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Blood ArtistART1

Non c'è vera arte senza una vera sofferenza.

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Betrayal è un articolo della rubrica Magic Story, scritto da Nik Davidson e pubblicato sul sito della Wizards of the Coast il 14 maggio 2014. Racconta parte della storia di Selvala e Brago.

Racconto precedente: The Perfect Gift

Prefazione[]

Lontano da Theros, sul piano di Fiora, la Città Alta di Paliano è dimora di infiniti intrighi e sotterfugi. I grandi signori della città competono per la supremazia. Ogni mossa è contrastata da una contromossa, e la fiducia dal tradimento, il tutto con il patrocinio dell’immortale Re dell’Eternità. Ma il re, una volta, era un uomo vivo ed era amico dell’esploratrice elfica Selvala

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Storia[]

Le pareti della sala da pranzo privata del re erano illuminate da delle gemme incantate, ciascuna attentamente posizionata in cima ad un’asta di marmo inciso; un simulacro di una candela sapientemente prodotto, ma senza alcuna traccia di calore. La sala era nel cuore del complesso del castello, e nessuna luce naturale arrivava così in profondità.

La tavola era grande abbastanza per far sedere dodici persone, ma erano solo in due a cenare questa sera. Il re, Brago, con la pelle pallida e segnata, come un’antico foglio di pergamena, riposava seduto su di una sedia decorata. La sua ospite, Selvala, sedeva dal lato opposto, un grande banchetto li divideva. Il piatto del re era vuoto. Il piatto dell’elfa era intatto.

“Perché continuiamo a farlo, mio re?” L’ultima parola suonò duramente, come la tensione di un filo di rame. “Perché dobbiamo continuare a fare questo? So che ti addolora vedermi, e a me addolora vedere ciò che sei diventato.”

Gli occhi del re guizzarono, ma il suo corpo rimase immobile per un lungo attimo prima che una voce rauca uscisse dalle sue labbra screpolate.

“Perché mi aiuti a ricordare.”

Selvala scosse la testa. “Non è più sufficiente. Forse lo era. Dopotutto… tutto questo… ci è sfuggito molto di mano.” Lei agitò una mano nella sua direzione, con chiaro disgusto sul volto. “Che tu ti ricorda o meno, non sei più il re che eri una volta. Ricordo quell’uomo. Quell’uomo era mio amico. E vedere te, seduto sulla sua sedia, indossando ciò che è rimasto della sua faccia, è un insulto a quell’uomo. Un insulto alle cose per cui si batteva.”

Il corpo di Brago ebbe una convulsione, e lasciò andare un sospiro soffocato. Selvala lo riconobbe come una risata. “Forse… avrei dovuto ascoltarti. Forse avresti dovuto constringermi a farlo.”

Il volto di Selvala si inondò di rabbia. “Oh no. Non mettermici in mezzo. Ti avevo avvertito. Subito all’inizio, ti scongiurai di non lasciare che i Custodi iniziassero i loro trattamenti.”

“Ma tu hai ceduto. Avevamo ancora così tanto lavoro da fare. Per la città.”

Selvala strinse gli occhi. Il re aveva parlato più in questo scambio di parole di quanto avesse mai fatto durante le ultime due cene messe assieme.

“Cosa succede, mio vecchio amico? Cos’è cambiato?” La sua voce si addolcì.

“All’inizio, io e te condividevamo una visione.”

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La Città era giovane. Giovane, ottimista ed ambiziosa, ed anche il Conte Brago era così. Come terzo figlio di una casata minore, le sue prospettive sarebbero state limitate in qualsiasi altro posto. Ma non qui. Non in Città. In Città, i sogni e le ambizioni di una persona erano l’unica forma di limitazione, e Brago effettivamente riusciva a vedere ben lontano. Riusciva a vedere oltre i meschini rancori ed oltre i burocrati. Riusciva a vedere oltre le mode passeggere e gli interminabili bisticci per la gloria e la fama. Vedeva il solo potenziale di ciò che la Città sarebbe potuto essere. Vedeva il suo cuore palpitante, e batteva in perfetta sincronia con il proprio. E riusciva a vedere un percorso per quel potenziale. Stretto, forse. Pieno di curve. Infido. E non poteva percorrerlo da solo.

Selvala, Explorer ReturnedART1
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“Ah! Parli a me di una visione? Era settant’anni fa, vecchio sciocco. Sì. Sì, quando anch’io ero sciocca tanto quanto lo sei diventato ora, ti credevo. Le tue parole erano piene di miele e di luce e io ci credetti. Il che rende il tuo tradimento ancora più duro, amico mio.”

“Tradimento?” La voce di Brago si alzò, riprendendo quasi un tono umano. “Non ho mai. Non ho mai perso di vista ciò che era meglio per la Città. Nemmeno ora.”

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I due erano inseparabili, e lavoravano insieme alla perfezione. Lui era il terrore delle corti e delle camere del concilio, le sue argomentazioni erano impeccabili, le sue preghiere irresistibili. Mise in piedi una coalizione tra nobiltà, clero e classe mercantile. Eradicò la corruzione e la sostituì con l’umiltà. Ma, ogni volta, sempre più potere finiva nelle sue mani.

Lei era amata dal popolo, capiva i bisogni di ogni comunità ed enclave. Combatteva per i diritti degli immigrati, e convinse molti della nobiltà tradizionale a rinunciare a privilegi che opprimevano il pubblico, prima che il pubblico si sollevasse per destituirli. Insieme stilarono l’Atto Costitutivo. L’omologazione fu unanime. Furono le loro mani, l’una nell’altra, che forgiarono Paliano.

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“Hai perso di vista tutto da quando hai iniziato a valutare la tua vita più di quelle di coloro che servivi. Per quanto tempo crederai che ciò che i Custodi ti fecero fosse medicina?”

“Lo era. Non avrei lasciato che la mia salute ci avesse fermati dal raggiungere i nostri obiettivi.”

“Tutti muoiono, Brago! Tutti invecchiano, tutti muoiono. Sia i contadini che i re.”

Brago rise, una vera risata questa volta. “Dev’essere facile per te dirlo, dato che sembri invecchiata solo di qualche anno da quando ci incontrammo. Non puoi sapere ciò che avresti fatto al mio posto.”

Selvala abbassò lo sguardo, e fece una pausa. “Forse no.”

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Re Brago era sul trono da soli tre anni quando i dottori gli diagnosticarono la malattia. Ereditaria ed incurabile. Non sarebbe arrivato alla fine dell’anno. Selvala era distrutta. Brago era sotto shock. Quando i sacerdoti arrivarono da lui e gli dissero che esistevano dei trattamenti a cui si sarebbe potuto sottoporre che avrebbero preservato magicamente il suo corpo, fu cauto.

Lui e Selvala discussero e dibatterono sulla questione a lungo. A nessuno dei due piaceva l’idea di mettere la sua vita nelle mani del sacerdozio, ma entrambi temevano ciò che sarebbe successo se il nuovo re fosse morto così presto. Le alleanze che si erano sforzati di costruire sarebbero crollate in un batter d’occhio. La città splendente sarebbe tornata ad essere cenere luccicante molto velocemente. Alla fine, cedettero. Furono formati i Custodi, ed il re visse. E visse. E visse.

                ART (Non disponibile illustrazione di Alex Horley-Orlandelli)
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“La storia mi giudicherà giustamente. Tutto ciò che abbiamo compiuto. Tutto il bene che abbiamo fatto. Era l’unico modo.”

“Brago, se avessi sentito queste parole dalle labbra di qualsiasi altro uomo, lo riconoscerei come un tiranno.”

Brago sembrò sgonfiarsi di nuovo. “Selvala. Non ci saranno altri trattamenti.”

Shock, gioia e paura attraversarono il volto di Selvala. Si alzò, camminò al fianco di lui, e si inginocchiò accanto alla sua sedia. Prese le sue mani asciutte nelle proprie. Non era né caldo né freddo, ed al tatto appariva solo come un vecchio libro rilegato in cuoio. “Brago. E’ la scelta giusta. Per tutto ciò che ci è caro, mi mancherai, ma è la cosa giusta.”

Brago tossì, con un suono tremolante ed ansimante. “No. Non è quello. Non ci saranno più trattamenti, perché si sono spinti troppo in là. Non posso morire, Selvala. La mia mente marcirà in questa gabbia di ossa e pelle. Ha già cominciato. I miei occhi sono tutt’altro che andati. Non posso mangiare, non posso dormire. Non sento più male, anche se per molto tempo mi sentii molto male. Ora, mi manca addirittura il dolore.”

Selvala si rizzò in piedi, furiosa, la sua mano aveva afferrato inconsciamente l’impugnatura del suo lungo coltello da caccia. “Quei mostri! Cosa ti hanno fatto? Per ciò che ti hanno fatto, dovrei…”

Brago alzò la sua fiacca mano. “No. No. Rivolgi la tua rabbia verso di me. Dove può ancora servirti. Selvala. Non posso morire per cause naturali. Ma penso che io debba morire. E tu sei una delle sole tre persone in Città a cui è permesso portare un’arma in mia presenza.”

Selvala chiuse gli occhi. Appena ebbe detto quelle parole, lei sapeva che l’avrebbe fatto per lui. “Brago. Sei stato un buon re. Un buon uomo.” Rimase in piedi, lo fissò nei suoi occhi blu lattiginoso, ed estrasse il coltello. “Ti perdono.”

Conficcò la lama nel cuore del re. Non sentì quasi nessuna resistenza, come colpire con un pugnale una sacca di grano asciutto. Il suo antico corpo iniziò a disgregarsi quasi immediatamente, e mentre diventava polvere, sussurrò tre parole:

“Non lo farai.”

Selvala si diresse verso l’uscita della sala da pranzo, e buttò a terra il suo coltello. Le guardie la scortarono senza dire una parola.

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I Custodi si trascinarono nella fredda sala del trono, con le mani nascoste nelle loro lunghe maniche per riscaldarsi e per rispetto. Con i volti grigi, uomini e donne dal duro sguardo, sbucarono da sotto i loro cappucci ricamati. Formarono un cerchio, e la più anziana parlò. “Il Re è morto. Terremo nascosta la notizia finché potremo, ma potrebbe comunque sfuggire a queste mura. Prima che accada, se desideriamo rimanere al potere, abbiamo molto lavoro da fare.”

La temperatura nella stanza si abbassò di colpo, e le luci tremolarono. Una presenza entrò nella stanza. Fredda ed iraconda.

Una nebbia blu iniziò ad unirsi, con sbuffi che sfuggivano all’agglomerato sul liscio pavimento di marmo. Alcuni dei Custodi, sgomenti, barcollarono indietreggiando. La nebbia divenne più fitta, più densa, e scorreva come un fiume in un letto invisibile.

I Custodi trasalirono; si guardarono da volto incappucciato a volto incappucciato alla ricerca di un segno che qualcuno avesse compreso. Non trovando consolazione, i sacerdoti si guardarono attorno nella stanza, sempre più frenetici.

Un bagliore apparì dinnanzi al trono. La nebbia si diradò per formare la figura di un uomo, e l’idea di un’armatura divenne solida attorno a lui. Degli occhi fissarono i custodi, oscuri eppure ardenti, ed i sacerdoti si accasciarono di fronte a lui per paura.

Brago, King EternalART1

“Non farete nulla del genere. Annuncerete ciò che è accaduto. Che la grande opera dei Custodi è completa. Che il vostro re è sorto, con la mente più risoluta che mai, libero dalla prigione del proprio corpo. Oggi è un giorno da festeggiare.” La voce dello spirito era profonda e severa. “Perché avete avuto successo. A meno che non vogliate confidarmi che i vostri trattamenti avessero un altro obiettivo.”

I Custodi andarono in panico. Balbettavano in confusione, finché la più anziana non camminò di fronte alla calca.

“Certamente, mio re. Che nessuno metta in dubbio la vostra parola.” Si girò a guardare gli altri.

“Ave, mio re.”

“Ave, Re Brago.”

“Che tutti salutino Brago, Re dell’Eternità.”

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