Magic: the Gathering Wiki
Magic: the Gathering Wiki
Advertisement

Brago era il re eterno di Fiora. Temendo di perdere il suo regno con la morte, fece in modo di rimanere a regnare in eterno come spirito, nonostante questo lo rese malvagio e tirannico. Venne ucciso su commissione da Kaya, pagata da Marchesa.

Fondatore di Paliano[]

Giovane, ottimista e ambizioso, il conte Brago era il terzo figlio di una casata minore. Le sue prospettive sarebbero state limitate altrove, ma non nella Città Alta, dove i sogni e le ambizioni di una persona erano l'unica fonte di limitazione e il giovane conte vedeva il grande potenziale della città oltre i rancori meschini dei burocrati ed era deciso a forgiarla in qualcosa di più grande. Consapevole di non potercela fare da solo, convinse l'elfa Selvala della sua visione di grandezza. Lavorando insieme i due divennero il terrore dei tribunali e delle camere di consiglio con le loro argomentazioni impeccabili e convincenti. Ben presto, Brago costruì una coalizione di nobiltà, clero e mercanti, sradicò la corruzione sostituendola con l'umiltà, ottenendo sempre più potere. Il popolo della città lo amava perché si batteva per i loro diritti convincendo, con il suo carisma, i vecchi nobili a rinunciare ai privilegi che opprimevano la classe più povera. Fu proprio il popolo a deporre la vecchia nobiltà eleggendo all'unanimità Brago come nuovo re e grazie a loro il nuovo sovrano fondò Paliano.

La malattia[]

Tre anni dopo la sua salita al trono, Re Brago si ammalò. I medici gli dissero che si trattava di una malattia ereditaria incurabile e che gli restava a malapena un anno di vita. La notizia devastò Selvala così come Brago, che rimase sotto shock fino a quando i sacerdoti andarono da lui e gli dissero che c'erano dei trattamenti magici che gli avrebbero permesso di preservare il suo corpo. Brago e Selvala discussero a lungo della questione; a lui non piaceva mettere la sua vita nelle mani dei sacerdoti, mentre lei era contraria al trattamento, ma Brago temeva cosa sarebbe accaduto se fosse morto così presto, convinto che le alleanze che aveva costruito sarebbero crollate e la città splendente che aveva creato si sarebbe ridotta velocemente in cenere. Alla fine acconsentì e vennero formati i custodi e grazie alle loro arti il re rimase in vita.

Tradimento[]

Nella camera da pranzo privata del re, il tavolo era abbastanza grande per dodici ospiti, ma solo due persone si trovavano lì per cenare quella notte: re Brago e Selvala. Il piatto del re era vuoto mentre quello dell'elfa era intatto. Selvala chiese con durezza perché dovevano cenare ancora insieme come facevano in passato, dal momento che entrambi sapevano che la sua presenza lo feriva così come soffriva lei nel vedere cos'era diventato. Gli occhi di Brago guizzarono, il suo corpo non si mosse dalla poltrona dove riposava e con voce roca rispose che lei lo aiutava a ricordare. Selvala scosse la testa e gli disse che non era abbastanza e che tutto gli era già sfuggito di mano, aggiunse che anche se si fosse ricordato chi era, non era più quello di una volta. Ricordava l'uomo che era suo amico e vedere "lui" seduto sulla sua poltrona con ciò che rimaneva del suo aspetto era un insulto per il re e per tutto ciò che rappresentava. Il corpo di Brago ebbe alcune convulsioni che finirono presto in un rantolo soffocato, Selvala riconobbe quegli spasmi come una risata. Brago disse che forse avrebbe dovuto ascoltarla o che lei avrebbe dovuto costringerlo ad ascoltare. Il viso di Selvala divenne rosso di rabbia e l'elfa rispose che l'aveva avvertito fin dall'inizio, l'aveva implorato di non permettere ai custodi di iniziare il loro trattamento. Il re rispose che aveva ceduto perché aveva ancora tanto lavoro da fare per la città. La voce di Selvala si addolcì e chiese al suo vecchio amico cosa gli stava succedendo e cosa era cambiato. Brago gli ricordò della sua visione e l'elfa rispose che stava parlando di qualcosa di settant'anni prima, di quando lei aveva creduto in lui e ciò rendeva il suo tradimento ancora più grave. Brago ripeté la parola tradimento come una domanda, la sua voce divenne per un attimo più simile a quella umana che aveva una volta e rispose che mai aveva perso di vista ciò che era meglio per la città. Gli ricordò di quando insieme avevano contribuito a forgiare il regno di Paliano. Selvala replicò che aveva perso di vista tutto una volta che aveva iniziato a valorizzare la propria vita e di quelli che lo servivano, poi chiese per quanto tempo aveva creduto che ciò che gli facevano i custodi fosse una medicina. Il re replicò di non poter permettere alla sua salute di impedirgli di raggiungere i loro obiettivi. L'elfa replicò con rabbia che tutti prima o poi morivano per via dell'età che fossero contadini o re. Brago rise nuovamente e le rispose che per un elfo doveva essere facile parlare così, che lei non era più vecchia di quando si erano incontrati la prima volta e che non poteva dire cosa avrebbe fatto al suo posto. Selvala abbassò lo sguardò e disse di no. Brago continuò dicendole che la storia l'avrebbe giudicato abbastanza, tutto quello che avevano ottenuto, tutto il bene fatto, era l'unico modo. Selvala gli rispose che se avesse sentito quelle parole da un altro uomo lo avrebbe considerato un tiranno. Brago sembrò improvvisamente sgonfiarsi, poi le disse che non avrebbe più fatto trattamenti di cura. Shock, gioia e paura apparvero sul volto dell'elfa che si alzò e si avvicinò a lui, gli prese la mano e non la sentì ne calda ne fredda. Gli disse che anche se gli sarebbe mancato era la scelta giusta da fare. Brago tossì e le spiegò che non avrebbe fatto trattamenti perché era andato troppo lontano e ormai erano inutili, non poteva morire, la sua mente stava già marcendo in una gabbia di ossa; non poteva mangiare, dormire, non sentiva nemmeno più dolore. Selvala si adirò con i custodi, decisa a vendicarlo, ma Brago alzò una mano e le disse di concentrare la sua ira su di lui, dove poteva ancora servire a qualcosa. Lei era una delle tre persone che potevano portare un'arma in sua presenza. Selvala capì, lo avrebbe fatto per lui. Gli disse che era stato un buon re e un uomo buono e che lei lo perdonava, poi lo colpì col pugnale. L'antico corpo di Brago iniziò a sgretolarsi ma prima di diventare polvere le disse che non l'avrebbe perdonato.

Il re eterno[]

Dopo che Selvala andò via, i custodi entrarono nella sala, uomini e donne formarono un cerchio e il loro capo disse che dovevano mantenere segreta la notizia della morte del re il più a lungo possibile se volevano rimanere al potere. La temperatura della stanza scese improvvisamente e le luci tremolarono, una presenza entrò fredda e arrabbiata. Una nebbia blu cominciò a fondersi facendo balzare indietro alcuni dei custodi. La nebbia formò la figura di un uomo con un'armatura solida indosso, i suoi occhi ardenti guardarono i custodi, poi replicò al loro capo che poteva annunciare che l'opera dei custodi era completata, che il re era più potente che mai, con la mente forte, libera dalla prigione del suo corpo e che quello era un giorno da celebrare. La voce dello spirito era profonda e severa poi chiese se volessero dirgli che i trattamenti di cura avevano un altro scopo. Il panico attraversò il volto dei custodi, poi il loro capo avanzò e disse che nessuno dubitava delle sue parole, guardò i suoi compagni che si inginocchiarono, tutti loro acclamarono Brago il re eterno.

Tiranni[]

Dopo che era tornato in vita come spirito, Brago era diventato più paranoico, una curiosa reazione all'essere diventato immortale e aveva richiesto ad Adriana Vallore, il suo capitano della guardia, di accompagnarlo nella grande sala dei banchetti anche durante i suoi incontri. La sala non era accogliente, ma il re preferiva svolgere lì i suoi incontri mostrandosi rassicurato dai grandi stendardi su cui era raffigurato il marchio della città, dalle spade e sigilli appesi sulle pareti. Brago appariva stranamente soddisfatto nel trascorrere la sua "morte" volteggiando tra gli oggetti che era solito toccare e maneggiare, non era mai sembrato addolorato dal fatto di non poterli tenere in mano, o addolorato di nulla. Provava molte emozioni, ma la pena non era tra esse. Brago si sedette in fondo alla tavola sussurrando a bassa voce e pazientemente con due fantasmi dei Custodi che fluttuavano sulle sedie alla sua sinistra. I tre discussero su questioni della chiesa, sul successo della loro rimozione dell'opposizione dalle strade di Paliano, della chiusura dell'Accademia e della scomparsa o della morte di coloro che si erano schierati contro di loro. Una volta finito i fantasmi dei Custodi si alzarono e il re fece un cenno ad Adriana perché li accompagnasse all'uscita della sala. Rimasto solo, con sua grande sorpresa, Brago venne attaccato da una donna che fece diventare parte del suo corpo trasparente come quello degli spiriti e che così riuscì con le sue braccia a tenere strette le spalle del re, poi prese uno stiletto e lo conficcò nel suo collo, premendo più a fondo che poté. Le labbra del re si aprirono in un urlo silenzioso. Adriana, che era tornata indietro, vide cosa stava succedendo e attaccò l'assassina per salvarlo, ma il suo tentativo fu inutile e alla fine quella donna lasciò andare Brago, il cui legame spirituale con la sua armatura iniziò a svanire e dopo pochi secondi dalla sua seconda morte, la figura del re svanì completamente. La sua armatura, la sua spada e la sua corona, tornarono nuovamente oggetti del mondo dei vivi e caddero a terra abbandonati.

Referenze[]

Rappresentato in[]

  • Brago, Re Eterno
  • Brago's Favor
  • Regicide
  • Unexpected Potential

Testi di colore[]

Carte associate[]

  • Brago's Representative
Advertisement