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Episode 7: Rot before Recovery è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Seanan McGuire e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 15 gennaio 2024. Racconta parte della storia di Kaya Cassir e Alquist Proft dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.

Racconto precedente: Episode 6: Explosions of Genius

Storia[]

Kellan non aveva un ufficio, quanto più una nicchia, un piccolo angolo parzialmente tramezzato del piano terra dov’era stato fatto spazio per una scrivania, uno schedario traballante e un piccolo macchinario d’ottone posto su un piedistallo delle sue esatte dimensioni. Kellan diede un colpetto al macchinario mentre accompagnava Kaya in quello spazio. La macchina produsse un leggero suono vibrante e iniziò a ticchettare, con il suo schermo di vetro crepato che venne riempito da un groviglio di annotazioni e disegni abbozzati.

Kaya sbatté gli occhi. “Cos’è quello?

“Il mio proiettore privato” disse Kellan. “Li usiamo per visualizzare le cose su cui stiamo indagando, quando la risposta non è evidente. Parte del motivo per cui Proft è il miglior detective che abbiamo è che lui non ne ha bisogno. Riesce a tenere tutto nella sua testa, girarlo e rigirarlo finché non si incastra nel modo giusto. Noialtri usiamo un aiuto visivo.”

Lui si piegò verso il basso, prendendo una grossa piuma che Kaya sospettò provenisse da Ezrim da una tazza sulla sua scrivania. Gli ultimi centimetri erano stati ricoperti di mizzium, che luccicava di opaco rame dorato alla luce del proiettore.

“Ogni proiettore ha uno stilo associato” disse lui, tornando verso il macchinario. “Non si possono aggiornare le schede senza di essi, a meno di caricarle nell’unità centrale.”

“Wow” disse Kaya. “Sapevo che dovevate avere un modo per tenere traccia di tutto… ma questo è incredibile. Le capsule delle prove, le barriere protettive, il… bè, il sistema di archiviazione. Sono veramente colpita.”

Kellan raddrizzò un po’ di più la schiena, chiaramente soddisfatto dai complimenti di lei, e toccò lo schermo con il proprio stilo, facendo comparire un gruppo di piccole note e immagini. “Questa è del tottero che ci ha trovati nel vicolo” disse lui, toccando una delle immagini e ingrandendola fino a riempire l’intero schermo. “È il pezzo di informazione più recente che abbiamo.”

“Informazione? Non prova?”

“Una prova è qualcosa che sappiamo sia collegata.” Lui aggrottò la fronte. “Quel genere di imboscata di solito significa che ci si sta avvicinando ad una risposta, ma non riesco a vedere quale possa essere. Non c’è nessuna coppia di informazioni che si incastra nel modo giusto. Il pelo su quei cultisti non sembra relativo alla questione dell’induzione all’omicidio di Rakdos.”

“Non penso ci sia Rakdos dietro a tutto questo” disse Kaya. “Sembra che Judith voglia che noi indaghiamo sul suo Parun per qualche ragione, e avrei già una mezza decina di ragioni per cui lei vorrebbe che lo facessimo, ma questo non è lo stile del demone. Certo, uccidere Teysa e Zegana causa molto caos e instabilità.” Lei si fermò, deglutendo. Sapeva di avere ragione. Liquidare la morte di Teysa con quella naturalezza bruciava ancora. “Ma non spingerà la città in una caduta libera. Non provocherà rivolte nelle strade. Rakdos vorrebbe vedere i corpi che otturano i canali di scolo, se avesse fomentato lui tutto quanto.”

“Quindi, chi pensi che ci sia dietro?”

“Ancora non lo so, ma dobbiamo trovarlo velocemente. Se la situazione peggiora ulteriormente, tutto rischia di esplodere, e la città non si è ancora ripresa completamente dall’invasione.”

Forse la città non ci sarebbe mai riuscita. Forse, come lei, Ravnica avrebbe percepito le ripercussioni di Phyrexia per sempre. E forse era una cosa positiva. Significava che avrebbero ricordato. Le tragedie non venivano dimenticate finché le ferite non iniziavano a guarire.

Kellan annuì, con un’espressione pensosa. “Pensi che Trostani-”

Non ebbe il tempo di terminare la sua domanda quando un allarme risuonò per l’edificio, troppo forte per essere ignorato. Kaya scattò in piedi, con l’amaro gusto dell’adrenalina che le stava riempiendo la bocca.

“Cosa-?”

Kellan lanciò il suo stilo sulla scrivania e iniziò ad uscire dallo scomparto, muovendosi velocemente. Kaya dovette sbrigarsi se voleva stare al passo.

“Qualcuno ha compromesso l’armadio delle prove!” gridò Kellan, cercando di farsi sentire sopra l’allarme. “Alcune cose che abbiamo… oh, no.”

Si era fermato di colpo in mezzo allo stretto passaggio tra le scrivanie. Kaya per poco non gli sbatté contro prima di riuscire a fermarsi, poi si voltò per guardare qualsiasi cosa avesse catturato l’attenzione di lui. Tutti gli altri agenti stavano correndo in quella direzione, tranne quelli che, come Kellan, si erano fermati a fissare.

La stanza che conteneva l’armadio delle prove giaceva in rovina, con le pareti completamente frantumate dalla forza di qualunque cosa fosse stata liberata. Il soffitto del quartier generale non se la passava tanto meglio. La causa di tutti quei danni non era al momento visibile, oscurata da una barriera di polvere agitata e detriti. Alcuni degli agenti più vicini alla gabbia delle prove stavano gridando, andando a sommare le loro voci al frastuono dell’allarme e della muratura che cadeva.

Kaya camminò in avanti, fermandosi una volta raggiunto il fianco di Kellan, spalla contro spalla. “È già successo in passato?” chiese lei.

“Le capsule vengono sigillate prima di metterle nell’armadio” disse lui, immobile. Non sembrava si ricordasse come ci si muoveva. “Abbiamo dei protocolli nel caso in cui un sistema fallisca, ma l’armadio non dovrebbe-”

Qualcosa nel fumo ruggì.

Fu un profondo suono gutturale, abbastanza potente da scuotere le fondamenta. Kaya afferrò il braccio di Kellan quando i movimenti del pavimento rischiarono di farle perdere l’equilibrio. Il volto di Kellan era diventato pallido e lucido, facendolo sembrare qualcuno che aveva appena visto un fantasma… e non uno di quelli al servizio degli Orzhov. Altri agenti gridarono. Alcuni urlarono, voltandosi per scappare da qualsiasi cosa avessero visto all’interno della nube in movimento.

Arrivò un altro ruggito, e il fumo si divise quando ciò che vi era all’interno balzò in avanti, facendo schiantare le sue enormi zampe anteriori simili a spatole sul pavimento. Uno degli urli si interruppe di colpo mentre una zampa atterrava su chi aveva urlato, probabilmente spiaccicandolo completamente. Ogni zampa terminava con un artiglio ricurvo tranquillamente più lungo dell’altezza di Kaya, che si assottigliava in una letale punta.

La bestia che aveva causato tutto quel danno si rigirò, annusando l’aria. Il suo naso era formato da carnosi tentacoli in un’esplosione floreale a forma di stella. Quella cosa non sembrava altro che una talpa grossa il doppio di un troll adulto, con la pelle incisa di linee runiche che brillavano di un potere verde.

Kaya deglutì. “Quella è la divinità Gruul che mi avevi detto che avevi catturato?”

Kellan annuì, senza parole per un attimo.

“E cosa sappiamo di questa divinità?”

“I Gruul lo chiamano Anzrag” disse Kellan. “Lui è… Credo che per loro sia un dio del raccolto? Le piante, la crescita e quelle cose lì? Solo che loro lo chiamano ‘la talpa furiosa’, quindi non so quanto si adatti…”

“Oh oh. Sembra che le tue gambe siano tornate a funzionare.”

“Penso di sì… Perché?”

“Perché lui è là, e noi siamo qua, ma lui sta facendo un sacco di danni, e lui prima o poi arriverà qua.”

“Oh.” Kellan sembrò scrollarsi di dosso lo shock, lanciando a Kaya un breve sguardo imbarazzato. “Grazie.”

“Non c’è bisogno di ringraziarmi.” Kaya gli lasciò il braccio ed estrasse i suoi pugnali, con il loro filo di una lucentezza viola. “Rendiamolo un combattimento sleale.”

Terminata la frase, lei corse verso la talpa divina, utilizzando una porzione di soffitto crollato come rampa verso una scrivania intatta, balzando da lì verso una scaffalatura molto più in alto. Il dio Gruul non l’aveva ancora notata, quindi lei riuscì ad arrampicarsi fino alla cima prima di lanciarsi verso l’enorme talpa.

Kellan, nel frattempo, stava correndo verso il dio, con le impugnature di vimini nelle sue mani già attivate, facendo cenno agli agenti di liberargli la strada mentre prendeva lo slancio. Non erano gli unici ad essersi lanciati all’attacco: nonostante l’Agenzia avesse la sua porzione di analisti ed investigatori la cui comprensione del combattimento iniziava e terminava con la documentazione delle sue conseguenze, la maggior parte erano stati reclutati dalle strade, erano ex membri delle gilde o erano persone il cui istinto per i guai era fin troppo affinato per tenerli al sicuro a casa propria. Alcuni di loro avevano tirato fuori coltelli o spade dai cappotti. Una donna con una massa di crespi capelli biondi stava brandendo un dispositivo di palese fattura Izzet, e sparava raggi di elettricità ad Anzrag per tenerlo a bada mentre guidava gli agenti meno inclini al combattimento lontano dal caos.

Almeno quattro persone erano state abbattute: due seppellite sotto dei pezzi di muratura, una schiacciata dal dio ed una tagliata quasi a metà dai suoi artigli. Kaya gridò un urlo di sfida di Kaldheim mentre si lanciava verso il dio, ed Anzrag si voltò verso quel suono, con il muso che vibrava di curiosità e confusione.

Kaya lo colpì dritto nel mezzo della stella di tentacoli, affondando i pugnali in profondità. Il dio Gruul ululò di dolore, indietreggiando e scuotendo forte la testa da un lato all’altro. Kaya mantenne la presa sulle impugnature dei suoi coltelli, issandosi così da essere allo stesso livello dei piccolissimi e quasi invisibili occhi di Anzrag. La divinità sembrò concentrarsi su di lei per la prima volta, producendo un suono confuso che fu comunque abbastanza potente da urtare i timpani di Kaya.

Sotto di lei, a livello del terreno, Kellan aveva raggiunto il combattimento e stava menando fendenti agli arti anteriori di Anzrag, costringendo il dio a barcollare all’indietro, con Kaya che ancora era appesa al suo naso. Nessuno di loro aveva ferito seriamente la grande talpa. Ma entrambi si erano sicuramente meritati la sua attenzione.

Ci fu un altro ruggito dietro di loro, meno ferale e più infuriato. Kaya osò lanciare un’occhiata dietro di sé. Ezrim era in piedi nello spazio aperto tra le scrivanie degli agenti e la gabbia delle prove, in groppa al suo destriero, le cui ali erano spiegate alla massima apertura. La bocca di lui era aperta in un innegabile atteggiamento di sfida. Anzrag ruggì di nuovo, lanciando la testa indietro e facendo cadere Kaya, con i pugnali ancora saldamente nelle proprie mani. Lei gridò mentre cadeva e fu solo brevemente sorpresa quando Kellan arrivò lì per prenderla al volo, impedendole di colpire… o passare attraverso in modo etereo… il pavimento.

L’attenzione di Anzrag non era più rivolta a loro, e stava dirigendosi verso Ezrim, a testa bassa e con i tentacoli nasali sanguinanti e agitati che annusavano il terreno. Ezrim ruggì ancora, con le ali dispiegate ancora di più mentre sfidava quell’intruso nel suo territorio. Kaya diede una leggera gomitata a Kellan mentre si rialzava in piedi.

“Capsula delle prove” sibilò lei.

“Cosa?”

“Prendi una capsula delle prove.” Mantenne la voce bassa. Alcuni degli altri agenti stavano ancora attaccando, ma l’attenzione di Anzrag era maggiormente su Ezrim e la minaccia che lui rappresentava. “Non sappiamo come si è liberato. Ma scommetto che possiamo rimetterlo dentro.”

“Hai ragione… tutti i sigilli vincolanti che gli abbiamo applicato devono ancora essere presenti!”

Kellan annuì e scattò verso la gabbia delle prove distrutta, saltando oltre diversi pezzi di muratura che erano caduti mentre Kaya volse nuovamente lo sguardo verso Anzrag, osservando la divinità Gruul che si dirigeva verso Ezrim.

“Signore?” disse lei ad alta voce. “Avete bisogno di qualcosa?”

“Un nuovo soffitto non sarebbe male” disse stizzosamente prima di gridare alla talpa in avvicinamento con una distinta pronuncia aviana, facendo aprire e chiudere di scatto le ali alla sua cavalcatura di nuovo in segno di sfida. Kaya ora sapeva che Ezrim e il suo destriero erano tecnicamente entità separate, ma osservando il potente arconte prepararsi ad un combattimento era impossibile non considerarli un unico individuo. Anzrag sembrò vederla allo stesso modo. Si muoveva come se si stesse approcciando ad un grosso predatore, non ad un uomo a cavallo di un’enorme bestia artigliata.

Kellan corse al fianco di lei, con una capsula di contenimento tra le mani. Lui guardò Anzrag con preoccupazione mentre la passava a lei.

“Come funziona questo aggeggio?” chiese Kaya, rinfoderando i suoi pugnali e prendendo la capsula.

“È già impostata per Anzrag. Ti basta premere il pulsante” disse Kellan, per poi continuare con “Ehi!” quando Kaya se ne andò di corsa, con la capsula tra le mani.

Anzrag si voltò, ringhiando a bocca chiusa, man mano che Kaya si avvicinava. Kaya prese un respiro e sparì, diventando incorporea appena prima che la zampa di Anzrag le attraversasse il corpo, con gli artigli che colpirono il nulla senza danni. Il dio stava ancora cercando di capire cosa fosse successo, in piena confusione, quando Kaya tornò corporea di nuovo e premette il pulsante. La capsula suonò con una piacevole nota incongruente, prima di espandersi in un’enorme bolla che intrappolò Anzrag al suo interno.

Cadde il silenzio nell’ufficio, salvo per il respiro affannoso di un agente ferito accasciato contro una scrivania spezzata e l’occasionale tonfo di un ennesimo pezzo di soffitto distrutto.

Kaya guardò verso Ezrim, alzando il contenitore. “Dove dovrei metterlo?”

Lui chiuse le ali, voltandosi verso il resto della stanza. “Chi si trova qui ed è illeso?” chiese.

“Qui, signore” dissero diversi agenti.

“Bene. Voglio che tutti voi andiate agli accampamenti Gruul. Trovate Yarus e riportatelo qui. So che ha avuto qualcosa a che fare con tutto questo.”

Kaya, che non ne era sicura ma non aveva intenzione di contraddirlo, distolse lo sguardo, solo per vedere Agrus Kos in piedi al limitare della devastazione, che faceva un cenno verso di lei. Lei fece capire a Kellan di rimanere dove si trovava prima di camminare attraverso le scrivanie distrutte e le rocce cadute che si trovavano tra lei e Agrus, lasciando che passassero senza problemi attraverso la propria carne eterea.

“Cosa c’è?” chiese lei.

“C’è una cosa che mi tormenta” disse lui. “È un prurito sulla nuca, e non mi piace, visto che ero convinto che morendo non avrei più avuto prurito. Mi sentivo sempre così quando le cose non tornavano perfettamente in un caso.”

“Nulla torna in questo caso” disse Kaya. “L’hai detto.” Agrus scosse la testa. “Devo andare in un posto. Penso di poter ottenere un sacco di risposte in una volta sola se lo facessi.”

“Ottimo” disse Kaya. “Vado a chiamare Kellan.”

“No. Non siamo noi a dover andare in un posto… io devo andare. So che sei tu a capo di questa indagine, ma è troppo pericoloso per una persona vivente. Anche i leader degli Orzhov possono morire. Non abbiamo bisogno di un altro fantasma.” Lo sguardo che riservò a Kaya fu più di empatia che di sdegno. “Tornerò appena possibile. Sicuramente prima della scadenza.”

“Non sta chiedendo il permesso.”

“No.”

“Molto bene. Ci vediamo al suo ritorno.”

“Grazie, capo.” Agrus Kos si voltò e, in modo molto simile a Kaya, camminò attraverso i detriti mentre lasciava la stanza.

“Mi sto un po’ stancando di seguirti in giro senza che tu mi dica dove stiamo andando” disse Etrata, appoggiandosi contro la parete scivolosa mentre lei e Proft seguivano le curve della strada interna che scendeva nelle viscere della città.

“Ti avevo detto che saremmo andati verso il Distretto Sei” disse Proft, usando un tono che sottintendeva quanto lei fosse stata completamente irragionevole a lamentarsi.

“Esatto, verso” disse lei. “‘Verso’ non è la parola che molte persone usano per dire ‘sotto’. Sono due cose molto diverse! Questo è territorio Golgari!”

Proft le rivolse il sorriso soddisfatto di un insegnante che osservava il proprio studente comprendere finalmente la lezione. “Sì, precisamente” disse lui. “Quando Korozda emerse in superficie, modificò la forma dei cunicoli sottostanti. Lo Sciame è rimasto quasi completamente nascosto dall’invasione, ma se conoscevi i cunicoli prima del loro cambiamento, puoi comunque trovare la strada.”

“Oh, è molto rassicurante.”

L’aria lì era tiepida e odorosa, anche se non puzzava come nel reparto caldaie. Aveva invece la matura complessità del sano terriccio, la terrosa pesantezza dei funghi. Aveva l’odore di un mondo che cresceva. Decomposizione, sì, ma anche vita: due cose senza le quali tutta Ravnica sarebbe sicuramente caduta.

“Hai mai passato del tempo nelle porzioni Golgari della Città Sepolta?”

Etrata gli lanciò un’occhiata pungente. “Sono un’assassina, non una becchina. Una volta che sono morti, non è più affar mio.”

“Che peccato. Dovresti provare ad espandere i tuoi orizzonti. C’è molta bellezza quaggiù.” Proft spostò di lato una coltre di ragnatele, conducendoli all’interno di un tunnel più piccolo e meno inclinato. Non stavano più scendendo in maniera ripida. Era un piccolo sollievo, dato che rendeva più semplice per entrambi mantenere il passo. Etrata non era abituata ad essere quella meno stabile, ma Proft si muoveva per gli umidi tunnel come se fosse originario della gilda, a suo agio in quell’ambiente. Era un’altra stranezza che si andava ad aggiungere al mucchio di un uomo composto quasi esclusivamente di stranezze, e lei non era sicura che la cosa le piacesse.

E l’idea di essere lasciata sola in quei tunnel le piaceva ancora di meno. Avevano già fatto così tante svolte durante la loro discesa che non si fidava della propria capacità di ritrovare da sola la via del ritorno verso la superficie. Etrata si affrettò per rimanere al passo.

Proft le fece cenno di stare indietro mentre batteva le sue nocche contro una porta cosparsa di chiazze di licheni e agglomerati di piccoli funghi luminosi. Nessuno rispose.

Non sorpreso della cosa, Proft aprì la porta marcescente per svelare una grossa caverna delimitata dalle rovine pericolanti di una qualche antica sala di gilda. Non c’erano fuochi, ma c’era la luce fornita da agglomerati più grandi di quegli stessi funghi luminosi.

Al centro di quello spazio, con una lancia spinata in mano, si trovava una donna elfa vestita di cuoio a strati, rivestito da stracci che emulavano delle ragnatele. Il suo viso era dipinto con una maschera bianca a forma di testa di ragno, con le linee che brillavano nette contro la sua pelle scura. Guardò Proft ed Etrata, non sembrando affatto sorpresa della loro presenza.

“Sei venuto ad arrestarmi per qualche crimine inventato, Detective?” chiese lei, senza sforzarsi di nascondere l’amarezza del suo tono di voce.

“Non ti sarei mai riuscita a trovare se tu non me l’avessi permesso, Izoni” disse Proft. “Lo sapevi dal momento in cui siamo entrati nei tuoi tunnel. Sai anche che stiamo indagando sulla morte di Zegana.”

“E anche su quella di Teysa, ora” disse Izoni. “Sono indubbiamente connesse, e tu non hai ragione di credere che non sia stata io a tagliare i loro fili.”

“Ho visto i tuoi ragni nei tunnel, e nella cella di Etrata” disse Proft. “Se fossi tu la responsabile, sarebbero morte più persone, e io non sarei nemmeno arrivato a guardarti negli occhi. Sei più sottile di così.”

Izoni aggrottò la fronte, ma Etrata riuscì a capire che lui la stava convincendo. Nessuno ascendeva a certe altezze nella propria gilda come aveva fatto Izoni senza una qualche quantità di orgoglio. “Hai ragione a non sospettare di me” ammise infine Izoni. “Lo Sciame è già stato sottoposto ad abbastanza scrutinio recentemente. Anche se avessi voluto uccidere le leadership cittadine, non l’avrei fatto adesso. Non quando potrebbe ferire il mio popolo così ferocemente.”

“Ti ho portato questo” disse Proft, estraendo la piccola fiala di polvere raccolta dal nascondiglio di Etrata. “Credo che gli assassini stiano venendo controllati in qualche modo, costretti a compiere il volere di qualcun altro.”

Izoni si avvicinò e prese la fiala, scuotendola per far staccare i granelli dai lati del contenitore, prima di rimuovere il coperchio e lasciar cadere una piccola porzione sul palmo della sua mano. Etrata si irrigidì. Izoni si chinò impassibile ad annusare la polvere.

“Immunità” disse lei, come se avesse letto la mente di Etrata. “Veleni, droghe, naturali o innaturali… non ha importanza. Niente mi fa del male.” Scosse attentamente la polvere di nuovo nel contenitore prima di afferrare un pezzo di ragnatela penzolante per pulirsi la mano. Guardando Proft, disse: “Questa è naturale. Biologica, perlomeno. Non proviene da alcuna pianta o fungo che abbia mai visto, e io conosco ogni cosa che cresce su Ravnica.”

Si guardò intorno, facendo notare le rovine attorno a lei. “Ma lo Sciame ora nasconde il nostro volto a causa di qualcosa di esterno a Ravnica.”

“Era anche la mia preoccupazione” disse Proft. “Se gli invasori avessero cambiato tattica…”

“Potremmo non aver vinto in modo così decisivo come tutti noi vogliamo credere.”

Proft si voltò lentamente, alzando la mano verso la sua bocca per pensare, e si bloccò quando colse un fremito di movimento tra le rovine. Abbassò nuovamente la mano, facendo un passo avanti, e vide la figura incappucciata che si stava nascondendo ad osservare la loro conversazione. La figura iniziò ad andarsene.

“Fermo!” gridò Proft.

La figura corse all’impazzata. Proft iniziò a inseguirla, senza ascoltare Etrata che gli urlava di aspettare, di fermarsi, di dirle dove pensava di andare. Lui stava correndo. Lui era all’inseguimento. Era una cosa che il suo corpo sapeva come fare.

La figura ebbe una partenza facilitata, ma Proft stava guadagnando terreno, diminuendo la distanza tra loro con le sue ampie falcate. Allungò il braccio, sperando di afferrare il mantello della figura, ma cadde quando qualcosa gli sbatté sulla tempia con abbastanza forza da portarsi via il resto del mondo.

La coscienza lo abbandonò, e lo stesso fece Proft.

Rix Maadi proiettava una lunga ombra, persino nella Città Sepolta. Agrus Kos aveva sempre detestato quel posto quando era vivo. Aveva veramente desiderato di non sentirsi in obbligo di visitarla anche ora che era morto. Ma le prove…

Troppe cose puntavano a Rakdos senza formare un’immagine completa e coerente. L’attacco da parte della Fanciulla del Massacro era stato troppo approssimativo. Judith era stata troppo impaziente di dirigere Kaya e Kellan verso il proprio Parun. Nulla di tutto quello aveva senso.

C’era una sola cosa che poteva fare per contribuire all’indagine e che nessun’altro avrebbe potuto fare, ripetendoselo anche mentre attraversava le mura di Rix Maadi, scendendo per la sala di gilda Rakdos verso la grande fossa di lava dove viveva Rakdos in persona.

Nessuno si fermò né sembrava vederlo mentre viaggiava sempre più in basso, finché la base lucente della fossa stessa non risaltò nelle tenebre. Contento di non aver bisogno di respirare nella sua forma spettrale, Agrus si diresse verso il bordo della fossa e guardò in basso.

Rakdos si trovava steso e rannicchiato al bruciante centro della lava, con gli occhi chiusi e dall’aspetto stranamente pacifico. Il suo corpo era ricoperto di uno spesso strato di polvere, inframmezzato da delle chiazze di muschio rosso sangue. Si trovava lì addormentato da un bel po’ di tempo.

Rakdos non poteva essere la risposta.

Agrus iniziò ad andarsene, con l’intenzione di farlo nello stesso modo in cui era entrato, ma si fermò quando del fumo serpeggiò fuori dal nulla, avvolgendosi ai suoi polsi e caviglie, tenendolo fermo. Su di lui si diffuse un improvviso dolore bruciante. Cadde in ginocchio, sforzandosi di alzare lo sguardo e vedere cosa lo avesse attaccato, ma collassò quando il dolore divenne ancora più intenso.

Poi, con un lampo di luce rossiccia, lui svanì e Judith uscì dalle ombre con un teschio di cristallo tra le mani, sogghignando verso il luogo dove lui si trovava poco prima. “Su, su, caro” disse lei, accarezzando il teschio. “Non posso farti rovinare tutto il mio divertimento quando sono così vicina ad ottenere ciò che voglio davvero.”

Alzò il teschio fin davanti al volto, con il ghigno che divenne un sorriso vero e proprio quando vide la piccola figura di Agrus Kos urlare all’interno, avvolto dalle catene di fumo.

“Rakdos ora dorme perché così desidera, ma sarebbe una cosa da niente per le altre gilde costringerlo ad un letargo senza sogni, se solo riuscissi a convincerle che i suoi desideri siano diventati un pericolo” disse lei, dolcemente. “La nostra gilda ha bisogno di una nuova guida, di un… drammatico cambio di scena. Quello che devo fare è solamente lanciare abbastanza indizi di fronte a quei criminologi dilettanti, e il tutto terminerà con me al centro palco. Tu non fai parte del mio copione, piccolo spirito. Tu starai dove ti ho messo.”

Lei si voltò e passeggiò via dalla fossa di lava, lasciando dormire il demone che ufficialmente avrebbe dovuto servire.

Proft sbuffò quando si svegliò, alzando una mano in automatico per controllare la tempia, e fu lontanamente contento quando non percepì né sangue né ferite aperte. Aprì gli occhi quando si mise seduto e si bloccò, osservando la stanza blu-bianca attorno a lui. Meraviglia, timore e confusione lottavano per controllare la sua mente mentre si sforzava di alzarsi, dando un’occhiata all’architettura impossibile del proprio palazzo mentale. Come era riuscito ad evocarlo quando non era nemmeno sveglio…?

Si voltò di nuovo e si bloccò. Una figura con un lungo mantello incappucciato stava frugando in uno dei suoi schedari, guardando tutti i documenti al suo interno.

Proft si schiarì la gola. “Scusa, ma non ricordo di aver invitato ospiti. Perché sei qui?”

“Ah, sei sveglio, o qualsiasi parola indichi il risveglio nei sogni” disse la figura, quasi divertita. La sua voce era distorta, chiaramente camuffata in qualche modo. Senza alzare lo sguardo, la figura aggiunse: “Sono venuto ad incontrarti. A vedere questo posto con i miei occhi. Veramente notevole ciò che hai creato qui.”

“Grazie” disse Proft, trattenendo il desiderio di pavoneggiarsi a quel complimento. “Ma, come ho detto prima, temo che tu non sia stato invitato. Sei per caso l’assassino che sto cercando? I tuoi poteri di suggestione devono essere straordinari se sei riuscito a trovare il modo di venire qui.”

“Purtroppo, amico mio, io non sono chi stai cercando” disse la figura, sfilando una cartella fuori dallo schedario e aprendola. “Sono solo di passaggio. Ravnica è una tappa intermedia, non la destinazione. Ma i tuoi contributi verranno ricordati, e vedrò di ricompensarti in qualche modo quando sarà il momento.”

Infilò la cartella nel suo mantello, voltandosi come per andarsene.

Proft iniziò a protestare per quel palese furto della sua proprietà intellettuale, ma il palazzo mentale si frantumò quando i suoi occhi si aprirono per risvegliarsi una seconda volta, con la guancia gonfia e calda dal dolore. Di nuovo, si toccò la tempia e sussultò alla botta che si stava espandendo.

Alzandosi con l’aiuto delle mani, si guardò attorno, trovando velocemente Etrata accovacciata solo qualche metro più in là, con i suoi occhi spalancati e vitrei mentre gli ultimi residui di panico svanivano. “Ti ho colpito io quando non ti svegliavi” disse lei. “Sei partito di corsa, poi ti ho ritrovato così. Pensavo che forse qualsiasi cosa… stia facendo uccidere le persone… credevo ti avesse preso, ora.”

Lui guardò oltre di lei, puntando verso Izoni. “Hai visto qualcun altro qui?”

“No” disse Etrata.

Izoni si limitò a scuotere la testa.

“Capisco.” Proft si alzò. “Vieni, Etrata. C’è bisogno di noi nella città superiore.”

“Come lo sai?”

“Perdere i sensi è meraviglioso per organizzare i pensieri. Izoni, molte grazie. Hai la mia sincera gratitudine, e la mia speranza che il tuo aiuto di oggi permetterà allo Sciame di avvicinarsi un po’ di più al suo ritorno ufficiale.”

“Che le tue labbra raggiungano le orecchie del Patto delle Gilde, ma i tuoi auguri sono apprezzati” disse Izoni mentre si voltava. “Tornate ai vostri reami illuminati dal sole, Detective. Qui non siete più voluti.”

“Sarebbe dovuto già essere di ritorno” disse Kaya, lanciando delle occhiate alla porta.

“Dici che ti ha detto che era una cosa troppo pericolosa per una persona vivente?” Kellan la guardò con sguardo preoccupato prima di tornare ad inserire annotazioni sul suo proiettore. L’edificio risuonava del rumore dei litomanti e degli ingegneri che ripulivano le macerie. Ezrim aveva provveduto alla rimozione dei detective dell’Agenzia caduti, mentre gli agenti che aveva inviato a recuperare Yarus dovevano ancora fare ritorno. Nei momenti successivi al caos e con due gruppi già effettivamente in azione, aveva dato istruzione a Kellan e Kaya di starsene lì fino a nuovo ordine.

Kaya stava iniziando ad agitarsi.

“Ha detto che sarebbe tornato prima della scadenza.”

“Abbiamo ancora diverse ore, allora” disse Kellan, quasi gioiosamente.

La sua gioia sparì nel momento in cui si spalancarono le porte frontali e Aurelia marciò dentro la stanza, seguita da un intero plotone di soldati Boros. Camminò a grandi passi oltre le squadre di sgombero, senza temere di osservare per bene la distruzione mentre si faceva strada verso l’ufficio di Ezrim.

Kellan e Kaya si scambiarono uno sguardo. “Oh, non promette niente di buono” disse Kellan.

“No, decisamente no” disse Kaya. “Aspetta qui.”

Kaya camminò con calma verso la parete posta tra di loro e gli uffici privati, passandoci attraverso, e continuando attraverso l’edificio in linea retta. Ezrim alzò lo sguardo e si accigliò quando lei uscì dal muro del suo ufficio.

“Bussare è ancora considerata cortesia” disse lui.

“State per avere compagnia” disse Kaya, proprio quando Aurelia diede dei colpi alla porta.

“Avanti” disse Ezrim, con cautela.

Aurelia aprì la porta ed entrò, apparendo solo leggermente infastidita alla vista di Kaya. Era una piccolezza in confronto alla sua palese e torreggiante furia.

“Agrus Kos è scomparso” disse con sdegno. “Avrebbe dovuto fare rapporto alla sesta campana, e non si è presentato. Questo è un insulto troppo grande. Mi sono stancata di aspettare. La Legione Boros marcia in guerra. Il Culto di Rakdos pagherà per ciò che hanno fatto.”

Kaya fece un lungo passo indietro, attraverso la parete e dentro l’ufficio di fianco. Se i Boros fossero andati in guerra, tutta Ravnica li avrebbe presto seguiti. Corse verso la porta dell’ufficio, tirandola per aprirla e trovandosi davanti un giovane, forse di dodici o tredici anni, con l’espressione temprata di qualcuno che era sopravvissuto senza gilda nelle strade della città da quando ha memoria.

“Sei Kaya?” chiese.

“Sì” rispose lei. “E tu saresti?”

Delney. Ho un messaggio per te.” Porse una striscia di carta.

Kaya la prese, leggendola velocemente. Incontriamoci alla Cattedrale Karlov. Vieni da sola.

“Puoi dire al mio partner-” disse lei, mentre alzava lo sguardo. Delney non c’era già più.

Kellan avrebbe capito. Avrebbe dovuto farlo. Con Ravnica sull’orlo della guerra, non aveva più tempo per le gentilezze. E poi, dove mai sarebbe potuta essere più al sicuro se non nel cuore del territorio Orzhov?

Se c’era una cosa che erano bravi a fare gli Orzhov, era seppellire i propri membri. Non che avessero un tasso di morti più alto delle altre gilde (secondo i registri civici, i membri a tutti gli effetti degli Orzhov vivevano più a lungo del normale), ma quando moriva qualcuno, le persone responsabili dell’organizzazione del funerale lo gestivano pienamente consci del fatto che i loro colleghi assenti sarebbero molto probabilmente apparsi per criticare i fiori. Le istruzioni scritte dovevano essere seguite con assoluta precisione e, in assenza di istruzioni scritte, venivano interpellati gli amici più intimi del defunto. Se i fantasmi non fossero stati contenti del risultato, bè, sarebbe stata colpa loro per non aver comunicato chiaramente.

La carrozza di Kaya la lasciò di fronte ad una cattedrale allestita di tutto punto con rampicanti di giraluna e baci fantasma di colore nero; le finestre erano decorate con drappeggi di velluto bianco e gli specchi ricoperti in strati di crespo. L’edificio riecheggiava di silenzio. Finché il corpo di Teysa non sarebbe stato esposto per la settimana di visita formale, solamente i suoi amici più intimi e i membri della sua famiglia potevano entrare nell’edificio, per permettere loro qualche minuto da passare in privato con lo spirito di lei… dando per scontato che avesse scelto di rimanere in quel luogo.

Kaya camminò sui gradini, con il cuore in gola e i crampi allo stomaco, e continuava a ripetersi ancora e ancora che Teysa avrebbe scelto di ancorarsi a quel luogo. Teysa sarebbe tornata. Teysa sarebbe tornata, e lei avrebbe potuto dire a Kaya che la nota nella sua tasca non era ciò che sembrava: che Teysa non li aveva traditi tutti quanti.

Scivolò all’interno, camminando attraverso la porta per evitare di farsi sentire dai presenti, e si fece strada verso la grande navata, dove erano state disposte delle panche per i partecipanti al funerale… e per i debitori, che ci si aspettava partecipassero all’effettivo funerale per riconfermare cerimonialmente la loro intenzione di ripagare Teysa di ciò che le dovevano.

Le panche erano vuote, se non per due figure vagamente familiari. Una era un uomo con un lungo cappotto dell’Agenzia, seduto tra le prime file. L’altra, un vampiro donna che a un certo punto aveva deciso di indossare i colori della sua gilda, era seduta più vicina alle porte, osservandole con attenzione. Lei si irrigidì alla comparsa di Kaya.

Proft fece un cenno con la mano. “Va tutto bene, Etrata. L’abbiamo invitata noi. Planeswalker, se foste così gentile?”

“Ho un nome” disse Kaya, camminando verso la panca per sedersi vicino a lui.

“Sì, ma dato che non siamo così tanto in confidenza, mi sembrava impertinente. La mia indagine ha fatto dei progressi.”

“Come sapevi di dover chiamare me?”

“Sapevo dell’intenzione del capo di coinvolgerti e, una volta venuto a sapere della sfortunata scomparsa della Capogilda Karlov, sapevo che non sareste riuscita a resistere. Le mie condoglianze, comunque.”

“Grazie.” Quelle parole furono come cenere nella bocca di lei. Kaya lanciò un’occhiata ad Etrata. “Almeno ora so dov’è andata lei.”

“Sì, bè, avevo bisogno di lei, e gli Azorius possono essere molto chiusi mentalmente quando si parla di colpevolezza” disse Proft. “Gli uccisori stanno venendo controllati da una forza esterna. Lei non ha nessun ricordo dell’omicidio. E ciò significa…”

“Che non è nemmeno responsabile” disse Kaya. Proft le lanciò un’occhiata. Lei sospirò. “L’assassino di Teysa afferma di non ricordarsi di averla uccisa. Non voglio che sia morta, ma suppongo che… avrei voluto che fosse più semplice.”

“Teysa Karlov non era una donna semplice.”

“No” disse Kaya. “Non lo è mai stata. Ma sono stata lontana per così tanto tempo, e sono preoccupata che si possa essere complicata in modi che non mi sarei aspettata.”

“Cosa intendi?”

Kaya prese un profondo respiro. “Quando ho trovato il suo corpo, ho trovato… qualcos’altro. Una nota, nella sua mano, ma non scritta nella sua lingua. Era scritta in Phyrexiano.”

“E temi che ci abbia consegnati?”

“Temo che possa aver lasciato che l’avarizia prendesse il sopravvento sul buonsenso, e pensasse che avrebbe potuto far indebitare i Phyrexiani con lei. Ma se il suo assassino è stato controllato mentalmente… chi mai vorrebbe tre capigilda morti?”

“Tre?” chiese Proft, guardandola vagamente allarmato.

“C’è stato un attentato alla vita di Aurelia.”

“Ah.” La preoccupazione svanì. “Cos’avete scoperto?”

“Non penso che il responsabile sia Rakdos, per quanto Judith sembra volere a tutti i costi che lo pensiamo. Noi, io e Kellan, siamo andati a Vitu-Ghazi per consultare il Patto delle Gilde. Non sono ancora sicura cosa significasse il passaggio che ci aveva detto di cercare, e non c’è stato il tempo di discuterne per davvero. Siamo stati attaccati al nostro ritorno in città.”

“Attaccati? Da chi?”

“Un gruppo di persone incappucciate che non ho riconosciuto. Non siamo riusciti ad interrogarne nessuno. Una volta sconfitti, ingoiarono una specie di pianta che trasformò i loro corpi in muschio. Furono spazzati via.” Lei fece una smorfia di disgusto. “Oltre ad un po’ di pelo sui loro mantelli, non abbiamo molto su cui basarci. E ora è scomparso Agrus Kos, ed Aurelia è pronta ad andare in guerra contro i Rakdos-”

Proft non disse nulla. Kaya si voltò per guardarlo. Lui stava fissando il vuoto con un’espressione che si sarebbe potuta definire vuota, se non fosse stato per la soddisfazione che si poteva notare agli angoli della bocca. Sembrava un uomo a cui era stato consegnato un dono glorioso e inaspettato, e che intendeva gustarselo.

“Detective? Tutto bene?”

Proft si alzò. Etrata, che si stava abituando ai suoi segnali, si mosse per unirsi a loro.

“So chi è il responsabile” disse Proft. “Di tutto quanto. E posso dimostrarlo. Ma ho bisogno che tu non dica a nessuno della situazione di Etrata, e che organizzi un piccolo raduno per mio conto prima di poter spiegare…”

Kaya lo fissò.

Etrata alzò le spalle.

“Ti ci abitui” disse lei.

Racconto successivo: Episode 8: Gods of Chaos

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