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Episode 4: Finding Tarnation è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Akemi Dawn Bowman e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 20 marzo 2024. Racconta parte della storia di diversi planeswalker e personaggi dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.

Racconto precedente: Episode 3: A Train to Prosperity

Storia[]

Erano passate alcune ore da quando il gruppo di Oko era sfuggito alla Compagnia Sterling, ma Kellan non riusciva a smettere di muoversi. Aveva le mani infilate nelle tasche orlate di lana e continuava ad agitare le ginocchia con disagio. Una pentola di stufato stava ribollendo sul fuoco da campo di fronte a lui, con ogni fiamma che proiettava delle ombre contro la parete rocciosa vicina.

Il Reietto era seduto più lontano, sotto la guardia di Kaervek e Rakdos. Il suo cappotto era composto da strati di pelliccia, muschio e armatura di cactus, e i suoi baffi ispidi si arricciavano in tutte le direzioni. I suoi occhi erano coperti da una spessa striscia di tessuto e le sue mani erano legate con della corda… non che ce ne fosse veramente bisogno. Gli incantamenti di Eriette lo avevano portato al limite dell’euforia, e senza un aiuto esterno Nolan non poteva fuggire da nessuna parte.

I Reietti erano noti eremiti. Se qualcuno fosse venuto a cercarlo, era più probabile che si trattasse di un branco di coyote, uno stormo di avvoltoi o un puma particolarmente fedele. Ma con la vista di Annie e la capacità di Malcolm di controllare il cielo, avrebbero notato un pericolo a distanza di chilometri. Non c’era bisogno di preoccuparsi.

Eppure…

Kellan si scavò i palmi delle mani con le unghie. Oko aveva derubato Bertram Graywater ben due volte, e la cosa rendeva qualsiasi membro del loro gruppo un bersaglio. Non solo per la Compagnia Sterling, ma per qualsiasi fuorilegge che sperava di ricavare qualcosa dalla taglia che sarebbe stata inevitabilmente piazzata sulle loro teste. Il pensiero di essere un criminale ricercato mise in subbuglio lo stomaco di Kellan.

Un cucchiaio di legno atterrò nello stufato, facendolo spaventare. Braghe rovesciò una porzione in una scodella di latta, troppo distratto per notare la presenza di Minutosso dietro di lui che stava rovistando nelle tasche del suo cappotto in cerca di una fiaschetta. Quando riuscì a trovarla, aprì l’imboccatura e trangugiò il contenuto. Un liquido ambrato colò attraverso la sua cassa toracica, addensandosi ai piedi di Braghe.

Braghe ringhiò dalla sorpresa, rovesciando il suo stufato nel processo. Le sue narici si allargarono, e gli artigli del goblin si dispiegarono con rabbia. Corse dietro a Minutosso, le cui ossa generarono un tremolio festoso mentre si dirigeva verso le rocce.

Il grido ovattato di Umezawa riecheggiò per tutto il pendio riparato. “Perché ci stai mettendo così tanto? Mia nonna riesce a ricamare una trapunta in meno tempo!”

Geralf produsse un suono stizzito, con gli occhi fissi per la concentrazione. Le sue dita danzavano sulla ferita di Umezawa come se stesse tessendo con un ago invisibile. “Tessere insieme la carne è una forma d’arte. E ora, stai fermo.”

Umezawa strinse i denti. “Ti stai divertendo decisamente troppo.”

“Non capisco cosa intendi” rispose Geralf, ma l’estasi nei suoi occhi era innegabile.

Gisa finse di essere angosciata. “Stai torturando questo pover’uomo. E nemmeno in modo divertente!” Si piegò verso Umezawa, con la voce improvvisamente melodiosa. “Io posso mettere fine al tuo dolore.”

Geralf alzò gli occhi al cielo, scacciandola con una mano. “Lo scopo è curarlo, non ucciderlo.”

Un altro punto di sutura attraversò la pelle di Umezawa, e lui serrò gli occhi. “Se svengo, non lasciare che tua sorella si avvicini a me.”

Gisa sollevò il labbro inferiore e tenne il broncio.

Una brezza aleggiò per le colline, facendo tremolare il fuoco. Le ombre si raggrupparono dietro Kellan, poi si voltò per vedere Ashiok farsi strada verso il Reietto.

Ashiok alzò le mani sopra la testa del Reietto, in cerca di segreti usando la magia come esca. Le sue dita si muovevano lentamente e con cognizione. Dalla mente di Nolan vennero estratti dei ricordi, che lasciarono dei fili argentati in aria.

La pelle di Kellan formicolò dalla preoccupazione.

“Non preoccuparti” disse Oko. Si mise a sedere di fianco a Kellan, sporgendosi all’indietro finché la luce del fuoco non illuminò il suo volto spigoloso. “Ashiok è assolutamente capace di ottenere le risposte di cui abbiamo bisogno senza fargli del male.”

Kellan piantò i talloni nel terreno. Da quanto tempo suo padre lo stava osservando?

“Io non ho accettato questo trattamento” disse lui. “Mi hai promesso che agli innocenti non sarebbe stato fatto alcun male. E solo perché è stato incantato non significa che non sia spaventato. Non ci si dovrebbe fidare di Ashiok, non dovresti farlo tu né chiunque altro.” Lanciò uno sguardo dietro di sé e verso Ashiok, rabbrividendo al ricordo del loro scontro su Eldraine. Ma per quanto riguardava Ashiok, sembrava avesse a malapena notato la presenza di Kellan.

“Non è colpa mia se il piano è saltato. E il Reietto sapeva a cosa stava andando incontro quando accettò di aiutare Graywater. Se non avesse voluto problemi, allora non avrebbe dovuto cercarseli.”

“Era circondato da delle guardie armate. Per quanto ne sappiamo, è stato costretto a salire su quel treno” controbatté Kellan. “Non credo abbia avuto scelta.”

Gli occhi di Oko si spalancarono. “È così che ti senti? Come se non avessi avuto scelta?”

Il sangue corse verso la testa di Kellan, facendo scurire le sue guance. “Io… non ho mai detto questo.”

Lo sguardo di sfida di Oko svanì come se non ci fosse mai stato. Sorrise e afferrò la spalla di Kellan. “Sono riusciti a scendere tutti da quel treno. Tu potrai anche pensare che io abbia abbandonato quelle persone, ma sapevo che ce l’avresti fatta: sei mio figlio, e mi fido di te.”

La tensione non abbandonò Kellan, anche quando Oko allontanò la mano. Lui voleva credere a suo padre. Voleva la sua approvazione. Ma aveva visto il volto di Oko sul treno. Oko non aveva creduto in lui: era stato pronto ad abbandonarlo.

Forse è stato solo un malinteso. I pensieri di Kellan riaffiorarono, speranzosi. È tuo padre. Anche se avesse voluto abbandonare quelle persone, non avrebbe lasciato indietro te.

Dei nastri fumosi strisciarono sulla sabbia e Kellan balzò improvvisamente in piedi. Ashiok attendeva con le mani congiunte e le corna che trasudavano ombre.

Oko si alzò, desideroso di informazioni. “Cos’hai trovato?”

Ashiok inclinò la testa, con le labbra leggermente incurvate. “L’artefatto è una chiave, proprio come pensavamo. Ma è una di sei.”

Oko si passò un dito sulla fronte. Kellan capì che quello era un segno, una cosa che faceva per nascondere la frustrazione. “Dove sono le altre?”

Akul ha le altre cinque. Le indossa in un medaglione che porta al collo” spiegò Ashiok, poi i membri del gruppo vicini brontolarono scontenti. “Ma c’è un’altra cosa che ho trovato nella mente del Reietto. Una mappa per arrivare a Dannazione] esiste… ed è sepolta alla Follia del Ladro.”

Dall’altra parte del fuoco da campo, Gisa urlò di gioia.

“Ne hai sentito parlare?” chiese Oko, divertito.

Geralf mormorò mentre stava chiudendo l’ultima cucitura dell’ormai invisibile ferita di Umezawa. “È un cimitero per prospettori.”

Gisa mostrò i denti, con gli occhi lucidi di una fame velenosa. “Così tante ossa. Così tanti bellissimi cadaveri da dissotterrare.”

Oko studiò ogni membro del gruppo prima di fissare lo sguardo sui fratelli necromanti. “Sareste disposti a compiere una piccola missione secondaria?”

Gisa batté le mani impaziente e Geralf fece un secco cenno con la testa.

“Ne parliamo quando saremo di ritorno al saloon.” Oko si voltò verso Minutosso, che era impegnato a servirsi una porzione di stufato: gocciolava dalla cavità della sua gabbia toracica. “Riesci a far cenno ad Annie e Malcolm di scendere? Prima ce ne andiamo da qui, meglio è.”

Gli altri stavano iniziando a raccogliere le loro cose, quando le parole di Kellan uscirono senza preavviso, troppo importanti per non dirle. “Cosa facciamo con Nolan?”

“In che senso, cosa facciamo?” chiese Oko, guardandolo a malapena.

Kellan alzò le spalle, incredulo. “Bè… voglio dire… qualcuno ha intenzione di riportarlo a casa?”

Qualcuno degli altri ridacchiò.

Oko alzò un sopracciglio, come se Kellan fosse una qualche tipo di bizzarria. “È un Reietto. Loro stanno bene nelle terre selvagge.”

“Ma non possiamo lasciarlo qui” sbottò Kellan. “Setoladura è a giorni di distanza. E lui non ha rifornimenti, né acqua, né…”

Ashiok fece un passo in avanti, con le sue ombre che ribollivano sulla distesa desertica come se stessero venendo messe alla prova. “Tu temi per la sua vita.” Non era una domanda.

Kellan aprì la bocca, ma le parole erano troppo aggrovigliate per uscire.

“Non temere” disse Ashiok, inarcando i lunghi artigli. “Non desidero che quell’uomo muoia.”

“È magnifico vedere che siamo tutti in sintonia” disse Oko, con una punta di irritazione.

La voce di Annie risuonò dall’oscurità. “Io posso andare con Kellan e scortare il Reietto all’oasi più vicina. Sono sicura che da lì riuscirà a tornare a casa.”

Kellan sorrise debolmente come segno di riconoscenza.

La bocca di Oko si storse. “Sono certo che tu sappia quanto è importante per la missione che non veniate catturati… o seguiti.”

Annie annuì. “Non ci faremo vedere.”

Kellan la seguì lontano dall’accampamento. Quando fu certo che il resto del gruppo non fosse più a portata d’orecchio, disse: “Questa è la seconda volta che mi aiuti. Grazie.”

Annie non rispose. Continuò lungo il sentiero e schioccò la lingua sul palato, attirando l’attenzione di Fato. Apparve dalla brezza serale, con il corpo rilassato in un modo che mostrava fiducia.

“Come ti sei unita alla squadra di Oko?” chiese Kellan.

“Era il minore tra due mali.”

Non riuscì a capire se stesse scherzando o no. “Non ti fidi di lui?”

Annie sussultò. “La fiducia è per i favori. Questo è un lavoro… e suppongo di non fidarmi di chi assolda dei fuorilegge per fare il lavoro sporco.”

Kellan fissò il terreno. “Non ero sicuro che tu fossi veramente una fuorilegge, ad essere onesto. Tu non sembri come gli altri. Pensavo… bè, non lo so.”

“Che fossi più simile a te?”

Kellan non rispose.

Lei scosse la testa come se stesse cercando di liberarsi di un ricordo. “Un po’ di tempo fa, facevo parte degli Svincolati. Facemmo l’errore di derubare Akul e gli Speroni. Lui ci diede la caccia per settimane, implacabile. Abbiamo perso delle brave persone a causa sua. E quando abbiamo provato ad accordarci e restituire ciò che avevamo rubato, mio nipote fu gravemente ferito durante lo scambio. Siamo riusciti a fuggire a malapena. Dopo l’accaduto, mio nipote non fu più lo stesso. Si riunì al nostro popolo non troppo tempo fa.” I suoi occhi si fermarono. “Lasciarci andare non era mai stato nelle intenzioni di Akul. Non sono nemmeno sicura che gli interessasse davvero ciò che gli avevamo rubato. Lui voleva soltanto sangue… e utilizzò la nostra fiducia per ottenerlo.

Non sto dicendo di essere migliore del gruppo che si trovava attorno al fuoco. So cosa sono e cosa ho fatto. Ma Akul… lui è un tipo diverso di fuorilegge. Il peggior tipo. Non voglio vedere nessuno ferito come fu mio nipote. Se c’è davvero qualcosa di potente in quel caveau e Akul lo riuscisse ad ottenere?” La sua espressione si indurì. “Non posso permetterlo.”

Kellan si guardò alle spalle, verso l’accampamento in lontananza, osservando suo padre che conversava con Vraska e Ashiok.

Il peggior tipo di fuorilegge…

I suoi occhi rimasero fissi su Oko, abbastanza a lungo che anche Annie lo notò.

“La famiglia è tosta… che sia di sangue o meno” disse lei a bassa voce. “Non è sempre facile sapere cosa si cela nel cuore di qualcuno. Secondo la mia esperienza?” Alzò le spalle. “Il tempo aiuta, ma vale sempre la pena dare retta all’istinto.”

Kellan nascose il suo imbarazzo sbattendo le palpebre.

Annie strinse le redini di Fato. “Credo di aver raccontato abbastanza storie per oggi. Che ne dici se andiamo a recuperare il Reietto e lo mettiamo sulla via di casa?”

Si fecero strada fino a Nolan e lo aiutarono a salire in sella, prima di imboccare il sentiero serpeggiante che scendeva dal pendio. Kellan volava di fianco a loro, attento a non rimanere indietro. Anche se avrebbe voluto dare un’ultima occhiata all’accampamento, non lo fece.

Aveva troppa paura di ritrovare suo padre che lo osservava… e che l’unica cosa che avrebbe visto sarebbe stato il suo dubbio.

Le porte del saloon si spalancarono, e Gisa e Geralf quasi inciamparono entrando nella stanza, con gli occhi sbarrati colmi di delirio. Fecero qualche passo all’interno, con gli stivali che sbattevano pesantemente contro le assi del pavimento. La luce sopra di loro illuminò i loro volti, mostrando una collezione di lividi freschi e tagli insanguinati.

Geralf tirò leggermente la fascia di cuoio che portava intorno all’occhio, assicurandosi che fosse dritta. Gisa si passò una mano tra i suoi capelli annodati e scompigliati.

“Bentornati” annunciò Oko, appoggiandosi al bordo del bancone. “Vedo che la Follia del Ladro è stata gentile con entrambi.”

Geralf stava grattando via il sangue secco sotto le unghie. “Preferirei non parlarne.”

Gisa soffiò sulla sabbia che copriva i suoi bracciali di cuoio, facendo apparire una nuvoletta di polvere di fronte a lei. Fece una smorfia.

Suo fratello estrasse un pezzo di pergamena arrotolato dal proprio cappotto e lo porse a Oko. “Credo che questo sia ciò che stavi cercando.”

Oko stese la mappa sul bancone, godendo alla vista di ogni strano segno.

Finalmente ce l’aveva: la strada verso Dannazione, e verso Maag Taranau.

“È quello che penso che sia?” chiese Vraska. Si allontanò dalle ombre arricciate di Ashiok e si appoggiò al bancone. “Quindi… il caveau fluttua sopra la città.”

I pensieri di Oko si stavano già muovendo in modo iperattivo. “Il caveau non ha alcuna importanza se prima non riusciamo ad ottenere le chiavi. E per poter arrivare al medaglione, dobbiamo trovarci nella stessa stanza di Akul.” Alzò lo sguardo, cercando Annie nella stanza, e la trovò seduta insieme a Kellan ad uno dei tavoli più lontani. Erano diventati praticamente inseparabili dopo l’incidente del treno.

L’espressione di Oko si rattristò. Non era contrario ai rapporti di amicizia tra i membri del gruppo… ma era molto più facile controllare le persone quando sapeva da che parte stavano. L’amicizia nascente di Kellan avrebbe potuto essere un problema. Non gli piaceva. Non si fidava.

Riuscì comunque a sfoggiare un sorriso falso. “Annie… tu riusciresti a riconoscere gli Speroni della cerchia interna di Akul, giusto?”

Lei picchiettò un’unghia sulla sua bottiglia di vetro. “Suppongo di sì.”

“Se riuscissimo a rintracciarne uno fino a Dannazione, supponi anche che ci condurrà verso l’ubicazione del quartier generale di Akul?”

“Forse. Ma non si può entrare a Dannazione come se si andasse in vacanza” disse Annie. “C’è un motivo per cui soltanto gli Speroni sanno come trovare la città. Non lasciano entrare gli esterni… e di sicuro non li lascerebbero uscire.”

“Siamo tutti bravi a recitare” controbatté Oko. “Se ci vestiamo come gli Speroni e teniamo un basso profilo, possiamo nasconderci in piena vista.”

“Non sono sicura che il nostro gruppo sia esattamente di basso profilo” disse Annie. “Per iniziare, abbiamo un demone gigante ed uno scheletro. Per quanto possiamo conciarli da Speroni, non si confonderanno mai tra loro.”

“Divideremo la squadra ed un piccolo gruppo da quattro persone entrerà in città” disse Oko, come se la soluzione fosse semplice. “Tutti gli altri possono aspettare fuori da Dannazione finché non siamo pronti ad aprire il caveau.”

“Contami” disse Vraska.

“Perfetto” concordò Oko. “Annie… anche tu sei dei nostri.”

Lei scolò il resto della bottiglia per accettare.

Oko sapeva chi sarebbe dovuto essere il quarto. Lo sapeva da prima che i necromanti riportassero la mappa.

Ma allungò l’attesa, spostando lo sguardo da un membro del gruppo all’altro.

“Kellan” disse infine.

Lo shock sul volto di suo figlio fu palese. “Vuoi il mio aiuto?”

“Ho bisogno che tu stia con me. Hai delle abilità che ci saranno utili a Dannazione” disse Oko. “Soprattutto una volta che troveremo Akul.”

Kellan si morse il bordo del labbro, ma qualsiasi cosa stesse pesando sulla sua coscienza non aveva importanza. Oko aveva dichiarato Kellan come necessario, e Kellan non avrebbe deluso suo padre.

Il ragazzo annuì. “Va bene. Lo farò.”

Oko finse gratitudine, ma non fu minimamente sorpreso. Kellan desiderava ardentemente la sua attenzione. Voleva essere accettato. Apparentemente, le lusinghe erano la chiave per tenere suo figlio al proprio fianco.

Lui aveva bisogno dell’aiuto del ragazzo, in più modi di quanto fosse pronto a spiegare. E Kellan non vedeva l’ora di obbedire, liberamente e senza domande, solamente perché Oko faceva parte della sua famiglia. Un quasi completo estraneo se non per il sangue… ma per Kellan era sufficiente. Quel tipo di fedeltà? Era l’unica cosa per cui Oko fosse veramente grato. Doveva solo essere sicuro che sarebbe durata abbastanza.

Nel cielo fluttuava un’enorme roccia con bordi vividi e frastagliati. Le nuvole vorticavano attorno al pinnacolo più alto come se fossero catturate nella sua orbita, mentre la lava fluiva dal bordo, raccogliendosi nei fiumi tortuosi che si facevano strada attraverso Dannazione. Colorava ogni superficie di una sfumatura furiosa, brillando come le braci di un fuoco appena acceso.

Maag Taranau. Il caveau.

Un labirinto di contorte fondamenta rocciose si districava per tutta la città sottostante, circondata da un canyon circolare. Si potevano vedere ovunque edifici costruiti con roccia lavica solidificata e pezzi affilati di legno, mentre ossa animali decoravano molte delle porte e delle finestre, illuminate dalle lanterne colorate nascoste all’interno.

Kellan si sistemò il cappello, tenendosi lontano dalle sottili vene di lava fusa che scorrevano per la strada. C’era fumo ovunque… e più Speroni di quanti riuscisse a contarne.

Nello spiazzo alla sua sinistra si stava tenendo un duello di strada. Due Speroni grossi come montagne cercavano di colpirsi a vicenda con una coppia di asce. Le lame bruciavano grazie a dei residui di tuono, e proiettavano scintille ogni volta che si scontravano. Una piccola folla fischiava e ruggiva, e quando una delle asce si piantò nel petto dell’altro uomo, gli spettatori alzarono le braccia trionfanti. Kellan si sentì male quando trascinarono il corpo verso un’enorme fornace e posarono il cadavere sui carboni ardenti.

“Qui è una pratica comune per pareggiare i conti. È più civile rispetto ad uccidere la famiglia di qualcuno, suppongo” disse Oko, notando lo sguardo di Kellan. Fischiettò con leggerezza e procedette verso la porta di un saloon con i bordi inceneriti lucenti. Si tramutò in una versione umana e più robusta di sé stesso che si mimetizzava perfettamente con il resto della marmaglia di Akul, e si vestì il petto con un’elaborata armatura d’osso.

Avevano già visitato altri tre saloon, ma ancora non c’era segno di qualcuno della cerchia interna degli Speroni. Vicino a loro, Annie si sistemò la bandana nera che nascondeva la metà inferiore del suo volto. Kellan si chiese se temesse di essere riconosciuta o di finalmente affrontare le persone che avevano fatto del male a suo nipote in passato.

Quando Annie, Oko e Vraska attraversarono le porte, Kellan respirò silenziosamente, contò fino a cinque e fece lo stesso.

Il soffitto era curvo come l’interno di una botte. Tutto odorava di metallo e frutta marcia, facendo venire a Kellan i conati di vomito. Seguì lo sguardo di Annie fino ad una donna seduta al bancone del bar. Indossava uno spallaccio appuntito di ferro battuto, e ogni aculeo era di un rosso luminoso, come se fosse fatto di brace. Il resto dei suoi vestiti erano di un materiale bordò, rovinati ai bordi, con una piccola pistola di tuono e un’accetta incastrate nella cintura. Dalla sua pelle si alzava del fumo, come se fosse pronta a prendere fuoco da un momento all’altro.

Annie si irrigidì, e con la voce quasi impercettibile disse: “Quella è Twist Fandango. Una del gruppo di Akul.”

Oko fece un leggero cenno col capo mentre superava Annie per andare verso il bar, con Vraska seduta nel posto vuoto di fianco a lui. Annie si ritirò all’angolo della stanza, allontanandosi il più possibile dal membro degli Speroni.

Kellan passò una mano sul suo mantello, evitando i bordi bruciati. Si sentiva un impostore. Uno spaventapasseri in mezzo ai soldati. Ma, più di ogni altra cosa, sperava che nessuno degli Speroni lo notasse.

Kellan trovò una panca sul retro del locale e si sedette, con le mani agitate sotto il tavolo. Dall’altra parte della stanza, Oko era impegnato a conversare con il barista, come se far finta di essere qualcun altro fosse la cosa più facile del mondo.

“Questo non è il tuo tavolo” disse rudemente una voce grezza.

Kellan alzò lo sguardo e vide tre Speroni che lo stavano fulminando con lo sguardo. Quello che aveva parlato aveva la pelle che bruciava come fosse lava; gli altri due indossavano delle placche di ferro sul volto, che coprivano ogni cosa tranne i loro capelli fiammeggianti.

“Mi… mi dispiace” balbettò Kellan. Cercò di alzarsi, ma lo Sperone dalla pelle di lava lo spinse nuovamente giù.

“Ti dispiace?” ripeté lui, mostrando i suoi denti affilati. “Queste buone maniere non le hai imparate a Dannazione. Credo che tu non debba proprio trovarti qui.” Estrasse una pistola di tuono dall’aspetto pesante e la puntò al petto di Kellan.

“Sono qui solo per incontrare qualcuno!” disse velocemente Kellan, inciampando su ogni parola. “Ha delle informazioni di cui ho bisogno per un lavoro.”

Il terzetto sghignazzò.

“Nessuno Sperone ti affiderebbe nemmeno un pezzo di brace, ragazzo” sbottò l’uomo. “O qualcuno ti ha trascinato qui per farti la pelle, o mi stai prendendo in giro.”

Kellan alzò le mani. “Non voglio problemi!”

Loro continuarono a ridere, ancora più rumorosi, e Kellan colse l’opportunità per sgusciare via dalla panca. Fece tre passi prima che uno degli Speroni lo spingesse a terra, facendogli sbattere la faccia contro le assi di legno con un crack. Quando richiuse le labbra, sentì il sapore del sangue.

“Alzati, codardo” ruggì lo Sperone. “Ho appena iniziato.”

Il suono degli speroni di Oko si fermò di colpo, bloccando la visuale di Kellan. “Lasciate stare il ragazzo.”

Kellan si alzò in piedi a fatica, percependo un po’ di sollievo che gli si bloccò in gola.

Lo Sperone strinse gli occhi. “Quello non è uno Sperone… e questo affare non ti riguarda.”

Oko non si mosse. “Dice che è qui per un lavoro, giusto? Per quanto ne sai, è Akul che l’ha mandato a chiamare.”

L’uomo faticò a trattenere una risata. “Akul potrebbe spezzare questo piccoletto in due come niente. Farebbe prima ad assoldare un topolino selvatico che questo ammasso di rametti.”

Oko sollevò la bocca, provocatorio. “Vuoi davvero rischiare di scoprire chi di noi si sbaglia?”

I tre Speroni si guardarono tra loro, esitanti.

Oko prese Kellan al suo fianco, togliendolo dalla strada dello Sperone. “Lasciate che incontri chiunque lo abbia invitato qui, così che noialtri possiamo bere in pace.”

Un fuoco infuriava negli occhi dell’uomo. Fece un passo in avanti. “E cos’hai intenzione di fare per fermarci?”

I due Speroni con la maschera di ferro estrassero le loro lame.

“Tre contro uno?” disse Oko, con disapprovazione. “Chi è il codardo adesso?”

Lo Sperone rise, un suono basso e profondo, prima di lanciare il suo enorme pugno verso la testa di Oko. Oko si abbassò, mancando il colpo di un centimetro, e fece sbattere il proprio gomito contro il collo dell’uomo.

Nel saloon si scatenò il caos, e i musicisti nell’angolo aumentarono la velocità della loro folle giga. Si infranse del vetro, esplose del tuono, e Kellan si copriva il viso, troppo confuso per muoversi. Le sue orecchie fischiavano, mentre il suo sguardo analizzava suo padre e Vraska, che colpivano ogni Sperone attorno a loro.

Vraska era veloce, e menava fendenti verso gli Speroni con una lunga sciabola prima ancora che avessero la possibilità di estrarre le loro armi contro di lei. Quando uno degli assalitori con la maschera di ferro caricò, Vraska distrusse l’impugnatura di una pistola di tuono contro il suo volto, lanciando la sua maschera a terra. Lei gli spedì uno stivale contro il collo, bloccandolo sul terreno… per poi usare il suo sguardo e trasformarlo in pietra.

Alcuni degli altri Speroni barcollarono all’indietro allarmati, ma quasi tutti lo videro solo come ulteriore combustibile in mezzo ad un fuoco sempre più vasto. Gridarono, scaricando i loro colpi di tuono per tutto il saloon, facendo a pezzi il bar a forma di teschio.

Oko si tramutava continuamente in Speroni differenti, creando scompiglio mentre si alternava tra un pugno ed una trasformazione in ogni Sperone nelle vicinanze. Nessuno di loro si fece particolari problemi prima di provare a colpire la mascella più vicina disponibile.

Kellan si stiracchiò le mani, pronto ad evocare le due spade di energia, quando Annie gli afferrò il braccio.

“Non farlo!” protestò. “Dobbiamo seguire Twist. Se riesce ad andarsene, potremmo non avere più la possibilità di trovare Akul.”

“Non posso abbandonarlo” disse Kellan, risoluto.

Gli occhi di Annie si infuocarono. “Non ti direbbe che la missione viene prima di tutto?”

“L’ho cercato per così tanto tempo. Non lo abbandonerò ora!” disse Kellan, poi scagliò un viticcio dorato verso lo Sperone che aveva sollevato la sua ascia sopra la figura ignara di Oko, lanciandola dall’altro lato della stanza.

Oko si voltò con gli occhi spalancati, quando un colpo di tuono esplose attraverso le porte del saloon, spargendo legno spezzato in tutte le direzioni. Sulla soglia si trovava Twist Fandango, con i capelli ricci in fiamme. Dietro di lei si trovavano una mezza dozzina di estranei armati. Non erano semplici Speroni… ma la cerchia interna di Akul.

Uno di loro afferrò Kellan prima che avesse la possibilità di reagire, chiudendogli un paio di manette di ferro ai polsi. Prese un respiro affannoso prima di rendersi conto che la sua magia era stata annullata. Quando scandagliò la stanza alla ricerca di Oko, Annie e Vraska, anche loro erano stati sopraffatti.

Kellan sentì un vuoto allo stomaco quando realizzò una cosa: nessuno sarebbe venuto a salvarli. Il resto del gruppo non avrebbe mai fatto irruzione a Dannazione per una missione di salvataggio. Erano criminali assoldati, non amici. Twist fece qualche passo in avanti e sogghignò, tenendo la sua accetta alla gola di Oko. Lui farfugliò non appena qualcosa sibilò contro la sua pelle, facendo sparire l’illusione contro il suo volere.

“Quindi sei tu l’essere fatato di cui abbiamo sentito così tanto parlare” disse Twist, indugiando sulle proprie parole come un lento veleno. “Qualcuno che conosco era molto ansioso di incontrarti.”

“Oh, adoro i miei ammiratori” riuscì a dire Oko tra uno stanco respiro e l’altro mentre i due Speroni che lo tenevano fermo stringevano la loro presa.

Twist si rivolse agli altri. “Legateli… vengono con noi. Akul vuole occuparsi di questi intrusi personalmente.”

I piedi di Kellan sfioravano il pavimento mentre si sforzava di tenersi in equilibrio. Le sue braccia erano distese sopra la sua testa, incatenate alle travi come quelle del resto del gruppo.

“Ti prego, dimmi che il tuo piano è entrato nella sua seconda fase” disse Vraska, sibilando tra i denti e dondolando sotto le proprie catene. “O che, almeno, ci sia un piano di riserva.”

Oko alzò lo sguardo verso l’unico spiraglio di luce che filtrava attraverso l’alto soffitto e socchiuse gli occhi. La prigione era un’enorme cupola, cosparsa di pezzi di roccia frantumata. “Questa sembra una vecchia cava.”

“Esatto” disse Annie, seccamente. “E questo significa che siamo al livello più basso possibile. Anche se riuscissimo a liberarci da queste catene, dovremo farci strada a forza contro l’intera città.”

Vraska scosse la testa. “Te l’avevo detto che portarci il ragazzino sarebbe stata una cattiva idea. Un coniglietto sarebbe stato uno Sperone più convincente di lui.”

Kellan aprì la bocca per scusarsi, ma la stanza improvvisamente tremò, facendo cadere fili di polvere dalle pareti. Dei passi rimbombarono attraverso la porta aperta. Akul in persona sbucò a grandi passi dalla foschia scura, con la testa bassa e gli artigli che raschiavano contro il terreno roccioso. La sua banda arrivò subito dopo, desiderosa di intrattenimento.

Akul studiò ogni singolo prigioniero appeso, con i suoi occhi dorati che analizzavano ogni volto, finché non riconobbe qualcuno.

“Annie Flash.” Dal suo petto partì un profondo e basso ringhio. “Mi chiedevo quando si sarebbero nuovamente incrociate le nostre strade. Come sta tuo nipote?”

La furia sul volto di Annie disse tutto ciò che lei non riusciva a dire.

Quel ringhio basso emerse dalla bocca di Akul. “Gliene do atto: è un ragazzo robusto. Ho visto dei bastardi grossi il doppio morire dopo un solo colpo del mio pungiglione.” Il drago rivolse la propria attenzione verso Oko, con le narici che pompavano vapore caldo. “Tu hai qualcosa che mi appartiene.”

Oko indicò le catene. “Liberami e la vado a prendere.”

Akul liberò un urlo gutturale. Avvicinò un artiglio contro il collo di Oko, fermandosi appena prima di colpirlo, poi lo abbassò lentamente verso il suo cuore. “Pensavo di doverti strappare la verità con la forza… ma hai portato la chiave esattamente alla mia porta.” Allungò la mano nella veste ornata di ossa di Oko ed estrasse l’artefatto.

Oko serrò la mascella, osservando Akul prendere la catena che teneva intorno al collo. Al centro pendeva un medaglione, con cinque punte che guardavano verso l’esterno ad altezze differenti. Nel centro c’era una strana incisione con sei cupole di vetro, tutte illuminate di un colore diverso tranne una.

Akul inserì la sesta chiave nel medaglione, e i bordi si plasmarono in un’altra punta. L’ultima cupola di vetro divenne di un viola iridescente. Il medaglione ticchettò e si mosse, girando su sé stesso finché le punte non rivelarono un disegno.

Gli occhi di Kellan si spalancarono. Non erano sei chiavi: erano sei pezzi di un’unica chiave.

E ora erano nuovamente uniti.

Akul ruggì, ed una luce dentro di lui illuminò tutte le scaglie sul suo petto, come un fulmine distante dentro una scura nuvola di tempesta. Delle scintille si accesero su tutto il corpo, e lui aprì i suoi artigli quanto più possibile.

Oko non aveva distolto lo sguardo dal drago. “Immagino che tu non abbia alcuna intenzione di lasciarci andare?”

La voce di Akul era letale. “Se lo facessi, non avrei il piacere di vedervi soffrire… e ho intenzione di prendermi tutto il tempo.”

Gli occhi di Kellan scattarono per tutta la stanza, frenetici. Annie sembrava che stesse per sentirsi male, suo padre e Vraska…

No. Non posso lasciare che sia tutto per colpa mia. Non posso farli soffrire a causa mia.

Ripensò alla battaglia che aveva visto per le strade: la cosa più vicina ad un combattimento onorevole che avessero in quel luogo. Kellan strinse i denti, raccogliendo ogni grammo di coraggio che si era congelato nelle sue vene. “Ti sfido a duello!” disse impulsivamente.

Akul tirò indietro il collo dalla sorpresa prima di ridacchiare in modo tetro. Il disprezzo sul suo volto era palese. Gli Speroni dietro di lui scoppiarono a ridere in maniera simile.

Che stai facendo?” disse Annie, preoccupata, senza far uscire una parola.

Kellan tenne i suoi occhi incollati su Akul. “Se io vinco, la tua banda deve lasciare andare me e i miei amici.”

I tentacoli di Vraska si sollevarono con interesse.

Oko non ebbe alcuna reazione. Soltanto uno sguardo concentrato e calcolatore.

“Non ho necessità di duellare con i prigionieri” disse lentamente Akul. “Dipendete già dalla mia pietà… e io non ne ho alcuna.”

Il cuore di Kellan batté forte. “Anche i fuorilegge hanno un codice, giusto?”

“Sembri impaziente di morire velocemente, ma io ho altri piani” disse Akul. “Però, quando arriverà il momento di buttare finalmente i vostri corpi nel falò, mi assicurerò che tu sarai il primo. Consideralo un favore.” I suoi occhi brillarono. “Da fuorilegge a fuorilegge.”

Kellan si guardò intorno, in disperata ricerca di un’idea, o di un pensiero, o di-

“Non mi sarei mai aspettato che il famigerato Akul avesse così paura di un ragazzino” canzonò Oko, senza battere ciglio.

Akul sussultò, inspirando duramente attraverso i suoi denti affilati. “Paura?

Oko alzò un sopracciglio. “O forse hai solo paura della sua magia. Forse preferisci un bersaglio più facile.”

Kellan riusciva a sentire che la pressione nella stanza stava cambiando man mano che l’energia aumentava. Le scaglie sul petto di Akul, dure come l’acciaio, iniziarono a brillare di un giallo spiacevole. Era come se fosse ricolmo di energia, di tuono.

Vraska si agitò nelle sue catene. “Tutto quel discorso sulla tortura, e ora preferiresti ucciderci piuttosto che avere un testa a testa col ragazzo?” Le parole di lei erano taglienti. “Non mi stupisce tu abbia bisogno di ciò che si trova nel caveau. Senza la tua banda, non sei nulla.”

Annie sbatté le palpebre, studiando gli altri. “Sei un codardo” disse lei lentamente, con gli occhi in fiamme verso Akul. “Ti sei accanito su mio nipote per lo stesso motivo per cui ti accanisci sui civili disarmati e i fuorilegge di bassa lega. Vai sul sicuro. E per quanto ti piaccia creare problemi, bè… non credo tu sia contento quando i problemi vengono a bussare alla tua porta.”

“È per questo che ti nascondi qui, vero?” continuò Oko. “Per evitare quegli scontri che non puoi sceglierti?”

Akul bruciava dall’interno, con il fumo che filtrava dallo spazio tra i suoi denti ad ogni respiro. Il resto della stanza cadde in silenzio.

Per un criminale come Akul, la reputazione era tutto.

E la banda di Oko aveva appena sfidato la sua.

Dopo una lunga pausa, il drago abbassò la testa verso Kellan, facendo apparire le sue due file di denti affilati come rasoi. “Buttateli in una cella di custodia” disse agli Speroni. “Il duello inizia a mezzanotte.”

Racconto successivo: Episode 5: High Moon

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