Children of the Nameless/Capitolo Diciotto è il diciottesimo capitolo di Children of the Nameless.
Capitolo Diciotto[]
Unisono
Mentre Tacenda conduceva Davriel fuori dalla stanza, arrivò il mattino. E con il sorgere del sole la vista di lei, già sfocata a causa del lampo rilasciato da Willia, sparì definitivamente. Calò la seconda oscurità, e lei si ritrovò a percorrere il corridoio aiutandosi con il proprio tatto, tirandosi dietro Davriel.
I passi di Willia li seguivano. “Avrei dovuto trovare la forza di ucciderti con le mie mani”, disse la ragazza, la cui voce riecheggiava contro le pareti delle catacombe. “Non ho avuto problemi a pugnalare il sacerdote, così che i miei spiriti potessero entrare nella chiesa. Dopodiché, mi sono ritrovata dietro di te al centro del villaggio, con il coltello in mano… e poi hai iniziato a cantare. Ho sempre adorato quella canzone, Tacenda.”
Tacenda continuò a trascinarsi in avanti, toccando con una mano le cripte nel muro e guidando Davriel con l’altra. Pietra liscia e immacolata, fredda alle sue dita. Tomba dopo tomba.
“Willia” disse lei, “questa è follia. Tu non sei così!”
“E come sono, Tacenda? Sono la ragazza sicura di sé che vedevano tutti? O sono quella terrorizzata che vedevi tu? Quella che sapeva che ogni notte l’oscurità sarebbe arrivata di nuovo per lei…”
“No, Willia” disse Tacenda, raggiungendo un’intersezione nelle catacombe. Le scale si trovavano a sinistra… ma da quella direzione poteva udire dei sussurri. Si voltò nell’oscurità, verso la voce di Willia. “Ti prego.”
“È questo ciò che eravamo sempre destinate a diventare, Tacenda” disse Willia. “Noi due siamo un’unica anima. E il nostro potere… è sempre stato una frazione di ciò che sarebbe potuto essere. Avevo bisogno delle anime degli altri per rimettere insieme i pezzi dell’Entità. Le mie azioni non erano sbagliate. Era inevitabile. Il fato dell’Entità era quello di tornare nuovamente integra.”
“E i sacerdoti?” chiese Tacenda. “Qual è la tua scusa per averli uccisi?”
Silenzio, eccetto gli affanni di Davriel dietro di lei, che imprecava a bassa voce tra un respiro e l’altro. Sembrava che stesse guadagnando nuovamente la vista… o così pareva, visto che iniziò a raggiungere le scale ma poi si fermò, come se avesse visto i geist in quella direzione.
“Non sarò ancora debole, Tacenda” disse Willia. “Ogni pezzetto che reclamo mi dona un po’ di luce in più. Ora sono cieca solamente per qualche ora attorno alla mezzanotte. Se riunisco completamente l’Entità, sarò completa. Non sarò più costretta ad essere intrappolata nuovamente in quella terribile ed insostenibile oscurità.”
Era così strano sentire quell’asperità nella voce di sua sorella.
“Di qua” disse Davriel, prendendo Tacenda per mano e allontanandola dai Sussurratori in avvicinamento.
Tacenda resistette. Sarebbe sicuramente riuscita a far ragionare Willia. Di sicuro…
“Conosco quel tono di voce” disse Davriel. “Ha ascoltato le promesse dell’Entità così a lungo da iniziare a crederci. Vieni.”
Tacenda si lasciò andare, lasciandosi tirare lungo un corridoio laterale delle catacombe. Non c’era speranza. I Sussurratori avrebbero occupato l’intera zona. Presto lei e Davriel si sarebbero uniti a quel terribile ammasso sussurrante.
E nonostante tutto, lei lo seguiva nell’oscurità. E mentre lo faceva, pensò di aver… udito qualcosa sopra ai sussurri. Una canzone che sembrava sia distante che vicina. Qualcosa che sapeva potesse udire solamente quando si trovava all’interno della seconda oscurità, in qualche modo.
Distante a causa della sua dolcezza effimera e lontana. Vicina perché sovrastava tutti gli altri suoni e faceva agitare qualcosa dentro di lei.
Cos’era quella canzone?
§
Davriel si affrettò lungo il corridoio, portando Tacenda con sé. La sua vista era tornata, ma la maledizione di Tacenda l’aveva ovviamente colpita.
Sciocco, pensò a sé stesso. Avresti dovuto prevedere questo esito. Aveva capito che il potere di Tacenda avrebbe dovuto avere una qualche influenza sui geist… ma non era giunto alla conclusione che la gemella apparentemente morta si sarebbe trovata in una posizione ancora migliore per poterlo fare. Forse era iniziato tutto innocentemente come affermava lei, uccidendo i genitori per sbaglio. Dopodiché aveva avuto bisogno di un capro espiatorio per i propri omicidi. E chi meglio dell’Uomo del Maniero?
Si sarebbe potuta limitare a quello, e probabilmente nessuno l’avrebbe mai saputo. Ma l’Entità continuò a sussurrare che ne voleva ancora. E quindi, l’attacco ai mercanti con il sacerdote come testimone. Lei aveva fatto in modo che si trovasse lì per confermare la sua storia secondo la quale Davriel era il colpevole? In ogni caso, lui l’avrebbe dovuto capire. Qualcuno aveva cucito un costume per imitarlo, e non era riuscito a capire che sarebbe potuta essere la figlia dei sarti del villaggio?
“Davriel” sibilò Tacenda, mentre lui la guidava lungo un altro corridoio. “Cerca dei murali sulle pareti. Rom mi aveva detto che alcuni di essi conducono a delle uscite nascoste nelle catacombe. Ce n’era uno nella stanza con la Pietra dell’Anima.”
Dopo poco si fermò, vedendo che una luce verde illuminava l’altro capo del corridoio. Per il fuoco infernale. Stavano arrivando anche da quella direzione? Si voltò, trascinando Tacenda verso un’apertura laterale.
Usami, disse l’Entità. Siamo fuori tempo massimo.
Lui ignorò l’Entità, cercando invece di utilizzare le sue risorse. Non gli era rimasto molto. La piromanzia era svanita, così come l’incantesimo di annullamento. L’incantesimo evoca-arma era ancora volatile, ma sarebbe stato inutile, così come quella sciocca magia che faceva apparire l’inchiostro sulle pagine.
In quel caso, gli ultimi frammenti del potere della priora erano l’unica cosa che gli era rimasta. Bè, quelli e la sua ultima spiaggia: la sua capacità di abbandonare un piano e viaggiare per la Cieca Eternità verso un altro mondo. Tuttavia, non avrebbe potuto portare nulla con sé e avrebbe abbandonato tutto quello che aveva costruito su Innistrad.
Scapperesti, come un codardo? chiese l’Entità. Piuttosto che usarmi? Perché?
Lui rischiò a guardarsi alle spalle. Dei geist di un verde disturbante vagavano dentro e fuori le pareti, muovendosi verso di lui. La giovane donna, la sorella di Tacenda, era in piedi verso il fondo dei loro ranghi, come un’ombra.
Giusto. La sua unica possibilità era quella di trovare un modo per uscire da quel labirinto e scappare verso il maniero per raccogliere i rinforzi. Con quello scopo in mente, estese la mano davanti a sé, si preparò al terribile dolore, ed utilizzò il talento della priora per costringere i geist a rimanere corporei.
Un lampo di luce si generò da lui, colpendo tutta l’area delle catacombe. I Sussurratori tremavano mentre quel potere li costringeva ad uscire dalle pareti per rimanere nel corridoio dove, improvvisamente fisici, sbatterono l’uno contro l’altro, bloccando la loro avanzata. Le loro bocche erano contorte in modi terribili, nonostante non stessero né gridando né gemendo. Proferivano solamente quei dannati sussurri.
Alcuni geist più avanti degli altri non si incastrarono, quindi Davriel prese nuovamente Tacenda per mano, conducendola verso un altro corridoio adornato di lapidi lungo le pareti. La via era illuminata dalle candele, che stavano quasi per spegnersi, visto che gli inservienti della prioria erano caduti.
Condusse Tacenda dentro una nicchia e le sibilò di stare zitta, poi utilizzò la maginchiostro, colorando una parete con il colore scuro, come se fosse un‘ombra, per poi farla scorrere lungo il corridoio verso destra. Lui trattenne il respiro, aspettando che i geist si avvicinassero. Fortunatamente colsero l’esca e se ne andarono, inseguendo l’ombra.
Prese Tacenda per mano e la tirò fuori dalla nicchia per andare verso destra, sperando che quella strada girasse attorno alla stanza con la Pietra dell’Anima. Dei sussurri terribili riecheggiavano attraverso i tunnel, e sembravano provenire da ogni direzione.
“Willia sarà a conoscenza delle uscite segrete” sussurrò Tacenda. “Deve averle usate per entrare e uscire dopo che portarono qui il suo corpo. Stai attento.”
“Ha appostato i geist perché ci impedissero di proseguire in questa direzione” sussurrò Davriel, sbirciando dietro l’angolo. “Qualche idea su come aggirarli?”
“No” sussurrò Tacenda. Osservava il vuoto davanti a lei. “Può aver fatto veramente queste cose terribili? Lei... lei ha fatto finta di morire, vero? Ha fatto finta di essere stata presa dai Sussurratori, così che i sospetti non ricadessero su di lei. Sapeva che l’avrebbero portata alla prioria, invece di consegnarla al Pantano. Ma come ha fatto a ingannarci?”
“Sospetto si sia procurata un’overdose intenzionale di salice polveroso” disse Davriel. “Le foglie sono un sedativo: mangiale in buona quantità e ti indurranno in uno stato catatonico.” Gli era stato detto che era successo qualche volta ai contadini.
Davriel si voltò e la condusse verso un altro tunnel, ma lei fece resistenza. “Senti questa canzone?” chiese lei.
“No” disse Davriel. “Sento solamente i geist.”
La tirò di forza dietro di lui, girando un altro angolo, per poi fermarsi di colpo. Dei geist illuminati di verde stavano volando verso di lui da quella direzione.
Ottimo. Corse indietro, da dove erano arrivati, girando un altro angolo. Poi si fermò anche in quella posizione. C’era una figura alta in fondo al tunnel, e bloccava l’accesso alle scale, illuminata ai lati dai verdi spiriti sussurranti.
Lui fu tentato di provare a correrle incontro. Era solamente una ragazza di quindici anni. Ma riconobbe quella luce scintillante riflessa nei suoi occhi. Potere. Potere inimmaginabile. Anche se fosse riuscito a raggiungerla evitando i geist, l’Entità dentro di lei l’avrebbe protetta da delle semplici ferite fisiche.
“Che cosa faresti?” chiese la ragazza. “Per non avere più paura? Per non essere più cacciato? Per bandire per sempre le creature che artigliavano la tua porta di notte? Per dominare, invece che essere dominato?”
“So come ti senti” rispose Davriel, sentendo l’odore di sangue e fumo. “Ma c’è sempre un prezzo. E a volte è troppo alto per essere pagato. È semplice economia.”
Questo è il momento! disse l’Entità. Perché stai esitando?
Willia fece un gesto e i geist avanzarono nel corridoio, questa volta attenti a non scontrarsi l’uno con l’altro. Davriel si mosse per scappare verso sinistra, ma Tacenda tirò la sua mano verso un corridoio diverso. “No” disse lei. “Da questa parte. Verso la canzone.”
“È un vicolo cieco” disse lui. “Abbiamo già visitato quella camera la scorsa sera.”
“Aveva un murale” disse lei. “Forse è una via d’uscita.”
Lei si divincolò dalla sua presa e corse in quella direzione. Mentre i geist invadevano il corridoio, Davriel imprecò e la seguì con riluttanza.
§
Pietra grezza sotto le dita. Aria fredda e polverosa. La seconda oscurità che la ingoiava.
E una canzone. Una canzone dolce, bellissima e afflitta.
Tacenda sentì che il tunnel finiva in una stanza aperta, circolare. Si ricordava di quel luogo: era dove tenevano i corpi in attesa di sepoltura. A tentoni, vagò per la stanza finché non raggiunse la lastra vuota dove aveva giaciuto sua sorella.
In quel momento, Tacenda finalmente accettò ciò che era accaduto. Sua sorella era un’assassina.
Povera Willia. Terrorizzata dalla seconda oscurità. Se ne era nascosta finché, alla fine, non l’aveva reclamata completamente. E non nel modo in cui entrambe avevano temuto.
“Puoi aprire il tunnel segreto?” disse Davriel, i cui stivali grattarono la pietra mentre entrava nella camera.
Quella melodia… così ossessiva…
La canzone ora era più vicina. Tacenda toccò tutta la stanza finché non percepì una porzione scavata della parete in fondo. Un rilievo che raffigurava l’Angelo Senza Nome.
“L’Uomo del Maniero.” La voce di Willia riecheggiava contro la pietra. Tacenda pensò che stesse avvicinandosi dal tunnel che portava in quella stanza. I Sussurratori erano al suo fianco, con le loro voci che si sovrapponevano. “La tua reputazione si è dimostrata utile. Tutti non vedevano l’ora di bollarti come assassino.”
“Facciamo un patto, bimba” disse Davriel. “Non ti insulterò offrendoti delle ricchezze, ma valgo molto di più di quello. Lasciami vivere. Posso dirti un sacco di cose riguardo a quella voce dentro la tua testa.”
“Mi aveva detto che avresti provato a strappare un accordo” sussurrò Willia. “Ma mi ha anche detto che tu possiedi qualcosa di cui ho bisogno. Qualcosa che mi renderà talmente forte che nessuno oserà mai più sfidarmi.”
Tacenda toccò l’incisione, seguendo i contorni della pietra. Sentì la mano dell’Angelo, che trasportava una versione incisa della Pietra dell’Anima. Ecco, quello era il bottone.
“Uccideresti tua sorella?” chiese Davriel. “Per davvero? Sei così spietata?”
Willia rimase in silenzio per un attimo. Tacenda riusciva a sentire il respiro di lei, che a tratti sembrava esausto. Era vicina. Probabilmente era in piedi nel tunnel appena fuori dalla camera.
“Tacenda” disse Willia, con una voce gelida come il ghiaccio, “ha sempre avuto la voce di un angelo. E sai che cosa ci hanno fatto gli angeli, Uomo del Maniero? La stessa cosa che ha fatto ogni signore, diavolo e demone di questa terra. Ci hanno fatto sanguinare. E noi li abbiamo fatti sanguinare a nostra volta.”
Tacenda premette l’incisione nel modo giusto, come aveva visto fare da Rom. Il muro fece un rumore, poi il suo peso lo fece aprire di qualche centimetro, facendo scorrere la pietra contro la pietra. Si spinse dentro la stanza nascosta: la fonte della canzone.
Dietro di lei, Davriel trasalì.
“Che cosa?” chiese lei. “Che cosa vedi?”
“È... lei.”