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Episode 4: Justice Before Mercy è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Seanan McGuire e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 10 gennaio 2024. Racconta parte della storia di Kaya Cassir dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.

Racconto precedente: Episode 3: Shadows of Regret

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Storia[]

Il corpo di Teysa era ancora caldo. Quando Kaya trovò la forza di muoversi… le sue gambe paralizzate iniziarono a rispondere ai suoi comandi, anche se i suoi piedi si rifiutarono di solidificarsi, passando attraverso alcuni pezzetti di statua spezzata sul pavimento mentre lei si avvicinava alla scrivania… attraversò l’ufficio fino a raggiungere la sua amica a terra, scorrendo le proprie dita lungo la guancia di Teysa. Lei era abituata alla morte, lo era ben prima del suo periodo su Ravnica, e sapeva cosa doveva accadere ora. Sapeva anche che quello sarebbe potuto essere l’unico momento per studiare la scena indisturbata prima che il resto dei domestici arrivasse di corsa.

Kaya aggirò la scrivania dal lato di Teysa, costringendosi a non toccare ulteriormente il corpo. L’appello alla propria innocenza sarebbe stato più facilmente credibile senza le mani sporche di sangue.

L’espressione di Teysa era addolorata, come ci si potrebbe aspettare, ma stranamente pacifica, come se in qualche modo l’avesse previsto e fosse stata preparata ad affrontarlo.

“Era di questo che volevi parlare?” chiese Kaya. “Dei e mostri, Teysa, avresti potuto chiamarmi prima. Avresti potuto… avremmo potuto… qualsiasi cosa sia successa, non doveva accadere per forza. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, avremmo potuto…” Si fermò. Discutere con i morti era produttivo solo quando i morti potevano rispondere.

Quasi tutte le persone che tornavano sotto forma di fantasmi non lo facevano immediatamente dopo la morte. La perdita del corpo fisico causava disorientamento, e adattarsi ad un’esistenza immateriale e spettrale ne causava ancora di più. Tuttavia, più potenti erano la magia e la volontà del defunto, più era facile si adattasse velocemente. Kaya fu disturbata dal contemplare l’idea di una Ravnica che non comprendeva Teysa.

Lei non era una medium spiritica, non proprio… la sua magia seguiva altri canali… ma era stata un’oligarca Orzhov, e i loro morti riconoscevano la sua autorità, almeno al punto da desiderare di parlare con lei. Si alzò in piedi, allontanandosi forzatamente dal corpo senza vita della sua amica.

“Teysa Karlov, desidero parlarti” disse lei, costringendosi a non far tremare la voce.

Il fantasma di Teysa non le fece la cortesia di apparire.

Al suo posto, una magra figura femminile appena visibile fluttuò attraverso una delle pareti vestita con la semplice tenuta di una servitrice Orzhov con il permesso di passare oltre le difese della casa, apparentemente. Si mosse verso Kaya con le mani congiunte con modestia di fronte a lei.

“Mastra Teysa non intratterrà gli ospiti oggi” disse, con una voce sospirante.

Kaya si morse l’interno della guancia per un attimo prima di dire: “Sono stata invitata. È davvero così maleducata?

La donna spettrale alzò lo sguardo, per un attimo allarmata. “Mastra Teysa non intratterrà gli ospiti oggi” ripeté.

“Ma tu sai dove si trova?”

La donna non rispose. Kaya si arrabbiò.

“Tu sai dove si trova?” Se Teysa era stata uccisa da un rivale sufficientemente potente, il suo spirito poteva essere imprigionato da qualche parte, pronto per essere sfruttato dai suoi nemici.

La donna fantasma abbassò nuovamente lo sguardo. “Mastra Teysa non intratterrà gli ospiti oggi.”

Quella cantilena aveva già iniziato a stufare. Kaya sospirò. “E poi, dove sono tutti? Nessuno è venuto ad accogliermi o a cercare di estorcermi qualche tangente quando sono entrata, e la cosa non quadra.”

“Mastra Teysa ha concesso il giorno libero ai servitori viventi, in vista del vostro arrivo.”

“Allora riesci a dire anche altre cose. Bene. Hai visto cos’è successo?”

“No” disse il fantasma. “Siete la prima persona vivente che ho visto da quando il personale è stato congedato."

Non significava quanto avrebbe potuto, ma era qualcosa. Kaya guardò di nuovo il corpo di Teysa, non concedendosi il lusso del rifiuto. “Chi guida gli Orzhov ora?” chiese.

“Mastra Teysa rimane la nostra capogilda” disse il fantasma. “Il nostro atto costitutivo non fa distinzione tra il suo stato attuale e qualsiasi altro.”

“Io non l’ho uccisa.”

“Ne siamo consapevoli.” Mentre la donna fantasma parlava, altre figure apparvero ai lati della stanza, mezze trasparenti e poco definite. “Diremo ai maghi della legge e agli investigatori che arriveranno che questa non è stata una disputa di potere tra la leader del passato e quella attuale; la vostra innocenza è già dimostrata.”

Kaya fece una risatina, inserendo la nota in Phyrexiano stropicciata in una delle sue tasche. Trafugare una prova era sbagliato, ma permettere a chiunque altro di vederla prima che sapesse cosa stava veramente succedendo era anche peggio. Nonostante tutto dimostrasse il contrario, forse Teysa era innocente… di quello, almeno, se doveva essere innocente di qualcosa nella sua vita.

“Non lo crederanno tutti” disse lei. “Teysa mi sfilò la gilda da sotto i piedi mentre io mi trovavo su un altro piano. Alcune persone daranno per scontato che io sia tornata per riprendermi ciò che era mio.”

“I morti degli Orzhov sanno che non l’hai fatto, e dato che lei è ancora la nostra padrona, qui siamo noi tutto ciò che conta.”

“Vallo a dire alla legge.” Kaya sapeva che un circolo della veridicità l’avrebbe scagionata in un istante… ma non voleva assolutamente essere interrogata. Non voleva starsene lì, di fianco al corpo della sua amica, con un appunto scritto in Phyrexiano in tasca.

Lei voleva… Lei voleva scappare. Era quello il problema, ed era proprio per quello che non poteva scappare. Anche se non doveva la sua presenza a Ravnica, la doveva a Teysa.

La doveva a sé stessa.

“Quando arriveranno qui, lo faremo anche noi” affermarono i fantasmi giunti alla chiamata di lei.

Kaya sospirò. “Allora sarà meglio che dica loro che devono avviarsi. So che non sono io a dare gli ordini, ma vi prego di non lasciare entrare nessuno qui a meno che non sia l’Agenzia o un rappresentante del Senato. Teysa merita di essere lasciata con un po’ di dignità.”

La donna fantasma esitò prima di rispondere. “Possiamo farlo.”

“Grazie” disse Kaya, poi camminò oltre i fantasmi, lasciando la stanza… lasciando Teysa… alle sue spalle. Come prima, i suoi piedi andavano fuori fase ad ogni passo, attraversando senza fatica i frammenti di ceramica che sporcavano il tappeto. Quando raggiunse la porta, si fermò, ma non guardò indietro.

Alla fine, Kaya si limitò a camminare.

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Il quartier generale dell’Agenzia era nel caos quando Kaya arrivò, dopo aver preso una carrozza a noleggio per arrivare lì più velocemente. Aggrottò la fronte alla vista della scena, con gli investigatori che sciamavano come vespe a cui era appena stato colpito il nido. Erano divisi in gruppi, che si scambiavano aggiornamenti e parole furiose, poi si dividevano e tornavano nuovamente insieme in nuove formazioni. Non sembrava che stessero concludendo molto. Qualsiasi cosa li avesse mandati in agitazione sembrava aver acquisito priorità su qualsiasi altra cosa.

Kaya diede la mancia al suo cocchiere prima di dirigersi verso le cavalcature in attesa di trasportare gli ospiti verso l’edificio in alto, attenta ad evitare i gruppi più numerosi di agenti agitati. Nella folla non c’era nessuno degli investigatori che conosceva, e quello non era il luogo adatto per annunciare l’omicidio di Teysa. Alcune persone la squadrarono con diversi gradi di curiosità e sospetto. Lei continuò a muoversi, cavalcando il suo destriero in prestito fino all’entrata e dirigendosi all’interno.

Il bancone della sicurezza era completamente libero, e le sale ronzavano della stessa furiosa energia della strada. Kaya aggrottò nuovamente la fronte. Forse era successo qualcosa mentre si trovava al Maniero Karlov… qualcosa di più grave della morte di una capogilda. Se l’Agenzia avesse saputo di Teysa, lei non sarebbe mai riuscita a raggiungere le scale senza che qualcuno le chiedesse almeno di cosa avesse bisogno.

Visto che non c’era nessuno che obiettasse alla sua presenza, continuò ad avanzare verso l’ufficio di Ezrim. La porta era socchiusa, e dall’interno provenivano delle voci alte, tutte che provavano a sovrastarsi, finché non si poté udire nulla di comprensibile.

“Silenzio!” sbottò Ezrim, con la sua voce tonante che dominò il trambusto. “Sì, abbiamo buoni motivi per essere arrabbiati, e sì, siamo stati sminuiti da persone che si sono dimostrate non professionali proprio come loro hanno accusato noi di esserlo, ma questo non serve a nulla! Etrata continua ad essere latitante. Gli Azorius ci hanno soffiato l’indagine da sotto il naso, escludendoci dal procedimento investigativo quanto più possibile, solo per perdere il nostro unico sospettato. Gridarci addosso non cambierà nulla di questa situazione.”

“Quindi cosa la cambierà?” chiese una voce che Kaya non riconobbe.

“Fare. Il. Nostro. Lavoro.” Ezrim pronunciò ogni parola come se fosse una legge infrangibile.

Il trambusto tornò a scatenarsi, più forte di prima, e Kaya iniziò a voltarsi per andarsene. Non poteva irrompere dentro e pretendere la posizione che aveva precedentemente rifiutato: doveva seguire le regole. Trasgredirle di fronte ad un arconte era un buon modo per venire espulsa dall’edificio, e lei doveva rimanere lì. Ancora in silenzio, tornò sui propri passi.

I gruppi di investigatori che stavano litigando furiosamente si erano riorganizzati in nuove formazioni ulteriori. Kaya le studiò mentre camminava, fermandosi quando intravide una familiare chioma di capelli scuri. Kellan, l’agente che aveva aiutato a catturare Etrata durante la festa. Stava facendo sentire le sue ragioni in una discussione contro altri tre investigatori, chiaramente scontenti, ma non ancora giunti alla rabbia.

Lui era perfetto.

“Le mie scuse” disse Kaya, inserendosi nel loro gruppo e afferrando il braccio di Kellan. “Ho bisogno di lui.”

Kellan apparve confuso, ma non le resistette mentre lei lo trascinava via. Gli altri investigatori riempirono prontamente il vuoto creato dall’assenza di lui, continuando la loro discussione come se nulla fosse.

“Grazie per il salvataggio” disse lui, non appena furono abbastanza lontani così che gli altri nella sala non potessero sentire. “Sono tutti arrabbiati, e iniziano a dire cose che non pensano veramente.”

“Cos’è successo?”

“Il Detective Proft è andato a parlare con la prigioniera in custodia agli Azorius. Quando è arrivato là, lei non c’era più. Non possono dirci dov’è andata. Alcuni di loro hanno addirittura azzardato insinuare che Proft potrebbe avere qualcosa a che fare con la sua scomparsa.” Kellan sembrò personalmente offeso dal dubbio posto riguardo l’onore del suo collega. Poi lui si fermò, aggrottando la fronte. “Avete bisogno di qualcosa?”

Unauthorized ExitART1

“Sì” disse Kaya. “Ho bisogno che tu mi faccia entrare per vedere Ezrim.”

“È un po’ impegnato ora.”

“Ti prego. È importante.”

Kellan sbatté gli occhi. “Va bene” disse. “Probabilmente accoglierebbe bene un’interruzione.”

Quando raggiunsero la porta parzialmente aperta, Kellan bussò: dei veloci colpi delle nocche che fecero calare il silenzio sulla discussione in corso. “Posso aiutarti?” chiese ad alta voce Ezrim.

“La Planeswalker Kaya è qui, e dice che ha bisogno di parlare con lei” disse Kellan.

“Liberate la stanza” abbaiò Ezrim.

Diversi contrariati investigatori dell’Agenzia se ne andarono lentamente dall’ufficio, alcuni addirittura puntando delle occhiatacce a Kaya e Kellan. Con un tono di voce più basso, Ezrim disse: “Potete entrare ora.”

Facendo cenno a Kellan di seguirla, Kaya camminò nell’ufficio. Ezrim si era sistemato dietro la sua scrivania invece che a cavallo del suo destriero… e ciò rispondeva ad alcune domande riguardo gli arconti, anche se ne sollevava diverse altre… che si stava riposando sui cuscini, osservando la scena con occhi attenti. L’ufficio era tutto sommato in buone condizioni, con solamente qualche foglio fuori posto che faceva capire che effettivamente era successo qualcosa.

“Chiudi la porta” disse Ezrim.

Kellan fece quanto richiesto, mentre Kaya continuò a camminare per andare di fronte a Ezrim.

“Ho cambiato idea” disse lei. “Mi piacerebbe prendere parte a questa indagine.”

Il silenzio si prolungò tra loro due. Infine, Ezrim disse: “Comprenderete che la situazione è cambiata.”

“Sì. L’investigatore mi ha messa al corrente.”

“Allora capirete che sarà di gran lunga più difficile di quanto sarebbe stato altrimenti, quando ve lo chiesi la prima volta.”

“Sì.”

“C’è la possibilità che gli Azorius-”

“Teysa Karlov è stata assassinata.”

Ezrim si fermò, costretto al silenzio dallo shock.

Kaya fece un passo in avanti. “Ho trovato io il suo corpo. Sarò disposta a sottopormi ad interrogatorio all’interno di un circolo della veridicità per confermare di non essere io la responsabile. Ero andata ad incontrarla. Aveva qualcosa di cui voleva parlarmi.” Sembrava che la nota stesse bruciando un foro all’interno della sua tasca. Ma consegnarla a qualcun altro, anche Ezrim, sarebbe stato come ammettere che Teysa stesse cospirando contro la città, e non poteva farlo.

Almeno in quel modo qualcuno legato all’indagine ne sarebbe venuto a conoscenza, anche se lei non l’avrebbe ammesso con nessuno fino ad assoluta necessità.

Dall’altro lato dell’ufficio, Kellan fece un piccolo suono confuso. Kaya ed Ezrim si voltarono verso di lui. Le guance di Kellan si arrossarono mentre distoglieva lo sguardo dai loro.

“Volevi aggiungere qualcosa, investigatore?” rombò Ezrim.

“No. Sì. Voglio dire, è solo che… Teysa Karlov era a capo degli Orzhov.”

“Sì” disse Kaya. “Credimi, lo sapevo meglio di chiunque a cui potrai mai chiedere.”

“Quindi, se è morta, ora è un fantasma” disse Kellan, con un’onestà quasi dolorosa. “Non dovreste riuscire a… sapete… evocarla e chiederle chi l’ha uccisa?”

“Ci sono alcuni problemi al riguardo” disse Kaya. “Innanzitutto, io non sono una necromante. Posso interagire con i fantasmi, e posso quasi diventare un fantasma senza dover morire, che è un trucchetto molto utile. Posso parlare ai fantasmi, ma non posso evocarli così dal nulla. Posso chiedere gentilmente, quando ho a che fare con dei fantasmi Orzhov, e ho già provato a chiamare Teysa.” Nello studio, la pelle di Teysa era ancora tiepida, il suo sangue ancora rosso…

Kaya si scrollò di dosso quel ricordo. “So che aveva posto delle difese sulla sua anima: è una pratica standard per gli Orzhov di alto rango. Impedisce ai loro rivali di richiamarli dall’aldilà e imprigionarli dopo la morte. Io non sono una medium. Non posso superare le sue difese. Teysa apparirà quando vorrà farlo. Fino ad allora, è fuori dai giochi.”

Kellan aggrottò la fronte. “Perché non vorrebbe farci sapere chi l’ha uccisa?”

“Ci sono alcune ragioni. Forse non lo sa. Forse era qualcuno dei suoi. Gli Orzhov non sono sempre bravissimi a coinvolgere le altre gilde nelle questioni intra-gilda. Se fosse stata abbastanza imprudente da permettere a qualcuno di batterla sul tempo, è così che in passato era cambiata la loro guida.” Kaya concentrò nuovamente la propria attenzione su Ezrim. “Una risposta, prego.”

“Vi ho chiesto di condurre l’indagine, non di darmi ordini.”

“Ecco perché ho detto ‘prego’.”

Ezrim sospirò. “Sapete che dovrò riferire agli Azorius della morte della Capogilda Karlov.”

“Lo so.”

“Questa non può rimanere una questione privata degli Orzhov. Non con due ufficiali di alto rango delle gilde morti in meno di una settimana.”

“So anche quello.”

“Se la loro indagine trova qualcosa che non vi piacerà, o determina che la Capogilda Karlov ha messo fine alla propria vita come mossa all’interno di qualche gioco di potere degli Orzhov-”

“Non l’ha fatto” disse Kaya, con assoluta convinzione. “Se gli Azorius trovano qualcosa che non mi piacerà, la accetterò, e procederemo da lì. Ho avuto molta esperienza nell’accettare cose che non mi piacciono. Ma Teysa non ha architettato il proprio omicidio.”

“Molto bene” disse Ezrim. “Siete tornata prima che potessi identificare qualcun altro che guidasse l’indagine. La posizione è vostra. Il vostro primo compito sarà parlare con l’unico altro membro di leadership delle gilde di cui si è accertata la presenza alla festa e che deve ancora darci un riscontro: Judith dei Rakdos.”

“Vista la natura peculiare della sua posizione, potrebbe aver interpretato la vostra convocazione come non diretta a lei” disse Kaya, delicatamente.

Ezrim si fece scappare una risata. “È felice di essere la portavoce della propria gilda in tutte le altre circostanze. Sapeva che volevamo parlare con lei. Voi iniziate da lei. Ispettore Kellan, tu la accompagnerai. Assicurati che tutto proceda secondo il protocollo. Riusciremo a risolverlo, e gli Azorius si pentiranno di averci diffamato.”

Kaya si scambiò uno sguardo con Kellan. Un’indagine che iniziava in territorio Rakdos era di certo un’indagine interessante, almeno.

“Sì, signore” disse lei.

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“Suppongo che ora siamo partner” disse Kellan mentre accompagnava Kaya alla porta, fin troppo felice a quell’idea. Lei lo squadrò. Lui alzò le spalle. “Questa è una cosa grossa. Grossa e interessante, e io mi sono unito all’Agenzia perché mi piacciono le cose interessanti.”

“Pensavo l’avessi fatto perché volevi sapere di più su tuo padre.”

“Lui è una cosa interessante.” Kellan sfoggiò un sorriso sbilenco. “Quando voi e il Detective Proft avete catturato quell’assassina, è stata la cosa più interessante che avessi visto dopo settimane. Un delitto non è interessante. È tragico, e triste. Ma un inseguimento a piedi in una festa affollata… quello è affascinante. Sono felice di essere stato d’aiuto.”

Kaya gli dedicò uno sguardo laterale, combattendo il desiderio di rispondere al sorriso di lui con il suo. C’era qualcosa in lui che la metteva di buon umore, qualcosa di imperturbato ed incontaminato dai terribili eventi dell’ultimo anno. Era facile fidarsi di lui. Era qualcosa in cui non si era imbattuta così spesso. Era… rassicurante.

Il trambusto nelle sale era ancora in corso, e Kellan costeggiò una nuova strada attorno ai lati dell’edificio per evitare il peggio, facendoli passare attraverso una grossa stanza con strati scintillanti di forza statica al posto delle pareti. Lo spazio all’interno dell’elettricità era pieno di scaffalature, ciascuna piena di un vasto assortimento di capsule di contenimento.

Kellan la vide osservare. “Lì è dove mettiamo le prove relative alle indagini in corso” disse lui. “Se il caso viene risolto, le prove vengono processate, neutralizzate quando necessario e rimosse dalla nostra custodia. Finché ciò non accade, le teniamo qui, dove non possono fare del male a nessuno.”

Kaya sbatté le palpebre. “Cosa impedisce alla gente di entrare dentro e prenderle come se nulla fosse?”

“Chiunque forzi le pareti innesca un allarme, e le pareti diventano solide per intrappolarlo all’interno” disse Kellan. “Nessuno che faccia il tentativo riuscirebbe ad uscire dal caveau. Anche qualcuno con le vostre abilità si ritroverebbe bloccato con un intero edificio pieno di agenti arrabbiati che lo divide dall’uscita.”

“Intendi la mia incorporeità, giusto?”

“Ovviamente.”

“Perché dubito che quella cosa possa fermare un Planeswalker che se ne voglia andare completamente da Ravnica.”

Kellan alzò le spalle. “Se iniziamo a pensare in termini di dover fermare i Planeswalker, non ci sarebbe più alcuna sicurezza sul piano” disse lui. “Ravnica lo ha imparato quando arrivò l’invasione.”

Kaya sussultò al suo tono di voce. “Sono sicura che non sia una vera preoccupazione. Ero soltanto curiosa. Mi dispiace.”

“Non fa nulla” disse lui, scuotendosi di dosso la sua momentanea infelicità come se non fosse successo niente. Indicò una delle capsule di contenimento. “Quella è la ragione principale per cui ora mi preoccuperei. Lì è dove stiamo contenendo la divinità Gruul che abbiamo catturato fino alla conclusione del caso, quando dimostreremo ai Boros che non potrà più portare distruzione. Se si rompesse all’interno dell’edificio, bè…” Fischiò, con una nota lunga e bassa. “Non sarebbe carino.”

“No, penso proprio di no” disse Kaya.

Poi lei si fermò, aggrottando la fronte. Kellan la guardò curioso.

“Cosa c’è?”

“Un fantasma è appena entrato nell’edificio.”

Gli occhi di Kellan si spalancarono. “È la Capogilda Karlov?”

“No, non penso. Teysa potrebbe anche venire qui, ma penso che verrebbe direttamente da me. Chiunque sia, sta andando da questa parte.” Lei accelerò il passo, camminando più velocemente verso la porta, e Kellan la seguì, raggiungendo lo stesso passo.

Nella camera d’ingresso si trovava un uomo molto familiare e molto morto, con la pelle più scura di quella di Kaya e di Kellan, capelli grigi corti e drappi decorativi dei colori Boros agganciati alla sua armatura semi-trasparente. Era tutto semi-trasparente, in realtà, rendendo facile indovinare perché gli ultimi agenti chiacchieroni avessero liberato la stanza per farlo entrare.

Kaya inclinò la testa rispettosamente verso di lui. “Mastro Kos” disse lei. “A cosa dobbiamo questo onore?”

“Non avevo capito ti fossi unita all’Agenzia” disse la figura spettrale. “Hai intenzione di iniziare un’attività multi-planare?”

On the JobART1

“Sto aiutando con le indagini sul delitto di Zegana” disse Kaya. “Sono sufficientemente neutrale agli occhi delle gilde da risultare utile come risorsa.”

Il fantasma fermò una risata, per nulla sorpreso.

“Lui è l’Investigatore Kellan dell’Agenzia” disse Kaya, indicando l’uomo al suo fianco. “Kellan, questo è Agrus Kos. Fu uno dei migliori investigatori Boros quand’era in vita, e la morte non ha cambiato questo fatto. Mastro Kos, ci stavamo giusto dirigendo ad interpellare un potenziale sospettato. Possiamo aiutarla in qualche modo?”

“La Legione Boros mi ha chiesto di lavorare insieme all’Agenzia e fare tutto il necessario per catturare il colpevole o i colpevoli.” Fece una smorfia. “Perché se c’è una cosa che fa piacere a un morto, è farsi mandare a disturbare le indagini di qualcun altro. Non mi piaceva quand’ero al comando, e non mi piace ora che è Aurelia a condurre il tutto. Non posso nemmeno fare il gentile e offrirmi di andare a prendere il caffè.”

“Penso sia meglio che scambi una parola con Ezrim” disse Kaya, empaticamente. “Lo capisco. Non è facile per nessuno di noi. Ma troveremo le risposte, e sebbene non riporteranno in vita i morti, si spera che almeno tranquillizzino le gilde.”

“Nulla riporta in vita i morti” disse Agrus. “Ma ciò non significa che non vogliamo delle risposte.”

“Se ci vuole scusare, abbiamo intenzione di trovarle” disse Kaya. “Sono sicura che ci rivedremo al nostro ritorno.”

“A quanto pare ora infesto casa vostra” disse Agrus.

Kaya e Kellan continuarono a camminare fino ad uscire dalla porta.

“Sapete dove stiamo andando?” chiese Kellan mentre scendevano le scale.

Kaya si diede un’occhiata intorno per essere sicura che nessuno che non indossasse il distintivo dell’Agenzia fosse a portata d’orecchio, poi disse, molto piano: “Se dobbiamo parlare con Judith, dobbiamo dirigerci al Girone del Divertimento. A quanto pare, è lì che tutte le persone ‘alla moda’ vanno ultimamente. Judith, per quanto le riguarda, non è mai stata dove non fosse al centro dei festeggiamenti.”

“E come ci arriviamo?”

“In carrozza.” Kaya camminò in strada e alzò una mano, gesticolando verso il primo veicolo libero trainato dai dromad che trottava per la via.

Kellan sembrava nervoso mentre la seguiva all’interno del carro. Lei gli sorrise, cercando di non sentirsi come se stesse tradendo Teysa, diretta verso un locale notturno quando la sua amica doveva ancora essere sepolta.

“Forza, ragazzo” disse lei. “Risolviamo questo caso.”

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La carrozza li lasciò di fronte alla grandiosa struttura in Piazza Ovest, troppo grossa rispetto ai vicini, togliendo loro spazio con la sua sola presenza. Un adolescente allampanato vestito di rosso e nero era appoggiato al corrimano lungo i gradini smerlati in marmo. Tra le sue labbra si muoveva uno stuzzicadenti, mentre ne masticava un’estremità. Al loro avvicinamento, lo tirò fuori, facendolo roteare tra le dita prima di dargli un colpetto per lanciarlo in strada. Sogghignando, si concentrò su Kaya.

“Bella donzella Orzhov, non dovresti essere qui” disse lui.

“Ohh, pensi che io sia bella?” disse lei, sfoggiando un sorriso falso.

Kellan, che non la conosceva da molto, ma da abbastanza tempo per capire quanto quel comportamento non fosse tipico di lei, le lanciò un’occhiata preoccupata. La sua preoccupazione non fece che aumentare quando lei fece due lunghe falcate verso il ragazzo Rakdos, estraendo un coltello dalla sua tunica. Il filo emanava una luce violacea quando lei afferrò il retro della maglietta del ragazzo e lo tirò verso di sé. Lo sguardo deliziato di Kaya si tramutò in uno sguardo di fredda efficienza.

“Non funzionerà” disse lei.

“Dire che siete bella non funzionerà?” chiese Kellan.

“Non era quello che intendevo.” Lei fece un cenno con la testa verso il proprio fianco. Kellan abbassò lo sguardo.

Il ragazzo Rakdos aveva un suo coltello, un coltello che era al momento affondato nello stomaco di Kaya, ora di un leggero color viola.

“Non si può infilzare qualcosa di non solido” disse lei. “Io, invece, posso infilzarti quante volte voglio. Judith potrebbe anche offrirmi un’adesione onoraria alla gilda se mi assicuro che le macchie siano abbastanza artistiche. Lei è dentro?”

Gli occhi del ragazzo si spalancarono. “Sì” disse lui. Kaya lo lasciò andare, indietreggiando. Il coltello di lei sparì nuovamente all’interno dei suoi vestiti, e fece tornare solida la parte centrale del suo corpo.

Il ragazzo ripose il proprio coltello, guardandola con prudente sconforto che sembrava mascherare un certo grado di sorpresa e stupore. “Non dovevi per forza minacciarmi” disse lui. “Vi avrei fatti entrare se aveste pagato il coperto.”

“Sì, ma come hai detto tu, io sono una bella donzella Orzhov. Non pago nessuno al di fuori della mia gilda se non sono costretta a farlo” disse Kaya. Era troppo presto perché il Girone del Divertimento fosse affollato. Uno sguardo fu sufficiente per far loro capire che quel luogo, nonostante fosse pesantemente criticato da farlo apparire come squallido, era abbagliante di notte, con il suo alto soffitto cosparso di sfere di vetro appese che rifrangevano la luce una volta che venivano accese le candele. Molte erano trasparenti, altre erano rosse, o di un viola così scuro che si sarebbe quasi potuto dire che gettassero una luce nera sulla folla riunita. La pista da ballo, ora illuminata a chiazze dalla luce del sole che filtrava dalle strette finestre, era abbastanza ampia e livellata da renderla indubbiamente molto popolare per quel genere di persone che volevano solamente stiparsi finché non fossero quasi più in grado di muoversi, bere e ballare fino all’alba.

Kaya non era mai stata una di quelle persone, anche quand’era più giovane e meno stanca del Multiverso. A volte le invidiava un po’. Come doveva essere riuscire a dimenticarsi del mondo, esclusi i bisogni più impellenti? Non avere responsabilità o doveri?

I Rakdos commerciavano in violenza e gioia, e forse avevano avuto l’idea giusta.

Un grande bar occupava un’intera parete. Non c’era nessuno, ma le bottiglie luccicavano leggermente nelle ombre, invitandoli ad avvicinarsi. Kellan, che rimase attaccato a Kaya, deglutì rumorosamente.

“Credo che qui non ci sia nessuno” disse lui.

“Oh, lei è qui” disse Kaya, incrociando le braccia. “Judith è fatta così. Sta solo aspettando di fare la sua entrata.”

C’era un piccolo palco ricurvo in fondo alla stanza, ed una calda risata profondamente divertita riecheggiò dalle ombre dietro il sipario semi-aperto. Kaya camminò verso di esso, con Kellan al fianco, e si fermò a circa due metri di distanza, attendendo pazientemente che la risata terminasse.

Alla fine diminuì, e Judith in persona camminò oltre il sipario a centro palco. Come sempre, indossava uno stretto vestito in pelle rosso e dei drappeggi sinuosi di velluto, rendendola appariscente come un pezzo di scena mobile. Teysa si era divertita ad investire nella sua casa e in piccoli lussi, come l’arte topiaria in movimento. Judith non aveva mai sentito il bisogno di investire in qualcosa di diverso da sé stessa.

“Non siamo ancora aperti” disse lei, incrociando a sua volta le braccia come chiara presa in giro di Kaya, con un ghigno sulle sue labbra dalla forma perfetta, dal rosso perfetto. “Come siete entrati?”

“Salve, Judith” disse Kaya. “Non abbiamo quasi avuto modo di parlare alla festa. Fui sorpresa di vedere che Teysa ti avesse mandato un invito. Mi sarei aspettata che mostrasse un po’ più di discrezione per quanto riguardava la sua lista degli ospiti.”

“Bè, conosci Teysa.” Judith agitò la mano distrattamente. “Sa sempre quello che fa. Un po’ di spettacolo è… qual è quella parola che voialtri usate con così tanto orgoglio? Redditizio. Sì. Un po’ di spettacolo fa molti soldi, fintanto che è dalla tua parte. Infastidisci le persone che fanno il cambio di scena e”, produsse un secco suono con la lingua, “potresti trovarti letteralmente in bancarotta creativa.”

“Non tutto è una questione di denaro.”

Judith lasciò cadere in maniera teatrale le braccia lungo i fianchi e fissò Kaya. “Sono abbastanza sicura che un ex capogilda Orzhov non l’abbia mai detto! Proprio come sono sicura che non sei venuta qui solo perché non siamo riuscite a chiacchierare come si deve alla cosiddetta festa di Teysa. Perché siete qui?”

“Ci ha mandati Ezrim” si fece scappare Kellan.

Kaya gli lanciò uno sguardo affilato. Lui abbassò la testa. “Mi dispiace” bofonchiò. “Non sapevo cos’altro dire.”

Kaya trattenne un sospiro. Secondo Kellan, Oko era una fata, quindi Kellan era un mezzo spiritello. Le bugie per lui erano una cosa difficile, se non addirittura impossibile… o magari era solamente la sua impellenza di dover sempre fare la cosa giusta. Quell’aspetto rendeva il suo lavoro all’Agenzia una scelta di carriera affascinante per lui. Doveva aver imparato come guidare il discorso verso una risposta, quando non farsi mettere alle strette da qualcuno così abilmente intimidatorio come Judith, che aveva affinato il potere della sua presenza come il filo di una lama.

“Ah” disse Judith. “Allora riguarda il mio piccolo alterco con Teysa?”

“Sì” disse Kaya, prima che Kellan potesse dire qualcosa. Alterco? Era la prima volta che ne sentiva parlare.

“Credo sia difficile che una discussione sui tassi d’interesse mi dia un motivo per assassinare una capogilda Simic” disse Judith. “E poi, non avete già il vostro assassino?”

Nessuno di loro rispose. Judith studiò il viso di Kellan prima di scoppiare a ridere.

“I grandi e potenti Azorius l’hanno persa” disse lei, incredibilmente felice. “Oh, questa è troppo bella. Ma no, non ho ucciso nessuno. Mi sono sottoposta al loro giochino della veridicità prima di lasciare la festa. Per una volta in vita mia, posso dire onestamente di non aver fatto nulla di male.”

“Nessuno ha detto che tu abbia fatto qualcosa” disse Kaya.

“Ma voi siete qui, quindi significa che qualcuno pensa che l’abbia fatto. Vi state perdendo dei pezzi. In questa storia c’è più di quanto sappiate.”

“Cosa vorresti dire?”

Le labbra di Judith si allargarono in un lungo sorriso sottile. Lei aspettò a rispondere, gustandosi visibilmente l’attesa. “Potreste anche aver trovato Etrata come assassina… ma ciò non vuol dire che abbiate finito. Andate a Vitu-Ghazi. Dovete leggere il Patto delle Gilde nella sua forma originale, e l’albero lo custodisce. Quello getterà luce su tutto, credo.”

“Perché-” iniziò Kaya.

Judith alzò una mano. “No. Direi che è abbastanza. Potete andare ora. Vi ho visti.”

Judith, Carnage ConnoisseurART1

Riconoscendo il congedo, Kaya si voltò, con Kellan al seguito, e si diressero alla porta. Lei si fermò prima di uscire, guardandosi alle spalle. Judith era ancora a centro palco, che osservava mentre se ne andavano. Per qualche ragione, sembrava compiaciuta, come se tutto stesse seguendo ancora il suo copione.

Kaya e Kellan sgusciarono fuori, nella flebile luce del sole.

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Racconto successivo: Episode 5: Chains of Expectation

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