Episode 2: Monsters We Became è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Seanan McGuire e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast l'8 gennaio 2024. Racconta parte della storia di Kaya Cassir dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.
Racconto precedente: Episode 1: Ghosts of Our Past
Storia[]
Kaya corse per il maniero alla massima velocità consentita dalle proprie gambe. Teysa riuscì a raggiungerla rapidamente, spostandosi con una velocità che Kaya sapeva le sarebbe costata cara successivamente: perché Teysa riuscisse a correre allo stesso passo della Planeswalker molto più giovane e atletica doveva significare che stesse attingendo a fondo dalle proprie riserve di magia. Quel genere di cose avevano sempre un prezzo da pagare.
Le due si fermarono dinanzi ad un’alta porta decorata, ancora chiusa nonostante la cerchia di camerieri e domestici all’esterno. Apparirono tutti sollevati quando videro Teysa e Kaya correre per la sala.
“Dunque?” chiese Teysa. “Perché ve ne state tutti qui in piedi?”
“La porta è chiusa, signora” disse uno dei camerieri. “Larysa è andata a cercare la chiave.”
“Come fate a non sapere dove si trova la chiave?”
Vedendo che l’umore di Teysa era appeso a un filo, Kaya le appoggiò una mano sul braccio. “Calma” disse lei. “Io non ho bisogno di chiavi, nemmeno nel Maniero Karlov.” Colse una sorta di guizzo negli occhi di Teysa e si fermò. “A meno che questa porta non sia difesa contro i fantasmi?”
“Quasi tutto il maniero lo è, per precauzione” disse Teysa. “Potresti riuscire a salire dal pavimento, ma anche quello sarebbe un approccio discutibile.”
“Grandioso. Quindi qualcuno è nei guai, e noi dobbiamo starcene qui a guardarci negli occhi.”
Il malcontento di Kaya fu molto sentito e, per una volta, Teysa non ebbe una risposta pronta. Nessuno parlò.
I secondi diventarono minuti, sempre più intollerabili. Teysa lanciò uno sguardo preoccupato alla porta. Il grido che le aveva condotte fin lì era stato forte e penetrante: il suono di qualcuno in estremo pericolo. E nonostante ciò, la stanza chiusa ora era silenziosa, senza nemmeno un sentore che qualcuno stesse muovendosi al suo interno.
Erano ancora tutti lì, in piedi, in attesa che tornasse Larysa, quando Ezrim arrivò al galoppo dall’altro lato della sala; l’enorme arconte riempiva senza fatica tutto lo spazio disponibile. Le lunghe piume primarie della sua cavalcatura fecero cadere soprammobili e cianfrusaglie dai tavoli mentre passava. “Abbiamo udito le urla dalla balconata” disse lui. “Mi ci è voluto un attimo per trovare una porta che mi permettesse di passare. Cos’è successo qui?”
“Le mie scuse, Ezrim, per l’interruzione” disse Teysa. “Stiamo aspettando che una delle mie domestiche ritorni con la chiave.”
“Se qualcuno è ferito, o se qui è stato commesso un crimine, aspettare non è nel nostro miglior interesse” disse Ezrim. Alzò una zampa anteriore, passando il suo sguardo risoluto tra la porta e Teysa in attesa del permesso di lei.
Teysa non esitò. Avrebbe sempre potuto fargli pagare i danni più tardi.
“Sfondala” disse lei.
Due pesanti colpi e la porta si staccò dai cardini, aprendosi perfettamente in due mentre cadeva verso l’interno. Kaya scattò in avanti, più veloce di Teysa ora che l’altra donna non stava utilizzando la magia per sveltire i suoi passi. I domestici rimasero indietro, in attesa del via libera, mentre Ezrim, a cui sarebbe chiaramente piaciuto accompagnarla se non fosse stato per le sue dimensioni, rimase a camminare avanti e indietro nella sala esterna.
Tutti loro udirono il sussulto rapidamente zittito di Kaya, seguito da un gelido silenzio.
Teysa non poteva permettere che quell’attimo durasse ancora molto. “Kaya?” disse ad alta voce. “Kaya, va tutto bene?”
Kaya arrivò alla soglia, con il volto ingrigito dal pallore. “Sto bene” disse lei. “Teysa, manda qualcuno a cercare Vannifar.”
In altre circostanze, Teysa avrebbe potuto ricordare a Kaya che non era più lei al comando: permettere ad una ex capogilda di darle ordini avrebbe potuto minare la sua autorità in maniera pericolosa. Lo sguardo sul viso di Kaya la distolse completamente da quel pensiero.
“Tutti voi, andate” disse lei, guardando i domestici intorno. “Trovatemi Vannifar dell’Alleanza Simic e ditele che è richiesta la sua presenza. Se chiede il motivo, dite solamente che ho bisogno di parlare con lei immediatamente.”
Kaya sembrò soddisfatta. Si voltò, svanendo nuovamente nella stanza.
Teysa sospirò prima di annuire educatamente a Ezrim. “Le mie scuse, Ezrim, ma non credo che la stanza sia abbastanza grande da permetterti di unirti a noi.”
“Capisco” disse Ezrim, guardando i domestici rimasti. “Trovatemi uno dei miei detective. L’Agenzia deve avere un rappresentante presente. Io aspetterò qui controllando che non ci siano problemi.” Conclusa la frase, si abbassò sul pavimento, assumendo una posa da guardiano.
Non c’era sicurezza migliore di un arconte. Teysa si voltò, prese un profondo respiro, e seguì Kaya dentro la stanza.
Era uno dei tanti salottini sparsi per il Maniero Karlov, pensato per intrattenere gli ospiti o condurre affari. Con i festeggiamenti a rendere tali ritrovi scomodi e improbabili, questo era stato riconvertito in una sorta di guardaroba, pieno dei cappotti e mantelli degli ospiti. Kaya si era fermata appena dentro, con gli occhi fissi sul cumulo di cappotti al centro della stanza. No… non i cappotti.
Ciò che era disposto sopra i cappotti.
Teysa la raggiunse al suo fianco e si bloccò, stringendo la mano sull’impugnatura del proprio bastone finché non sembrò che le sue dita stessero per spezzarsi.
Al centro del cumulo era abilmente disposta Zegana dell’Alleanza Simic. Nonostante ci fossero dei segni di lotta lungo i bordi, attorno al suo corpo non ce n’era traccia; fu disposta pacatamente come una bambola, con la mano sinistra alzata fino al volto, che era leggermente girato di lato. Se non fosse stato per il fatto che non stesse chiaramente respirando, poteva sembrare che fosse in posa per un suo ritratto, con le pinne e i capelli disposti nel modo migliore possibile.
“È morta” disse Teysa, inutilmente, e Kaya annuì per concordare silenziosamente. Non c’erano ferite visibili né segni di un delitto, ma loro erano Orzhov: riconoscevano la morte quando la vedevano.
I cappotti attorno al corpo di Zegana sembravano disposti a casaccio, con tessuti costosi e lino economico che si sovrapponevano con una trascuratezza che sembrava quasi bizzarra, data la precisione della posa di Zegana. Kaya fece un passo indietro, senza evitare gli occhi di lei. Zegana era morta da sola, con tempo sufficiente per un singolo grido. Ora si meritava di avere dei testimoni.
Dalla sua nuova angolazione, Kaya vide i bordi di un petalo di fiore sbucare tra le dita di Zegana. Aggrottando la fronte, Kaya si avvicinò di nuovo, chinandosi per osservare.
“Cos’è quello?” chiese Teysa, con la voce preoccupata.
“Un fiore…” disse Kaya, chinandosi ulteriormente. “Un iris nero. Avete usato degli iris neri in qualche composizione floreale al piano di sotto?” Se Zegana avesse afferrato un bouquet mentre stava cadendo, forse avrebbero potuto capire dov’era stata uccisa.
Ma no: il grido era arrivato da quella stanza. Quella piccola, ordinaria stanza chiusa. Non c’era stato il tempo per uccidere Zegana in un altro punto del maniero e poi spostarla, soprattutto non con il modo in cui era stata posizionata. Kaya si rese conto di quanto fosse sciocca la sua domanda ancora prima di vedere Teysa scuotere la testa.
“Ho cercato di evitare composizioni che potessero essere legate ai funerali per le persone esterne alla gilda o ricordare in qualsiasi modo i Golgari” disse Teysa.
“Significava perdere uno dei nostri colori caratteristici, ma ne è valsa la pena per le reazioni alle decorazioni. Niente gigli, niente iris neri, niente stelle afflitte.”
“Bè, Zegana ne ha trovato uno da qualche parte.” Kaya si rimise in piedi e stava per dire dell’altro quando il trambusto dalla sala attirò la sua attenzione. “Sarà arrivata Vannifar” disse lei, e si voltò, lasciando Teysa da sola con il cadavere mentre andava verso la porta.
Kaya entrò nella sala, dove non trovò Vannifar, ma un manipolo di detective dell’Agenzia insieme a Ezrim. L’arconte era in piedi, con le ali semi-richiuse, mentre lanciava un’occhiataccia verso Aurelia. Aurelia vide Kaya e distolse lo sguardo da lui, muovendo una mano con un gesto di disprezzo.
“Eccoti” disse lei. “Vannifar sta arrivando, e la gente di Ezrim sta isolando l’edificio. Dicono che Teysa ha vietato a chiunque di lasciare la proprietà del maniero. È successo qualcosa.”
“Sì” disse Kaya. Non aveva senso mentire.
“È stato inopportuno non richiamare immediatamente il legionario competente.”
Teysa, arrivando al fianco di Kaya, alzò un sopracciglio. Kaya le lanciò un’occhiata. L’esplosione che si aspettava, tuttavia, non arrivò.
“Incoraggio i miei domestici a mostrare iniziativa” disse Teysa. “Dovrò scoprire chi ha compreso la situazione, intuendo correttamente che il mio prossimo ordine sarebbe stato l’isolamento della proprietà. Si merita un bonus per le eccellenti abilità predittive, ed un richiamo per la sua arroganza.”
“Quindi c’è veramente una ragione per isolare l’edificio?” chiese Aurelia. “I miei stanno aiutando con l’isolamento, ma loro”, agitò una mano in maniera altezzosa verso Ezrim e i detective, “non hanno ragione di essere coinvolti. Devono lasciare che siano i professionisti ad occuparsi di qualsiasi cosa stia succedendo. Quindi, cosa sta succedendo, Teysa?”
“Preferirei aspettare Vannifar prima di dire qualsiasi cosa; sai bene quanto me che i muri hanno le orecchie.” Teysa unì entrambe le mani in cima al suo bastone, e Kaya comprese che l’altra donna si era posizionata in modo tale da bloccare completamente l’accesso alla stanza dietro di loro. Furba, e impeccabile.
Dei passi si avvicinarono dall’altro lato della sala, accompagnati dal leggero fruscio del protoplasma che strisciava sul pavimento. Tutti quelli riuniti lì si voltarono, assistendo all’arrivo di Vannifar dei Simic. Tre membri di rango più basso dell’Alleanza accompagnavano la loro leader, che stava aggrottando la fronte, chiaramente infastidita.
“Teysa, cosa significa tutto questo?” chiese lei. “Perché mi hai fatta chiamare come una criminale qualunque? Perché gli Azorius e i Boros stanno dicendo ai miei che non hanno il permesso di andarsene?”
“Speravo di poterlo fare in un luogo meno pubblico” disse Teysa. “Vorresti entrare cortesemente nella biblioteca?”
“No. Mi hai convocata senza alcuna spiegazione, e poi cerchi di dilungarti allo stesso modo? Mi dispiace, ma qualunque cosa tu debba dire, la dirai qui e ora.”
Teysa aggrottò la fronte, con le mani strette nuovamente in cima al suo bastone. “Allora Vannifar, è con il mio più profondo dispiacere che vi informo che Zegana dell’Alleanza Simic è stata uccisa.”
L’effetto sulla folla riunita, che aveva capito che qualcosa di terribile era accaduta, fu a dir poco elettrico. Vannifar vacillò, con un’espressione di puro shock. Ezrim si voltò per abbaiare ordini ai suoi agenti, mentre Aurelia fece scattare le sue ali alla massima apertura, impedendo loro di oltrepassarla.
“C’è un pericoloso assassino in fuga!” gridò Aurelia. “Non è il momento del lavoro amatoriale dei detective. Da ora, subentrerà la Legione. Le gilde gestiranno tutto, come abbiamo sempre fatto.”
I detective dell’Agenzia iniziarono immediatamente a controbattere. Kaya si scambiò uno sguardo con Teysa, che sembrava disgustata quanto lei dalla disputa che si stava innescando.
“Vogliate scusarmi” disse Kaya, con voce bassa e calma quando avrebbe voluto urlare. Teysa annuì, rimanendo al suo posto mentre Kaya si voltava, andandosene e sparendo dall’altro lato della sala, lasciando le fazioni litigiose alla loro disputa.
La sala da ballo era praticamente deserta quando arrivò Kaya, salvo alcuni domestici che camminavano vicino alle pareti. Non era pensata per essere un punto centrale del raduno, ma più un luogo di ritiro per chi era stanco dei festeggiamenti e aveva bisogno di un momento lontano dalla folla. Se non fosse sfuggita a certe conversazioni ritirandosi sulla balconata privata, sarebbe stata lì al ritrovamento del corpo di Zegana.
La grande balconata dove erano stati presentati gli ospiti d’onore si estendeva su tutta una parete della sala da ballo, con le alte porte a vetri aperte. Il cielo esterno non era più illuminato dai fuochi colorati e i suoni che trapelavano dal livello inferiore erano molto diversi dai vivaci festeggiamenti in corso la prima volta che era entrata. Camminando sul bordo, guardò in basso per vedere gli invitati in piedi all’interno di lunghe file che curvavano su sé stesse, ciascuna che puntava verso un membro del Senato ed un lucente circolo della veridicità. Avevano lanciato i loro incantesimi con velocità ammirevole, facendo domandare a Kaya se si aspettassero che qualcosa sarebbe andato storto quella sera. I legionari Boros stavano in piedi vicino ai maghi intenti a lanciare gli incantesimi, proteggendoli da qualsiasi interferenza.
Era proprio come se gli Azorius e i Boros fossero venuti alla festa pensata per onorare l’Agenzia pronti ad intervenire e contrastare il “lavoro amatoriale dei detective”, come l’aveva definito Aurelia. Non credeva che il Senato avrebbe creato appositamente un problema se non se ne fosse presentato uno, ma ora che i suoi membri avevano avuto l’occasione, non vedevano l’ora di dimostrare che erano ancora loro la legge su Ravnica. Non era cambiato veramente nulla. L’intero piano sarebbe potuto collassare, ma le gilde si aggrappavano comunque disperatamente alla loro autorità.
E non ci voleva un genio per guardare la lista degli ospiti ai festeggiamenti di quella sera per vedere che i problemi erano praticamente garantiti. Con otto delle dieci gilde rappresentate… non aveva visto nessuno delle Casata Dimir e anche lo Sciame Golgari era ugualmente assente… la possibilità che degli screzi si trasformassero in qualcosa di più era incredibilmente alta. Aggrottò la fronte, scandagliando nuovamente la folla. Otto su dieci… ma non aveva visto così tanti Rakdos quella sera, giusto? Solamente Judith, incredibilmente visibile nel suo vestito di pelle nero e rosso.
Judith, che era sparita prima dell’uccisione.
Turbata, Kaya si allontanò dalla folla, tornando verso le persone che si era lasciata alle spalle nella sala. Che gli Azorius avessero orchestrato il proprio ruolo in quella situazione o meno, i loro circoli della veridicità avrebbero dimostrato la colpevolezza o l’innocenza dei partecipanti in poco tempo. Alcuni dei legionari Boros che assistevano i maghi della legge stavano tenendo in mano dei fogli di carta che presumeva fossero le liste degli ospiti ufficiali. Non avrebbero tralasciato nessuno.
Quando raggiunse la sala, era rimasto solo Ezrim, con le zampe anteriori ripiegate di fronte a lui e i suoi occhi socchiusi fissi sulla porta del guardaroba. Sbuffò con frustrato divertimento al ritorno di Kaya.
“C’è qualcuno dentro?” chiese lei.
“Teysa ha portato Vannifar in una stanza privata per bere un bicchiere di kasarda e ricomporsi” disse lui. “Uno dei miei le ha accompagnate, per essere sicuri che non rimangano mai da sole. Gli altri domestici sono andati ad aiutare con la messa in sicurezza della proprietà e il raduno degli ospiti per gli interrogatori. I miei stanno indagando sulla scena.”
“Ti farò sapere cosa sta succedendo” disse Kaya, per poi scivolare nella stanza.
All’interno della scena erano state disposte delle barriere magiche, che formavano linee di magia protettiva invalicabili da chiunque non fosse un investigatore autorizzato. I detective dell’Agenzia già all’interno erano raggruppati in un angolo, tutti apparentemente frustrati e infastiditi. Kellan stava praticamente vibrando dal desiderio di aiutare i vari membri degli Azorius mentre rivoltavano la stanza come un calzino, cercando in ogni crepa e fessura degli indizi che indicassero cosa fosse successo. Kaya sussultò. Teysa li avrebbe ammazzati per quello che avevano fatto alla sua carta da parati.
Solamente il cadavere di Zegana, ancora in quella posa artificiale sul suo letto di cappotti, rimase intatto, con l’iris nero racchiuso nel palmo e i capelli distesi attorno alla sua testa come una pinna a ventaglio.
“Nonostante la tua volontà di aiutare sia apprezzata, non abbiamo bisogno dell’assistenza degli Orzhov” disse Aurelia, interrompendo il breve studio del cadavere di Kaya. “Troveremo l’assassino.”
“Ho visto i circoli di veridicità illuminarsi nel cortile di sotto” disse Kaya. “Con quella velocità ed efficienza, sembra quasi che gli Azorius si fossero preparati per eventuali problemi.” “Una festa al Maniero Karlov, con tutte le gilde invitate per celebrare l’Agenzia ed una Planeswalker?” Le labbra di Aurelia si arricciarono. “Gli inviti avrebbero anche potuto dire ‘problemi assicurati’. Le gilde Azorius e Boros sono entrambe arrivate preparate in caso qualcosa necessitasse della nostra attenzione.”
Una donna con il sigillo Azorius su una manica oltrepassò Kaya spingendola, e abbassò la testa verso Aurelia in attesa del riconoscimento da parte del suo superiore.
“Cosa c’è?” chiese Aurelia.
“Condottiera, ad eccezione delle persone in questa stanza, delle capogilda Teysa e Vannifar e del Capo Ezrim, tutti sono stati interrogati” disse la Azorius, con ansia. “Anche la Gran Giudice Lavinia ha concesso che venisse interrogata. Mi ha inviata a chiedervi di fare lo stesso. Dobbiamo essere tutti al di sopra di ogni sospetto.”
“Puoi lanciare un circolo di veridicità?” chiese Aurelia.
Deglutendo visibilmente, la giovane Azorius annuì.
“Bene. Dunque interrogaci, poi lasciaci alla nostra indagine.”
La donna indietreggiò, quasi barcollando, e alzò le mani, bisbigliando l’incantamento per evocare il suo circolo. Apparve improvvisamente, circondando sia Kaya che Aurelia, cosa per cui Kaya fu misteriosamente grata. Con una capogilda all’interno del circolo, sperava che le domande si sarebbero limitate a quelle rilevanti per la situazione. Sarebbe stato fin troppo facile per un mago della legge che aveva subìto perdite personali durante l’invasione fare alcune domande più… personali prima di dismettere il circolo. Il circolo di veridicità non poteva costringere a parlare, ma qualcuno preso alla sprovvista avrebbe potuto dire più cose del necessario.
La giovane maga della gilda sembrò determinata a dimostrare l’equa imparzialità che era il tratto distintivo del Senato. Le sue domande furono veloci, precise e calme. Una di loro aveva fatto del male a Zegana, direttamente o indirettamente? No. Una di loro l’aveva uccisa? No. Una di loro sapeva chi era stato? No. Una di loro aveva dei sospetti su chi avrebbe potuto farlo?
Kaya riuscì a trattenere il nome di Judith, convincendosi che la sua curiosità non era definibile un vero e proprio sospetto.
La Azorius dismise il circolo. “Con il vostro permesso, Legionaria, parlerei con gli investigatori.”
“Sì, sì” disse Aurelia, congedandola così che iniziasse ad evocare i suoi circoli di veridicità sugli altri occupanti della stanza.
Kaya, nel frattempo, stava fissando Aurelia. “Tutte quelle storie per far gestire le cose ai professionisti, e non avete nessun sospetto?”
Aurelia distolse lo sguardo. “Gli Azorius stanno gestendo l’indagine, non i Boros. Io sono qui solo per mantenere l’ordine, sotto richiesta di Lavinia, dato che non può trovarsi in due posti contemporaneamente, e preferirebbe essere alla ricerca delle risposte invece di supervisionare qualcun altro.”
“Le vostre gilde lo avevano davvero pianificato” disse Kaya, confermando i propri sospetti con la facile accettazione di Aurelia del suo ruolo.
“Sei stata lontana da Ravnica per così tanto tempo da esserti dimenticata come funzionano le cose?” chiese Aurelia, voltandosi nuovamente verso di lei con un sopracciglio alzato. “Ci sono stati cambiamenti, sì, ma il fulcro della città rimane ciò che è sempre stato, e ciò che sarà sempre. Gli Azorius curano la legge; i Boros la fanno rispettare. Un gruppo di dilettanti che giocano a fare i protettori non ci sostituirà mai.”
Kaya le lanciò un’occhiataccia. “Le gilde non sono tutto.”
“Pensavi la stessa cosa quando guidavi gli Orzhov? Se è così, non mi meraviglia che ti abbiano rimpiazzato alla prima occasione. Le gilde sono Ravnica.”
“Bene allora, Ravnica, hai qualche idea di cosa sia successo qui? O non ne hai la minima idea come noialtri?”
Prima che Aurelia potesse rispondere, qualcuno dietro loro due si schiarì la gola. Entrambe le donne si voltarono. Un uomo umano era in piedi sulla soglia, con la pelle di qualche gradazione più chiara di quella di Kaya, capelli scuri ma ingrigiti sulle tempie, vestito con un lungo cappotto azzurro. Alcuni degli Azorius che erano già stati rilasciati dai circoli di veridicità gli lanciarono degli sguardi di risentimento. Lui non prestò loro attenzione, invece fissata su Kaya e Aurelia.
“Credo di avere qualche idea su cosa sia accaduto qui” disse lui, con la calma di chi stesse chiedendo una tazza di tè.
“E tu saresti…?” chiese Kaya.
“Ah. Sì. Capisco come potrebbe suonare.” Fece un passo nella stanza, studiando ciò che era rimasto di Zegana. “Non temete. Mi sono già offerto di essere interrogato tramite circolo di veridicità. Non sono il vostro assassino. Potrei, tuttavia, essere il vostro salvatore.”
“Lui non aveva un invito” disse la maga Azorius che stava evocando i circoli di veridicità, con tono rigido ed infelice. “Avrei notato il suo nome sulla lista.”
“E che nome sarebbe?” chiese Kaya. Stava iniziando a stufarsi. Quello non era il momento di fare dei giochi.
“Mi scuso. Non l’ho detto? Io sono Alquist Proft. Alcune persone mi chiamano ‘il grande detective Proft’, e ho qualche esperienza in questa arena.” Si avvicinò al corpo di Zegana e si accucciò quasi fino al pavimento, con gli occhi che scattavano rapidamente da un aspetto della scena al successivo. Nonostante tutto il loro apparente disagio, nessuno dei membri degli Azorius nella stanza obiettò, mentre i detective dell’Agenzia che stavano aspettando l’opportunità di assistere si rilassarono visibilmente, fidandosi chiaramente di quell’uomo. Kaya lo guardò con rinnovato interesse.
“Qualcuno ha toccato il corpo o i suoi dintorni?” chiese lui.
“No” disse Aurelia.
“In tal caso… compreso il fiore nella sua mano, che possiamo interpretare come rappresentativo dei Simic in questa istanza specifica, è stata posizionata in modo tale che il simbolo di ogni gilda sia visibile sui cappotti sotto di lei, formando un disegno.”
“Cosa intendi?” chiese Kaya.
“Vieni qui” disse lui, facendole cenno di avvicinarsi senza alzarsi dalla sua posizione. Kaya accettò, troppo intrigata per obiettare al suo modo altezzoso di chiamarla.
Una volta arrivata di fianco a lui, Proft si alzò, indicando il corpo e i suoi dintorni con un gesto plateale della mano. “Guarda attentamente. Cosa vedi?”
“Zegana e dei cappotti” disse Kaya, diligentemente, in cerca del disegno menzionato da Proft. Poi lei sbatté le palpebre, spostandosi sul lato per cambiare angolazione. Indipendentemente da dove si trovasse, il logo dei Dimir non era visibile. “Non vedo i Dimir” disse lei. “Ma non ci sono Dimir presenti, quindi può avere senso.”
“Questo disegno incorpora i sigilli di tutte e dieci le gilde” disse Proft, indicando una trama liscia che appariva, ripiegata su sé stessa su vari livelli, in diversi cappotti. “Anche i Golgari sono altrettanto assenti dalla lista degli invitati, ma il loro sigillo è visibile diverse volte: vedi il modo in cui queste fibbie formano le mandibole? Scommetto che, se le spostassimo la mano, un disegno ripiegato molto simile al sigillo Dimir sia stato coperto dalla posizione del braccio.”
Kaya scosse la testa. “Si sono dati da fare per una cosa del genere. Non posso credere di non averlo visto” disse lei.
“Non siete nemmeno riusciti ad individuare l’unico membro della Casata Dimir presente.”
Kaya venne colta di sorpresa, pronta ad obiettare, solo per scoprire che Proft la stava già guardando sinceramente, senza alcun giudizio. Non stava criticando nessuno: stava solo descrivendo la situazione com’era.
“Chi?” chiese lei.
Proft sorrise.
Convincere Aurelia a stare indietro non era stato difficile, soprattutto una volta che Ezrim si alzò e le ricordò che era stata lei a reclamare la proprietà della scena. Almeno ora stava permettendo agli altri detective dell’Agenzia di fare il loro lavoro, accettando controvoglia la loro utilità dopo l’imbarazzo provocato dalla rivelazione di Proft. Teysa e Vannifar dovevano ancora tornare, e nonostante tutti gli ospiti sapessero che stava succedendo qualcosa a questo punto, non avevano ragione di sospettare un assassinio.
Anche se Proft in qualche modo lo aveva sospettato e aveva seguito i suoi sospetti fino alla fonte. Kaya lo guardava incuriosita mentre scendevano le scale verso il piano terra. Lui non sembrò notarlo. Ma lei non si fece ingannare. Solo una manciata di minuti insieme a lui erano stati abbastanza per capire che lui notava ogni cosa, per quanto piccola o di poca importanza potesse essere.
“I circoli di veridicità sono stati evocati e controllati in base alla lista degli ospiti” disse Proft improvvisamente. “Se qualcuno non presente nella lista avesse evitato attentamente i circoli, sarebbe potuto sfuggire facilmente all’interrogatorio. Se ci fosse stato qualcuno con una buona ragione per non essere interrogato sotto la condizione di assoluta verità, come ad esempio una spia e nota assassina Dimir, sarebbe semplice sfruttare le mancanze della nostra indagine fino alla riapertura dei cancelli. Onestamente, l’unica cosa che non capisco è perché l’individuo in questione sia rimasto abbastanza a lungo da venire bloccato nell’isolamento. Lei è troppo abile.”
“Dov’è lei?” chiese Kaya. “Non ho visto nessuno vestito con i colori Dimir.”
“Pensi veramente che un agente Dimir renderebbe la sua presenza così evidente? Avrei potuto non vederla, se non fosse stata così squisitamente attenta da evitare di interagire con qualsiasi membro del Conclave di Selesnya. Visto che stava vestendo i colori della sua gilda, sarebbero dovuti essere i suoi compagni più vicini, non una ragione per allontanarsi.”
“Oh” disse Kaya, analizzando la folla con nuovi occhi. Era tornata così velocemente al modo di pensare di Ravnica, dove nessuno vestirebbe i colori di una gilda con la quale non era affiliato a meno di cercare guai. I membri del Conclave erano sparsi per la folla, girovagando senza meta come gli altri ospiti che erano stati interrogati ma non rilasciati.
Alla base delle scale Proft si guardò intorno, annuì tra sé e sé e si incamminò dall’altra parte del gruppo, dirigendosi verso l’esterno, dove si erano naturalmente riuniti i membri delle gilde di rango più basso. Kaya lo seguì, osservando la folla mentre cercava di vedere qualsiasi cosa avesse visto lui, quella traccia intangibile che lui era così intenzionato a seguire.
Quando raggiunsero il limitare della folla, Proft fece cenno a Kaya di stare indietro, poi proseguì da solo, muovendosi finché una donna dalla pelle scura vestita di verde e bianco Selesnya non si trovò quasi esattamente tra di loro. La sua tunica era cucita perfettamente, aderiva in modo preciso alla sua figura ed era un bellissimo esempio della moda di stagione: non c’era nessuna ragione per cui potesse aver attirato l’attenzione, se non per ammirazione o invidia.
Nessuna ragione, salvo la mancanza di un qualsiasi logo di gilda visibile sulla sua persona. Era una clamorosa mancanza, vista la precisione del resto dell’abbigliamento. Ha un suo senso, pensò Kaya. Non c’erano leggi contrarie ad indossare i colori di un’altra gilda. Indossare il loro simbolo, dall’altra parte, avrebbe potuto avere delle conseguenze.
“Signorina Etrata” disse Proft, facendo un passo verso la donna. “Temo che abbiamo bisogno di parlarle. La prego di venire con me. ora.”
La donna si girò di scatto, con le labbra che si ritrassero in un sibilo, mostrando i suoi notevoli incisivi vampirici. Il suo intero comportamento cambiò in un secondo, passando da donna mondana annoiata a predatrice messa all’angolo. Lanciando uno sguardo a Kaya, identificò chiaramente la Planeswalker come minaccia maggiore. Caricando dritta contro Proft, buttò l’investigatore a terra ed iniziò a tagliare una linea dritta attraverso la folla, dirigendosi verso il labirinto di siepi.
“Se arriva là dentro, non la troveremo più!” gridò Kaya, che si era già voltata per iniziare l’inseguimento.
“Cerca di non perderla di vista… farò il possibile per aiutarti da qui” disse Proft, mettendosi in posizione seduta senza alzarsi da terra.
Kaya era veloce. Etrata, tuttavia, era più veloce. E quella caratteristica, aggiunta alla sua partenza in vantaggio, la poneva già a metà strada verso il labirinto di siepi quando Kaya iniziò a guadagnare terreno, grazie all’abilità di riuscire a diventare intangibile per evitare di schivare ed aggirare i partecipanti alla festa. Passargli attraverso era più efficiente.
Eppure, Etrata sarebbe comunque arrivata prima al labirinto, indubbiamente… almeno finché il mondo non si invertì improvvisamente attorno a lei, con il ciottolato grigio ed i festaioli riuniti sostituiti da delle colonne di torreggiante luce blu. Non stavano più correndo verso il labirinto di siepi: Etrata stava invece correndo lungo un corridoio che Kaya conosceva fin troppo bene, in profondo territorio Orzhov.
La magia, da ovunque provenisse, non sembrava maliziosa, né un complicato tentativo di ingannarla. Anzi, dal modo in cui Etrata stava rallentando e si stava osservando freneticamente attorno, esaminando gli edifici che la circondavano per una via d’uscita, tutto quello stava aiutando soprattutto Kaya. Fece un altro veloce scatto, spingendosi ai suoi limiti fisici. Nell’improvviso silenzio, i suoi passi riecheggiavano come sassi lanciati nell’acqua immobile. Etrata lanciò uno sguardo alle sue spalle prima di fare una brusca svolta a sinistra verso ciò che Kaya sapeva essere un vicolo cieco.
Si trovava a tre metri dalla vampira quando il bianco panorama collassò attorno a loro ed Etrata andò a sbattere direttamente contro Kellan. Il giovane investigatore dell’Agenzia sembrò sorpreso, anche se aveva le braccia strette attorno alla Dimir fuggitiva. Lei cercò di divincolarsi, ringhiando, ma lui scosse la testa, non lasciandola andare. La stava ancora tenendo stretta quando Kaya li raggiunse.
“Che cos’era quello?” chiese lei.
“Quello ero io” disse una voce senza fiato dietro di lei. Lei si voltò. Proft, visibilmente esausto ma di nuovo in piedi, stava barcollando tra la folla mezza dispersa per unirsi a loro. Un ulteriore sguardo le disse che non era ferito, ma solo esausto.
“Che tipo di magia è?”
“Proietto ciò che si trova qui dentro là fuori, e posso ricreare qualsiasi cosa io abbia mai visto” disse lui, battendo un dito sulla tempia, mentre il suo sguardo la superava per puntare ad Etrata che stava cercando di scappare dalla stretta di Kellan. “Va tutto bene, giovanotto?”
“Assolutamente, signore” disse Kellan. “Grazie per averci aiutato a catturare questa criminale.”
I membri della gilda Azorius stavano già iniziando a convergere verso la loro posizione, con Lavinia a capo del gruppo più numeroso. Kellan strinse la presa, con la mascella sporgente per un attimo a causa della sua testarda determinazione. Proft fece un passo avanti, mettendogli una mano gentilmente sulla spalla.
“Ora non è il momento di far valere le nostre posizioni” disse lui. “Loro non hanno trovato niente; noi abbiamo trovato un possibile colpevole. Loro non hanno aiutato nell’inseguimento; tu l’hai catturata. L’Agenzia non ha bisogno della gloria se possiamo avere la soddisfazione di sapere che senza di noi, nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile.”
Kellan annuì con riluttanza. Lavinia si avvicinò abbastanza per parlare.
“Mettete il sospetto sotto custodia cautelare Azorius immediatamente” disse lei, facendo rimbombare la propria voce per il cortile.
Kellan liberò Etrata, mettendosi di fianco a Kaya e Proft mentre veniva rapidamente arrestata dagli Azorius in attesa. Loro tre rimasero dov’erano, osservando Etrata che veniva portata via.
Racconto successivo: Episode 3: Shadows of Regret
Collegamenti esterni[]
- Articolo tradotto da MTG Traduzioni ITA: Delitti al Maniero Karlov