Magic: the Gathering Wiki
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Episode 6: Explosions of Genius è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Seanan McGuire e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 12 gennaio 2024. Racconta parte della storia di Kaya Cassir e Alquist Proft dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.

Racconto precedente: Episode 5: Chains of Expectation

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Storia[]

“Dove stiamo andando, esattamente?”

“Tra poco sarà tutto chiaro.”

“Mmmm…” Etrata si diede un colpetto sul mento e afferrò il braccio di Proft. Prima che lui potesse reagire, lei lo trascinò in un vicolo nelle vicinanze, lo fece girare e lo spinse con le spalle contro il muro. Lui sbatté le palpebre mentre lei incombeva su di lui. Non era più alta. Era impossibile che lei potesse incombere su di lui, eppure ci stava riuscendo.

“No” disse lei, con tono calmo e ragionevole. “Ora sarà tutto chiaro, o non andremo oltre. Ho dovuto sventare un attentato alla tua vita. Se non fosse stato qualcuno di mia conoscenza, non sarebbe finita bene per te. Quindi, o hai intenzione di dirmi dove stiamo andando, o non ci andiamo.”

Proft alzò un sopracciglio. Lei non sussultò. Dopo un lungo ed estenuante silenzio, lui sospirò e diede un’occhiata verso la strada, controllando apparentemente se la loro piccola discussione avesse attratto qualche attenzione indesiderata.

Vedendo di essere soli, si voltò nuovamente verso Etrata. “Prima ho bisogno che mi lasci.”

Controvoglia, lei lasciò andare il suo braccio. Proft si strofinò il punto in cui lei lo aveva stretto, scuotendo la testa.

“Questa violenza è un così comune strumento di discussione nella Casata Dimir?” chiese lui. “Mi sembra un po’... diretto.”

“Solo quando la persona con cui abbiamo a che fare non ascolta la ragione” disse lei. “Dove stiamo andando?”

“La polvere che ho trovato nella tua stanza è diversa da qualsiasi cosa abbia mai visto finora. Dobbiamo farla analizzare da qualcuno di fidato che non agirà contro di noi.”

“Mi avevi detto che stavamo andando a trovare un tuo amico” disse Etrata. “Non che avremmo dovuto camminare per le strade in piena luce. Io sono una fuggitiva.”

“Sì, e a quanto pare io sono un bersaglio. Quale sarebbe la tua obiezione?” Qualcosa nell’espressione di Etrata dovette aver fatto capire a Proft di essere sul filo del rasoio, perché continuò: “Kylox è… un individuo sensibile. Dopo qualche problema di spionaggio e furto di brevetti, è diventato molto esperto di tutto ciò che puzza di sotterfugio o inganno. Con lui, è più facile essere visti o intercettati se si prova ad avvicinarlo tramite una strada sul retro o un passaggio segreto piuttosto che con un approccio diretto.”

Etrata sbatté le palpebre. “Questa potrebbe essere la cosa più ridicola che io abbia mai sentito.”

“Lui è brillante, davvero, ma paranoico… se si può ancora chiamare paranoia quando ogni singola sua folle affermazione si è infine rivelata vera. A prescindere, ogni altra strada potrebbe ferirci concretamente.”

“E stiamo andando da lui, e non da qualcun altro, perché…?”

“Non possiamo andare all’Agenzia senza rivelare il mio coinvolgimento nella tua fuga. Non possiamo andare alle gilde finché non sappiamo chi ha sguinzagliato un’assassina sulle mie tracce. Lui è qualcuno di cui mi fido ciecamente, che teme sufficientemente la scoperta da comprendere ogni nostra richiesta di circospezione, e che farà poche domande. Non c’è nessuno meglio di lui in questa città, te lo assicuro.”

Etrata aggrottò la fronte. “Continua a non piacermi questo approccio così aperto.”

“Siamo quasi arrivati.”

“Devi iniziare a dirmi le cose. Non puoi tenertele per te solo perché vuoi apparire più intelligente quando poi le riveli.”

Proft sorrise, in modo molto leggero. “Lo prenderò in considerazione.”

Lasciarono il vicolo per tornare in strada. All’angolo, Proft svoltò, poi svoltò nuovamente, dirigendosi per una stretta via in mezzo a due negozi. Etrata lo seguì. Quando la via si diramò, lui svoltò ancora in un vicoletto ancora più stretto, a malapena largo abbastanza da permettere ai negozi sui due lati di aprire le porte.

La via terminava con un muro vuoto. Proft toccò il muro, quasi ad imitare Etrata al suo nascondiglio, poi tornò indietro di tre vetrine fino a raggiungere una porta con una piccola placca che la identificava come l’ufficio di un bibliotecario. Lui fece battere velocemente le nocche contro di essa e fece un passo indietro, in attesa. Dopo che passarono diversi secondi senza che fosse cambiato nulla, lui aggrottò la fronte e bussò di nuovo.

Attese più a lungo questa volta. Quando iniziò a muoversi in avanti ancora una volta, Etrata alzò una mano per fermarlo.

“Io sono più resistente di te” spiegò lei, muovendosi per provare a girare il pomello della porta. “Se questa cosa è impostata per elettrizzarmi, avvelenarmi o qualsiasi altra cosa, probabilmente starò bene. Tu no.”

“Una ragione valida, anche se non una di cui mi interessa particolarmen-oh, salve.” Il pomello ruotò facilmente quando lei lo girò, e quando lasciò andare, la porta si aprì silenziosamente verso l’interno. “Questo è insolito. Lui non lascia mai la porta aperta.”

“Adorabile” disse Etrata. “Quindi probabilmente ci stiamo ficcando in una trappola.”

“Spero proprio di no” disse Proft. Lui la superò, entrando nell’oscurità davanti a loro.

Etrata sospirò e lo seguì.

Non appena furono entrambi dentro, una serie di tubi collegati lungo i lati della stanza si illuminarono quando l’elementale del fulmine contenuto all’interno iniziò a scattare avanti e indietro, riempiendo l’aria con una luce tremolante e intermittente. C’era una crepa in una delle unità di contenimento, cosa che spiegava l’intermittenza; in condizioni ideali, la luce dell’elementale sarebbe dovuta essere abbastanza fissa da poterla usare per lavorare. La luce era ancora abbastanza da riuscire a mostrare una piccola officina, quel genere di luogo tenuto da un singolo inventore per un utilizzo privato: confortevole, compatto… e distrutto.

Era come se fosse passata un’intera banda di persone a distruggere tutto ciò su cui potevano mettere le mani. Il pavimento era cosparso di pezzi di carta e progetti. I tubi attivi erano chiaramente un sistema di riserva; i tubi più grandi ad altezza minore sul muro erano stati sfondati, aggiungendo anche delle schegge di vetro ai detriti già presenti.

Proft si spostò al centro della stanza, senza dire una parola. Lo scricchiolio del vetro sotto i suoi piedi e l’esclamazione smorzata di generale disagio di Etrata furono entrambi ingoiati dal silenzio. Proft si fermò per dare un’altra occhiata in giro prima di far toccare tra loro i suoi indici, appoggiandoli sul mento e abbassando la testa per avere un po’ di concentrazione.

Dai suoi piedi si diffusero delle linee blu, che serpeggiarono per la stanza, arrampicandosi sui muri e lungo il soffitto. Lì si incrociarono, annodandosi tra loro in una complessa rete di delicati intrecci. Lo spazio tra di essi si illuminò di un blu molto chiaro, finché l’intera stanza non fu inondata da una luminescenza magica, con Proft al centro.

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“Hmm” disse lui, abbassando le mani. “Questo non è corretto.”

La luce ebbe un impulso, e l’officina non risultava più distrutta. Era perfetta e immacolata, disordinata com’erano quasi sempre le officine Izzet, ma lì si notavano al massimo i segni di una sessione di raccolta di idee a tarda notte. La luce si stabilizzò, con l’intermittenza che sparì quando il sistema di contenimento venne ripristinato. Lentamente, Proft iniziò a camminare in tondo all’esterno della stanza, frugando ogni tanto in una pila di fogli luminescenti o sistemando una matita che Etrata sapeva per certo che in realtà non era più in quel punto. Infine, lui si fermò di fronte ad una porzione di muro, stringendo gli occhi verso di essa prima di guardare il pavimento.

“Etrata, il tuo supporto, se saresti così gentile.” Lui schioccò le dita e intorno a loro la luce si frantumò, sostituita dall’officina in rovina nella sua effettiva esistenza. Etrata si affrettò ad attraversare la stanza fino a raggiungere il fianco di lui.

Lui stava osservando il pavimento quando lo raggiunse o, più nello specifico, una libreria ribaltata che copriva una grossa porzione del pavimento. “Di cos’hai bisogno?” chiese Etrata.

“Mi serve che la sposti.”

“E pensi che io possa farlo?”

“Sì.”

Fu una semplice affermazione, pronunciata con tale sicurezza che Etrata si piegò subito a spostare di lato la libreria quasi prima di realizzare di aver accettato. Era stata fatta con un buon legno massiccio resistente ed era chiaramente stata progettata per rimanere in piedi nel rigore dell’officina. Mentre la sollevava dal pavimento, dalle mensole caddero libri e piccole scatole, spargendosi ai suoi piedi.

Lo spostamento della libreria svelò un tappeto sgualcito, che era stato quasi completamente nascosto. Proft annuì con soddisfazione e si accucciò.

“Questo è il momento in cui dovresti dire ‘grazie’” disse Etrata.

Proft la ignorò, scoprendo un bordo del tappeto e rivelando… assolutamente niente.

“La tua porta segreta era opera degli Izzet” disse lui, rialzandosi mentre lei assestava la libreria sulla propria base. “Prova a usare qui la stessa sequenza, se saresti così gentile.”

Etrata lo guardò sospettosamente, ma si mise in ginocchio e iniziò a tamburellare le dita contro il pavimento. I primi colpi risuonavano solidi. L’ultimo suonò quasi a vuoto. Lei alzò nuovamente lo sguardo.

“Nessuno costruisce un nascondiglio come un inventore Izzet, ma una volta che hanno un meccanismo che funziona, tendono a mantenerlo finché qualcun altro non riesce a trovare qualcosa di meglio” disse Proft, facendo un passo indietro per dare a lei più spazio. “Mi ha sempre divertito il fatto che Kylox fosse così arrabbiato con le spie nel suo ultimo laboratorio condiviso. Lui è un ladro esattamente come gli altri.”

Una porzione quadrata del pavimento si abbassò di diversi centimetri con un rumoroso clic. Etrata continuava a tamburellare, alzando gli occhi al cielo contemporaneamente. “Oh, e suppongo che a te piaccia avere intorno persone più intelligenti di te mentre tu stai cercando di lavorare?”

“Non saprei” disse Proft, quando il pavimento si abbassò ulteriormente, questa volta fino in fondo, rivelando una botola. Lui camminò in avanti, offrendo a Etrata una mano per alzarsi. “Non è mai successo. Scendiamo?”

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La botola conduceva ad una scaletta; la scaletta conduceva giù nel reparto caldaie, con la luce di un lontano fuoco che illuminava la rete di tubature attorcigliate e le fumarie di vapore esposte. L’aria era calda, pesante e incredibilmente odorosa.

Proft respirò soddisfatto, poi tossì. “Respira piano” consigliò lui. “Queste non sono le fogne, ma si accumula comunque sporcizia, indipendentemente dalla funzione.”

“Sono già stata qui” disse Etrata. “Da che parte?”

“Kylox non lascia mai il territorio controllato dagli Izzet, se non è costretto a farlo” disse Proft. “Questa tubatura scorre in due direzioni. Da quella parte, lascia il distretto. Da questa parte, va più all’interno.” Iniziò a camminare nella direzione opposta al distretto. Etrata lo seguì senza esitazione.

Avevano percorso circa tre metri quando Etrata afferrò Proft per la spalla. Lui si fermò, voltandosi verso di lei. Lei fece un gesto verso il basso. Lui diede un’occhiata al terreno.

“Sì, l’innesco di una trappola. L’ho visto” disse lui.

“È troppo ovvio. Probabilmente c’è-”

“Una piastra a pressione dall’altro lato. L’avevo previsto.”

Lei alzò le mani. “Perché cerco così tanto di tenerti in vita? Mi sembra chiaro che tu non ne abbia bisogno.”

“No, ma è carino da parte tua.” Proft si voltò, analizzando le tubature finché non trovò un’irregolarità nello schema. “Da questa parte. Credo che a breve troveremo il nostro padrone di casa.”

Si strinsero per passare in un’apertura che lui aveva individuato, seguendo una serie di curve sull’altro lato finché non sbucò in una camera più grande. Lì, a scrivere freneticamente ricurvo sopra un banco di progettazione, si trovava un viashino rosso, con le scaglie sul volto che riflettevano la pallida luce della lanterna sul bordo del banco.

“Ciao, Kylox” disse Proft. “Hai visto giorni migliori.”

La testa di Kylox scattò in su, con gli occhi spalancati dietro le sue lenti ingrandenti. “Alquist!” esclamò lui, facendo cadere la penna.

Visto più da vicino, era chiaro che non fosse rimasto illeso dalla distruzione della sua officina. Gli mancavano diverse scaglie, i suoi vestiti erano strappati e scompigliati, e i corti aculei in cima alla sua testa sembrava fossero stati piegati all’indietro, creando un effetto simile a un porcospino.

“Come hai…?” chiese lui, poi si fermò. “Perché te lo chiedo? Avrai sicuramente una risposta assurda che ti avrà portato in questo posto, che io lo voglia o no. Cosa vuoi?”

“Ho trovato una sostanza che voglio che analizzi per me” disse Proft, calmo, come se fosse un posto perfettamente normale per avere una conversazione scientifica.

Kylox non sembrava essere d’accordo. Guardò Proft a bocca aperta. “Vattene” disse lui.

“Cosa?”

“Vattene. Non importa quanti favori ti devo, ora come ora non posso farlo.” Lanciò un’ansiosa occhiata verso il passaggio attraverso il quale erano passati. “Siete stati seguiti?”

“No” disse Etrata, con certezza.

“Come siete arrivati qui?”

“La porta nella tua officina” disse Proft. “Davvero, Kylox, se solo potessi-”

“Come l’avete aperta? Perché-no, non importa.” Kylox si alzò, raccogliendo una manciata di fogli dal banco, con la coda che ondeggiava mentre si spostava verso una piccola mensola incastrata sotto una fila di tubi. “Qui non ho l’equipaggiamento per fare ciò di cui hai bisogno, Proft. Vai. Ti manderò un messaggio quando sarà sicuro.”

“Se ci dici cos’è successo, forse possiamo aiutare” disse Proft.

“Non potete aiutare” disse Kylox, guardandosi intorno mentre impilava i suoi fogli. Tutto ciò che riguardava l’inventore irradiava ansia: il modo in cui stava in piedi, il modo in cui si muoveva, il timbro della sua voce. “Stavo lavorando… Stavo lavorando a qualcosa di segreto. Qualcosa che nessuno dovrebbe conoscere.”

“Qualcosa, di che tipo?” chiese Proft.

Kylox si girò di scatto, muovendosi in modo agitato. Gli aculei sulla sua testa si alzarono per l’agitazione. “No, no! Non tu! Non posso dirlo a te! Posso dirlo a Ezrim. Solo a Ezrim. Puoi portarmi da lui senza essere visto? È in tuo potere farlo, oh grande detective?”

Il modo in cui pronunciò quelle parole… non erano intese per essere un complimento. Le trasformò in un astuto insulto, ed Etrata lanciò uno sguardo a Proft per vedere come avrebbe reagito.

La sua espressione non era cambiata, e non lo fece nemmeno quando riecheggiarono dei passi lungo i tunnel, che si avvicinavano velocemente alla loro posizione. Gli occhi di Kylox si spalancarono.

“Sono qui” mormorò. Poi, con una voce molto più bassa, ordinò: “Lasciate fare a me. Nascondetevi!

Proft in quel momento si mosse, afferrando Etrata per un braccio e trascinandola con lui dall’altra parte della stanza verso un blocco di tubature insolitamente fitte. La lasciò andare per afferrare una sezione della griglia, abbassandola e tirandola verso di sé. Si aprì verso l’esterno e lui saltò dentro, con Etrata dietro di lui.

Una volta chiuso, il finto muro di tubature era solido, con solo qualche apertura attraverso le quali potevano osservare la stanza. Guardarono in silenzio un gruppo di goblin che si riversò da un altro passaggio nascosto, circondando Kylox, che si allontanò d’istinto da loro. Proft si irrigidì. I goblin tirarono fuori delle sottili corde di catena di mizzium, avvolgendole attorno a Kylox, che non disse nulla e si lasciò prendere.

Proft si appoggiò contro il muro del loro stretto nascondiglio. Etrata mantenne gli occhi fissi sull’aggressione. Qualcosa si mosse nell’angolo, attirando l’attenzione di Proft, e lui rivolse lo sguardo in quella direzione, osservando un ragno che zampettava giù per il muro e che svaniva poi nelle ombre.

Quando tornò con lo sguardo sulla scena, i goblin se n’erano andati, e Kylox con loro. Lui aggrottò la fronte e fece cenno a Etrata di aprire nuovamente il muro.

I due tornarono nella camera ora abbandonata.

“Permetti a tutti i tuoi amici di venire catturati in quel modo?” chiese Etrata.

“Kylox è codardo su più livelli” disse Proft, analizzando l’area. “Non avrebbe suggerito di nasconderci se pensava che avremmo potuto aiutarlo. Eravamo in netta inferiorità numerica. Non conosce le tue capacità, ma ora che si è lasciato catturare, possiamo seguirlo e, sperabilmente, liberarlo. Vieni.” Lui attraversò la stanza a grandi passi, dirigendosi verso l’entrata usata dai goblin.

Mentre passava, si fermò vicino alla mensola che aveva raggiunto Kylox, abbastanza a lungo da prendere una piccola scatola di legno senza decorazioni e mettersela sotto braccio. Etrata aggrottò la fronte. Lui non si fermò e, alla fine, lei dovette seguirlo.

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Tornare nelle affollate strade di Ravnica fu più un sollievo di quanto Kaya potesse immaginare prima di visitare la brughiera all’esterno di Vitu-Ghazi. Ravnica doveva essere un luogo di suoni e movimenti costanti, di vita senza fine, anche quando effettivamente finiva. Gli spazi aperti e i giardini erano per Kaldheim e Dominaria, non per quel luogo. Non per il piano che era diventato la sua casa.

Lei conosceva quella folla. Anche dopo tutto ciò che era accaduto, lei conosceva quelle persone, conosceva il modo in cui si muovevano e si affrettavano da un posto all’altro… sapeva quando qualcosa spezzava il ritmo. Le persone dietro di loro non si stavano muovendo nel modo corretto. Lei appoggiò una mano sul braccio di Kellan, guidandolo verso il vicolo più vicino.

Lui iniziò a voltarsi dietro di lei, ma lei strinse la presa, continuando a guardare in avanti.

“Non dire niente” disse lei in modo piacevole. “Ci stanno seguendo.”

Kellan sbatté le palpebre, lasciando che lei lo conducesse lontano dalla folla. Una volta nel vicolo, si voltarono, in attesa.

Non fu lunga. Un gruppo di sei persone vestite con lunghi cappotti neri li seguirono, troppo velocemente perché si trovassero lì per caso, e si aprirono a ventaglio per circondare la coppia. Uno di loro brandiva un pesante martello. Kaya aggrottò la fronte.

“Cosa succede qui?” chiese lei. “È un’imboscata o una gara di sguardi?”

La figura incappucciata più vicina scattò in avanti. Kaya si spostò con grazia all’indietro e continuò a muoversi mentre gli altri cinque si univano alla mischia, attaccando tutti e sei in contemporanea.

Non all’unisono, ma nemmeno nella comoda sequenza uno per uno che così tanti gruppi sembravano utilizzare. Tre si concentrarono su Kaya, gli altri tre si scagliarono su Kellan. Kaya divenne parzialmente eterea, lasciando che il primo assalitore le passasse attraverso dopo una carica, facendolo sbattere contro il muro sfruttando la propria inerzia. Lo colpì con uno scrocchio raccapricciante.

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Estraendo i suoi pugnali, Kaya si concentrò sugli altri che avevano deciso che lei fosse un bersaglio migliore, spostando il peso sul piede che aveva portato indietro mentre aspettava che si facessero avanti. Erano entrambi considerevolmente più grossi di lei, facendo della velocità la risorsa migliore che lei potesse sfruttare nel combattimento. La velocità e la capacità di diventare incorporea. Era quasi esaltante dover preoccuparsi solo di una cosa semplice come una rissa di strada. Lei roteò e iniziò a muoversi a zig zag, lasciando che la raggiungessero, per poi colpire quando si avvicinarono troppo. Fece cadere il primo prima ancora che il combattimento fosse veramente iniziato.

Quello col martello venne atterrato, sconfitto da un colpo sulla nuca prima che avesse avuto la possibilità di ingaggiare Kellan. Come lei, anche lui era rimasto al suo ultimo avversario; gli altri due erano a terra, con le facce premute contro la pavimentazione del vicolo. Kellan aveva estratto le spade e stava contrastando spada contro spada l’assalitore rimasto, che brandiva una coppia di coltelli dall’aspetto malefico. Kaya diede un calcio al suo avversario, prima al ginocchio, poi all’inguine. Si piegò come una scala rotta, e lei lo calciò in testa per sicurezza prima di iniziare a raggiungere Kellan. Poi si fermò di colpo, sbattendo le palpebre.

Kellan aveva agganciato le sue lame attorno ai coltelli dell’assalitore e l’aveva disarmato con incredibile abilità, lasciando l’uomo a guardarsi disperatamente intorno per qualcos’altro che potesse usare come arma. Prima che potesse trovarlo, Kellan sbatté la propria spalla contro il petto dell’uomo, lanciandolo all’indietro.

Kaya si mosse verso l’uomo, che almeno era ancora cosciente, e gli avvolse una mano attorno alla gola, roteando il suo pugnale nell’altra mano prima di appenderlo al muro, bloccandogli un braccio contro il corpo. “Salve” disse lei. “Siamo le vostre vittime designate. Vuoi dirci perché ci avete attaccati?”

L’uomo mosse il suo braccio libero abbastanza velocemente che, se avesse brandito un altro coltello, avrebbe potuto ferirla gravemente. Invece, si ficcò qualcosa di simile ad un piccolo germoglio verde in bocca, con gli occhi che si illuminarono trionfalmente quando lo ingoiò.

“Cos’era quello?” chiese Kaya.

“Non lo so, ma quelli a terra hanno appena fatto la stessa cosa” disse Kellan.

Kaya poté solo osservare quando la carne dell’uomo di fronte a lei si ammorbidì e divenne verde, sempre più morbida man mano che si trasformava in muschio nella sua mano. Poi lui si dissolse, con il muschio che iniziò a spargersi lungo il vicolo, lasciando cadere a terra la sua tunica vuota. Kaya fece un salto all’indietro con un suono di disgusto, scuotendo via i suoi resti dalle proprie dita. Non rimasero appiccicati, e non c’erano segni della stessa trasmutazione sulla pelle di lei.

Kellan aveva dei conati di vomito. Kaya si voltò per guardarlo. Tutti gli altri assalitori si erano trasformati nella stessa sostanza muscosa. Kellan si piegò in avanti, appoggiando le mani alle ginocchia, e si fermò.

“Kaya, vieni qui.”

“Perché?”

“Perché ho bisogno che tu veda una cosa.”

Attenta a non pestare il muschio, Kaya si spostò al fianco di Kellan. Lui si tolse uno dei suoi parabraccia e si chinò, spostando il mantello con l’estremità. “Guarda” disse lui.

Sul tessuto era attaccato un ciuffo di pelo bianco macchiato di grigio. Kaya si rialzò, fissando Kellan. Lui fece lo stesso, annuendo leggermente.

Si stavano ancora fissando quando un tottero dell’Agenzia sfrecciò nel vicolo. Volò fino a fermarsi tra di loro prima di proiettare un olo-messaggio di Ezrim nel suo ufficio, con lo sguardo severo.

“Il vostro recente alterco è stato notato” disse. “Degli ufficiali Boros si stanno dirigendo alla vostra posizione. Salvaguardate la scena e tornate al quartier generale.”

“Sissignore” disse Kellan automaticamente. Il tottero sfrecciò via, mentre lui tirò fuori un paio di pesanti ovali dalla tasca, facendo cenno a Kaya di uscire dal vicolo mentre lui li applicava ai lati dell’entrata. Non appena lasciò andare, un nastro di pura luce si estese tra i due congegni.

“Barriere protettive dell’Agenzia” disse Kellan. “Faranno passare i nostri investigatori, ma nessun altro. Andiamo.”

Insieme, proseguirono per la via, muovendosi tra la folla rapidamente e senza ulteriori ostacoli.

La strada fuori dal quartier generale dell’Agenzia era sgombra, e lo stormo di agenti chiacchieroni di prima era svanito. Kaya rimase sempre dietro Kellan mentre smontavano dalle loro cavalcature e si dirigevano alle porte, lasciando che l’effettivo agente ufficiale la precedesse nell’edificio.

Il fantasma di Agrus Kos li stava aspettando all’ingresso. “Il capo vi vuole” disse lui non appena entrarono. “Dice che è urgente. E doppiamente urgente per te, signora.” Fece un cenno con la testa verso Kaya, uno sguardo di empatia sul suo volto vagamente traslucido.

Quello fu abbastanza per far capire a Kaya cosa voleva Ezrim da lei, quindi si affrettò per la sala, lasciando che Kellan e Agrus Kos la seguissero. La porta di Ezrim era chiusa quando arrivò. Non si disturbò a bussare e si limitò a camminarci attraverso.

Ezrim era dietro la sua scrivania. Alzò lo sguardo quando lei apparve, apparentemente impassibile alla sua entrata. “Grazie per essere arrivata così rapidamente” disse lui. “Anche se c’è un motivo per cui ho una porta.”

Si udì bussare. Ezrim volse lo sguardo verso la porta.

“Alcune persone si ricordano ancora le buone maniere” disse lui. “Avanti!”

Kellan scivolò nella stanza, con Agrus Kos subito dietro. “Ci ha chiamati?”

“Sì.” Ezrim tornò a concentrarsi su Kaya. “L’assassino di Teysa è stato arrestato dagli Azorius.”

Le gambe di Kaya si sentirono improvvisamente deboli. Afferrò il bordo di una libreria per tenersi in piedi. “Signore?”

“Un sicario di bassa lega, nessuna affiliazione alle gilde” disse Ezrim. “Giura che non sa cosa sia successo. L’attimo prima stava camminando per l’Ottavo Distretto, e l’attimo dopo si trovava al Maniero Karlov, ricoperto del sangue di Teysa. Fuggì. Qualcuno lo vide lasciare la zona, quindi chiamarono gli Azorius. Ce l’hanno in custodia.”

Kaya e Kellan lo stavano guardando a bocca aperta quando la porta si spalancò con violenza per far entrare Aurelia, che stava trascinando per i capelli una donna agitata vestita dei colori Rakdos. La donna era stata legata, con le mani bloccate dietro la schiena, ma lottava come se pensasse di potersi liberare. Aurelia quasi la scagliò sul pavimento, con le ali spiegate dall’indignazione.

“Aveva puntato a me” disse velocemente lei, con la voce fredda come una tomba. “Ha ucciso dieci delle mie guardie prima che riuscissi a fermarla.”

“Hai barato” rispose la donna. “Non si portano delle ali ad un combattimento a terra. Cattiva, maledetta e che gioca sporco.”

Aurelia la ignorò, assorbita nella propria furia. “Questa è quella che chiamano Fanciulla del Massacro, e la sua presenza dimostra che dietro a tutta questa carneficina insensata c’è il Culto di Rakdos. Avremmo dovuto saperlo. Radunerò la Legione, e marceremo-”

Se la Legione Boros avesse marciato in guerra contro un’altra gilda con la città in quel delicato stato di ripresa, tutto sarebbe collassato. I Dimir erano dispersi e i Golgari erano in un esilio auto-imposto. Ravnica non poteva permettersi di perdere un’altra gilda.

Quella poteva anche non essere più la sua casa, ma ciò non significava che Kaya volesse vederla bruciare.

“Aspetta” disse Kaya, disperatamente.

“Meglio se la ascolti, signorina alata” disse la Fanciulla del Massacro, in tono beffardo.

Kaya resistette all’istinto di darle un calcio.

“Questi agenti sono andati ad incontrare Judith dei Rakdos ed erano di ritorno per consegnare il loro rapporto” disse Ezrim.

“Agenti?” Aurelia guardò Kaya con aria interrogativa, lasciando che la confusione facesse temporaneamente diminuire la collera.

“Per questo caso” disse Kaya. “Sono più neutrale di altri. Fanciulla del Massacro, perché hai attaccato la condottiera dei Boros quando eri a conoscenza delle possibili conseguenze?”

“Non lo so” disse la Fanciulla del Massacro. “Non ricordo nulla prima che mi colpisse le gambe per farmi cadere e mettermi un piede sul petto. Non sono nemmeno stata pagata.”

Kaya si voltò di nuovo verso Aurelia. “Capisci, questo potrebbe essere connesso all’altro attacco. In entrambi i casi l’assalitore non si ricordava di aver agito, né sapeva come sfuggire alle conseguenze delle sue azioni. Condottiera, abbiamo parlato con Judith, e non aveva il comportamento di una persona colpevole. Anzi, è stata d’aiuto. Ci ha direzionati verso una pista che stiamo esplorando proprio ora. Ti prego, abbiamo bisogno di tempo prima che venga dichiarata una pubblica accusa contro un’altra gilda.”

“Anche di fronte alla perdita che hai subìto, tu insisti per pazientare” disse Aurelia.

“Fareste lo stesso, se pensaste a mente fredda” disse Agrus Kos. “Ascoltatela. Non ha torto.”

Aurelia gli concesse una smorfia. “Tu stai dando un consiglio a me?”

“Mi avete mandato a sovrintendere. Sto sovrintendendo.” La guardò in modo calmo. “Hanno bisogno di tempo.”

Aurelia richiuse le ali, ancora con una smorfia in volto. “Ventiquattr’ore, non di più, e l’assassina rimane con noi” disse lei. “Se venisse perso un altro prigioniero, inizieranno a rotolare delle teste.”

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Aurelia riprese la sua prigioniera e il suo orgoglio e volò via. Non appena se ne andò, Kaya sprofondò. Kellan allungò un braccio per sorreggerla.

“Va tutto bene” disse lei, mandandolo via con la mano. “Solo che… avendo l’assassino, significa che non è un trucco. Teysa è morta per davvero.”

Un’altra persona che non aveva salvato, un’altra amica che non avrebbe mai più rivisto… non allo stesso modo. Il fantasma di Teysa sarebbe anche potuto tornare, ma non avrebbe riparato il danno. Kaya si strofinò il viso con una mano. Essere qualcuno a cui lei teneva stava iniziando a diventare una posizione pericolosa.

“Abbiamo ventiquattr’ore” disse lei, abbassando la mano. “Mettiamoci al lavoro.”

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I goblin che avevano catturato Kylox ovviamente non si erano resi conto che qualcuno stesse osservando: non si sforzarono di nascondere le loro tracce mentre passavano per il reparto caldaie fino alla loro scaletta verso la strada sovrastante. Proft ed Etrata rimasero abbastanza indietro da non essere visti e li seguirono fuori nella prima aria serale.

I rapitori non si preoccuparono nemmeno di nascondere il loro prigioniero agitato, ma nessuno ci fece troppo caso o si fermò per chiedere cosa stessero facendo. Proft ed Etrata continuarono a seguirli senza interferire, quando i goblin trasportarono Kylox verso un banco dei pegni dall’aspetto poco raccomandabile. Si scambiarono uno sguardo, poi si affrettarono verso il negozio, fermandosi all’esterno.

Proft estrasse dalla sua giacca un oggetto che assomigliava ad una piccola trombetta, adagiando un’estremità al suo orecchio e l’altra al vetro. Etrata iniziò a fargli una domanda. Lui le fece cenno di zittirsi e poi si mise un dito sulle labbra, facendole capire di stare in silenzio.

All’interno, la familiare voce leggermente nasale di Krenko rimbombava forte e chiara: “Che cosa sai?”

“Niente!” rispose Kylox. “Io non-Non capisco cosa tu pensi che io-”

“Gli omicidi, cosa sai degli omicidi?” Krenko aspirò col naso. “So abbastanza da sapere di essere a rischio. E tu mi dirai tutto quello che sai.”

Proft abbassò la trombetta. “Quella mi sembrava proprio una minaccia” disse lui, guardando Etrata. “Quelle guardie, pensi di poterle gestire?”

Etrata sembrò leggermente offesa. “Sono una professionista.”

“Eccellente” disse Proft, poi tirò un calcio alla porta per aprirla.

Etrata scattò nella stanza come una marea ombrosa, con Proft che camminava tranquillamente dietro di lei.

“Direi che abbiamo anche sentito abbastanza” disse lui con tranquillità mentre Etrata disarmava la prima guardia goblin. Krenko strillò dalla sorpresa, spostandosi così che altri due dei suoi uomini potessero coprirlo, solo per osservarli cadere anch’essi. L’assassina Dimir si muoveva con una grazia senza pari, e nel giro di qualche secondo tutte e sei le guardie erano a terra, immobili.

Etrata si mosse per iniziare a slegare Kylox, mentre Proft si concentrò su Krenko. “Cosa” chiese lui, “stai facendo?”

“Io-Sta morendo gente importante!” disse Krenko. “Io sono importante! Potrei essere il prossimo! Lui”, indicò Kylox, “stava parlando di un lavoro per della gente importante, ma non voleva lavorare con me! Potrebbe sapere qualcosa! E lui me lo dirà!

“Te l’ho detto” disse Kylox, sfregandosi i polsi mentre si rialzava. “Non so niente. Alquist, grazie. Speravo capissi cosa stavo chiedendo.”

Proft non ebbe il tempo di rispondere quando la finestra venne sfondata da un uomo muscoloso in abiti da lavoro che irruppe nella stanza. Caricò a testa bassa contro Krenko, brandendo un pugnale… ma si imbatté prima in Kylox. Ci fu un grido strozzato quando il viashino si spostò di lato e scivolò, immobile, sul pavimento. Proft raggiunse il suo amico mentre Etrata menò un fendente alla stretta dell’assalitore, facendo cadere il pugnale. Lei gli saltò sulla schiena e gli avvolse un braccio attorno alla gola.

Not on My WatchART1

“Krenko, inutile idiota, le catene!” gridò lei.

Lo sguardo terrorizzato di Krenko si tramutò in sorpresa, e si affrettò a prendere la catena che era stata usata per legare Kylox, lanciandola ad Etrata. Lei strinse il collo dell’uomo un po’ più forte, poi si abbassò e iniziò a legarlo velocemente, immobilizzandolo.

Quando si voltò, Proft era lì, ma aveva lo sguardo cupo. “Kylox?” chiese lei.

Lui scosse la testa.

“Mi dispiace tanto.”

“Anche a me.” Lui camminò verso l’assalitore. “Perché sei qui?”

L’uomo non rispose, e continuava a ringhiare verso lo spaventato Krenko. Proft aggrottò la fronte.

“I suoi occhi non sono concentrati, Etrata” disse lui. “Vedi?”

“Le sue pupille sono troppo dilatate” disse lei. “È stato chiaramente drogato.”

“Forse…” Proft si guardò alle spalle. “Dobbiamo interrompere la sua fuga psichica in qualche modo.”

“Permettimi” disse Etrata, poi si mise di fronte all’uomo, concentrando lo sguardo di lei sul suo.

Non ci fu una manifestazione esterna delle abilità psichiche di lei, ma lui si inarcò all’indietro, facendo tornare le pupille ad uno stato più normale mentre cercava di scappare da lei e dalla pausa che aveva indotto.

“Cosa ci faccio qui?” chiese lui, sull’orlo del panico. “Questo non è il fiorista. Mio marito mi ucciderà!”

“Come sospettavo.” Proft si girò verso Etrata. “Le persone stanno subendo un lavaggio del cervello in questi attacchi. Non possono essere ritenute responsabili, compresa te. C’è qualcuno dietro tutto questo. E io scoprirò chi è.”

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Racconto successivo: Episode 7: Rot before Recovery

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