Magic: the Gathering Wiki
Advertisement

Children of the Nameless/Capitolo Tredici è il tredicesimo capitolo di Children of the Nameless.

Capitolo Tredici[]

Tacenda


E diceva sul serio.

Nel bel mezzo dell’impresa per salvare il villaggio, man mano che la notte andava finendo e Tacenda era ogni secondo più vicina a perdere nuovamente la vista, Lord Davriel Cane decise di fare un pisolino.

Dopo essersi allontanati di qualche chilometro dalla prioria, Davriel buttò fuori dalla carrozza Tacenda e i demoni, abbassò le tendine e si rannicchiò nel suo mantello. La Signorina Highwater chiuse a chiave la porta con uno scatto, scuotendo la testa e sorridendo.

“Non ci posso credere” disse Tacenda.

“Sono le due e mezza di mattina” disse la Signorina Highwater. “È un uomo potente quando decide di esserlo, ma rimane comunque mortale. Ha bisogno di dormire, e questa sera i suoi preparativi per la notte sono stati interrotti da una ragazzina che brandiva un pugnale improvvisato.”

Dentro alla carrozza, Davriel iniziò a russare leggermente.

Crunchgnar e la Signorina Highwater si spostarono verso un avvallamento sul lato della strada, nel quale qualcuno aveva impilato delle rocce per formare un focolare. Probabilmente era una fermata molto usata lungo la via che portava al Pantano. Lei stessa avrebbe potuto essersi già fermata in quel luogo in passato, ma i suoi viaggi in quella direzione erano sempre stati durante il giorno, quando era cieca.

I demoni recuperarono un po’ di legna, poi Crunchgnar si toccò la fronte per un momento, facendo scaturire una piccola fiamma dal suo dito. Ben presto riuscì a creare un invitante fuoco scoppiettante nel focolare. La Signorina Highwater si sedette posando la lanterna dietro di lei, appoggiandosi per bene su una pietra e scorrendo il suo libro mastro per scrivere alcune annotazioni.

Tacenda si sedette vicino alle fiamme, e si accorse che anche il suo corpo stava iniziando ad accusare la fatica. Era abituata a stare sveglia di notte, ma… era stata una lunga notte. Era esausta, sia mentalmente che psicologicamente. Non voleva concedersi un pisolino, però… non sola con quei demoni, e soprattutto in presenza di Crunchgnar.

Eppure, nonostante la sua faccia distorta, le sue corna pronunciate ed i suoi occhi rosso sangue, perfino lui sembrava in qualche modo… umano, mentre si rilassava vicino al fuoco per scaldarsi. “Non mi è mai piaciuto il mondo in superficie” borbottò lui. “C’è troppo freddo. Non riesco a capire come voi umani riuscite a vivere così, mezzi congelati ogni notte.”

Tacenda scrollò le spalle. “Non abbiamo molta scelta. Anche se credo che ci porteresti molto volentieri giù con te se davvero volessimo stare in un posto più caldo…”

Crunchgnar sorrise. “Dubito che possano piacerti i fuochi infernali, ragazzina. I demoni minori come me solitamente sono costretti a dare i propri trofei ai nostri signori. Io ho reclamato l’anima di ottanta persone durante la mia esistenza, ma ne ho potuto assaggiare solo una piccola porzione di ciascuna.”

“Come fai a stare bene facendo ciò che fai? Non provi empatia per le anime che reclami? Non ti senti in colpa per questo?”

“È ciò per cui sono stato creato. È il mio posto nel mondo. Perché dovrei sentirmi colpevole?”

“Potresti essere qualcos’altro. Qualcosa di meglio.”

“Non posso ignorare la mia natura, non più di quanto tu possa ignorare la tua, ragazzina.” Crunchgnar fece un gesto con la testa verso la carrozza. “A lui piace far finta che chiunque possa scegliere la propria strada, ma alla fine anche lui dovrà ripagare i suoi debiti. E la sua ‘libertà’ durerà tanto quanto una brace separata dal suo fuoco.”

Tacenda scivolò sulla sua roccia. Quelle parole erano inquietantemente simili a ciò che aveva detto lei a Davriel poco prima. Sono stata scelta dal Pantano. Devo seguire il mio destino…

“Tu lo capisci” disse Crunchgnar. Per il fuoco infernale, quei suoi occhi erano proprio sconcertanti. Almeno la Signorina Highwater aveva le pupille, anche se erano rosse. Gli occhi di Crunchgnar erano completamente cremisi. “Tu sei più intelligente di lui, nonostante tutta la sua sicurezza.”

“Io…”

“Potremmo fare un accordo” disse Crunchgnar. “Io devo tenere in vita Davriel per altri sedici anni, ma magari potremmo trovare un modo per stordirlo... Rapirlo! Si atteggia da potente incantatore, ma non ha alcun potere proprio: ha solamente ciò che riesce a rubare. Potremmo imprigionarlo, e tu potresti diventare la Signora della Maniero. Governare al suo posto.” Il demone si alzò, incombendo di fianco al fuoco. Illuminato da quella luce grezza, proiettava un’ombra lunga e terribile verso la foresta. “Potrei essere al tuo servizio e sistemare tutti coloro che oseranno mettere in dubbio la tua autorità. Non avrei nessun reclamo sulla tua anima. Io voglio solamente la sua. E tra sedici anni ti lascerò stare. Nessun trucco.”

Crunchgnar si avvicinò, e Tacenda si fece piccola di fronte a lui. Lei si morse il labbro, poi iniziò a canticchiare.

Lui trasalì al suono della Canzone di Difesa. “Non ce n’è bisogno” ringhiò.

Tacenda canticchiò più forte, e le corde della sua viola iniziarono a vibrare.

“Crunchgnar” disse la Signorina Highwater. “Delle creature stanno facendo baccano a nord. Dovresti andare a controllare cosa potrebbe essere.”

“Pensa alla mia offerta” disse lui a Tacenda, poi fece un cenno del capo alla Signorina Highwater. “Ed ignora quella lì, nel caso facesse finta di proporti un accordo migliore. Ultimamente lei non è quasi più degna nemmeno di farsi chiamare demone.”

“E tu non sei quasi più degno di farti chiamare senziente” disse la Signorina Highwater. “Ma non te ne facciamo una colpa, giusto? Ora fa’ il bravo e fai ciò che ti dico.”

Lui ringhiò sommessamente, ma iniziò a camminare nel sottobosco. Una volta fuori dalla zona di luce del fuoco, si iniziò a muovere con una furtività che sorprese Tacenda. Nonostante fosse così muscoloso, era pericolosamente aggraziato.

Tacenda fece smettere la canzone e la viola tornò immobile. “Grazie” disse lei alla Signorina Highwater.

“La canzone stava facendo del male anche a me, bimba” rispose lei. “Peccato, perché la melodia sembra incalzante. Mi piacerebbe sentirti cantare un’intera canzone, qualcosa che non abbia la capacità di distruggermi.”

Tacenda si mise a fissare il fuoco, cercando di ricordarsi giorni migliori. Giorni nei quali riusciva a cantare altre canzoni, per incoraggiare Willia. Le Canzoni di Gioia per i lavoratori dei campi, o che cantava quando percepiva il calore dell’abbraccio di sua madre. Canzoni morte, ormai.

Tacenda si chinò in avanti, scaldandosi le mani dinanzi ad un fuoco acceso con il calore della fiamma di un demone. “Tu… tu sei d’accordo con Crunchgnar? Riguardo la vostra natura?”

La Signorina Highwater si diede dei colpetti sulla guancia con la matita. I suoi occhi riflettevano la luce del fuoco, e sembravano bruciare. “Sapevi” disse infine, “che io fui il primo demone che lui evocò, una volta raggiunta questa terra?”

Tacenda scosse la testa.

“Nessuno di noi aveva mai sentito parlare di lui. Ci eravamo appena liberati dalla nostra prigione, dove avevamo passato quella che sembrava un’eternità, anche se in realtà era stato un lasso di tempo relativamente breve. Una volta liberi iniziammo a stipulare impazientemente contratti con voi umani.

Pensavo di aver avuto un colpo di fortuna con questo damerino dagli abiti esuberanti e dalla parlantina pigra. Stipulai il contratto in fretta, poi mi dedicai completamente a sedurlo. Ma mi degnò a malapena di una sguardo prima di mandarmi a contare i soldi contenuti nella bara del signore precedente. Nei giorni successivi, provai tutti i trucchi di cui ero a conoscenza. Ma ogni volta che mi vedeva mi attribuiva un nuovo compito.

‘Oh, Signorina Taria, eccoti qua’ mi diceva, come se per qualche motivo quello sarebbe dovuto essere il mio cognome. ‘Stavo controllando le ricevute delle tasse del villaggio, e sembra che molti abbiano pagato in natura. Il baratto mi fa davvero venire il mal di testa. Puoi controllare se questo libro mastro quadra?’” Lei scosse la testa, come se ancora non potesse credere a ciò che successe. “Ed io ero lì, fantasticamente radiosa, ma lui si è limitato a camminarmi di fianco e passarmi una lista con i prezzi del bestiame!”

“Dev’essere stato… frustrante, giusto?” disse Tacenda, cercando di non arrossire troppo.

“Fu assolutamente irritante” disse la Signorina Highwater. “Alla fine gli chiesi di sapere il motivo per cui mi aveva scelta per quel lavoro, tra tutti i demoni. Aveva evocato la Banchettatrice di Uomini per far quadrare i suoi conti? E sai che cosa fece? Tirò fuori alcuni fogli. Copie dei contratti che avevo stipulato in passato. I demonologi lo fanno, sai? Evocano il contratto, ne fanno una copia e poi rileggono attentamente i dettagli per studiare al meglio la loro arte.

Comunque, aveva una decina di miei vecchi contratti che si era letteralmente divorato a furia di leggerli. Mi parlò di com’era astuta la mia scelta di parole, di quanta abilità avessi avuto a circuire i miei precedenti padroni. Per lui, erano i contratti ciò che emanavano vera bellezza.”

La Signorina Highwater sorrise, e in quell’espressione sembrava esserci del genuino affetto mentre osservava la carrozza di Davriel. “A lui non interessava il mio aspetto esteriore. Mi aveva evocata proprio perché pensava che sarei stata brava a gestire i suoi libri mastri. E aveva ragione. Io sono veramente brava con i contratti: è una cosa che mi ha sempre inorgoglito. Ciò mi ha resa un’eccellente assistente amministratrice.

Non mi vergogno di ciò che sono o di come appaio. Ma… è bello essere considerati anche per altre qualità. Una cosa di cui sono sempre stata orgogliosa, ma che praticamente ogni altra persona ha ignorato, mortale o demone che sia. Quindi no, non penso che Crunchgnar abbia completamente ragione. Forse siamo tutti stati creati per uno scopo ben preciso, ma ciò non ci impedisce di trovare anche altri scopi.”

Tacenda annuì e continuò a guardare le fiamme, ripensando a ciò che le era stato detto, finché un suono nella foresta vicina non la fece sobbalzare. Era soltanto Crunchgnar che tornava al focolare.

“Una banshee” disse, indicando dietro di sé con il pollice. “Non penso c’entri nulla. L’ho spaventata, ma forse dovremmo comunque svegliare Davriel.”

“Concediamogli qualche altro minuto” disse la Signorina Highwater. “L’incantesimo della priora dev’essere stato doloroso da assorbire, e il riposo gli farebbe comunque bene, nel caso dovessimo affrontare il Pantano.”

“Sei sicura” disse Crunchgnar, “che non ti abbia evocata per essere sua madre piuttosto che la sua amante?”

“Per mia fortuna, tu ti sei già appropriato della posizione di cagnolino.”

Tacenda si agitò a sentire quello scambio di insulti velati, ma fortunatamente i demoni tornarono in silenzio, e Crunchgnar aggiunse qualche ceppo di legno al fuoco. Non sembravano troppo preoccupati che un mostro come una banshee fosse in agguato nei boschi… ma, ancora una volta, chi può dire cosa possa spaventare un demone?

Non era bello stare lì seduti senza che ci fosse un po’ di musica. Anche se aveva passato tante notti da sola, illuminata da un solitario fuocherello, almeno quelle ore erano riempite da alcune variazioni della Canzone di Difesa.

La prima volta che si manifestò fu per proteggere la sua famiglia. Era arrivata senza che lei avesse avuto bisogno di impararla… era semplicemente accaduta. Le canzoni erano istintive per lei. Non era quella una solida prova del suo fato? Che la ragione della sua esistenza fosse di cantare quella canzone?

C’è quello… dentro di lei una voce sembrò sussurrare. E molto altro…

Alla fine, Tacenda raccolse la sua viola ed iniziò a pizzicare una melodia calma. Non era la Canzone di Difesa, ma qualcosa di più triste e solenne. Crunchgnar le lanciò un’occhiataccia quando iniziò a cantare, ma quella melodia non era pensata per scacciare i demoni. Era una canzone che non aveva mai cantato, ma una che credeva fosse adatta per quel momento.

Chiuse gli occhi e si lasciò assorbire dalla musica. In quello stato le canzoni sembrano passare attraverso di lei, come se il vero strumento fosse la sua anima, e la viola una semplice cassa di risonanza. Il tempo, lo spazio e sé stessa si unirono insieme mentre la canzone iniziava a far vibrare le corde per conto proprio.

Cantò di una perdita. Della morte e dell’avanzare del tempo. Di foreste immutabili che osservavano villaggi sorgere e decadere, di fedi che bruciavano intensamente per poi morire, di bambini che crescevano e diventavano vecchi, per poi venire dimenticati man mano che le generazioni si susseguivano e di infiniti incendi che tramutavano ogni cosa in cenere. Di una ragazza che era stata costretta a mettere un freno alla sua musica gioiosa, e che iniziò a cantare solamente per le creature della notte.

La canzone si espanse dalla sua persona, e la viola non divenne l’unico ricettacolo. I rami degli alberi iniziarono a vibrare, le pietre vibravano, la carrozza tremò per tenere il tempo. La sua canzone trovò qualsiasi strada possibile, e lei non poté più controllarla, così come non poteva controllare il vento o la luna.

Ma, lentamente, la canzone cambiò. Si avvicinò sempre di più a quella canzone che conosceva un tempo: quella che adorava sua sorella. Tacenda tentò di raggiungerla, ma non trovò… non trovò nulla.

Pian piano Tacenda si zittì, con il resto della canzone che ancora riecheggiava nella sua mente. Sospirò, poi alzò lo sguardo.

I demoni la stavano guardando a bocca aperta. Il libro mastro della Signorina Highwater le era caduto dalle mani sul terreno senza che se ne accorgesse. Crunchgnar la fissava, con la mascella a penzoloni. “Cos’è successo?” chiese la Signorina Highwater. “Sembrava che stessi volando…”

“Io…” Crunchgnar sussurrò. “Io mi stavo inginocchiando alle pozze fuse del Focolare dell’Alba, e i fuochi… i fuochi si stavano spegnendo…” Si toccò il corpo, e poi si guardò intorno, come se fosse sorpreso di ritrovarsi nella foresta.

La porta della carrozza si aprì completamente con un colpo, e Davriel uscì barcollante, lasciandosi dietro il suo mantello. Camminò velocemente verso Tacenda, con gli occhi spalancati.

Lei si rannicchiò mentre lui la afferrava per le spalle.

“Cos’era quello?” chiese lui. “Che cos’hai fatto?”

“Io… Io ho solamente… cantato…”

“Quello non era un semplice incantesimo di difesa” chiese lui, mentre lei vide che i suoi occhi si stavano offuscando di fumo bianco. “Che cosa sei?”

Qualcosa entrò di prepotenza nella mente di Tacenda. Una forza incredibile. Percepì delle mani entrare nel suo cervello, in cerca della sua anima. Percepì…

NO.

La musica riecheggiò in lei, e lei urlò. Un’esplosione di luce scaturì dalla sua figura, lanciando intorno a sé frammenti simili a scintille nel cielo notturno, e lanciò via Davriel. Venne scaraventato a tre metri da lei prima di schiantarsi sul lato della carrozza, scheggiando il legno. Lui cadde sul terreno della foresta con un tonfo attutito.

Crunchgnar si alzò, portando la mano alla spada… ma arrivò prima la Signorina Highwater a premere un freddo pugnale alla gola di Tacenda.

“Che cos’hai fatto?” sibilò la demone donna.

“Io…” disse Tacenda. “Io… non…”

Davriel iniziò a muoversi. Si alzò pigramente dal terreno. Con delle foglie attaccate alla sua camicia, scosse la testa.

Tacenda era seduta con una sensazione di panico sempre crescente.

Davriel si alzò e si tolse la terra di dosso, poi si stiracchiò. “Ahia” esordì, per poi guardare la sua carrozza. “Signorina Highwater, penso di aver rovinato questo legno a causa di una collisione con il mio cranio.”

“Non mi sorprende” rispose lei. “Mi è sempre stato chiaro quale dei due materiali fosse il più duro.”

Non tolse la lama dal collo di Tacenda.

Crunchgnar estrasse la spada con calma. “Uhm… devo ucciderla?”

“Per quanto sarebbe divertente vedere la sua magia strapparti pezzo per pezzo” disse Davriel, “potrei ancora avere bisogno di te. Quindi no.”

Lui si avvicinò a Tacenda. Lei era così nervosa da essere certa che il potente battito del suo cuore avrebbe potuto far sfuggire la lama della Signorina Highwater, causandole un taglio.

Davriel fece un cenno assente con la testa, e la Signorina Highwater ritirò il pugnale, facendolo svanire in un fodero alla sua cintura. E raccolse il suo libro mastro come se nulla fosse successo.

Davriel, tuttavia, si inginocchiò di fronte a Tacenda. “Hai una qualche idea di ciò che si cela dentro la tua mente?”

“Le canzoni” disse Tacenda. “Hai provato a rubarle! Hai provato a prendere i miei poteri, come hai fatto con quei cacciatori!”

“Per quanto possa essere servito.” Davriel schioccò le dita, colorando i propri occhi di un fumo verde scuro. Si accese una debole luce, che formò una specie di scudo di energia luminoso sulla sua mano. “Ho rubato un semplice incantesimo di difesa, ossia ciò che mi aspettavo di trovare dentro di te. Ma quando l’ho toccato, ho trovato qualcos’altro oltre ad esso, qualcosa di più profondo. Qualcosa di più potente.” Diede un’occhiata a Tacenda, facendo svanire lo scudo. “Te lo ripeto. Hai una qualche idea di che cosa sia?”

Lei scosse la testa.

“Ti ha parlato?” chiese lui.

“Certo che no” disse lei. “A meno che… A meno che non contiamo le canzoni. Sembrano parlare attraverso di me.”

Lui corrugò la fronte, poi si alzò e si voltò verso la carrozza.

“Davriel?” disse Tacenda, alzandosi.

“Non mi ricordo di averti dato il permesso di chiamarmi per nome, ragazzina.”

“Non mi ricordo di avere dato a te il permesso di frugare nella mia mente.”

Lui si fermò, poi si guardò dietro. Sul lato, la Signorina Highwater stava ridacchiando.

“E tu sai che cos’è?” chiese Tacenda. “La cosa che dici di aver percepito dentro di me?”

Lui salì nuovamente nella carrozza. “Andiamo. È ora di fare una visita al Pantano.”

Collegamenti esterni[]

Advertisement