i pugnali già estratti e pronti all’azione. Etrata le lanciò uno sguardo per convincerla a calmarsi, e lei tornò lentamente a sedersi, senza mai togliere gli occhi di dosso da Trostani.

“Hanno deluso Ravnica nel suo momento di maggior bisogno” continuò Oba. “Nel nostro momento di maggior bisogno. Giocano con la finanza e le invenzioni, con il piacere e il dolore. Noi siamo la volontà di Mat'Selesnya! Noi siamo Ravnica, il piano stesso, non solo la città che il nostro mondo è diventata! Noi siamo il cuore verde e in crescita di questo piano, e senza di noi non ci sarebbe alcuna Ravnica, alcuna città, alcuna gilda! Mat’Selesnya per poco non cadde per difendere le loro opere, e mentre noi barcollavamo, hanno fatto del loro meglio per abbatterci fin dalle radici!”

Cim e Ses si allontanarono, per quanto la loro natura congiunta potesse concederlo. Proft, nel frattempo, fece un passo verso la driade.

“Se ci poteste spiegare più precisamente come noi tutti abbiamo deluso Mat’Selesnya nello specifico e Ravnica in generale, forse potremmo avvicinarci ad un’intesa” disse lui. “Potrebbe essere possibile trovare un percorso attraverso il quale si possano evitare ulteriori punizioni per tutti.”

“Non penso proprio” ringhiò Aurelia.

Lavinia le lanciò un’occhiata e lei si calmò.

Proft, intanto, continuava a guardare Oba con l’attenzione paziente di uno studente che aspettava le sue lezioni essenziali. La driade si inclinò verso di lui, avvicinandosi.

“Mentre avveniva l’invasione, osservai attraverso il sistema di radici. Vitu-Ghazi è Ravnica, e noi siamo Vitu-Ghazi; non esiste centimetro del terreno di questo piano che non sia di nostra proprietà. Percepii la corruzione del loro terribile olio che filtrava dentro la nostra terra, percepii i loro passi innaturali mentre camminavano per le nostre strade, assaggiai il sangue dei nostri cittadini che macchiavano le nostre radici. Mi… fece male.” Oba rivolse uno sguardo a Cim e Ses e, per un momento, la sua espressione si addolcì. “Ebbi paura di cosa ci avrebbe fatto se gli avessimo permesso di diffondersi indisturbato, così decisi di assorbire tutto il dolore dentro di me per il bene delle mie sorelle. Combattei la corruzione del Frangireami da sola.”

“Non ti abbiamo mai chiesto di farlo” disse Ses.

“Non avete mai chiesto perché stesse facendo del male a tutta Ravnica, ma non a noi” disse Oba. “Siete state egoiste come tutti gli altri, quando vi è stata data l’opportunità di esserlo. L’ho percepito tutto. Ogni terribile e nauseante istante, ogni malefica goccia. È mancato così poco che cadessimo a causa del Frangireami, che diventassimo parte del loro terribile progetto, e se Mat’Selesnya, che è Ravnica, fosse caduto, nulla che chiunque altro avrebbe potuto fare sarebbe stato sufficiente a salvarli. Combattei nell’oscurità, senza nessuno ad aiutarmi, e vidi ciò che fecero.”

“Chi fece cosa?” chiese Proft, cercando di condurre la conversazione.

Oba gli lanciò un’occhiataccia così piena d’odio che sarebbe potuta essere letale quanto una tossina dei Golgari. “Lui”, puntò un dito contro Krenko, “stava accumulando risorse. I suoi piccoli lacchè razziavano i negozi e i magazzini mentre i loro protettori erano altrove a cercare di salvare vite Ravnicane, e prendevano tutto quello su cui potevano mettere le mani, lasciando solo polvere sugli scaffali. E poi rivendevano quelle cose, necessarie e vitali come acqua pulita, cibo, scorte mediche, alla gente di Ravnica con un sovrapprezzo che persino gli Orzhov si sarebbero vergognati di richiedere. Lui dissanguò persone che stavano già sanguinando.”

Aurelia e Lavinia si voltarono verso Krenko, con espressione curiosa e fredda. Krenko si fece piccolo contro il muro, evitando di incrociare i loro sguardi, ma non negò le accuse.

Oba non aveva finito. “Senza le sue azioni, centinaia di cittadini sarebbero potuti sopravvivere all’invasione. A causa sua, non ebbero alcuna possibilità. E tu!” Rivolse la sua attenzione verso Vannifar. “Tu piangi lacrime di coccodrillo per la tua compatriota, ma ho sentito come parlavate l’una dell’altra in privato. So quanto poco amore avete perso entrambe. Zegana era affascinata dall’olio di Phyrexia. Aveva iniziato ad infettare con esso delle normali creature, le bestie di Ravnica che non ebbero voce in capitolo, né alcun modo di protestare a quello che stava venendo fatto loro. Sarebbe passata a cavie intelligenti se l’invasione fosse durata di più. Aveva intrapreso una strada che ci avrebbe condannati.”

Vannifar non contraddisse il monologo furioso di Oba, e si limitò a guardare le proprie mani con un’espressione di profonda tristezza. Oba rivolse la sua attenzione al resto della stanza, analizzando ogni singolo volto prima di fermarsi su Kaya.

Kaya si raddrizzò sulla sedia, in attesa di sentire quanto veleno avrebbe sputato Oba verso di lei. Codarda? Se c’era qualcosa che sapeva di non essere, era proprio codarda. Disertrice? Era tornata a Ravnica anche sapendo di essere condannata per averli abbandonati. Fallimento?

Quella era l’unica parola che Kaya pensava di non poter sopportare. Se Oba gliel’avesse lanciata, probabilmente avrebbe viaggiato nella Cieca Eternità che lo volesse o meno, fuggendo da un’altra crisi che richiedeva la sua attenzione. C’erano ancora alcune cose che non riusciva a sopportare.

Oba non disse nessuna di quelle cose. Invece, inclinandosi quanto più il suo stato congiunto le permetteva, disse: “Tu sei addolorata per Teysa. Tu ti trovi qui, in questa stanza, come parte di questa ridicola indagine, perché la piangi profondamente. Nessuno dovrebbe essere in lutto per lei. Era un mostro. Ciò che fece, ciò che si stava preparando a fare, era ben peggiore di qualsiasi crimine io possa aver eventualmente commesso. Teysa Karlov era in combutta con i Phyrexiani, e comunicava con loro in segreto. Aveva intenzione di governare Ravnica per loro conto una volta completata l’invasione. Ha tradito ogni singola persona in questa stanza, e se io ho giudicato i suoi crimini, chi siete voi per giudicare me? Ho solo fatto quello che chiunque di voi avrebbe fatto, con i mezzi giusti. Voi tutti avevate chiaramente un movente.”

“Sorella, no” disse Cim, cercando di raggiungere Oba con il braccio. La sua mano stava tremando. “No. Hai assorbito la rabbia e il lutto, la sofferenza di un’intera città, e ha avvelenato il tuo giudizio. Noi rappresentiamo Selesnya, ma Selesnya non è il giudice e il boia per tutta Ravnica. Quello che fai, quello che hai fatto… è sbagliato.”

Vannifar prese un profondo respiro e si alzò, con gli occhi fissi su Oba. “Hai ragione” disse lei. “Zegana stava veramente sperimentando con l’olio di Phyrexia, ma ciò che ti è sfuggito nella tua impazienza di definire i nostri battibecchi come odio puro è stato il fatto che lei lo fece con la mia piena approvazione. Stava cercando una cura per la phyresis, la macchia diffusa di Phyrexia: cercava un modo di riportare a noi i cittadini ormai perduti. Non aveva alcuna intenzione di brandire l’olio come un’arma. L’avrei saputo. La controllavo minuziosamente.”

“Le radici sono, per loro natura, sepolte” disse Ses. “Possiamo udire attraverso di esse, ma in lontananza. Ciò che hai udito potrebbe non essere stato… non era… la storia completa che si mostrava a te.”

“Non hai il diritto di dire queste cose di Teysa Karlov, che era un’eroina in ogni sua accezione.”

Per un attimo, Kaya pensò di aver parlato senza volerlo. Poi la voce venne completamente riconosciuta dalle sue orecchie, e si voltò per vedere Etrata che lanciava uno sguardo infuriato alla driade, con gli occhi socchiusi.

“Sì, Teysa stava comunicando con gli invasori” disse Etrata. “Imparò la loro lingua dai morti che non erano stati completamente convertiti alla causa Phyrexiana prima di dare le proprie vite per Ravnica, e aprì la comunicazione di sua volontà. Loro la videro come un’utile anomalia e risposero. Una volta che riuscì a comunicare in modo affidabile con loro, iniziò a trasmettere informazioni alla resistenza. Utilizzò gli spiriti fedeli agli Orzhov per spiare ogni movimento fatto da quei mostri, rischiando la possibilità di contrarre la phyresis, mettendo la propria vita in secondo piano rispetto ai bisogni della sua città. Io ero uno dei suoi contatti. Stava lavorando fin dall’inizio con la Casata Dimir… lei e i suoi morti. Lei era un’eroina. Non ha mai tradito Ravnica. Ma tu, che hai visto senza comprendere… sei stata più che felice di tradire lei.”

Per un attimo, ci fu silenzio. Krenko iniziò a muoversi lentamente verso la porta. Ezrim lo fissò con un’occhiataccia, con le possenti ali dell’arconte che si aprirono come se stesse considerando di compiere un balzo. “E tu, invece, criminale?” chiese lui, con voce tagliente. “Non provare a mentire. Il capo del Senato è qui, e lei lo capirà.”

“Sì, e quindi?” chiese Krenko. “Sono morti dei goblin per prendere quelle scorte dietro le linee nemiche. Di certo i Phyrexiani non le avrebbero condivise! Vi aspettate che rischi la mia vita senza un guadagno?”

“Tutto ciò che ho detto e che ha fatto, l’ha fatto veramente” disse Oba. “Lo osservavo. Anche se credessi alle vostre storie di eroismo segreto e doppiogiochismo, lui commise i crimini che gli ho visto compiere.”

“E cos’ha fatto Kylox?” chiese all’improvviso Ral.

Kaya si voltò per guardarlo. Si era quasi dimenticata della morte dell’inventore Izzet; ne aveva solo sentito parlare da Proft, senza assistervi di persona. Oba sogghignò verso Ral.

“Era in mezzo ai piedi” disse lei. “Inviai quell’assassino per il goblin, e il tuo inventore si è trovato sulla sua strada. E anche se non si fosse trovato nel posto sbagliato, casa tua ha bisogno di pulizia proprio come tutte le altre! E sì che questa città avrebbe dovuto imparare a non mettere dei Planeswalker a capo di una gilda. Sempre qui per andarsene. Ma non hai osservato i tuoi abbastanza da vicino. Il tuo caro Kylox era affascinato dalla tecnologia di Phyrexia. L’olio li potenziava e li trasformava, ma le cose che costruivano… lui pensò di rubare i loro progetti per farli propri, per scalare i ranghi della gilda grazie alla loro ingegneria corrotta.”

“L’hai ucciso per spionaggio industriale?” chiese Ral, con l’elettricità che si iniziava ad accumulare attorno alle sue mani. “Allora potresti indubbiamente dover uccidere metà della mia gilda per lo stesso crimine!”

Allora forse dovrei farlo!” scoppiò Oba. “Forse ripulire Ravnica dalle macchie dell’invasione significa uccidere ogni anima che è stata tentata, anche solo per un attimo, dal popolo che è venuto a distruggerci!”

“Sorella, no” disse Ses. “Avresti dovuto dirci che stavi soffrendo.”

“Avresti dovuto permetterci di condividere ciò che provavi” disse Cim. “Avremmo condiviso la nostra parte del fardello.”

“Sei ferita, e hai bisogno di essere guarita” disse Ses.

“Ti prego” disse Cim.

“Ti prego, lascia che ti aiutiamo ora, anche se non potevamo farlo prima.”

Per un attimo, sembrò che Oba potesse ascoltarle. Poi loro allungarono le mani verso di lei, e lei indietreggiò.

“Stolti, tutti voi” disse lei. La sua voce riempiva la stanza, sovrastando tutto il resto. “Vi siete rifiutati di guardare. Vi siete rifiutati di ascoltare. Vi siete rifiutati di vedere. E peggio ancora, continuate a congratularvi con voi stessi per una battaglia ben combattuta ed una guerra vinta… persino qui, dove ve ne state compiaciuti di fronte a me e credete di aver svelato il mio piano. È da settimane che sto uccidendo.”

Cadde il silenzio. Persino Proft sembrava sconvolto.

Ora trionfante, Oba si alzò più in alto e dichiarò: “Ho assistito ad innumerevoli esempi di crudeltà, codardia, debolezza, tutti in attesa del virtuoso giudizio della natura. Per le strade di Ravnica scorreva il sangue dei colpevoli ben prima che iniziassi a cacciare le prede più grandi. Lo avete notato soltanto quando ho iniziato a bersagliare le persone a voi care. Quelli che considerate abbastanza importanti da piangere. E non ho ancora finito.”

“Sì, invece” disse Aurelia, alzandosi. “Per l’autorità concessami come capogilda della Legione Boros, pongo formalmente voi, Oba dei Selesnya, sotto arresto.

“Oh, davvero?” Oba si guardò in modo teatrale attorno, prima la stanza, poi le sue sorelle. “E come avresti intenzione di farlo? Noi siamo Trostani. Siamo tre e siamo una, e le mie sorelle non hanno commesso alcun crimine oltre che essere protette dagli orrori della guerra. Le vostre leggi non vi permetteranno di metterle sotto arresto, tanto quanto non potete arrestare le armi che ho usato per consegnare la mia giustizia. Questo è stato puntualizzato fastidiosamente in dettaglio. Chi non agisce secondo il proprio libero arbitrio non ha colpevolezza per i crimini commessi dalle proprie mani.”

“Troverò un modo” sbottò Aurelia.

“Ora vi siederete” disse Oba. La stanza tremò, non forte, ma abbastanza da far cadere Aurelia di nuovo sulla sua sedia e il Detective Proft a terra. Lui cadde sul suo didietro, con le mani ai lati per rimanere seduto, mentre stringeva gli occhi verso Oba.

“È stato piuttosto maleducato” disse lui.

“Credimi, abbiamo finito con le buone maniere” disse Oba. Si voltò verso Cim e Ses, che stavano ancora parlando con tono calmo e confortante per cercare di calmarla. Oba batté le mani. Le sue sorelle si accasciarono, cadenti sui loro singoli tronchi come fiori appassiti, con gli occhi vitrei e mezzi chiusi.

“Ora va meglio” disse Oba. “E vorrei ringraziarti, Detective Proft. Mi dispiace che tu sia qui per questo. Da quanto ho visto, tu sei praticamente innocente.”

“Essere qui per cosa?” chiese Judith, allarmata e non annoiata per la prima volta.

In risposta, la stanza iniziò a oscillare, con Vitu-Ghazi che rispondeva ai comandi della singola mente che controllava il grande albero. La stanza del maniero si contorse, piegandosi su sé stessa mentre Ezrim ruggiva ed Etrata estraeva dei lunghi coltelli dall’aspetto minaccioso dalla sua camicia, concentrandosi su Oba.

“Io sono Vitu-Ghazi!” gridò Oba, con il ramo su cui si trovava il suo corpo che si allontanava dalla porzione di legno dove penzolavano le sue sorelle, silenziose e stordite. Si allontanò da loro sempre di più finché non divenne un’entità completamente indipendente, seppur sempre legata all’albero stesso. Non era più Trostani. Per la prima volta da quando furono scelte da Mat’Selesnya, lei era Oba, unica e sola. “Io sono Mat’Selesnya! Io sono Ravnica!”

Worldsoul's RageART1

Dei viticci spinosi sfondarono le pareti, cercando di afferrare le alte cariche di Ravnica riunite. Kaya divenne incorporea e passò attraverso la spira che provò a stritolarla, facendo roteare i suoi pugnali tra le mani mentre accorreva a liberare prima Kellan e poi Ral.

“Grazie” disse Ral, con gli occhi che traboccavano fuoco elettrico mentre incanalava un fulmine dall’accumulatore sulla sua schiena per scagliarlo contro Oba. Lei assorbì il colpo, apparentemente notando appena quello che sarebbe dovuto essere un assalto devastante. Anzi, fece un movimento con la mano simile ad un taglio e un enorme ramo scattò lungo tutta la stanza, schiantandosi contro il petto di Ral e lanciandolo contro la libreria più vicina. Lo scaffale barcollò pericolosamente, facendo cadere volumi in tutte le direzioni.

Tutto quello era accaduto nel giro di qualche secondo. Lavinia cercò di rimettersi in piedi, solo per ritrovarsi costretta a terra da delle spesse radici nodose che erano cresciute dal pavimento e avevano avvolto le sue caviglie così delicatamente da non essersene nemmeno accorta, ma lasciandola senza spazio per liberarsi. Aurelia cercò di andare in suo aiuto, ma scoprì di ritrovarsi nella stessa situazione, con altri viticci avvolti attorno alle sue ali, che ora erano bloccate. La catena che teneva la Fanciulla del Massacro si allentò… e all’improvviso l’assassina era sparita senza lasciare traccia.

Izoni rimase perfettamente ferma mentre i viticci si avvinghiavano attorno a lei, osservandoli senza battere ciglio. Solo una volta in posizione lei mosse le mani, aprendo una fialetta dalla sua tasca. Cosparse il suo contenuto sui viticci e li osservò freddamente mentre avvizzivano e cadevano a terra.

Kaya continuava a tagliare mentre correva per la stanza, passando attraverso qualsiasi viticcio o radice che cercava di afferrarla. Liberò Ezrim in seguito. Lui ruggì, balzando sul ramo più vicino mentre si spostava per liberare Etrata, ora in difficoltà. Oba continuava ad agitare le braccia in un’apparentemente infinita parata di radici, viticci e rami, come se avesse portato nella battaglia la furia di tutte le foreste a lungo abbattute di Ravnica.

Il soffitto si allontanò mentre la stanza si allungava come una caramella morbida tirata a mano di un venditore ambulante, diventando più alta ogni secondo che passava. Kaya non era mai stata all’interno di Vitu-Ghazi mentre era nel bel mezzo del procedimento di diventare qualcosa di nuovo, non sapendo che l’enorme sala di gilda vivente potesse diventare qualcosa di nuovo prima di aver visto il maniero nella brughiera e, dal modo in cui le pareti stavano tremando, era sempre meno sicura che qualcuno di loro sarebbe sopravvissuto se fossero stati lì dentro ancora per molto.

Non c’erano finestre. La loro assenza era sembrata una cosa positiva quando Proft le aveva detto di richiedere quella stanza, assicurandosi che non ci sarebbero stati testimoni, né occasioni per degli assassini di sfruttare un chiavistello aperto o una serratura rotta, ma ora sembrava che avessero deciso di venire attirati in una scatola della morte.

E non c’era tempo di rimuginarci sopra mentre Ral scagliava un’altra scarica di fulmini verso Oba, che lei deviò con una spazzata di un possente ramo, mandandola a sbattere contro la parete appena sopra la testa di Krenko. Krenko strillò ed imprecò, tirando un pugno al gruppo più vicino di viticci, e venne prontamente bloccato a terra da altri nodi di radice che crescevano dal pavimento. I suoi sforzi non servirono a nulla, dato che era già stato strettamente legato.

Yarus, non dicendo nulla, fece cenno a Kaya di avvicinarsi. Lei saltò e si lanciò da un ramo penzolante nella sua direzione. Lui sogghignava.

Kaya per un momento venne colta alla sprovvista dalla pura gioia di quell’espressione, poi si ricordò chi stava guardando. Per qualcuno abbastanza in alto all’interno della guida dei Gruul da essere convocato a quel genere di incontro, un noioso ritrovo a parlare di crimini e politica che si trasformava in una mischia aperta doveva essere fantastico. Lei diede uno sguardo indietro. Kellan era riuscito a farsi strada combattendo attraverso i rami ciondolanti per unirsi ad Etrata nella protezione di Proft. Lei approvò la scelta. Di tutti i presenti nella stanza, il detective era il meno equipaggiato per proteggersi… tranne forse Krenko, che era bloccato nella sua prigione di radici e viticci sempre più densi. A meno che Oba non avesse intenzione di stritolarlo a morte, probabilmente per il momento stava bene.

Lei rivolse nuovamente l’attenzione verso Yarus. “Il cavaliere della grande bestia mi ha preso le armi prima di portarmi qui, ma posso improvvisare” disse lui. “Liberami da questi grovigli e ti faccio vedere.”

“Attaccherai-?”

“Sono stato convocato all’Agenzia perché qualcuno aveva liberato Anzrag. Cosa giusta da fare. Gli dei non dovrebbero essere imprigionati. Posto sbagliato per farlo. Lei”, i suoi occhi si strinsero mentre si concentrava su Oba, “ha usato il mio dio come un’arma. Non può farlo.”

Kaya non esitò a liberargli le gambe. Yarus sorrise di nuovo, ancora più di prima. Si allontanò da lei, afferrando un pezzo di trave caduta a terra e impugnandola come una lancia mentre correva per la stanza verso Oba, la cui attenzione era fissa sui fulmini di Ral, che stava continuando a deviare mentre le sue radici cercavano di bloccare Aurelia ed Ezrim con più forza. Izoni era libera, e camminava leggiadramente in mezzo al caos, avvelenando le radici che cercavano di afferrarla, fermandosi ogni tanto per fare lo stesso ai viticci particolarmente fastidiosi. Kellan ed Etrata tagliuzzavano le radici che prendevano di mira loro o Proft, ma stavano combattendo una battaglia difensiva, senza riuscire ad avanzare.

Yarus avrebbe potuto colpire il suo bersaglio se non si fosse lasciato andare al suo impulso Gruul di emettere un ruggito di sfida. La sua voce risuonò per la stanza distorta, incredibilmente forte. Tolsimir udì il suono e balzò contro Yarus, spingendolo lontano da Oba e deviando la trave dritta nel proprio petto.

Yarus gli lanciò un’occhiataccia, mantenendo ancora stretta la porzione della trave che non aveva perforato Tolsimir. “Perché l’hai fatto?” chiese lui. “Avevo un tiro pulito!”

Tolsimir produsse un denso suono strozzato prima di cadere all’indietro, facendo scivolare la trave dalle mani di Yarus. Il centauro iniziò a cercare una nuova arma di fortuna, ma ogni cosa che afferrava veniva immediatamente scagliata via da delle radici furiosamente agitate. Stava ancora cercando di armarsi quando le radici avvolsero tutti e sei i propri arti, facendolo cadere dai propri zoccoli e trascinandolo verso Oba, che distolse i suoi occhi da Ral per avvicinarsi, con il volto contratto dalla furia.

“Lui era mio!” ringhiò lei. Una radice si alzò dal terreno, poi le sue estremità finali si attorcigliarono insieme fino a formare una lancia appuntita. Indietreggiò come un serpente imbizzarrito mentre puntava al petto di Yarus. “Come osi!”

“Io oso per i Clan!” gridò Yarus. “Io oso per Ravnica! Tu non sei il mondo, sei una giardiniera, e io non ho mai accettato la tua autorità su di me.” Urlò seccamente a Oba.

Lei tirò ancora più indietro la lancia di radici, preparandosi a colpire il suo bersaglio. Prima che potesse completare l’attacco, Etrata si lanciò sulla sua traiettoria, spingendo di lato Yarus. La lancia passò attraverso la parte sinistra del petto di lei, frantumando muscoli e ossa.

Kaya si irrigidì, percependo le ultime tracce di esitazione che lasciavano il proprio corpo. Non ne erano rimaste molte: dopo quello che aveva ammesso Oba, sapeva che la driade doveva morire. Ma quell’attacco era stato talmente simile a quello che aveva ucciso Teysa che improvvisamente ciò che era stata una storia… un’alternativa ideata da una donna che aveva sofferto chiaramente un danno enorme, seppur invisibile, durante la guerra… divenne una confessione di omicidio. Proft aveva risolto il caso: Oba aveva detto la verità fin dall’inizio.

Trostani era una parte sufficientemente essenziale di Ravnica che Kaya non le aveva creduto appieno finché non colpì Etrata.

La Dimir giaceva immobile sul pavimento, con un rivolo di sangue che le sporcava l’angolo della bocca. Proft si buttò in ginocchio, cercando i segni vitali dal suo corpo. Sembrava che il compiaciuto e stoico detective fosse sul punto di piangere. Yarus cercò di afferrare un’altra arma, ma una cascata di viticci lo bloccò a terra, immobilizzandolo vicino alla donna che aveva subìto un potenziale colpo fatale al posto suo.

E tutto quello era una distrazione rispetto a ciò che doveva ancora essere fatto. Con un ruggito che avrebbe reso fiero Tyvar, Kaya si lanciò, solidificandosi e spingendo via Kellan da un ramo in movimento. Lui si lanciò sul pavimento per fare una capriola e tornare in piedi, già in posa da combattimento.

Kaya fece roteare i suoi pugnali tra le mani e balzò in avanti, abbastanza solida da non attraversare una radice che Oba le avvolse attorno al polso.

“Piccola disertrice” disse Oba con scherno. “Piccola fuggitiva.” Avvolse sempre più radici attorno a Kaya, stratificandole così velocemente che Kaya non faceva in tempo a diventare incorporea per abbastanza tempo da sfuggire, costringendole entrambe ad un’infinita corsa per battere l’altra. Quando Oba iniziò a spostarsi all’indietro come se volesse scagliarla via, Kaya capì cosa stava cercando di fare e smise di provare a diventare eterea, posizionandosi per il lancio.

Metà dei presenti nella stanza erano incatenati al pavimento con nodi di radici e viticci, mentre i rami li bloccavano a terra. L’altra metà combatteva o era inginocchiata attorno ad Etrata, ancora immobile. Izoni si muoveva ancora liberamente, ma le sue piccole fiale stavano iniziando a svuotarsi, e proprio mentre Kaya osservava, Oba riuscì ad avvolgerle intorno una radice, trascinandola a terra.

Kellan gridò qualcosa e balzò verso Kaya. Conficcando uno dei suoi pugnali in un nodo nella radice, lei afferrò la mano di lui, tirandolo a lei mentre Oba la sollevava in aria.

Sopra di loro, il soffitto si aprì come un iris, facendo dividere i rami per mostrare una sezione oblunga di cielo. “Tieniti!” urlò Kaya.

“Oh, certo che mi tengo” urlò Kellan in risposta.

Come Kaya aveva sperato, più in alto Oba li sollevava, più la stanza sottostante cambiava fino a sembrare la sezione di un albero naturale, Vitu-Ghazi che cercava di riottenere la sua forma originale anche mentre la furia di Oba lo distorceva. Nei muri apparvero dei buchi, non finestre ma squarci nel legno, posti dove la corteccia che cresceva era stata rimossa. Judith si liberò da un groviglio di radici e fuggì verso una di quelle aperture, usando selvaggiamente la forza per uscire.

“Codarda” mormorò Kaya, estraendo il suo pugnale dal legno proprio quando Oba si spostò indietro e li lanciò. La forza del lancio la separò da Kellan, lasciandolo roteare in cielo. Kaya allungò una mano verso di lui, prima di venire trattenuta da un viticcio avvolto attorno alla caviglia, e comprese due cose allo stesso momento:

Il lancio non era stato lo scopo dell’attacco. E Oba non stava facendo tutto quello da sola. Anche se connessa a Vitu-Ghazi, non avrebbe avuto quel tipo di potere. Stava attingendo direttamente dall’Anima del Mondo di Ravnica, Mat’Selesnya, assorbendo la forza dal piano stesso e usandola contro le persone che aveva identificato come suoi nemici. Kaya tentò di liberarsi diventando incorporea, preferendo la caduta rispetto a ciò che sicuramente l’aspettava.

La forza dell’Anima del Mondo era una catena attorno alla propria pelle, e venne strattonata nuovamente all’interno del maniero in rovina.

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Kellan cadde senza nulla da afferrare o a cui aggrapparsi; mise le braccia di fronte al proprio viso per attutire l’inevitabile impatto. Poteva ancora vedere Vitu-Ghazi sotto di lui, ora a metà via tra la villa lussuosa che era prima ed una distorta quercia dall’aspetto poco sano. Il danno fatto dai Phyrexiani colpì a fondo, e il danno che stava facendo Oba poteva colpire ancora più in profondità.

Certo, se lui avesse colpito il terreno, il danno che aveva fatto a lui sarebbe stata l’ultima cosa di cui preoccuparsi.

Kellan cercò di rigirarsi in aria, sperando di rallentare la sua discesa, ma riuscì soltanto a compiere una specie di rotazione che lo lasciò intontito, oltre che senza peso. Serrò gli occhi, non volendo vedere mentre colpiva il terreno, e percepì qualcosa di quasi piacevole che pose fine alla sua rotazione e fece rallentare la caduta. Riaprendo in parte un occhio, si guardò alle spalle e vide che la pura magia dorata delle fate, dello stesso tipo di quella prodotta dalle sue impugnature, ora lo avvolgeva completamente.

Fae FlightART1

Aprì entrambi gli occhi, sbattendo le palpebre a quella vista inaspettata. “Ehi! Sto bene!” disse, muovendo le braccia per controllare la sua posizione in aria senza molto successo.

Sotto di lui, nel cortile, Judith correva attorno alle radici che spezzavano il terreno, rischiando di cadere diverse volte prima di raggiungere l’ingresso del maniero, e la strada era in vista.

Così come una familiare figura vestita di rosso e nero, con un sorriso da bambola dipinto sul volto. La Fanciulla del Massacro sorrise con un sorriso maligno e naturale sotto il suo ghigno da arlecchino, estraendo un coltello terribilmente dentato da qualche parte.

“Questo è per avermi lasciata ai lupi” disse lei. “Cattiva, cattiva. A Rakdos non piace quando i bambini litigano.”

Lei balzò in avanti. Judith barcollò all’indietro.

Nemmeno Kellan, troppo occupato a cadere, udì ciò che successe in seguito, sovrastato dalle urla provenienti dall’interno.

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Racconto successivo: Episode 10: Roots of Decay

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