Magic: the Gathering Wiki
Magic: the Gathering Wiki
Advertisement

Episode 5: Chains of Expectation è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Seanan McGuire e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast l'11 gennaio 2024. Racconta parte della storia di Kaya Cassir e Alquist Proft dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.

Racconto precedente: Episode 4: Justice Before Mercy

Barra

Storia[]

L’aria pomeridiana era fresca e vivida mentre il detective e l’evasa percorrevano una strada sommersa dalle ombre, fiancheggiata su entrambi i lati da incombenti edifici che in qualche modo riuscivano ad apparire più sinistri, ben oltre la loro architettura. Etrata si muoveva con veloce efficienza, senza che i suoi passi emettessero un suono sul selciato crepato. Il passo di Proft era più pesante.

Per quanto camminassero fianco a fianco, c’era sempre una certa distanza tra loro, come se la vampira Dimir non fosse sicura del suo accompagnatore. Lei continuava a lanciare degli sguardi di nascosto a Proft, con una smorfia semi-nascosta agli angoli della bocca mentre rimuginava sulle domande che non era ancora pronta a fare.

“Dici che questo è l’ultimo posto che ti ricordi prima di risvegliarti alla festa” disse Proft, con tono tranquillo, quasi disinteressato. Etrata non l’aveva conosciuto da molto, ma riuscì ad interpretare quel tono per il trucchetto che era. La gente sarebbe stata impaziente di spiegare, di aiutarlo a comprendere perché lui avesse torto a non darle retta in quel modo. Era semplicemente uno degli strumenti più vistosi all’interno di una gamma molto più vasta.

Ma persino comprendendo ciò che era veramente, lei si ritrovò l’impulso di spiegare sempre più pressante nel petto. “Non esattamente” disse lei. “Siamo quasi arrivati.”

“Devo ammettere di non avere familiarità con le parti della città controllate dai Dimir come un tempo” disse Proft. “Gli Azorius raramente sono i benvenuti qui, e ora che sono con l’Agenzia, riceviamo un numero sorprendentemente basso di chiamate per indagare in territorio Dimir. Noi non controlliamo che la legge venga rispettata. Ci limitiamo ad aiutare le persone per rispondere alle domande a cui non riescono a rispondere da sole. Chi si fa proteggere dai Dimir non pone alcuna domanda?”

“No, se vogliono il loro bene” disse Etrata, fermandosi vicino ad una porzione di muro apparentemente libera. Lei guardò intensamente Proft. “Questo sarebbe il momento in cui un gentiluomo distoglie lo sguardo.”

“E io sono prima di tutto un gentiluomo” disse Proft, voltandosi ostentatamente di schiena.

Fu una dimostrazione di buona fede così significativa che Etrata rimase quasi senza fiato. Liberarla era stata una sorpresa, insistere nell’accompagnarla per ripercorrere ciò che ricordava dei momenti prima della festa era stato più in linea con le proprie aspettative. Era chiaro che non aveva intenzione di lasciarla andare e basta. Non con una capogilda morta e un mistero da risolvere.

Lei alzò le mani e le fece danzare lungo quell’apparentemente normale muro di mattoni, dando un colpetto alla malta in un punto e premendo contro la pietra in un altro. Era una sequenza complessa, e anni di pratica le permettevano di completarla nel giro di qualche secondo. Con un lento suono di scorrimento, una sezione del muro leggermente più piccola di una porta normale si spostò e scivolò verso l’interno, creando una crepa abbastanza larga da permettere a lei di infilare al suo interno una mano.

Non smise di dare colpetti al muro mentre inseriva le dita nell’apertura, completando la parte della sequenza che avrebbe impedito alla porta di chiudersi di scatto sulla propria mano. Con un secondo lamento, la porta si spalancò, rivelando uno stretto atrio in legno con un pavimento di assi scheggiate, dove la luce brillava attraverso un unico lucernario ricoperto di ragnatele.

“Ora puoi guardare” disse lei.

Proft si voltò, chiaramente non sorpreso dall’apparizione di un’entrata segreta. “Apprezzo la tua cooperazione con la mia indagine” disse lui.

“Ovvio che sto cooperando.” Fece qualche passo nella stanza e si fermò, facendo cenno a lui di seguirla, nonostante avesse fatto pochissima strada per lasciargli abbastanza spazio.

Proft alzò le sopracciglia ed entrò. Etrata fece un passo indietro e la porta sbatté dietro lei con un potente suono scricchiolante. Proft saltò sul posto, girandosi per guardare dietro di sé.

“Opera degli Izzet?” chiese lui.

“In origine sì, anche se i costruttori sono morti da tempo. Nessuno sa di questa entrata eccetto me. Se qualcuno riuscisse a seguirmi qui ed intrufolarsi nella porta prima che si chiuda, non appena alzo il piede dalla placca sul pavimento imparerebbe perché farlo è stata una pessima decisione” disse lei, con calma.

“Onesto, direi.” Proft la seguì mentre lei iniziò nuovamente a camminare, dirigendosi verso una porta dall’aspetto meno aggressivo in fondo alla sala. “Cosa intendi dicendo che è ovvio che stai cooperando? Molti non lo farebbero, innocenti o meno.”

“Io non ricordo di essere andata alla festa, né tanto meno di essermi preparata per andarci” disse Etrata. “Dove ho preso i vestiti che stavo indossando quando mi hanno arrestata? Potrebbe esserci un membro morto del Conclave di Selesnya ficcato in una cassa da qualche parte, in attesa di essere trovato, e se è davvero così, io non ricordo nemmeno di averlo ucciso.”

“Ti ricordi tutti quelli che uccidi?”

“Sì” rispose seccamente lei. “Sono una professionista. Non uccido gratis e non dimentico i morti. Non farò finta di avere qualche motivo dai sani principi per fare il lavoro che faccio… sono brava a farlo, mi piace più che a sufficienza, mi piace venire pagata… ma sono un’assassina, non un’omicida. La gilda non vede di buon occhio i lavori non autorizzati, e ciò significa che non sono nei guai solo con gli Azorius, ma che anche la Casata mi darà dei problemi. Quello che ancora non capisco è perché mi stai aiutando.”

“Ah” disse Proft. “È una questione semplice. Ora come ora, tu rappresenti l’enigma più interessante che mi è stato posto davanti dall’invasione. Quasi ogni domanda posta all’Agenzia ha una facile risposta. Arrivano in poco tempo. Solleviamo qualche pietra, ed ecco la soluzione, pronta ad essere svelata. Tu, invece… Un’assassina Dimir addestrata uccide una capogilda-”

“Presumibilmente” disse Etrata.

“-uccide presumibilmente una capogilda in modo non conforme alla propria professione e ad altri omicidi conosciuti, poi fugge dalla scena in maniera francamente goffa, senza coprire sufficientemente le proprie tracce? Questo inizia a non aver alcun senso già di per sé. Aggiungiamo il fatto che a te manca qualsiasi ricordo dell’evento e della festa stessa? Diventa genuinamente affascinante.” Proft la osservò aprire la porta. “Ho la reputazione di continuare a dilungarmi oltre il punto del discorso dove sarebbe stato opportuno, o politico, smettere. Mi ha messo in qualche guaio in passato.”

“Ti metterà nei guai anche questa volta se gli Azorius scoprono ciò che hai fatto” disse Etrata, spingendo la porta e aprendola per rivelare una stanza sorprendentemente spaziosa. Lei fece qualche passo all’interno e si fermò quando Proft alzò in alto una mano, con il palmo verso l’esterno.

“Sì?” chiese lei.

“Ci sono altre piccole sorprese per le persone che vengono qui senza il tuo consenso?”

“No. Nessuno è mai arrivato così lontano, e preferisco non dover rimanere di guardia quando vado a letto.”

“Allora, se mi permetti, preferirei vedere la scena nella sua attuale condizione incontaminata.”

Etrata alzò un sopracciglio. “Prego.”

“Grazie.” Proft sorrise mentre la superava. “Su col morale, Etrata. Abbiamo un mistero da risolvere!”

Etrata non sembrava minimamente compiaciuta dall’idea, al contrario di lui.

La stanza in sé sembrava essere una combinazione tra un’officina e una camera da letto, con metà dello spazio dedicata agli strumenti del mestiere… armi, fiale di tossine, scansie di travestimenti… e l’altra metà che conteneva il suo letto, vestiti mondani e un piccolo tavolo dove presumibilmente consumava i pasti. Tutto era impeccabilmente pulito. Tutto tranne la superficie del comodino.

Proft si fermò lì, aggrottando la fronte. “Ti applichi regolarmente i cosmetici a letto?”

“Cosa? No. La gente lo fa?”

“Hmm. Prendi qualche medicina sotto forma di polvere grigio-giallastra? Magari qualcosa che ti aiuta a dormire?”

“No. Con la mia professione, un sonno alterato è anche l’ultimo.”

“Allora ti prego di venire qui, con attenzione, e di non spostare niente… a meno che tu non abbia un vasetto che usi per i tuoi veleni e che può essere riutilizzato per raccogliere delle prove. Temo di non aver potuto richiedere l’attrezzatura da investigatore corretta mentre orchestravo la tua fuga.”

Etrata attraversò la stanza andando verso il banco da lavoro, prese un vasetto e poi si spostò per riunirsi a Proft di fianco al letto. Una volta lì, si fermò, seguendo lo sguardo di lui fino al comodino. Lì, spolverata sul legno e sopra il cuscino vicino, si trovava una fine polvere grigio�-giallastra.

“Non l’ho mai vista prima” disse lei.

“Lo sospettavo. Hai un coltello?”

Etrata riuscì a non alzare gli occhi al cielo mentre gli porgeva sia il vasetto che un coltello che lui era certo che lei non avesse quando la rilasciò dalla sua custodia. Oh, bè. Se un assassino non riusciva a procurarsi un coltello senza essere visto, presumibilmente non sarebbe stato un assassino per molto tempo. Attento ad evitare qualsiasi contatto diretto con la polvere, lui ne raccolse quanta più possibile nel vasetto aperto, prima di chiuderlo per bene.

Porse il coltello a Etrata, stringendo un lato dell’impugnatura. “Lo pulirei per bene prima di usarlo per qualsiasi altra cosa, anche un omicidio, e farei lo stesso con questo tavolo e tutta la biancheria del letto. Non so cosa sia questa sostanza, ma so che è qualcosa che non ho mai visto prima. Data la situazione attuale, potrei teorizzare che ha qualcosa a che fare con il tuo tempo mancante e con le azioni intraprese in quel frangente.”

“Ma come ci è finita qui?” chiese Etrata. Prese il coltello dall’altro lato dell’impugnatura, scagliandolo attraverso la stanza per conficcarlo sul muro.

“Questa è un’eccellente domanda” disse lui, tenendo alto il vasetto per studiarne il contenuto attraverso il vetro. “Procediamo a trovare una risposta?”

Barra

Dopo l’invasione, i cittadini di Ravnica avevano imparato a prendere seriamente la minaccia di contaminazione. Etrata se ne andò senza nessuno dei suoi averi, dicendo di poter avere un cambio d’abiti in un altro nascondiglio: uno senza il rischio che una polvere misteriosa si fosse depositata nelle trame del tessuto.

Lei prese il comando mentre tornavano indietro attraverso l’atrio, e Proft la seguiva, attento a mettere i piedi dove li aveva appoggiati lei. Erano quasi alla porta quando Etrata udì un tonfo ed un cigolio smorzato dalle sue spalle. Quello era tutto ciò che le serviva per sapere che c’era un attacco in corso.

Per un secondo, considerò la possibilità di continuare per la sua strada. Poche persone conoscevano quel particolare rifugio: chiunque di esse avrebbe potuto avere un risentimento verso Proft, e se il detective fosse misteriosamente morto, non sarebbe rimasto nessuno che sapesse come lei era sfuggita alla custodia degli Azorius. Avrebbe potuto varcare quella porta e sparire senza lasciare traccia.

Sparire in una città che pensava che lei fosse un’omicida, che non si sarebbe fermata davanti a nulla per vederla arrestata, tutto perché aveva permesso la morte dell’unica persona che credeva nella sua innocenza. Con un sospiro frustrato, Etrata si voltò, estraendo altri due coltelli dall’interno della sua maglia, e balzò verso il combattimento dietro di lei.

Non era tanto un “combattimento”, quanto un assalto: Proft era a terra, con una figura vestita di rosso e nero accovacciata sopra di lui, con un coltello in entrambe le mani. Lui alzò le braccia per proteggersi il viso e la gola, e stava già sanguinando da diversi tagli superficiali nel momento in cui Etrata si schiantò contro la figura e la spinse via, spedendola qualche metro più lontano in quell’atrio poco illuminato.

Slice from the ShadowsART1

L’assalitore si riprese velocemente, concentrandosi nuovamente su Etrata, che rispose mossa dopo mossa, attenta a mantenersi tra la figura e Proft, che era a terra.

Infine, con tono confuso, la figura disse: “Etrata?”

Etrata si fermò, irrigidendosi. Conosceva quella voce. “Fanciulla del Massacro?”

“Nessuno mi aveva detto che ci saresti stata tu qui.”

“Questa è casa mia. Dove dovrei essere altrimenti?”

“Non lo so. In custodia degli Azorius?”

“Sono uscita” disse piattamente Etrata, senza accennare al ruolo di Proft nell’operazione. Se i suoi colleghi assassini avessero creduto che era riuscita a scappare da una prigione Azorius, bè, non aveva intenzione di disilluderli.

Le due iniziarono a girare in cerchio negli stretti confini dell’atrio, con Proft ora in mezzo a loro. Lui non diceva nulla, ma fissava le ombre con gli occhi spalancati.

“Sono sicura capirai perché non me l’aspettavo.”

“Così come io non mi aspettavo te qui, nel mio nascondiglio, ad attaccare i miei ospiti. E poi, come sei riuscita ad entrare qui?”

La Fanciulla del Massacro era brava ma venne colta alla sprovvista: non riuscì a trattenersi dall’alzare lo sguardo.

Etrata si sforzò di non sbuffare. “Il lucernario? Avevo fatto rinforzare quelle trappole la stagione scorsa!”

“Pesanti tempeste. Avresti dovuto controllare che i tuoi inneschi non avessero segni di deterioramento.”

“Oh, per…”

“È un errore da principiante.” La Fanciulla del Massacro smise di camminare in cerchio, con il ghigno colorato di rosso sul suo volto pallido ancora incredibilmente visibile nella penombra. “Come ho detto, non pensavo saresti stata qui. Non avrei accettato il lavoro se avessi saputo che eri uscita.”

“In cosa consiste il lavoro?”

“Non hanno pagato per la riservatezza, quindi ecco qui: avrei dovuto uccidere l’uomo che ti ha catturata. Lasciare il suo corpo come avvertimento all’Agenzia di rimanere fuori dagli affari delle gilde. Ma se lui è tuo…”

“Sì. Lui è mio” disse con risolutezza Etrata. “Lo sto aiutando a scoprire chi ha realmente ucciso Zegana.”

La Fanciulla del Massacro sembrò sorpresa. “Vuol dire che non sei stata tu?”

“Hai sempre creduto che fossi così approssimativa?”

“Solo quando si tratta di mettere in sicurezza i lucernari” disse la Fanciulla del Massacro, ridacchiando alla sua stessa battuta. I coltelli che aveva in mano sparirono nei suoi vestiti. “Scusa per la confusione. Non mi hanno pagato la tariffa amici e famiglia.”

“Non lo fanno mai” disse Etrata, mettendo via anche i suoi coltelli. “Siamo a posto?”

“Siamo a posto. La porta è sbloccata?”

“Sì, esci pure.”

“Ci vediamo quando ripulirai il tuo nome” disse la Fanciulla del Massacro prima di rivolgere la sua attenzione a Proft. “Mi dispiace.”

“Per aver tentato di uccidermi?” chiese lui, alterato dalla confusione e dall’orgoglio ferito.

“No, per non esserci riuscita. Dà una pessima immagine ad entrambi.” Sorrise all’improvviso, un lampo di denti bianchi attraverso il suo sorriso rosso dipinto. “C’è sempre la prossima volta.” Dopodiché si voltò, camminando lungo l’atrio e sparendo fuori dalla porta che dava sulla strada.

Etrata offrì la propria mano a Proft, sollevandolo dal pavimento. “Stai bene?”

“Non ha tagliato a fondo” disse lui. “Ho subìto di peggio.”

“Sei fortunato che chiunque l’abbia mandata abbia ingaggiato un Rakdos” disse lei. “Gli assassini Golgari e Dimir usano molti più veleni.” Quando Proft si mostrò preoccupato, lei rise. “Non preoccuparti. Se lei avesse avvelenato i coltelli, l’avrebbe fatto con un anti-coagulante per rendere più belli gli schizzi arteriosi, e tu saresti già morto dissanguato.”

“Quella era una tua amica?” chiese lui, iniziando a riprendere un po’ della sua dignità.

“Una collega. È brava nel suo lavoro. Quindi su col morale. La nostra collaborazione sta già aumentando il tuo valore.”

“Sono sicuro che sarà molto gratificante quando sarò morto” disse lui, poi sospirò. “Ora vieni. Non dovremmo starcene dove potrebbero esserci degli assassini in attesa.”

“Dove stiamo andando, comunque?”

“A trovare un mio vecchio amico che potrebbe riuscire a gettare un po’ di luce su ciò che abbiamo trovato. Non è associato all’Agenzia ed è quindi estremamente improbabile che ci consegni.” Proft rilassò le spalle, tornando alla sua normale posizione di ovvia sicurezza in sé stesso. “Vogliamo andare?”

“Vedi di non farti assalire di nuovo. Non posso offrirti troppi favori” disse Etrata.

Barra

Quando Kaya aveva visto Vitu-Ghazi l’ultima volta, la grande sede di gilda vivente era dormiente, talmente danneggiata dagli Dei Eterni che persino il possente albero-città non era stato capace di darsi sostentamento. Al tempo aveva saputo che Vitu-Ghazi non era morto; se la sede di gilda fosse stata veramente distrutta in battaglia, il dolore di Selesnya sarebbe stato sufficiente a spezzare in due il piano. E comunque lei non era stata presente per vedere la nuova forma assunta dall’albero-città, e mentre lei e Kellan partirono per seguire le ultime istruzioni di Judith, dovette immaginarsi cos’avrebbero potuto trovare.

Ciò che trovarono fu una strada che conduceva all’interno di uno dei rari complessi di parchi della città ed un cocchiere che si fermò quando lo fece anche la strada, al limitare di un’immensa brughiera rocciosa che sembrava estendersi fino all’orizzonte. “Mi dispiace, signore e signora” disse il cocchiere, girando il busto per rivolgersi a loro attraverso la finestrella dietro di lui, “ma fin qui è il massimo che posso fare.”

“L’avresti potuto dire quando ti abbiamo detto dov’eravamo diretti” disse Kaya, muovendosi per uscire dalla carrozza.

“Avrei potuto, sì” concordò lui, mostrando uno stretto sorriso mentre Kellan usciva e lasciava cadere la loro tariffa nella sua mano. Guardando Kaya, il cocchiere picchiettò il sigillo Orzhov sulla sua licenza per taxi. “E tu saresti potuta essere qui quando sono arrivati i Phyrexiani. Sembra che tutti noi avremmo potuto fare un po’ di più, non pensi?”

Fece scattare le redini per far tornare indietro i suoi dromad e se ne andò, lasciando Kaya e Kellan sul bordo della strada. Kaya gli lanciò un’occhiataccia. Una decina di risposte taglienti le si accumularono sulla lingua, ma le ingoiò tutte quante senza proferirle. Lui era stato maleducato, ma non aveva torto, e la penitenza di lei non era ancora finita. Costringendosi a sorridere, si voltò verso Kellan.

“Sembra che dovremo camminare da qui” disse lei. “Non conosco questo parco. Non sono mai stata qui prima d’ora. Tu conosci la strada per Vitu-Ghazi?”

“Sì” disse lui. “Ascolta, Kaya… Mi dispiace per la Capogilda Karlov. So che voi due eravate amiche.”

“Non eravamo amiche” disse Kaya. La sua relazione con Teysa sembrava decisamente troppo complicata per riassumerla in quel modo.

“Bè… Eravate vicine. Volevo solo dire che mi dispiace.”

“Sei venuto qui da solo?” chiese lei. “Su Ravnica, intendo.”

Gli occhi di lui si spalancarono per la sorpresa. “Come facevi a saperlo?”

“Avanti, ragazzo. Dammi un po’ di fiducia” disse lei. “Quindi, sei venuto qui da solo?”

“No” disse Kellan, dopo un attimo. “Una mia amica è venuta con me.”

“Dove si trova ora?”

Kaya si preparò ad un’altra storia triste… il Multiverso ne sembrava pieno ultimamente. Invece, con sua sorpresa, Kellan mostrò un sorrisetto. “Oh, è nella Zone di Macerie, credo. Qualcosa riguardo un’antica rovina? Non è una che se ne sta ad aspettare che accadano le mie avventure.”

Kaya sbatté gli occhi. Sapeva che quella emanazione di felicità ambulante avrebbe dovuto infastidirla ormai ma, per qualche motivo, non le dispiaceva. “Ah. Bè, Ezrim si aspetterà un nostro rapporto prima o poi, quindi dobbiamo continuare. Avanti.”

Lei eseguì un gesto esagerato per far sì che lui facesse strada e, dopo un altro attimo passato a guardarla sconcertato, iniziò a camminare, avventurandosi nella brughiera seguendo una linea dritta. Kaya seguiva i suoi passi da vicino, aggirando le rocce invece di attraversarle. Per quel momento, lei voleva esistere su Ravnica, camminare sulla terra di Ravnica, solida e viva come Teysa non sarebbe mai più stata.

Uh. Non poteva pensarla in quel modo. Strattonò i suoi pensieri per riportarli al presente, osservando Kellan camminare e standogli dietro. Il giovane agente non si era lamentato di tutte le strane cose che gli erano state chieste di fare quel giorno. Visitare i Rakdos, andare verso Vitu-Ghazi: nulla di tutto ciò poteva essere ordinaria amministrazione per lui.

“Cosa ci fa Vitu-Ghazi qui, così lontano?” chiese lei.

Kellan le rivolse lo sguardo. “Questo parco fa parte della proprietà del Conclave. Dopo l’invasione, la sala di gilda era debole e dovette rimanere semi-dormiente per un po’ mentre recuperava la propria forza” disse lui. “Mat'Selesnya disse a Trostani che Vitu-Ghazi aveva bisogno di spazio per posare la nuova struttura di radici se voleva tornare alla sua antica forza, quindi lei spostò qui la sala di gilda. Ci vorrà molto tempo, ma fu determinato che questo è il miglior luogo perché Vitu-Ghazi possa riconnettersi con il piano e riprendersi correttamente.”

“Hmm” disse Kaya. Non aveva mai veramente pensato a cos’avrebbe dovuto inventarsi un albero delle dimensioni e potere di Vitu-Ghazi per sopravvivere su un piano così urbanizzato come Ravnica, dove ogni centimetro di terra veniva reclamato e sfruttato per i bisogni della città. Aveva senso che i Selesnya avessero messo da parte alcune oasi di qualunque cosa esistesse lì prima dell’arrivo della città, usandole come batterie viventi per situazioni come quella.

Come se fosse già avvenuta una situazione come quella prima d’ora. Se non fosse stato per il danno inferto dagli Dei Eterni, persino i Phyrexiani non sarebbero riusciti a ferire Vitu-Ghazi abbastanza da costringere l’albero ad entrare in un periodo di quiescenza. Quello era tutto terreno inesplorato.

La brughiera era bellissima, in un suo selvaggio e improbabile modo pastorale. Le rocce spuntavano dalla terra qua e là, costruendo ostacoli seghettati sul loro sentiero, e diverse boscaglie nelle tonalità del verde e del giallo ammantavano il terreno, alcune ricoperte di fiorellini, altre che brulicavano di spine. Kaya cercò di concentrarsi su dove metteva i piedi invece di rimuginare sulle cose che non poteva cambiare.

Un ululato riecheggiò nell’aria. Kellan smise di camminare. Kaya fece lo stesso, spostandosi così che entrambi fossero schiena contro schiena. “Cos’è stato?” chiese lei.

“Non lo so” disse Kellan.

“Molto incoraggiante” disse lei. “Mi piace l’energia.”

La risposta di Kellan venne sovrastata da un secondo ululato, questa volta considerevolmente più vicino. Kaya si voltò verso il suono, finalmente capace di assegnargli una direzione, e percepì il suo intero corpo che cercava di mettersi in tensione e rilassarsi allo stesso tempo. Un enorme lupo bianco stava procedendo velocemente verso di loro, con le gambe che macinavano terreno con una rapidità impossibile e la bocca aperta a mostrare una serie di denti seghettati dall’aspetto feroce.

“Lupo” disse Kellan con la voce strozzata.

“Già” disse Kaya.

“Mi sembri fin troppo calma per la situazione.”

“Conosco quel lupo” disse Kaya.

“E questo gli impedirà di mangiarci?

Kaya fece una pausa. “Difficile a dirsi” ammise, dopo averci pensato un attimo. Lei estrasse i pugnali dalla loro posizione contro i propri fianchi. “Non attaccare per primo, ma sentiti libero di difenderti.”

Kellan sembrava ancora dubbioso, anche mentre estraeva quelli che sembravano due piccoli cestelli dalla propria cintura. Le sue mani si inserirono perfettamente all’interno, e l’intreccio dei “cestelli” si illuminò di luce elementale prima di creare due piccole spade curve.

Kaya alzò le sopracciglia, mostrandosi colpita. “Belle” disse lei. “Ora, ricorda. Difenditi e basta.”

Il lupo continuò a correre finché non fu a circa un metro e mezzo di distanza, poi si fermò di colpo e iniziò a girare in tondo, ringhiando. Sembrava più interessato a tenerli fermi dov’erano invece di attaccarli.

“Come fai a essere così calma?” sibilò Kellan.

“Te l’ho detto, conosco questo lupo” disse Kaya. “Il suo nome è Voja. Non ci farà del male a meno che non decida che rappresentiamo una minaccia.”

“Allora perché è qui?”

“Suppongo lo sapremo tra un minuto.”

Un fischio acuto rimbombò nella brughiera. Voja smise di girare in cerchio e alzò la testa, con le orecchie alzate mentre si voltava verso il suono. Non si allontanò da loro, tuttavia, e rivolse rapidamente la sua attenzione nuovamente agli investigatori braccati.

Kaya e Kellan rimasero dov’erano, ancora schiena contro schiena, quando un elfo vestito in verde e con un’armatura d’argento arrivò a grandi passi dalla brughiera per raggiungerli. Come fosse stato capace di arrivare così vicino senza essere visto era un mistero: magia, molto probabilmente, anche se di un tipo che Kaya non conosceva.

Si fermò vicino al lupo, appoggiando una mano sulla spalla di Voja.

Kaya abbassò la testa rispettosamente. “Tolsimir” disse lei.

Tolsimir, Midnight's LightART1

“Non attendevamo ospiti oggi” disse lui.

“Io e l’ispettore Kellan stiamo indagando sulla morte di Zegana” disse Kaya. “Ci è stato suggerito di visitare Vitu-Ghazi per consultare un passaggio del Patto delle Gilde originale. Non volevamo essere irrispettosi; non mi risultava che bisognasse essere annunciati per visitare la sala di gilda.”

“Sono state istituite delle precauzioni dopo ciò che è accaduto a Zegana” disse Tolsimir. “Ho udito delle voci sul fatto che potrebbe non essere l’unica capogilda ad essere stata attaccata… potreste voler dare un’occhiata all’interno della vostra gilda, Planeswalker Kaya.”

La notizia della morte di Teysa si stava diffondendo così velocemente? Kaya riuscì per un soffio a nascondere la propria sorpresa, e si limitò ad annuire. “Non è più la mia gilda” disse lei. “Possiamo continuare?”

“Ci vediamo alle porte” disse Tolsimir. Con la mano ancora appoggiata sulla spalla di Voja, iniziò a camminare. Kaya e Kellan rinfoderarono le armi e lo seguirono.

Ben presto, Vitu-Ghazi apparve dinanzi a loro, essendo precedentemente nascosto dalla curvatura della terra. Kaya lo fissò.

La torreggiante sala di gilda si era riconfigurata quando venne posta nella brughiera aperta. Ciò che in passato fu un alto albero che racchiudeva una grande città, ora era un intreccio di radici tessute insieme che assomigliavano ad una remota villa di campagna… modesto rispetto a ciò che era stato prima, anche se comunque abbastanza grande da rivaleggiare con il Maniero Karlov. Kaya sapeva che l’edificio non poteva essere più vecchio di un anno, ma riusciva a dare l’impressione di essere stato lì da più tempo, con il legno segnato dal passare del tempo, le finestre che si piegavano leggermente sugli angoli come se non riuscissero più a mantenersi completamente aperte.

Un singolo tronco era ancora in piedi, con la forma di una quercia nodosa più alta della casa stessa che faceva ombra al tetto con i suoi rami, mentre le radici spezzavano il terreno tutt’intorno alle fondamenta, rendendole incostanti e frastagliate come un mare in movimento.

Tolsimir sorrise quando guardò lei, vedendo la reazione. “Come Ravnica stessa, Vitu-Ghazi si sarà anche trasformato ma, comunque, l’albero-città è in piedi. Da questa parte. Trostani vi riceverà.”

Le porte si spalancarono quando il gruppo si avvicinò, apparentemente in risposta alla loro presenza, e continuarono all’interno, attraversando l’entrata a volta e oltre il punto di controllo di gilda fino ad arrivare in una sala di ricevimento più piccola e confortevole. Le pareti erano costeggiate da librerie piene di volumi sulla storia di Ravnica e, al centro della stanza, cresceva un’altra quercia. No… non un’altra. La stessa quercia. C’era solamente un albero, dopotutto, ed era l’albero all’esterno e l’albero all’interno e anche la villa stessa.

Kaya, che aveva visto di persona il vero Albero del Mondo di Kaldheim e il corrotto Albero dell’Invasione di Nuova Phyrexia, trattenne il fiato, stupita nonostante tutto mentre i tre rami più spessi della quercia iniziarono a contorcersi e muoversi. Senza alcuna fatica, diventarono tre donne, apparentemente umane dalla vita in su, e rami sinuosamente curvi dalla vita in giù. Tre driadi, ciascuna un individuo a sé, e insieme la particolare entità attraverso la quale si dicesse parlasse l’Anima del Mondo di Ravnica.

Kaya piegò la testa. “Trostani” disse lei. “Siamo venuti a consultare il Patto delle Gilde originale, se ce lo permettete.”

“Certamente” disse una delle driadi che componevano l’entità conosciuta come Trostani. Quella veniva chiamata Ses, la driade dell’ordine, che era il corpo più a destra. “Le nostre radici ci dicono che cercate di aiutare con l’indagine, che troverete la persona responsabile di colpire i nostri compagni.”

“Siamo onorati di poter essere d’aiuto.” Ci volle un attimo a Kaya prima di capire che quella era Cim, la driade dell’armonia; lei era sul lato sinistro dello spesso ramo dal quale crescevano tutte. Quella era una novità. “Ci è stato detto che anche la tua precedente capogilda ci ha lasciati.”

“La morte di Teysa sarà vendicata” disse rigidamente Kaya.

“Come tutte le morti mentre tu non c’eri?” chiese Oba, la driade della vita. Le sue sorelle si voltarono verso di lei, con le tre driadi solitamente unite che si avvolsero l’una con l’altra prima di tornare alla loro normale armonia. Kaya notò che ora era Oba il corpo centrale. La cosa si rifletteva nella sua influenza sull’entità tripartita? La vita, trionfante nell’indomani? Non avrebbe potuto comunque capirlo.

Oba aveva ancora la fronte aggrottata quando rivolsero la loro attenzione collettiva agli ospiti.

“Tolsimir vi mostrerà il Patto delle Gilde” disse Cim. “Lo scopo di Selesnya è sempre stato quello di preservare la storia di Ravnica. Qui, in questa nuova configurazione, riusciamo a farlo in un modo più accessibile. Qualsiasi cosa desideriate sapere, dovreste riuscire a trovarla.”

Quello sembrò essere il loro congedo: senza un’altra parola, Tolsimir si voltò per lasciare la stanza, e Kaya e Kellan non ebbero altra scelta se non seguirlo.

“Trostani ti è sembrata diversa rispetto al solito ultimamente?” chiese Kaya non appena furono fuori dalla stanza e a metà del corridoio.

“Si sta ancora adattando alla nuova forma di Vitu-Ghazi” disse Tolsimir. “Il vento è diverso a questa altezza, così vicini al terreno. C’è molto di cui bisogna abituarsi. Avete bisogno solo del Patto delle Gilde originale?”

Audience with TrostaniART1

“È l’unica cosa che ci è stato detto di cercare” disse Kaya. “Potremmo chiedere di vedere altro, se questo ci indica una nuova direzione.”

“Molto bene. Da questa parte.” Li condusse in una stanza più piccola con un podio di quercia al centro. Una bolla di forza magica circondava un libro aperto. Scomparì quando lui fece un gesto con la mano, lasciando il libro senza protezione, così che loro potessero leggerlo. “Sarò con Trostani se avete bisogno di me.”

Kaya e Kellan si scambiarono uno sguardo prima di avvicinarsi al podio, raggiungendolo dal retro e facendo scorrere il dito di lei sulla pagina. Era aperto sull’indice.

“Judith sarebbe potuta essere più d’aiuto riguardo a cosa, nello specifico, dobbiamo consultare” disse lei con amarezza.

“I Rakdos raramente sono inclini ad aiutare con qualsiasi cosa si avvicini ad un’indagine ufficiale, anche se fosse a loro vantaggio” disse Kellan. “Qualsiasi cosa dovremmo cercare non riguarderà Judith, ma potrebbe riguardare la sua gilda?”

“Avrebbe senso.” Kaya controllò nuovamente la pagina, poi sfogliò il libro andando avanti, diretta alla sezione sulla fondazione del Culto di Rakdos.

Lesse ad alta voce: “‘Lo scopo del Culto è duplice: servire il popolo di Ravnica e placare il demone Rakdos tramite il sangue e tramite il fuoco.’ Tetro, ma non è una novità. ‘Soddisferanno i loro desideri come reputano giusto e, nel farlo, manterranno Rakdos soddisfatto. Speriamo, legando la gilda a lui, che troverà uno scopo più alto della sola distruzione.’ Poi ci sono un sacco di doveri specifici assegnati alla gilda, le posizioni che ci si aspetta vengano assunte volontariamente dai membri, quanto caos è permesso loro di causare prima che venga coinvolto il Senato… nulla di nuovo fin qui. Perché Judith vuole che lo vediamo?”

“Il libro sembra essere troppo grosso per essere solamente il Patto delle Gilde” disse Kellan. “C’è qualcos’altro all’interno?”

“C’è un po’ di storia dietro ad ogni sezione, dove spiegano le decisioni compiute durante la fondazione così che i futuri custodi del Patto delle Gilde possano comprenderle meglio.” Kaya sfogliò ancora in avanti, fermandosi qualche pagina dopo. “‘È nella speranza dei fondatori che, legando il demone Rakdos ad un proprio popolo, si possa evitare la sua continua infusione di furia omicida nei cittadini di Ravnica. Questo passatempo distruttivo si è manifestato in massacri e rivolte casuali, dove anche le persone più umili si sono rivoltate contro i propri cari senza preavviso o apparente motivo…”

Kaya alzò lo sguardo lentamente. “Etrata non aveva detto che non si ricordava di aver ucciso Zegana?” chiese lei.

Kellan annuì. “Judith incolperebbe veramente il proprio Parun?” chiese lui, con la voce tremante.

“Per salvarsi la pelle? Potrebbe farlo.” Kaya si allontanò dal libro, con la bocca serrata. “Dobbiamo comunicarlo a Ezrim il prima possibile.”

Barra

Racconto successivo: Episode 6: Explosions of Genius

Collegamenti esterni[]

Espansioni Blocco di Ravnica (Ravnica: Città delle GildePatto delle GildeDiscordia) • Blocco di Ritorno a Ravnica (Ritorno a RavnicaIrruzioneLabirinto del Drago) • Magic OriginsGilde di RavnicaFedeltà di RavnicaLa Guerra della ScintillaL'Avanzata delle MacchineRavnica RemasteredDelitti al Maniero Karlov
Gilde AzoriusDimirRakdosGruulSelesnyaBorosSimicOrzhovIzzetGolgari
Storia DecamillennioGuerra della Scintilla
Nativi Domri RadeRal ZarekVraska
Pubblicazioni A Planeswalker's Guide to Return to RavnicaA Planeswalker's Guide to GatecrashThe Art of Magic The Gathering: RavnicaRavnica: City of GuildsGuildpactDissensionReturn to Ravnica: The Secretist, Parte 1Gatecrash: The Secretist, Parte 2Dragon's Maze: The Secretist, Parte 3D&D Guildmasters' Guide to RavnicaLa Guerra della Scintilla: RavnicaLa Guerra della Scintilla: VendettaPlaneswalker's Guide to Murders at Karlov ManorThe Legends (and Characters) of Murders at Karlov Manor
Approfondimenti AltroEventiGruppiLuoghiPersonaggiRazzeVisitatori
Advertisement