Episode 1: Ghosts of Our Past è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Seanan McGuire e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 5 dicembre 2023. Racconta parte della storia di Kaya Cassir dopo la fine dell'Invasione di Nuova Phyrexia.
Racconto precedente: The Lost Caverns of Ixalan Episode 6
Storia[]
Il cielo sopra il Maniero Karlov danzava in una vertiginosa gamma di colori, animati da scintillanti cascate di magia. Gli Orzhov avevano acquistato tutte le pire d’artificio Izzet nel Decimo Distretto, creando una stravagante ostentazione di potere e ricchezza. Vedete? dicevano, anche a coloro non abbastanza fortunati o favoriti da aver ottenuto un invito. Vedete? Abbiamo così tante risorse a nostra disposizione da poterle spendere in frivolezze. Ravnica è salva ora: non dobbiamo preoccuparci di risparmiare per la guerra. Era una spesa calcolata, e ogni esplosione di colori o di petali illusori che cadevano dal cielo ricordava alle persone che vivevano nell’ombra del Sindacato Orzhov chi fossero i loro salvatori.
I cancelli rimasero aperti per accogliere quegli ospiti che avevano scelto un elegante ritardo rispetto ad un’educata puntualità, mentre i membri di gilda di basso rango controllavano gli inviti e i documenti identificativi, assicurandosi che nessuno si intrufolasse. Alcuni camerieri vestiti in versioni meno appariscenti delle elaborate uniformi indossate da chi lavorava all’interno camminavano avanti e indietro con vassoi di antipasti ugualmente meno elaborati, condividendo la rara generosità della gilda con i meno fortunati. Teysa, la nuova guida del Sindacato, era in piedi sulla balconata più alta del maniero, ad osservare la folla radunata e sorseggiando un bicchiere di caffè forte corretto con del bumbat.
Silenziosa come sempre, Kaya camminò di fianco a lei, fermandosi una volta raggiunto il corrimano. Il suo sguardo in basso sembrò più un calcolo rispetto alla valutazione da padrona di casa che faceva Teysa: dove Teysa sembrava stesse stimando il valore delle persone sotto di lei, Kaya sembrava stesse calcolando quanto tempo sarebbe servito a tutti loro per fuggire nel caso in cui le cose si fossero messe male. E poi, al contrario di Teysa, lei era a mani vuote.
Teysa le dedicò uno sguardo laterale, con gli occhi che rastrellavano l’intera altezza della Planeswalker a malapena presentabile. Kaya aveva scambiato i suoi vestiti d’avventura con una tenuta propriamente Ravnicana: nera e bianca con dettagli dorati, il simbolo della gilda un pallido guizzo sul lato destro del petto. Se non fosse stato per la tensione della sua posa e il modo in cui il suo sguardo scattava da un posto all’altro mentre studiava la piazza, poteva anche sembrare che appartenesse ancora alla gilda.
“Dovresti bere qualcosa” disse Teysa. “Mi fai sembrare una padrona di casa tirchia quando vai in giro a mani vuote.”
“Ma tu sei una padrona di casa tirchia” protestò Kaya senza rancore. “O, almeno, una calcolatrice. Ogni zib che hai speso per questo gala ti frutterà uno zino d’oro, o non saresti la persona che mi ha battuto in astuzia e preso il controllo delle redini mentre mostravo la schiena.”
Teysa sorrise. “Mi sei mancata. Mi hai sempre vista con una tale chiarezza.”
“La chiarezza si fa più semplice con la distanza.”
“Sì, e tu eri distante quando l’invasione giunse su Ravnica.” Il sorriso di Teysa divenne affilato come il coltello che era. “Mi devi questa serata, Kaya. Non mi interessa quanto lontano hai viaggiato, sei abbastanza Orzhov da ripagare i tuoi debiti. Quando Ravnica aveva bisogno di te, non eri qui.”
“Se fossi stata qui invece di difendere il Multiverso, nessuna di noi si troverebbe qui ora!” sbottò Kaya. “Non osare comportarti come se avessi smesso di preoccuparmi per Ravnica solo perché non sono potuta essere qui. Io-” La sua voce vacillò, diventando più rauca nella sua gola, e abbassò lo sguardo ai suoi piedi. “-Io stavo facendo del mio meglio.”
“Sì, e stasera farai del tuo meglio per me” disse Teysa. “L’Agenzia ci ha aiutati a tenere sotto controllo e contenere il caos che ha seguito la… lo spiacevole fatto. Senza di loro, avremmo avuto ben più di due gilde inutilizzabili tra le mani. Tutte e dieci sarebbero potute essere eliminate dagli invasori, e poi che cosa ne sarebbe stato del nostro piano? Quindi stasera, sorridi quando ti dico di sorridere, inchinati quando ti dico di inchinarti e ricorda i tuoi debiti verso gli Orzhov, se non vuoi ricordare i tuoi debiti verso di me.”
Questa volta, lo sguardo di risposta di Kaya era simile ad un ringhio, con i denti stretti in un’espressione che sembrava effettivamente provocare dolore. Ma lei annuì per mostrare il suo consenso, e quando Teysa le toccò il polso non si ritrasse.
“Forza, amica di vecchia data” disse Teysa. “Sarei una terribile padrona di casa se non mi unissi ai miei altri ospiti, e non ti ho visto mangiare nulla per tutta la sera.”
“Non ho fame” disse Kaya. “Essere qui mi mette in subbuglio lo stomaco.”
“Se svieni perché sei troppo testarda per mangiare, i tuoi debiti rimarranno insoluti” disse Teysa. “E anche se sei troppo testarda per goderti la serata, ho supervisionato il menù, e mi rifiuto di perdermi lo strudel.” Camminò fino a superare Kaya verso la porta, appoggiandosi pesantemente al suo bastone da passeggio. Aspettandosi ovvia obbedienza, non si guardò nemmeno alle spalle.
“Io ripago i miei debiti” disse Kaya a bassa voce, e camminò al suo seguito.
La porta della balconata conduceva ad una biblioteca ben fornita, con le pareti ricoperte di un tesoro di libri rari e manoscritti dorati. Due membri della gilda di basso rango fiancheggiavano le porte, impedendo agli ospiti della festa di vagare “per sbaglio” in uno spazio che è stato chiesto di evitare. Teysa annuì loro mentre passava, con un freddo sorrisetto sulle labbra, e loro si raddrizzarono in una posizione più all’erta, onorati dall’attenzione della leader del loro Sindacato.
Nessuno dei due diede un secondo sguardo a Kaya, anche quando lasciò cadere la moneta simbolica nel piatto tenuto dal membro sulla sinistra. Camminava allo stesso passo di Teysa, ricambiando il loro sguardo.
“Quanto velocemente si dimenticano, eh?” chiese lei.
“Il mondo va avanti anche quando non ti trovi su di esso” disse Teysa, iniziando a scendere la larga scalinata leggermente curva che portava al piano terra. Degli ospiti, con calici e piccoli piatti tra le mani, occupavano i gradini più bassi e facevano a gara per quel minimo vantaggio conferito da una posizione fisicamente più in alto. Teysa annuì a ciascuno durante il suo passaggio, con quel suo freddo sorrisetto che non vacillava mai. Kaya conosceva quel sorriso. Teysa lo chiamava il “numero ventiquattro: sei onorato delle mie attenzioni.” Ebbe un momento per ammirare l’imperturbabilità di Teysa, poi arrivarono al piano, attraversando l’atrio verso una stretta porta laterale, che si aprì sul cortile affollato.
L’esplosione di suoni e colori dall’esterno spazzò via quel momento, sostituendolo con un abbagliante sfoggio dell’élite di Ravnica. Nessuno fu così inopportuno da gridare o esprimere in altri modi il piacere dell’arrivo di Teysa: cenni con la testa, sorrisi e leggere alzate di occhiali furono tutto ciò che ricevette mentre conduceva Kaya fuori nella fresca aria notturna, appoggiando una mano sulla spalla di lei, più alta, come se fosse la sua padrona.
Lei mormorò, troppo a bassa voce per essere udita da chiunque fosse nelle vicinanze: “Non mettermi in imbarazzo stasera. Ricorda perché sei qui.”
Insieme, si spostarono in mezzo alla folla.
Le persone nel cortile si erano disposte in cerchi quasi concentrici, con ogni cerchio composto da persone considerate leggermente meno importanti rispetto a quelle nel prossimo cerchio più interno. Quello esterno, il più vicino alle porte, consisteva di membri di gilda di basso rango, quasi tutti all’interno dei gruppi con i quali erano arrivati, a disagio con l’idea di provare a forgiare alleanze in un luogo pubblico come quello. Tali barriere non esistevano nel cerchio appena più interno, dove i membri di gilda di medio rango vorticavano, spostandosi da una conversazione all’altra con la grazia di chi era esperto delle questioni sociali.
Non tutte le gilde davano importanza al senso sociale come facevano gli Orzhov o i Simic, ma persino gli Izzet e i Gruul avevano i loro oratori pubblici, ed erano i membri scelti per rappresentare le rispettive gilde a quello che stava venendo chiaramente considerato l’evento sociale della stagione. Kaya fu piuttosto sorpresa di non vedere Ral Zarek, che si sarebbe aspettata di trovare come rappresentante della sua gilda. Forse non era considerato adatto invitare un Planeswalker, a meno che non fosse tenuto propriamente al guinzaglio.
Lì non si percepiva nessun disagio o cattive maniere: solo il frastornante mulinello della società di Ravnica; la loro stessa presenza era un monito di tutto ciò che rendeva Ravnica degna di essere preservata. Vedete? sembravano dire. Siamo ancora qui, e siamo ancora splendidi, e ci siamo meritati la salvezza.
In tutto quello, Teysa guidava Kaya, trascinandola senza sforzo attraverso gli strati della società finché non raggiunsero il cerchio più interno. Si era formato attorno alla grande figura di Ezrim, l’enorme arconte che aveva occupato il centro del cortile, dove si trovava apparentemente assorto in una conversazione con Lavinia, attuale guida del Senato Azorius.
I partecipanti di più alto rango tra le gilde rimanevano ad una rispettosa distanza nel proprio cerchio, a chiacchierare tra loro mentre osservavano con interesse predatorio se Lavinia avrebbe fatto passare la discussione al livello di conflitto verbale.
“Ezrim non ha mai fatto parte di alcuna gilda, ma come arconte con diversi collaboratori noti tra gli Azorius, Lavinia ha sempre dato per scontato che un giorno si sarebbe ravveduto unendosi al Senato in maniera ufficiale” mormorò Teysa, direzionando quelle parole alle sole orecchie di Kaya. “Immagina il dispiacere di lei quando dopo l’invasione lui prese il comando. E quasi tutti quei collaboratori lo seguirono: oltre il danno, la beffa. Se vuoi sapere la mia opinione, è stato un colpo di fortuna per tutta la città: è una brillante mente analitica, è impeccabile e non costretto da un’affiliazione di gilda.”
Kaya aggrottò la fronte. “Se non può essere affiliato al Senato, perché Lavinia lo sta importunando?”
“Chi lo sa. Forse sta cercando di convincerlo a ricredersi. Oh! Tolsimir!” Teysa si voltò, facendo apparire un sorriso dal nulla e togliendo la sua mano dalla spalla di Kaya.
Kaya colse l’occasione per sgattaiolare via, spostandosi verso un cameriere con un vassoietto di asparagi avvolti nella pancetta e afferrandone uno dal mucchio. Il cameriere, che indossava i colori Orzhov, la guardò con riverenza ed una punta di paura.
“Siete lei” disse lui. “La nostra vecchia leader. La Planeswalker.”
“Sono io” disse Kaya. Lei inspirò, calmandosi. “Teysa mi ha chiesto di partecipare al gala.”
“Non ti ho chiesto di partecipare, cara. Sei la cosa più vicina ad un’ospite d’onore” disse Teysa, incombendo dietro di lei e portandola via in tutta fretta prima che il cameriere riuscisse a vincere il suo timore per poter dire qualsiasi altra cosa. “Qui non ci sono molte persone da incontrare per te… le conosci tutte, ovviamente, dai tempi di quando effettivamente passavi del tempo a casa, insieme a noi… ma ci sono molte persone che devi vedere.”
Kaya non oppose resistenza quando Teysa la trascinò verso Tolsimir e Aurelia che apparentemente stavano conversando con trasporto riguardo gli assenti Dimir. Judith si trovava in piedi lì vicino, origliando senza vergogna mentre sorseggiava da un calice qualcosa di chiaro e frizzante, e con una scintilla crudelmente divertita nei suoi occhi. Era vestita di nero e rosso, come sempre, e si faceva notare molto bene in mezzo alla folla dal tono più elegante.
Quando Teysa si avvicinò, Tolsimir stava dicendo seccamente ad Aurelia: “È da ingenui pensare che Lazav sia morto. Quell’uomo scaverà la tomba a tutti noi. Non so cosa stia tramando, ma sta tramando qualcosa. Teysa, dille che Lazav non è morto.”
“Da capogilda alla pari, sarebbe troppo provare ad evocare il suo spirito senza una motivazione migliore della mia curiosità” disse Teysa fluidamente. “Posso, tuttavia, confermare di non averlo visto tra i defunti, nonostante ci sia stato molto lavoro, con tutti gli spiriti dei recenti morti che stanno cercando di sistemare le loro faccende. Sono in pochi a potersi permettere il servizio.”
“Non c’è modo di estendere loro del credito?” chiese Tolsimir.
“Abbiamo esteso abbastanza credito verso la risoluzione della crisi” disse Teysa. “Vorresti che andassimo in bancarotta per aiutare le masse?”
Un’enorme pantera topiaria si mosse pesantemente nelle vicinanze, con la sua coda di foglie che sventolava sopra le loro teste mentre procedeva per la sua strada vegetale. Judith rise.
“Sì, il rischio di bancarotta è chiaramente molto concreto.” Fece scattare una mano con un gesto sdegnoso, scansando via l’argomento mentre si inseriva nella discussione. “Ma vedo che hai portato il tuo trofeo per la serata. Salve, Kaya. Come stai? Hai iniziato qualche invasione di recente? Sapevi che ogni volta che sei in città tutte le gilde attivano le rispettive divisioni di gestione delle crisi?”
“Noi non abbiamo iniziato l’invasione, l’abbiamo fermata” disse Kaya. “Ravnica fa parte del Multiverso. Lo è sempre stata, anche se un tempo era possibile far finta che fosse autonoma. Ciò che ha impatto sugli altri piani ha impatto anche qui. Abbiamo combattuto il più duramente e velocemente possibile.”
“La gente di Ravnica è morta” disse Judith, facendo sparire il suo tono leggero.
“Come anche i Planeswalker” disse Kaya. “Ho perso degli amici in quella battaglia, proprio come voi. E non tutti sono stati presi dalla morte. Ravnica non piange da sola.”
Judith aprì la bocca per rispondere e si fermò quando Kaya la guardò. C’era un muro dietro gli occhi della Planeswalker, un muro che non si trovava lì l’ultima volta che si erano incontrate: una barriera impenetrabile che separava Kaya dal resto del mondo. Era come se l’avesse chiusa e sbarrata ad un certo punto durante l’invasione e dovesse ancora ricordarsi come aprirla. Turbata, Judith distolse lo sguardo.
Al centro del loro mutevole cerchio, la cavalcatura di Ezrim si innalzò, scuotendo le sue grandi ali per sistemarsi le piume, e si allontanò furtiva, con Ezrim seduto saldamente sul suo dorso. Teysa mise nuovamente la mano sulla spalla di Kaya.
“Ti chiedo di scusarci” disse lei. “È quasi ora dell’evento principe della serata, e non voglio rischiare che la nostra eroina se lo perda.”
Kaya rivolse lo sguardo in basso, verso i propri piedi.
“Vedo che continuate a seguire la tabella di marcia” disse Tomik, apparendo all’altro lato di Teysa.
Il sorriso di Judith tornò, ora più sicura di sé. “Oh, guardate” disse. “Tre leader del Sindacato in fila. Secondo voi chi è che tiene meglio la contabilità? O-Mi dispiace, Tomik. Tu sei un Izzet ora, giusto?”
“La gilda di mio marito non è la mia” disse Tomik, rigidamente. “Teysa, siamo attesi sulla grande balconata.”
“Il dovere chiama” disse Teysa, tirando a sé Kaya mentre si voltava per andarsene.
“Mi dovete un favore” mormorò Tomik non appena furono abbastanza lontani dagli altri capigilda da non essere sentiti.
“Non avevo bisogno di un salvataggio” disse Teysa. “E anche se fosse servito, avevo un’eroina a portata di mano. Kaya mi avrebbe salvata.”
Kaya non disse nulla, lasciandosi trascinare in giro. Con la coda dell’occhio osservava le reazioni alla propria presenza delle persone che oltrepassavano. Alcuni rimanevano a distanza, come se la sua scintilla fosse potuta essere contagiosa, scaraventandoli su altri piani quando erano richiesti lì. Altri guardavano con disprezzo o con avarizia. Non erano emozioni che era abituata a vedere su quei volti in particolare, e scoprì che era meglio non reagire, mantenerli ignari del fatto che lei avesse visto i loro sguardi.
La mano di Teysa era una costante quasi di conforto, che la guidava attraverso la folla, nonostante lei continuasse ad insistere nel presentare Kaya come “l’eroina del Multiverso degli Orzhov” ogni volta che le si presentava l’opportunità. Tomik, almeno, sembrava comprendere il disagio di Kaya: come non avrebbe potuto, quando Ral fu uno di coloro che pianse le perdite di cui Ravnica non sarebbe mai venuta a sapere, le vite perse, le scintille estinte, tutto per nutrire la fame incessante di Phyrexia? Lui camminava in silenzio, senza unirsi alle presentazioni egoistiche di Teysa, ma senza nemmeno impedirle di farle.
Dopo un tragitto che sembrò almeno cinque volte più lungo di quanto in realtà non fosse stato, raggiunsero il gruppo di gradini bassi che conducevano in alto verso la grande balconata. Ezrim si trovava già lì, e Kaya percepì una punta di invidia per quanto fosse passato in mezzo alla folla senza sforzo. Nessuno voleva interrompere un arconte in missione. Per una capogilda ed una cosiddetta eroina, tuttavia, la gente si sentiva perfettamente a proprio agio nel mettersi sulla loro strada.
Teysa iniziò a salire le scale, appoggiandosi più pesantemente sul proprio bastone. Tomik indietreggiò, incapace di assistere la sua superiore senza farlo apparire come un commento alla sua forma fisica, anche quando la mano di lei sulla spalla di Kaya strinse la presa, utilizzando l’altra donna per stabilizzarsi quanto possibile. Kaya le lanciò un’occhiata. “Ti fa male?”
“No” disse Teysa. “Le scale diventano solo un po’ più difficili man mano che invecchio. Nulla per cui agitarsi. Qui!”
Quando raggiunsero la cima della scalinata, Teysa si allontanò da Kaya, indicandole un punto nella fila di maghi della legge e attuari Orzhov che erano venuti ad assistere. Anche Tomik si spostò nella fila, posizionandosi alla sinistra di Kaya e stringendole la mano in maniera rassicurante. Lei gli dedicò un breve sorriso e quindi perse l’attimo in cui Teysa si avvicinò al corrimano della balconata, invocando un discreto incantesimo che amplificò ogni parola che pronunciava per raggiungere l’intero cortile.
“Cittadini di Ravnica, benvenuti al Maniero Karlov!” disse.
La folla applaudì, alcuni pacatamente, altri con più entusiasmo… anche se nessuno mostrava più entusiasmo del goblin vestito in modo pacchiano che si era piazzato vicino al tavolo dei dessert, costringendo chiunque volesse qualcosa di dolce ad essere soggetto dei suoi tentativi di fare conoscenza. L’espressione di Teysa si indurì per un istante quando lo vide, prima di tornare in un batter d’occhio alla sua serenità perfettamente pura.
“So di avervi fatto una richiesta non indifferente quando ho chiesto di allontanarvi temporaneamente dalle vostre gilde e dai vostri doveri per una serata di ospitalità Orzhov, e spero tutto abbia incontrato le vostre alte aspettative. Lo scopo di questa serata è duplice. Stasera, celebriamo la precedente leader degli Orzhov, Kaya, per il suo ruolo nel salvataggio di Ravnica e del Multiverso durante l’invasione Phyrexiana, durante la quale ha combattuto insieme a noi!”
Questa frase fu accolta da un’ondata di applausi più contenuta. Riconoscendo il suo segnale, Kaya fece un mezzo passo in avanti e salutò con la mano, continuando a mordersi l’interno della guancia per tutto il tempo. Come se quella lotta fosse qualcosa da festeggiare. La sopravvivenza sì, ma la battaglia no.
L’applauso scemò. Kaya fece un passo indietro. Teysa sorrise ancora una volta verso il cortile. “Ma forse ancora più importante, stasera onoriamo i membri dell’Agenzia Investigativa Magicologica di Ravnica.”
Questa volta l’applauso fu rumoroso, e continuò a ravvivarsi, apparentemente senza fine. Teysa fece un passo laterale, lasciando il suo posto a Ezrim, che si mise in posizione con una solennità che era solo in parte connessa alle sue imponenti dimensioni. Ripiegando parzialmente le sue ali, osservò la folla e disse, rimbombando: “Abbiamo il privilegio di servire la città di Ravnica in qualunque maniera concessaci. Aiutando a portare l’ordine dopo il caos che i Phyrexiani hanno lasciato dietro di loro, abbiamo solo fatto ciò che ci si aspetterebbe da un qualsiasi cittadino.
Ma come noi abbiamo servito la città, anche la città ha servito noi, e siamo stati onorati dal vostro supporto… e sì, anche dal vostro finanziamento.”
Una risata si diffuse per la folla. Teysa, che aveva preso un calice di kasarda da un cameriere di passaggio, offrì a lui un cenno complice, accettando di buon grado la battuta. Kaya non poté fare a meno di pensare che Ezrim ne avrebbe pagato le conseguenze in un secondo momento, a porte chiuse. Teysa avrebbe potuto assolutamente fronteggiare apertamente un arconte per un risarcimento se pensava di averne diritto.
Ecco perché era così adatta a guidare il Sindacato. Più adatta di quanto Kaya non fosse mai stata. Ezrim stava ancora parlando, ma i nomi che stava elencando non avevano un significato per Kaya. I primi sei o sette erano chiaramente persone non presenti, visto che nessuno si presentò ad accettare gli onori. I successivi tre avanzarono dalla folla e andarono al suo fianco, innalzandosi orgogliosi mentre l’arconte posizionava una pesante mano sulla loro spalla sinistra e li ringraziava in maniera cerimoniale per il ruolo che avevano svolto nell’indagine.
Sembravano compiaciuti dai complimenti, e ancora più compiaciuti dalle piccole borse consegnate da Teysa, che non batté ciglio nell’atto di regalare del denaro. La gilda avrebbe chiaramente guadagnato ancora più da questo spettacolo di unità di quanto Kaya avesse previsto se erano in programma anche delle ricompense in denaro.
Ezrim si schiarì la gola. Quel suono si diffuse per il cortile come l’inizio di una tempesta.
“Molti di voi erano presenti il mese scorso, quando una divinità Gruul sfuggì al controllo della gilda e seminò distruzione per il Nono Distretto. Anzrag avrebbe continuato ad infuriare per giorni interi se ci fossimo affidati solo alle gilde per avere supporto immediato. Ma la rapidità di pensiero e azione dell’Investigatore Kellan e della sua squadra hanno messo fine a quella furia, e la divinità è stata prontamente rinchiusa all’interno di una capsula delle prove. Kellan, avvicinati pure.”
La folla applaudì ancora quando un uomo magro dai capelli scuri vestito con una tunica blu e un cappotto raggiunse Ezrim, chiaramente a disagio con gli occhi della folla puntati su di lui. Kaya empatizzò.
“L’Agenzia ti ringrazia, Ravnica ti ringrazia, e io ti ringrazio” disse Ezrim, mettendo una mano sulla spalla di Kellan. Kellan riuscì a liberare un nervoso sorriso prima che Ezrim togliesse la propria mano e Teysa gli consegnasse la borsa. Poi, con una velocità al limite del maleducato, Kellan fuggì dalla balconata per andare verso le scale, passando oltre Tomik e Kaya.
“Vorrei poterlo fare anch’io” mormorò Kaya. Tomik rise, velocemente e in modo freddo.
“Teysa stasera ti ha concesso un guinzaglio molto corto.”
“Sono la sua ‘eroina’ per la serata.” Kaya sospirò. “Non voglio ricordarmi dell’invasione ovunque mi giri, ma lei dice che ho un debito verso la gilda per non essere stata qui quando è avvenuta e, onestamente, non ha torto.”
“Ral-”
“Ral non era a Nuova Phyrexia. Ral non aveva visto quanto terribile sarebbe stato. Jace…” Le venne un brivido, scuotendo la testa. “Per settimane, lo vedevo ogni volta che chiudevo gli occhi. Lottò il più duramente possibile, e venne sconfitto. E a causa di quello, tutti noi venimmo sconfitti.”
“Fu una lotta impossibile.”
“Forse.” Teysa era ancora distratta a parlare con Ezrim, avendo dismesso l’incantesimo per amplificare le loro voci. Kaya rivolse loro uno sguardo. “Penso che questo sia il momento per compiere la mia fuga, almeno per un po’. Quando Teysa chiederà dove sono, dille che sono andata a depredare il buffet, puoi farlo?”
“Lo farò” disse Tomik.
“Grazie.” Lei girò i tacchi e svicolò nelle aperture naturali formate dalla folla che si muoveva. A metà della sua discesa lungo le scale oltrepassò Kellan, che ora stava sorridendo con incertezza a Zegana e Vannifar e al loro sguardo troppo penetrante verso di lui, mentre lo analizzavano. Sembravano agitate e scontente, come se lui avesse interrotto qualcosa avvicinandosi troppo a loro.
Kaya sapeva che tra le due non correva buon sangue da quando Vannifar aveva spodestato la sua predecessora. Vederle lì insieme era strano.
“Sei veramente sicuro di non essere quel detective Proft di cui stanno parlando tutti?” chiese Zegana.
“Mi dispiace” disse Kellan. “Non sono sicuro di sapere esattamente chi sia.” I suoi occhi, che scattavano freneticamente da un lato all’altro, si fissarono su Kaya. “Ma stavo cercando di parlare con l’eroina del momento. Vogliate scusarmi.”
Si accucciò per passare in mezzo alla coppia, senza attendere la loro risposta, e si affrettò al fianco di Kaya. Kaya lo guardò, divertita.
“Di cosa volevi parlarmi?”
“Di andarmene via da qui” disse lui. “Perdonatemi, ma il mio lavoro è cercare indizi, e la vostra espressione mi dice che ora siete a disagio quanto lo sono io.”
Kaya sbatté gli occhi, talmente colta di sorpresa da iniziare a ridere. “Non mi stupisce che ti abbiano premiato. Stavo andando verso il buffet. Vuoi accompagnarmi?”
Kellan le prese il braccio con visibile sollievo e la coppia scese al piano terra dove, in qualche modo impossibile, Teysa stava aspettando vicino al buffet, con la sua attenzione concentrata sul goblin vestito in modo pacchiano, come un gatto che fissa un uccellino.
“-pagamento” stava dicendo lei, mentre la coppia si avvicinava.
Il goblin sembrava nervoso. “Ho ottenuto il mio invito con mezzi legittimi.”
“Non ho detto il contrario” disse Teysa. “Solo che potrebbero esserci migliori utilizzi delle tue risorse rispetto ad intrufolarti in una festa che non ha nulla a che vedere con te. Pensa, Krenko. Tu sei in debito con i Karlov.”
Non gli Orzhov: i Karlov nello specifico. Interessante. Kaya si concentrò su Krenko, origliando senza vergogna.
“Avrai i tuoi soldi, Karlov” disse Krenko, facendo sparire la nervosità. “Tutti quanti, più gli interessi concordati. Per stasera, io sono un ospite invitato, e questo non si riflette bene sulla tua ospitalità.”
“Penso che ciò di cui hai bisogno sia un po’ di concentrazione” disse Teysa. “Meno distrazioni, forse.”
Avrebbe detto altro, ma sopra di loro si scatenò del trambusto, attirando l’attenzione di tutti. Sulla balconata, Ezrim osservava impassibile tre membri della sicurezza di Teysa che trascinavano via un centauro urlante vestito dei colori dei Clan Gruul. Il centauro era visibilmente furioso, e lottava per liberarsi.
“-nessun diritto!” gridò. “Anzrag è una nostra responsabilità, il nostro dio, e ci deve essere riconsegnato! Ha agito solo secondo la sua natura!”
Kaya distolse lo sguardo da quella scena, concentrandosi su un agitato Kellan. “Nulla cambia mai veramente, vero?” chiese lei. “Si mette un nuovo mantello e si fa chiamare rinnovata, ma sotto la superficie è sempre la stessa cosa.”
“Temo di non comprendere completamente. Mi dispiace” disse Kellan.
Lei scosse la testa, con una leggera risata amara. “Non c’è problema. Stavo solo rendendomi conto che l’unica cosa che cambia veramente sono i volti di chi non si vede più. Le persone che se ne vanno.”
“Intendete Yarus? Sta cercando di farci liberare la sua divinità da quando l’abbiamo rinchiusa. Abbiamo provato a spiegargli che trasferiremo Anzrag agli Azorius una volta che la nostra indagine sarà completa, e che dovrebbe parlare con loro, ma non sembra importargli.”
Sulla balconata, le urla di Yarus vennero sostituite dal silenzio. Kaya si voltò e vide che stava venendo trascinato verso i cancelli, sempre in lotta con i suoi detentori ma senza più urlare. Tuttavia, osservava Ezrim con intento omicida, senza mai distogliere gli occhi dall’enorme arconte.
Aurelia camminò verso il buffet, con le ali semi-ripiegate, e Kaya ebbe il tempo di pensare amaramente di come tutte le persone che lei voleva evitare a tutti i costi sembrassero seguirla, prima che Aurelia puntasse verso Teysa, dicendo con tono tagliente: “Quest’indagine dovrebbe essere gestita dai Boros. Noi sappiamo come mantenere la pace senza causare agitazione all’interno delle gilde.”
Kellan fece un suono che avrebbe potuto essere interpretato come una risata trattenuta. Aurelia si girò verso di lui, allargando le ali, e mentre Teysa si stava muovendo per intervenire, Kaya vide la sua occasione. Si accucciò aggirando il buffet e andando verso la porta dal lato opposto, oltrepassando camerieri con nuovi vassoi di tartine mentre fuggiva verso una serie di scale mezze nascoste dietro ad una colonna di marmo.
Fu solo in cima alle scale senza che nessuno l’avesse bloccata che si fermò, prese il suo primo respiro libero da quando iniziò la festa e si chiese dove stesse andando. Indietro, verso la balconata dov’era stata insieme a Teysa. In alto, sopra tutto il caos e il rumore, dove avrebbe potuto pensare. Muovendosi più velocemente, tornò sui suoi passi, fermandosi solo per corrompere le guardie alla porta, e tornò fuori nell’aria serale.
Il cielo era bellissimo, anche se i fuochi d’artificio in corso si frapponevano alle stelle. Le sarebbe piaciuto vedere le stelle. Le erano sempre piaciute le stelle di Ravnica. Si appoggiò al muro, chiudendo gli occhi.
Se ne sarebbe potuta andare. Sarebbe stato così facile. A differenza di alcune delle persone a cui teneva, la sua scintilla bruciava ancora lucente come non era mai stata, e avrebbe raggiunto la Cieca Eternità per trasportarla ovunque volesse andare. Sarebbe potuta tornare a Kaldheim, vedere come se la stava cavando Tyvar con i suoi nuovi limiti, o dirigersi a Dominaria, a Innistrad, ad Alara… non c’erano limiti. Non doveva stare lì per forza.
Sentì di iniziare ad espandere i suoi sensi, sentì il desiderio diventare realtà, poi si fermò, aprì gli occhi e rimase salda sulla balconata. Teysa avrebbe anche potuto far sentire le sue ragioni nel modo peggiore possibile, ma aveva ragione: quando Ravnica ha avuto più bisogno di lei, Kaya aveva permesso al proprio giudizio di portarla via verso ciò che riteneva più importante. Se fosse rimasta, avrebbe potuto riuscire a plasmare gli Orzhov in una forza più votata al bene. Se avesse rifiutato la sua posizione nella squadra d’assalto così che qualcun altro potesse occuparla, forse avrebbero potuto avere successo. Non c’era modo di saperlo, ma se fosse rimasta lì avrebbe potuto cambiare tutto.
Kaya si spostò verso il bordo della balconata, appoggiando le mani sul corrimano, e guardò in basso. La conversazione al buffet era sfociata in un’agitazione di braccia e ali, voci alzate, ma Teysa non si trovava lì. E nemmeno Judith: per quanto analizzasse la folla, non riusciva a vedere il rosso e il nero vivaci della donna.
Il suo respiro si calmò mentre osservava le persone che si muovevano di sotto, debitamente distanti, incapaci di raggiungerla. Aveva appena iniziato a sentirsi nuovamente pronta per riuscire a tornare al piano di sotto quando dei passi dietro di lei attirarono la sua attenzione, e si voltò per vedere Teysa che si avvicinava.
L’altra donna, per una volta, non stava sorridendo. Teysa mostrava un’espressione di rara serietà. “Kaya, eccoti” disse.
“Avevo solo bisogno di un momento per respirare” disse Kaya.
“Lo capisco. È tanta pressione da gestire, anche per me, e so che l’invasione ti ha fatto male tanto quanto ha fatto male a noi, ma sono contenta di averti trovata.” Teysa prese un profondo respiro, stranamente tremante. “C’è qualcosa che devo dirti. Qualcosa di importante. Dobbiamo essere da sole.”
“Molto bene. Di cosa si tratta?”
Teysa iniziò a rispondere, quando un grido risuonò dall’interno del maniero, sovrastando le sue parole e rovinando il momento.
Kaya non si fermò a pensare prima di correre verso la fonte del suono. Questa volta, se Ravnica avesse avuto bisogno di lei, non l’avrebbe delusa.
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- Articolo tradotto da MTG Traduzioni ITA: Delitti al Maniero Karlov